LAVORI PUBBLICI, COMUNICAZIONI (8a)

MERCOLEDI' 4 DICEMBRE 2002
156a Seduta

Presidenza del Presidente
GRILLO


Intervengono, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, il dottor Bruno Bianchi, direttore centrale per la vigilanza creditizia e finanziaria, il dottor Vittorio Tusini Cottafavi, condirettore del servizio concorrenza, normativa e affari generali della vigilanza e la dottoressa Tiziana Pietraforte, funzionario del servizio concorrenza, normativa e affari generali della vigilanza della Banca d'Italia.

La seduta inizia alle ore 15,15.


SULLA PUBBLICITA' DEI LAVORI

Il presidente GRILLO avverte che è stata avanzata, ai sensi dell'articolo 33, comma 4, del Regolamento, la richiesta di attivazione dell'impianto audiovisivo per lo svolgimento dell'audizione del Direttore centrale per la vigilanza creditizia e finanziaria della Banca d'Italia. Il Presidente del Senato, informato dell'anzidetta richiesta, ha preannunciato il proprio assenso. Propone pertanto di adottare detta forma di pubblicità.

La Commissione conviene.

PROCEDURE INFORMATIVE

Seguito dell'indagine conoscitiva sulla situazione infrastrutturale del Paese e sull'attuazione della normativa sulle grandi opere: audizione del Direttore centrale per la vigilanza creditizia e finanziaria della Banca d'Italia.

Riprende l'indagine conoscitiva sospesa nella seduta di ieri.

Il presidente GRILLO ricorda che uno degli scopi che la Commissione si prefigge con l'indagine conoscitiva in titolo è quello di verificare la praticabilità finanziaria del piano strategico per la realizzazione delle infrastrutture, varato dal Governo. A tale riguardo l'intervento del dottor Bianchi potrà essere utile nel comprendere l'efficacia delle norme recentemente introdotte nel settore dei lavori pubblici, nonché per capire se lo stesso mercato può reagire positivamente al nuovo tessuto normativo, facilitando la canalizzazione delle risorse private per il sostegno di investimenti cospicui.

Il dottor BIANCHI, direttore centrale della vigilanza creditizia e finanziaria della Banca d'Italia, osserva preliminarmente che l'attenzione che la Banca d'Italia sta avendo nei confronti della finanza di progetto nasce dalla consapevolezza dell'enorme deficit infrastrutturale che caratterizza il Paese e che produce una perdita nella competitività con gli altri paesi. Dopo avere ricordato che lo stesso Governatore della Banca d'Italia nella relazione del 1993 aveva posto l'accento su questi aspetti negativi che determinano un divario nelle infrastrutture, stimato in circa un terzo rispetto agli altri paesi industrializzati, si sofferma sul ruolo che il capitale privato può assumere nel finanziamento delle infrastrutture. I benefici del coinvolgimento del capitale privato sono in primo luogo riconducibili a guadagni di efficienza ed in secondo luogo collegati al risparmio sulla finanza pubblica. In particolare, la finanza di progetto applicata alla realizzazione di infrastrutture costituisce uno strumento per attrarre capitali privati nella realizzazione di opere che il mercato, da solo, non riesce ad avviare o per insufficienza della convenienza economica o per esternalità non valutabili.
Con riferimento alle caratteristiche identificative e all'ambito di applicazione della finanza di progetto, si deve constatare che il finanziatore considera la validità del progetto in funzione della prospettiva di flussi di cassa attesi, che costituiscono la garanzia primaria per il rimborso del prestito e per la remunerazione del capitale di rischio. A tale iniziativa corrisponde, di solito, la costituzione di una società ad hoc con l'obiettivo di realizzare l'opera. Un'altra caratteristica della finanza di progetto attiene alla partecipazione dei vari soggetti, pubblici e privati: la Pubblica Amministrazione - in sede di programmazione e di affidamento delle concessioni -, le imprese concessionarie, i soggetti finanziatori, nonché i fruitori finali dell'infrastruttura o del servizio.
Con riguardo alle esperienze applicative di questa tecnica di finanziamento, le prime operazioni di project financing si sono avute, a partire dagli anni novanta, nei settori dell'energia elettrica e nella realizzazione di opere in ambiti diversificati. Tuttavia, il ricorso a tale tecnica risulta ancora contenuto in Italia dal momento che si è dovuto confrontare con un quadro normativo frammentario ed inadeguato. In particolare, il legislatore nazionale è intervenuto ripetutamente in questa materia, a partire dalla legge n. 415 del 1998 che per la prima volta ha disciplinato l'istituto. Una seconda serie di interventi è poi stata introdotta con la legge n. 443 del 2001 e con il relativo decreto legislativo di attuazione. In tali provvedimenti si introduce una disciplina speciale, affiancata a quella generale in materia di lavori pubblici, volta ad accelerare il processo di realizzazione delle infrastrutture ritenute strategiche. E' stato così varato il primo programma di infrastrutture strategiche con delibera CIPE del dicembre 2001. Inoltre, si prevede di utilizzare, oltre allo strumento tradizionale della concessione, quello dell'affidamento unitario dei lavori ad un contraente generale che a differenza del concessionario - responsabile anche della gestione dell'opera finita - si assume l'onere di anticipare i mezzi finanziari necessari a realizzare l'infrastruttura. Ulteriori interventi normativi hanno poi riguardato, con la legge finanziaria dell'anno scorso, la Cassa depositi e prestiti, mentre il decreto-legge n. 63 del 2002 ha previsto l'istituzione di Infrastrutture S.p.A.
Nella finanza di progetto, tuttavia, un ruolo sempre più importante dovrà essere ricoperto dalle banche chiamate ad assolvere funzioni di controllo, di consulenza e di erogazione del prestito. Le banche, in particolare, interverranno quindi nella finanza di progetto sia come consulenti finanziari sia come partecipanti al finanziamento del progetto. Mentre in passato tali attività venivano assolte da una pluralità di banche, negli ultimi anni, invece, si assiste all'operatività di un modello integrato. Inoltre, un momento cruciale dell'attività di consulenza è costituito dall'asseverazione del piano economico-finanziario, allegato alla proposta dei promotori, sulla cui natura, peraltro, sono emerse posizioni divergenti tra l'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici e lo stesso sistema bancario. Certamente, il finanziamento delle infrastrutture tramite la finanza di progetto esige l'esistenza di personale specializzato che sia in grado di individuare e gestire i rischi connessi alle diverse fasi del procedimento. Le esperienze e le competenze necessarie sono quelle tipiche degli ex istituti di credito speciale. Tuttavia, anche altri soggetti possono avere un ruolo nel finanziamento delle opere pubbliche: ad esempio i fondi chiusi riservati a investitori professionali oppure i fondi previdenziali, mentre non appare secondaria neppure la prospettiva di un coinvolgimento da parte delle fondazioni di origine bancaria, in virtù della loro vocazione a intrattenere rapporti con il territorio e a sostenere lo sviluppo socio- economico. D'altro canto, deve ribadirsi che le fondazioni, pur restando persone giuridiche senza scopi di lucro, possono utilizzare i propri mezzi patrimoniali, fermo restando che essi dovranno essere gestiti secondo criteri di prudenza. A tale riguardo è quindi verosimile il coinvolgimento delle fondazioni in iniziative di finanza di progetto come ad esempio nell'assunzione di partecipazioni societarie di minoranza. Infine, uno dei fattori a cui è legato maggiormente il successo della finanza di progetto è la qualità dell'azione delle pubbliche amministrazioni sia nella fase di programmazione dell'opera sia nella capacità di suscitare l'interesse del settore privato.

