DIFESA (4a)

VENERDI' 3 AGOSTO 2001
6a Seduta

Presidenza del Presidente
CONTESTABILE


Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa Bosi

La seduta inizia alle ore 14,10


SULLA COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE

Il PRESIDENTE rende noto che il senatore Lavagnini (Gruppo Margherita-DL-L'Ulivo) cessa di appartenere alla Commissione difesa ed entra a far parte della Commissione ambiente.

IN SEDE REFERENTE

(592) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 luglio 2001, n. 294, recante proroga della partecipazione militare italiana a missioni internazionali di pace, nonché prosecuzione dei programmi delle Forze di polizia italiane in Albania, approvato dalla Camera dei deputati
(Esame)

Il PRESIDENTE dà conto del parere favorevole espresso dalla Commissione affari costituzionali in ordine ai presupposti di necessità ed urgenza ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento.
Rende quindi noto che il termine per la presentazione in Assemblea di eventuali emendamenti al decreto-legge scade alle ore 19 di oggi.

Interviene il relatore PERUZZOTTI osservando che con il primo articolo viene disposta la proroga delle missioni attualmente in corso. Si tratta delle missioni militari che si svolgono: nell'ambito della Sfor, alla quale si partecipa con uomini situati prevalentemente nei dintorni di Sarajevo (1.326 uomini, di cui 40 dislocati in Croazia e 1.286 in Bosnia); nell'ambito della Kfor, cui l'Italia sta ancora fornendo la funzione di comando, oltre a quella di presidio in uno dei settori di ripartizione del Kosovo. L'apporto è notevole: sono stati schierati a supporto dello sforzo di pacificazione della sfortunata provincia serba ben 5.083 uomini dell'Esercito, 448 dell'Aeronautica (tra Dakovica e Pristina) e 27 della Marina sul posto, cui vanno aggiunti altri 106 uomini dell'Aeronautica e 220 della Marina schierati con funzioni di sostegno in Albania. Vi sono altresì 70 carabinieri a Pec, nel cuore del Kosovo, e 40 a Durazzo, in Albania; nell'ambito della Msu, (Multinational Specialized Unit), sostanzialmente una forza di polizia multinazionale alla quale l'Italia contribuisce con alcune centinaia di carabinieri; 344 uomini sono in Bosnia, 269 sono invece distaccati alla Msu che supporta le attività della Kfor in Kosovo; nell'ambito dell'IPTF (International Police Task Force), schierata nel critico nodo di Brcko. Ad esse deve inoltre essere aggiunta la missione italiana in corso in Palestina, nell'ambito della TIPH (Temporary International Presence in Hebron), cui l'Italia partecipa con un piccolo nucleo di 18 carabinieri e che comunque sta attraversando un momento difficile della sua esistenza, posto che ad Hebron hanno avuto luogo scontri gravissimi, che hanno visto anche l'impiego di mezzi corazzati da parte delle Forze armate israeliane.
Il medesimo articolo 1 precisa altresì l'entità dell'indennità di missione, sulla base delle norme previste dal regio decreto 3 giugno 1926, n.941. La Camera ha stabilito con apposito emendamento che la predetta indennità debba essere percepita dai militari in costanza di missione anche durante i periodi di riposo e recupero, previsti dalle normative di settore per l'impiego all'estero.
L'articolo 2, invece, dispone la prosecuzione dei programmi italiani a sostegno delle Forze di polizia albanesi. Il nuovo governo intende finalizzare la cooperazione con le forze di polizia albanese - sotto forma di consulenza e di concorso all'addestramento - soprattutto al contrasto delle attività della criminalità organizzata e del fenomeno delle migrazioni clandestine verso l'Italia. A tal riguardo, osserva come queste finalità appaiano largamente condivisibili, ed infatti la Camera ha ritenuto opportuno menzionarle espressamente nell'articolato del decreto accogliendo un apposito emendamento d'iniziativa parlamentare. Non è stata invece accolta un'altra proposta emendativa che tendeva ad introdurre nel testo normativo la previsione di più puntuali meccanismi di verifica dell'efficacia dei programmi di cooperazione con le forze di polizia albanesi.
Con apposito emendamento, su proposta del governo, la Camera ha ritenuto altresì di dover esplicitare - inserendo un articolo ad hoc - la convalida di tutti gli atti adottati, le attività svolte e le prestazioni effettuate in connessione con le missioni fino al 19 luglio 2001, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 294 del 2001. Una misura indispensabile a sanare tutte le situazioni sorte nel breve periodo dal 1° al 19 luglio in cui i contingenti sono rimasti privi della necessaria copertura giuridica ed economica.
L'articolo 3 dispone la proroga della missione di pace in atto sul confine tra Etiopia ed Eritrea, nell'ambito della UNMEE, la forza d'interposizione multinazionale voluta dalle Nazioni Unite, cui l'Italia contribuisce con 117 uomini dell'Aeronautica e 40 carabinieri.
Ancora su proposta del governo, la Camera ha deliberato di inserire a questo punto un articolo aggiuntivo, la cui finalità evidente è quella di salvaguardare la posizione dei militari colpiti da varie patologie durante la propria attività anche nel corso del procedimento medico-legale per il riconoscimento della causa di servizio. Costoro continueranno a ricevere la paga nella misura intera. Si tratta di un'importante e del tutto condivisibile integrazione della normativa introdotta dalla legge 28 febbraio 2001, n.27, per tutelare le vittime della cosiddetta "sindrome dei Balcani".