Si apre il dibattito.

Il senatore VERALDI, pur condividendo l'approccio seguito dal dottor Bianchi circa le variegate funzioni che le banche possono assolvere nel finanziamento delle infrastrutture, ritiene tuttavia preoccupante che nel Paese si registri una notevole diversificazione dei tassi di interesse e del costo del denaro che si traduce soprattutto in una penalizzazione per le realtà del mezzogiorno. Di fronte a questo fatto oggettivo sembra allora poco probabile che una società di progetto abbia l'interesse a presentare nel sud progetti di finanziamento delle opere. In tal senso, si rende necessaria un'opera finalizzata a riequilibrare i fattori che sono stati indicati, senza la quale sarà difficile superare il deficit infrastrutturale che attanaglia soprattutto le regioni meridionali.

Il presidente GRILLO, dopo avere espresso apprezzamento per i contributi e le analisi presenti nell'intervento del dottor Bianchi, si sofferma in particolare sulle caratteristiche che devono possedere alcuni attori che possono concorrere al successo della finanza di progetto: in primo luogo un ruolo rilevante sarà assolto dalle banche e, per tale ragione, è auspicabile che le stesse siano dotate di una moderna ed attrezzata struttura organizzativa. In secondo luogo, un altro soggetto fondamentale è rappresentato dal mondo imprenditoriale nel quale forse si rende necessario un cambiamento culturale affinché possano essere percepite appieno le prospettive che si aprono con l'applicazione della finanza di progetto. Il ruolo dell'imprenditore privato è tanto più essenziale in una fase storica nella quale si assiste al ridimensionamento dell'intervento dello Stato dall'ambito dei differenti settori economici, questione, quest'ultima, che impone di attrarre le risorse private necessarie ad avviare e realizzare le infrastrutture. In tale senso, le recenti modifiche normative che hanno esteso il campo di applicazione della figura dell'appalto integrato muovono dalla logica di consentire agli imprenditori un maggior coinvolgimento anche nella fase di gestione dell'opera pubblica. Anche le fondazioni di origine bancaria possono essere chiamate ad intervenire su queste tematiche, fermo restando che il loro obiettivo primario rimane quello di preservare il patrimonio che hanno ereditato. Tuttavia, questa sana e prudente gestione delle proprie risorse non può escludere che le stesse fondazioni, nell'ottica di diversificare il patrimonio, intervengano in fondi chiusi, laddove, di fronte alla prospettiva di opere redditizie, si verifichi la possibilità che tali fondi possano garantire rendimenti apprezzabili. Se questo scenario si concretizzerà le fondazioni potranno avere un effetto di stimolo anche per i risparmiatori operanti nel mercato, così calamitando le risorse private necessarie ad attuare i progetti.

Il senatore VISERTA COSTANTINI ritiene che le analisi effettuate dal dottor Bianchi sollecitino una valutazione complessiva sui diversi limiti che ancora impediscono l'applicazione efficace della tecnica di finanza di progetto. Infatti, non si può più sostenere che l'arretratezza del quadro normativo possa ancora pregiudicare le possibilità di successo di tale tecnica di finanziamento, dato che negli ultimi mesi sono stati diversi gli interventi normativi che certamente hanno fatto chiarezza nella disciplina dell'istituto. Tuttavia, permangono altri limiti a cominciare dal fatto che non tutte le opere sono in grado di consentire quei ritorni economici che giustificano investimenti da parte del capitale privato; ciò configura un limite vistoso nella possibilità di utilizzare la finanza di progetto in considerazione del fatto che molte opere pubbliche non sembrano avere tali connotati di redditività. Inoltre, riprendendo le considerazioni già espresse in occasione di altre audizioni, sottolinea che la stessa opera potrebbe avere una più limitata convenienza in realtà arretrate, come quelle del mezzogiorno. Un ulteriore ostacolo resta poi l'azione delle pubbliche amministrazioni che dovrebbero impostare i progetti con maggiore creatività e professionalità. In tal senso, condivide il richiamo ad una svolta culturale più volte fatto dal presidente Grillo, ma teme che occorreranno molti anni prima che le pubbliche amministrazioni possano adottare comportamenti virtuosi. Infine, ritiene che non tutte le banche italiane siano attrezzate, dal punto di vista organizzativo, ad assolvere quella serie di funzioni di consulenza, coordinamento, controllo ed erogazione dei finanziamenti, ricordate dal dottor Bianchi.

Il presidente GRILLO, in ordine alle preoccupazioni espresse dal senatore Viserta Costantini e dal senatore Veraldi, ricorda che, di recente, proprio nel mezzogiorno, si è registrata la realizzazione, tramite la finanza di progetto, di un'opera preposta allo smaltimento dei rifiuti mediante la tecnica della termovalorizzazione. Inoltre, nella concreta applicazione della finanza di progetto, non bisogna seguire gli schemi rigidi: è infatti del tutto plausibile che lo Stato possa contribuire in maniera differenziata a seconda dell'opera. Se ciò è vero, sarà dunque prospettabile un contributo da parte del settore pubblico più ampio nelle realtà che sono maggiormente arretrate, come quelle del mezzogiorno, o addirittura nella realizzazione delle cosiddette opere fredde come, ad esempio, carceri ed ospedali. In ogni caso, resta fondamentale il ruolo tonificante collegato all'utilizzazione dell'ingente risparmio privato che la finanza di progetto può veicolare sulle infrastrutture.

Il dottor BIANCHI, rispondendo ai quesiti e alle osservazioni avanzate dai senatori intervenuti, si sofferma sul problema della presunta diversificazione del costo del denaro in diverse realtà del Paese: si tratta di un problema che è stato affrontato da diversi provvedimenti, nell'ottica di puntare ad un prezzo definito del credito. Tuttavia, tale impostazione poteva essere accettata nell'ambito di un sistema economico regolamentato, ma non anche nella prospettiva attuale nella quale i prezzi dei beni e dei servizi sono determinati dalla formazione della domanda e dell'offerta sul mercato. Pertanto, non è più immaginabile un unico prezzo perché ciò potrebbe generare dei rischi, come è dimostrato dalla recente esperienza dell'Argentina. Tuttavia, il divario tra nord e sud del Paese nel costo del denaro e nei tassi di interesse non sembra essere reale dal momento che il differenziale è inferiore a un punto percentuale. In ogni caso, se nel sud si registrano perdite superiori significa che i tassi lì applicati sono stati troppo bassi. In aggiunta a queste considerazioni, poi, bisogna tener conto che le società di progetto operano in una prospettiva nazionale e sempre più internazionale e, sotto tale profilo, preoccupazioni di ordine localistico non sembrano fondate. Con riferimento alla presenza di banche nel Paese ritiene che quelle esistenti siano fin da ora in grado di svolgere un ruolo attivo nell'applicazione della finanza di progetto, ricordando, tra l'altro, che nel campo internazionale a tali caratteristiche rispondono la Banca mondiale, la Banca europea degli investimenti, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. A questo riguardo, in Italia sono già presenti almeno una decina di banche idonee a essere coinvolte nel funzionamento della finanza di progetto, tecnica che ha una possibilità applicativa assai vasta e tale da includere non solo opere strategiche, ma anche aeroporti, acquedotti, inceneritori, porti turistici. In ordine al ruolo degli imprenditori vi è certamente bisogno di chi sappia progettare, costruire e gestire l'opera; se in passato era difficile trovare in un unico soggetto tutte queste qualità, oggi, invece, è possibile immaginare che attraverso le società di progetto si potranno integrare tutte queste differenti professionalità. In relazione al coinvolgimento di altri soggetti finanziatori, oltre alle banche, non vi è un limite di presenza che possa essere imposto ai fondi chiusi nell'attività di finanziamento delle opere pubbliche: il successo di tale innovativa tecnica dipende infatti da una pluralità di soggetti. Infine, sul problema della non redditività di molte opere pubbliche, ritiene che si possa immaginare, ad esempio nell'Italia meridionale, un contributo dello Stato più significativo o una maggiore durata del rapporto concessorio, in modo da sfruttare con flessibilità le caratteristiche tipiche della finanza di progetto. Per quanto infine concerne i limiti che ancora sono presenti all'interno delle pubbliche amministrazioni, occorre un approccio più pragmatico, tenendo conto del fatto che molte delle funzioni delle burocrazie pubbliche possono essere assolte - come già accaduto in alcuni processi di privatizzazione - da parte di advisor.

Il presidente GRILLO, dopo aver ringraziato il dottor Bianchi, il dottor Tusini Cottafavi e la dottoressa Pietraforte, dichiara conclusa l'odierna audizione e rinvia il seguito dell'indagine conoscitiva.