Per tutte le missioni appena menzionate il termine della proroga è il 31 dicembre 2001. Gli oneri previsti sono pari a poco meno di cento miliardi al mese. Stando all'articolo 4 del decreto-legge, infatti, la spesa che si prevede di sostenere è pari a poco più di 554 miliardi di lire, inclusi i circa 15 per i programmi nazionali di sostegno alle forze di polizia albanesi. La copertura è stata individuata nel Fondo spese impreviste per l'anno 2001: un'imputazione non del tutto soddisfacente, ma che appare decisamente più corretta di quella prevista dal decreto-legge dello scorso dicembre, che aveva prorogato le missioni fino al 30 giugno attingendo ad una molteplicità di cespiti, inclusa la parte destinata allo Stato dell'8 per mille.
L'occasione dell'esame del provvedimento in titolo, di cui raccomanda la sollecita approvazione per evitare di lasciare i nostri soldati impegnati all'estero in zona di operazioni privi delle necessarie tutele d'ordine giuridico ed economico, è propizia per promuovere una riflessione più complessiva sulla gestione di questo genere di operazioni.
Quattro sono però le osservazioni che paiono meritevoli di essere proposte all'attenzione della Commissione e dell'Assemblea.
La prima verte sul ricorso al meccanismo della decretazione, seppur formalmente ineccepibile, non forse del tutto appropriato in presenza di missioni complesse, in corso da tempo e per le quali non sia prevista una data di conclusione. Si richiama - in particolare - alle operazioni in corso nei Balcani, alcune delle quali erano iniziate nel lontano 1996. La reiterazione delle proroghe che le riguardano - che tra l'altro si verifica quasi sempre nell'imminenza delle pause estive o natalizie dei lavori parlamentari - non sembra infatti aver stimolato un dibattito politico approfondito sull'opportunità della partecipazione alle singole missioni né tanto meno, sulla loro aderenza agli interessi nazionali dell'Italia. Ciò ha di fatto ridotto un momento fondamentale di confronto sulla politica estera e di sicurezza nazionale ad una specie di mero adempimento di carattere burocratico. Appare quindi giunto il momento di avviare un dibattito sull'opportunità di modificare la procedura seguita in questi anni, che poteva andar bene quando l'Italia era occasionalmente chiamata a dare limitati contributi al mantenimento della sicurezza internazionale e sembra adesso del tutto inadeguata ad una situazione che vede ormai le nostre Forze armate stabilmente impegnate su vari scacchieri.
La seconda osservazione pertiene al meccanismo di determinazione del trattamento economico e dello status giuridico spettante al personale in missione: esso sembra infatti farraginoso. Una organica iniziativa legislativa per disciplinare questi aspetti sembra quindi ormai auspicabile. Ed in questa direzione si è del resto pronunciato anche il Comitato per la legislazione della Camera dei deputati, invitando le commissioni Esteri e Difesa di quel ramo del Parlamento a valutare "l'opportunità di promuovere l'approvazione di una legislazione organica in materia di missioni internazionali, sia militari che di pace, che costituisca un quadro normativo di riferimento certo". L'appello non sembra essere caduto nel vuoto, dal momento che la scorsa settimana proprio la commissione Difesa di Montecitorio ha avviato l'esame di una proposta di legge presentata dall'onorevole Ascierto "per la disciplina giuridica ed economica del personale militare impegnato in missioni internazionali" (atto Camera 1038).
La terza riflessione ha ad oggetto il sistema prescelto di finanziamento. Negli ultimi anni, infatti, il governo ha non di rado proposto al Parlamento schemi di copertura fantasiosi, spesso contestati dalla sua stessa maggioranza, nei quali si attingeva ad una incredibile molteplicità di cespiti eterogenei. Oggi si fa ricorso al Fondo per le spese impreviste, ma non possono considerarsi impreviste tali spese cui l'Italia è soggetta da oltre cinque anni. La moltiplicazione e la durata degli impegni militari internazionali che l'Italia contrae sembrano ormai consigliare una soluzione diversa: ad esempio, la creazione di un'apposita posta di bilancio, di entità da stabilire annualmente attraverso le leggi di bilancio. Nella stessa direzione, del resto, si è espressa anche la Commissione Bilancio della Camera nel parere reso sul provvedimento, sottolineando come appaia "necessario dare corso ad un ripensamento della modalità di copertura (…) che tenga adeguatamente conto della natura non estemporanea degli interventi (…) e che possa avvalersi di risorse appositamente preordinate nell'ambito della legge finanziaria annuale"
Da ultimo il relatore sottolinea che le elezioni del 13 maggio hanno evidenziato come l'adempimento del proprio dovere sia stato la fonte di impedimento all'esercizio del diritto di voto per quasi diecimila cittadini italiani: i soldati impegnati appunto nello svolgimento delle missioni militari di pace. Afferma essere giunto il momento di sanare anche siffatta imperfezione dell'ordinamento italiano.