La seduta termina alle ore 16,45.
INDAGINE CONOSCITIVA


SULLA SITUAZIONE INFRASTRUTTURALE DEL PAESE E SULL’ATTUAZIONE DELLA NORMATIVA SULLE GRANDI OPERE

7º  Resoconto  stenografico

SEDUTA DI MERCOLEDÌ 4 dicembre 2002

 

Presidenza del presidente GRILLO

INDICE

Audizione del Direttore centrale per la vigilanza creditizia e finanziaria della Banca d’Italia

    * PRESIDENTE
 
Pag. 3, 13, 16  e  passim

    VERALDI (Mar-DL-U)
 
12, 15, 17

    * VISERTA COSTANTINI (DS-U)
 
14, 15

    * BIANCHI
 
Pag. 3, 17, 19


 

        N.B.: Gli interventi contrassegnati con l’asterisco sono stati rivisti dagli oratori

        Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale: AN; Democratici di Sinistra-l’Ulivo: DS-U; Forza Italia: FI; Lega Padana: LP; Margherita-DL-l’Ulivo: Mar-DL-U; Per le Autonomie: Aut; Unione Democristiana e di Centro: UDC: CCD-CDU-DE; Verdi-l’Ulivo: Verdi-U; Misto: Misto; Misto-Comunisti italiani: Misto-Com; Misto-Lega per l’Autonomia lombarda: Misto-LAL; Misto-Libertà e giustizia per l’Ulivo: Misto-LGU; Misto-Movimento territorio lombardo: Misto-MTL; Misto-MSI-Fiamma Tricolore: Misto-MSI-Fiamma; Misto-Nuovo PSI: Misto-NPSI; Misto-Partito repubblicano italiano: Misto-PRI; Misto-Rifondazione Comunista: Misto-RC; Misto-Socialisti democratici italiani-SDI: Misto-SDI; Misto Udeur-Popolari per l’Europa: Misto-Udeur-PE.

        Intervengono il dottor Bruno Bianchi, direttore centrale per la vigilanza creditizia e finanziaria, il dottor Vittorio Tusini Cottafavi, condirettore del servizio concorrenza, normativa e affari generali della vigilanza e la dottoressa Tiziana Pietraforte, funzionario del servizio concorrenza, normativa e affari generali della vigilanza della Banca d’Italia.

        I lavori hanno inizio alle ore 15,15.

PROCEDURE INFORMATIVE
Audizione del Direttore centrale per la vigilanza creditizia e finanziaria della Banca d’Italia

        PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito dell’indagine conoscitiva sulla situazione infrastrutturale del Paese e sull’attuazione della normativa sulle grandi opere.

        Comunico che, ai sensi dell’articolo 33, comma 4, del Regolamento, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo e che la Presidenza del Senato ha già preventivamente fatto conoscere il proprio assenso. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
        È prevista oggi l’audizione del dottor Bruno Bianchi, direttore centrale per la vigilanza creditizia e finanziaria della Banca d’Italia, che ringrazio per essere intervenuto in questa sede insieme ai suoi collaboratori, il dottor Vittorio Tusini Cottafavi e la dottoressa Tiziana Pietraforte.
        Come i colleghi sanno, l’incontro di quest’oggi rappresenta il proseguimento di una serie di audizioni che abbiamo voluto organizzare, come 8ª Commissione, per verificare la praticabilità di un piano strategico, quello di rilancio delle opere pubbliche, che il Governo ha impostato e sul quale ripone molta fiducia dopo l’approvazione delle normative che hanno largamente innovato le procedure nel settore delle opere pubbliche.
        Si è già svolta l’audizione del professor Lunardi, ministro delle infrastrutture e dei trasporti, i rappresentanti delle banche, in particolare il dottor Sella, presidente dell’ABI, e i rappresentanti delle maggiori fondazioni bancarie, il presidente dell’ACRI, avvocato Guzzetti, il direttore generale della Cassa depositi e prestiti, il direttore dell’unità tecnica che segue la finanza di progetto presso la Cassa depositi e prestiti; inoltre, abbiamo ascoltato i rappresentanti delle Regioni, dell’ANCI e delle province.
        L’intento è quello, per un verso, di verificare l’idoneità delle norme che abbiamo proposto, ascoltando la valutazione dei soggetti protagonisti che operano nel settore, per un altro, di verificare come il mercato può reagire in ordine a questa prospettiva di investimenti strategici; soprattutto, se e in che misura esistano risorse pubbliche e private e, nel caso di risorse private, come canalizzarle per sostenere questi cospicui finanziamenti.
        Ci interessa molto, quindi, il comportamento, le aspettative, l’organizzazione del sistema bancario, delle fondazioni e la reattività dell’imprenditoria del nostro Paese rispetto a questa opportunità. Ci interessa una valutazione circa le nuove norme sulla finanza di progetto.
        In questo senso le rinnoviamo il ringraziamento per la sua presenza, dottor Bianchi.

        BIANCHI. Ringrazio il senatore Luigi Grillo, Presidente della Commissione lavori pubblici del Senato, per l’invito rivolto alla Banca d’Italia a rappresentare le proprie riflessioni in materia di normativa sull’attuazione e la realizzazione delle grandi opere ed esporre in prevalenza, evidentemente dal punto di vista della Banca centrale, gli aspetti finanziari su questa materia.

        Il ruolo che la finanza di progetto, nota con la denominazione di project financing, in ossequio alla sua derivazione anglosassone, può svolgere per colmare il deficit infrastrutturale del Paese assume oggi notevole rilievo per le prospettive di sviluppo della nostra economia.
        La Banca d’Italia segue con grande interesse questo tema, sia per il ruolo delle infrastrutture nel sistema economico, sia per gli aspetti che coinvolgono direttamente l’operatività del sistema bancario e, più in generale, del mercato finanziario.
        La progressiva caduta degli investimenti pubblici costituisce una possibile fonte di perdita di competitività internazionale delle singole imprese e del sistema produttivo nel suo insieme. Squilibri e carenze in vari segmenti della dotazione infrastrutturale del Paese possono concorrere a una più bassa crescita delle esportazioni, del reddito e dell’occupazione.
        Per queste ragioni l’analisi dell’andamento del comparto delle opere pubbliche ha ricevuto particolare risalto nelle considerazioni finali delle relazioni del Governatore della Banca d’Italia, Fazio, relative a vari anni, ma intendo ricordare la sua prima relazione del 1993. Cito testualmente: «Risultano utilizzati solo parzialmente i finanziamenti concessi da organismi internazionali (...). È importante per il ciclo economico e per l’occupazione che l’attività di investimento in questo comparto si riavvii prontamente (...). La dotazione di infrastrutture del nostro Paese è inferiore a quella media europea. Rispetto ai Paesi più sviluppati dell’Unione europea il divario viene stimato in circa un terzo; nelle Regioni meno dotate del Mezzogiorno è ancora maggiore. Non è possibile generare lo sviluppo economico solamente attraverso le infrastrutture; ma non esiste sviluppo ordinato se sono carenti. Alla realizzazione di infrastrutture possono concorrere i capitali privati ove l’utilizzo avvenga a fronte di tariffe; l’intervento delle autorità pubbliche rimane indispensabile per valutare costi e benefici delle opere e per regolarne l’uso».
        Queste valutazioni sono di assoluta attualità e la recente normativa, alla quale, onorevoli senatori, avete avuto modo di lavorare, lo testimonia.
        Negli ultimi dieci anni, l’investimento in infrastrutture ha toccato minimi storici: in rapporto al prodotto interno lordo, fra il 1991 e il 2001 la spesa lorda in infrastrutture ha sopravanzato solo quella degli anni dei due conflitti mondiali del secolo passato, collocandosi su valori pari a circa la metà della media del secolo stesso (per evitare confronti congiunturali).
        Vi è il rischio elevato che le insufficienze nell’attuale dotazione di infrastrutture possano condizionare negativamente la capacità di crescita del Paese. La carenza relativa di infrastrutture dell’Italia rispetto ai principali concorrenti, che le ultime statistiche indicano sia nel settore logistico che in quelli dell’energia e delle telecomunicazioni, costringe le imprese a soluzioni organizzative di ripiego subottimali, erodendone la competitività, e riduce la forza di attrazione nella localizzazione produttiva per interi territori. Se osserviamo la dimensione degli investimenti diretti dell’estero nei singoli Paesi dell’Unione, ne troviamo puntuale riscontro.
        Nel quadro dell’Unione economica e monetaria e, dunque, nella prospettiva di una maggiore mobilità dei fattori e dell’imminente allargamento ai paesi dell’Est europeo, ogni perdita di competitività di costo delle imprese e di capacità di attrazione dei territori si traduce in perdita di reddito e di occupazione, in un arretramento della collocazione internazionale dell’Italia.
        Il richiamo al coinvolgimento del capitale privato che ho fatto poc’anzi era esplicitamente diretto dal Governatore in quel contesto alla finanza di progetto e all’opportunità che questa cresca. Esso si ricollega a esperienze storiche molto positive compiute nel nostro Paese nell’arco di molti decenni, sia pure in forme diverse dalla finanza di progetto. Mi riferisco in particolare alle esperienze finanziarie che sono state vissute con l’IRI, con l’ENI, con l’ENEL che hanno, in forma certamente diversa, ma con la commistione di denaro pubblico e denaro privato, realizzato le grandi vie di comunicazione e i sistemi di gestione nel campo dei trasporti autostradali, marittimi, aerei e anche in quello dei gasdotti e degli oleodotti; hanno riconfigurato il sistema di produzione e distribuzione dell’energia elettrica; hanno dato vita al sistema radiotelevisivo e alle moderne telecomunicazioni.
        Negli anni più recenti, capitali privati sono stati utilizzati per la cosiddetta privatizzazione, totale o parziale, di alcune società pubbliche, con benefìci evidenti collegabili agli attesi guadagni di efficienza allocativa. Nel campo delle privatizzazioni le esperienze e le forme sono diverse, perché in alcuni casi le imprese operano in regime di libero mercato; in altri in regime di tariffe pubbliche. Tuttavia presentano una caratteristica comune poiché vi è il coinvolgimento in questa attività di molteplici soggetti, dagli azionisti ai creditori ed ai consumatori.
        Mentre nell’ambito di iniziative interamente finanziate e gestite da operatori pubblici il controllo sulla qualità delle scelte era esercitato dall’autorità politica assume ora rilievo, in varia misura, la disciplina del mercato della proprietà, di quello finanziario e, talvolta, dei prodotti.
        Quando il controllo sulle scelte degli amministratori è esercitato da soggetti privati si può supporre che sussista un maggior stimolo all’efficienza aziendale e alla propensione all’innovazione tecnologica ed organizzativa.