Si apre la discussione.

Il senatore NIEDDU condivide la sottolineatura del relatore relativa all'esigenza dell'Italia, impegnata in più fronti a livello internazionale, di dotarsi di una normativa organica che consenta una migliore gestione degli aspetti organizzativi e materiali. Mostra altresì apprezzamento per il lavoro svolto dai contingenti italiani all'estero, riconosciuto sia dai partners di missione, sia dai Paesi in cui le operazioni si sono svolte. Preannuncia quindi un voto favorevole al provvedimento.

Il senatore BEDIN sottolinea che si tratta di un impegno notevole sia dal punto di vista degli uomini impiegati, sia da quello delle risorse finanziarie, come specificato dall'articolo 4 che prevede una copertura finanziaria complessiva di 554 miliardi e 307 milioni di lire. Puntualizza anch'egli che le caratteristiche delle missioni, cui il provvedimento si riferisce, richiedono sollecitamente la presentazione e l'approvazione di una normativa organica in materia di partecipazione italiana a missioni internazionali di pace.
Osserva che, dopo le deliberazioni del Consiglio europeo di Helsinki del novembre 1999 in materia di difesa e sicurezza europea comune, quelle dei Consigli di Feira - del giugno 2000, che, tra l'altro, ha portato allo sviluppo di un versante della gestione civile delle crisi - e del Vertice di Nizza del dicembre 2000, si è arrivati al Consiglio europeo di Goteborg, nel giugno scorso, con l'approvazione del programma dell'Unione europea per la prevenzione dei conflitti violenti. Il prossimo Consiglio europeo, che si terrà a dicembre, dovrà precisare il ruolo dell'Unione europea nella gestione delle crisi. Si tratta di un impegno ormai deciso, tanto che la Presidenza belga dell'Unione ha incluso tra le priorità del suo semestre l'elaborazione di un'identità europea in materia di sicurezza e difesa in collaborazione con l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Xavier Solana.
Auspica, anche in vista di tale appuntamento europeo, che il governo si impegni a studiare e a far approvare una disciplina applicabile in via generale alle missioni di contingenti militari all'estero: l'Italia potrebbe così arrivare al Consiglio europeo con una proposta operativa anche per altri Stati dell'Unione, contribuendo così a far avanzare il contesto istituzionale entro cui affrontare la gestione delle crisi che le varie situazioni possono sempre porre all'attenzione della comunità internazionale, e sul fronte interno si eviterebbe il ricorso a procedure d'urgenza e si darebbe un riferimento al processo di organizzazione delle Forze armate. Tale orientamento costituirebbe infine anche il riconoscimento del ruolo che i nostri militari in missioni di pace svolgono a nome dell'Italia. Espresso quindi apprezzamento per il loro operato, annuncia il suo voto favorevole.

La Commissione conferisce infine, previo accertamento del numero legale, mandato al relatore PERUZZOTTI a riferire favorevolmente sul decreto-legge in titolo, autorizzandolo a richiedere lo svolgimento della relazione orale.

La seduta termina alle ore 14,30.