        Un ulteriore vantaggio di natura contingente riguarda i riflessi sulla finanza pubblica. Pur in mancanza di effetti allocativi, il finanziatore pubblico potrebbe essere indifferente al tipo di investimento, immaginando che il costo del debito sia pareggiato dai flussi di entrata dell’investimento stesso. Allorché l’indebitamento pubblico è molto alto ogni aggiunta di debito può comportare un innalzamento del costo dello stesso che non riguarda unicamente la spesa aggiuntiva ma la totalità dello
stock del debito, rendendo conveniente l’apporto finanziario dei privati.
        Nel settore delle opere infrastrutturali per spostare la presenza pubblica a vantaggio della presenza privata è necessario coordinare molteplici interessi coinvolti: innanzitutto la convenienza economica, perché sappiamo che esiste nel settore delle opere pubbliche una esternalità che non è facile valutare né far pagare.
        Va poi ricordato che, in base all’ordinamento giuridico-istituzionale, le decisioni nel campo specifico fanno capo ad autorità pubbliche; ottenere tutte le autorizzazioni necessarie potrebbe risultare per un operatore privato assolutamente proibitivo.
        La finanza di progetto sembra avere le caratteristiche tipiche per mettere insieme amministrazioni pubbliche e società private, che hanno maggiori capacità di provvedere alle risorse finanziarie e trovano in questa attività una loro ragione di convenienza economica: allorché esistano le condizioni non vi è il problema di stimolare l’intervento del settore finanziario o del settore industriale ad entrare nel campo ma saranno essi stessi ad avere motivo di entrarvi; vi sarà semmai un problema di selezione dei migliori e dei finanziamenti più appropriati.
        Naturalmente la finanza di progetto nella realizzazione delle infrastrutture pubbliche risulta nuova. Le forme tradizionali sono l’appalto e la concessione ma credo che con la finanza di progetto possiamo andare ben oltre.
        La prima condizione perché la finanza di progetto possa essere applicata ad un’opera pubblica è la previsione dei flussi di cassa attesi, i quali costituiscono la garanzia primaria per il rimborso del prestito e per la remunerazione del capitale di rischio. All’iniziativa corrisponde, di regola, la costituzione di una società
ad hoc (la società di progetto) che, con l’oggetto specifico ed esclusivo della realizzazione dell’opera, rappresenti la controparte dei diversi operatori di mercato e, quando l’operazione viene finanziata con emissioni di titoli, la controparte dei finanziatori della realizzazione dell’opera, siano essi banche o risparmiatori. È evidente che la caratteristica di questa forma di finanziamento non è tanto la validità dell’impresa quanto quella del progetto, anche se la capacità dell’impresa di condurre a termine il progetto certamente non è secondaria.
        La finanza di progetto è uno strumento particolarmente adatto al finanziamento delle opere capaci di generare flussi di reddito sufficienti a ripagare i capitali investiti attraverso i ricavi derivanti dalla gestione dell’opera finita. In tale tipologia di progetti, i ricavi commerciali prospettici consentono ai soggetti privati il recupero dei costi e la remunerazione del capitale investito. Il coinvolgimento del settore pubblico non attiene ai profili finanziari delle operazioni bensì a quelli più propriamente amministrativi di definizione delle condizioni necessarie per la realizzazione del progetto e di gestione delle procedure necessarie per l’assegnazione delle concessioni. Quindi vi è un misto di pubblico e privato con competenze differenti.
        Il ricorso a tale tecnica di finanziamento è utile anche per realizzare iniziative a forte connotazione sociale che non riescono a ripagare interamente il capitale investito perché, per le loro caratteristiche, una parte dei costi non è di facile tariffazione. In tali casi, all’Amministrazione conviene sempre provvedere con la finanza di progetto, perché sosterrà solo una parte di impegno economico per la realizzazione delle opere.
        Vi sono una serie di soggetti che entrano nell’operazione di finanza di progetto: necessariamente la pubblica amministrazione nella veste di programmatrice e di concedente dell’opera o del servizio; le imprese aggiudicatrici delle concessioni, i soggetti finanziatori (banche o altre istituzioni finanziarie); il mercato, i fruitori finali dell’infrastruttura o del servizio. Possono, inoltre, divenire parti dei procedimenti le società incaricate dell’esecuzione dell’opera (cosiddette società di progetto); i soggetti privati che promuovono la realizzazione del progetto (cosiddetti
sponsor); i consulenti.
        Le esperienze applicative del
project financing sono numerose. Le prime esperienze si sono avute nel settore privato, specie nel campo della produzione di energia elettrica, telecomunicazioni e trasporti, ma anche nel settore pubblico, in grande prevalenza nel mondo anglosassone, a cominciare dagli Stati Uniti.
        Nel nostro Paese, lo sviluppo della finanza di progetto è un fenomeno degli ultimi anni, per iniziativa degli istituti di credito speciali (Imi, Crediop, Icipu) nel finanziamento delle opere pubbliche. Una disciplina speciale ha facilitato l’erogazione dei crediti della specie, anche attraverso la previsione di garanzie specifiche utilizzabili, i cui principi sono stati estesi alla generalità delle banche ad opera del Testo unico bancario (articolo 42). Il ricorso alla finanza di progetto nel nostro Paese risulta, tuttavia, ancora contenuto e manchiamo di dati puntuali circa la sua importanza sugli investimenti. Uno dei principali ostacoli all’applicazione di tale tecnica è stato sino ad ora rappresentato dalla frammentarietà del quadro normativo di riferimento, in cui sono confluiti, nel corso del tempo, numerosi provvedimenti in materia di lavori pubblici; si tratta della legge n. 11 febbraio 1994, n. 109 (legge «Merloni») e delle successive modifiche, tra le quali quella su cui la Commissione sta conducendo le audizioni. Mi soffermerò sugli aspetti di questa normativa relativi alle cosiddette «grandi opere».
        Sappiamo che questa normativa introduce una disciplina speciale, che si affianca a quella più generale in materia di lavori pubblici e tende effettivamente ad accelerare il processo di realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi di preminente interesse nazionale.
        Sotto un primo profilo, la legge «obiettivo» ha delegato il Governo, com’è noto, ad individuare annualmente, in un apposito programma inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, una lista di opere ritenute «strategiche» per lo sviluppo e la competitività dell’economia nazionale; conformemente alle previsioni della legge «obiettivo», il CIPE, nella fase di prima applicazione della normativa, ha approvato il primo programma delle infrastrutture strategiche con delibera del dicembre dell’anno passato.
        Allo scopo di annettere la massima priorità alla realizzazione di queste opere, i compiti di vigilanza e, in generale, di coordinamento sullo svolgimento delle procedure sono stati attribuiti al CIPE, la cui composizione è stata allargata agli enti locali eventualmente interessati.
        Sotto altro aspetto, questa recente normativa di attuazione, in particolare, anche in deroga all’impianto delineato dalla normativa «Merloni», è intervenuta su alcuni passaggi procedurali, passaggi caratteristici che in questi anni hanno ostacolato la realizzazione di opere infrastrutturali di maggior interesse. Questa recente normativa di attuazione ha effettivamente introdotto notevoli semplificazioni, ha dato tempi certi, ha stabilito regole per la soluzione di controversie fra enti ugualmente coinvolti e interessati nella procedura. Perciò credo che sia effettivamente un provvedimento di grande utilità. È prevista la possibilità di utilizzare ancora lo strumento tradizionale della concessione, ma anche quello dell’affidamento unitario dei lavori a un unico contraente, il cosiddetto
general contractor. A differenza del concessionario, sappiamo che quest’ultimo non è investito della gestione dell’opera finita, ma assume l’onere di anticipare i mezzi finanziari necessari alla realizzazione dell’infrastruttura ricorrendo a finanziamenti privati e all’emissione di propri titoli sul mercato.
        Questo è un punto su cui occorre riflettere, perché la sconnessione fra il concessionario e il gestore dell’opera può far sorgere evidentemente problemi, essendo il primo colui che risponde dell’esecuzione dell’opera e del relativo finanziamento rimettendo al secondo la raccolta dei frutti dell’opera che devono essere utilizzati per ripagare il finanziamento, necessario alla costruzione dell’opera.
        Con riguardo ad entrambe le procedure, la nuova normativa consente il ricorso a quella che ho richiamato inizialmente, la «società di progetto», già prevista dalla legge «Merloni», ma che sembra un po’ il punto di svolta necessario per avere un’unità di indirizzi e un’unità di controparte con i finanziatori dell’opera stessa.
        Credo occorra attendere il consolidarsi dell’esperienza applicativa per valutare se e in che misura questa tecnica di finanziamento, nella quale i ricavi delle infrastrutture in ultima analisi rappresentano la garanzia primaria per il rimborso del prestito, potrà trovare applicazione alle ipotesi di utilizzo della procedura con l’intervento del
general contractor.
        Sul ruolo della Cassa depositi e prestiti e di Infrastrutture SpA in questo campo, credo che la Commissione abbia avuto modo di ascoltare direttamente i loro responsabili e quindi non ho da aggiungere alcunché, se non sottolineare l’importanza che questi interventi non avvengano in via sostitutiva delle istituzioni che operano come private e unicamente con il rispetto delle regole di mercato, ma in via complementare, sussidiaria, di cofinanziamento o di rifinanziamento.
        Tratterò invece l’aspetto che è più tipicamente di nostra competenza, quello del ruolo delle banche nella finanza di progetto. In questo campo, il ruolo delle banche è più importante di quello tradizionale del finanziamento delle imprese: esse svolgono funzioni complesse, che vanno dal controllo dell’intero procedimento all’erogazione del prestito, alla fornitura di servizi di consulenza e di assistenza specialistica articolati su più livelli.
        Le banche intervengono nel
project financing in qualità di consulenti finanziari, di organizzatori del finanziamento, di partecipanti diretti al finanziamento del progetto. Mentre in passato queste attività venivano svolte da più banche, con una netta separazione fra l’intermediario incaricato della strutturazione del progetto e quello preposto al suo finanziamento, negli ultimi tempi le banche tendono a operare secondo un modello integrato, con benefìci in termini di ottimizzazione delle procedure e di riduzione di costi.
        In qualità di consulenti finanziari, le banche prestano ai promotori e alle amministrazioni interessate l’assistenza necessaria per rendere l’iniziativa finanziabile sul mercato dei capitali: esse provvedono a verificare la coerenza del progetto col contesto normativo; provvedono a verificare la fattibilità sotto il profilo finanziario, dei finanziamenti e dei ritorni del progetto stesso; la tenuta tecnica del progetto, anche in base al parere di esperti esterni alla banca. Credo che un momento cruciale dell’attività di consulenza sia costituito dall’asseverazione del piano economico-finanziario che accompagna la presentazione della proposta da parte dei promotori, sulla cui natura sono emerse, in passato, posizioni divergenti fra Autorità di vigilanza sui lavori pubblici e sistema bancario. Questo dell’asseverazione del piano credo sia un tema assai delicato, ma credo anche che a questo punto la stessa Autorità di vigilanza sui lavori pubblici abbia chiaramente definito che la richiesta di un’asseverazione da parte delle banche non rappresenta un atto dovuto nei confronti della pubblica amministrazione, né fa cambiare la natura privata delle banche in questa materia, ma è solo un’attestazione di ordine tecnico. L’Autorità di settore ha chiarito, in altri termini, che la rilevanza pubblicistica dell’asseverazione non comporta l’attribuzione al sistema bancario di una nuova e differente posizione giuridica, che resta evidentemente di diritto privato, e ha anche chiarito che tale attività costituisce un elemento necessario delle procedure di valutazione di pertinenza delle amministrazioni pubbliche, le quali mantengono intatte le proprie competenze e responsabilità.
        Accanto all’attività di consulenza, le banche svolgono il ruolo di
arrangers, cioè provvedono all’organizzazione dell’operazione di finanziamento e, in particolare, al reperimento del prestito sul mercato, promuovendone la sottoscrizione. Questo ruolo risulta determinante nello sviluppo di un’operazione di finanza di progetto, per favorirne un avvio tempestivo e un finanziamento assicurato.
        L’essenza delle operazioni di
project financing è costituita, ovviamente, dalla fase di finanziamento dell’iniziativa, alla quale provvede, in generale, un pool di banche, secondo modalità tecniche (prevalentemente finanziamenti a medio e lungo termine) che tengono conto dei risultati dell’attività di consulenza.
        Che cosa è necessario alle banche per procedere con successo in questo campo? Innanzitutto la disponibilità di professionalità al proprio interno capaci di valutare, individuare e gestire i rischi connessi alle diverse fasi del procedimento. Le esperienze e le competenze necessarie sono quelle tipiche degli ex istituti di credito speciale, la cui operatività è volta, più che a valutare l’impresa, certamente a valutare le caratteristiche tecniche e commerciali del progetto di investimento e il suo orizzonte temporale.
        Essi selezioneranno i progetti alla luce delle condizioni di domanda del mercato, offriranno una previsione di
cash-flow capace di rimborsare il finanziamento e, una volta individuate le iniziative da finanziare, saranno capaci di identificare e gestire le diverse tipologie di rischi che si accompagnano alle fasi di costruzione dell’impianto; e i rischi, in questo caso, sono quelli tipici dei ritardi nella costruzione; dei costi più elevati rispetto a quelli preventivati; del rispetto degli standard qualitativi dell’opera e, successivamente, dello sfruttamento dell’opera sul mercato, quindi rischi di mercato, di incertezza di previsione di domanda di quel tipo di servizio, rischi politici, e così via.
        Le banche capaci di offrire questa forma di assistenza e consulenza e di finanziamento non sono ancora numerose nel nostro Paese; vi sono banche estere con una stabile organizzazione in Italia che dispongono di strutture in grado di operare nel settore.
        I principali ostacoli all’applicazione di tale tecnica di finanziamento sono stati sino ad ora rappresentati dalla mancanza di un preciso quadro normativo di riferimento, ora ampiamente superato. Oggi il problema è dato dall’incertezza dei tempi di esecuzione dell’iniziativa, della disponibilità dell’intero spettro di autorizzazioni necessarie per un opera e della disponibilità del capitale a breve per la realizzazione dell’opera.
        Un aspetto particolare che intendo sottolineare è che anche la finanza di progetto è uno dei temi che il Comitato di Basilea sta rivedendo in particolare in riferimento ai coefficienti di patrimonio che le banche devono avere a fronte dei rischi che assumono ed è visto come un settore specifico che sarà regolamentato: anche in questo campo l’attenzione non sarà tanto data alla qualità dell’impresa che effettua l’opera quanto alla valutazione del progetto, articolata in cinque categorie di rischio (debole, forte, medio, soddisfacente, di
default). In relazione ad esse, vi sono coefficienti di capitali diversi che significano tassi di interesse applicati a finanziamenti diversi.
        Svolgerò qualche riflessione sul ruolo degli investitori professionali diversi dalle banche: dal punto di vista degli strumenti è evidente che le società di progetto possono avere bisogno di capitali di rischio e, quindi, di investitori che partecipano con una parte del capitale al rischio di impresa. Questi possono essere tanto le banche quanto alcuni fondi comuni di investimento, la Cassa depositi e prestiti e così via.
        Con riferimento ai fondi comuni di investimento le possibilità di finanziamento delle opere pubbliche sono adatte solo ad alcune categorie. I fondi comuni mobiliari aperti non dispongono di sufficienti margini per investire in titoli di partecipazione, non possono effettuare finanziamenti e non hanno grandi spazi per la loro gestione perché i titoli di queste società non sarebbero quotati su mercati regolamentati e sarebbero di incerta valutazione. Evidentemente i fondi chiusi possono svolgere un ruolo più importante, in particolare quelli riservati ad investitori professionali qualificati, i quali orientano tipicamente la loro attenzione su investimenti con prospettive di rendimento elevato che hanno orizzonti temporali di medio e lungo termine, anche in deroga alla disciplina in materia di frazionamento del rischio.
        Fra gli investitori istituzionali, i fondi previdenziali, proprio per le caratteristiche di lunghezza dell’orizzonte temporale e di maggiore stabilità dei flussi finanziari in entrata e in uscita, sono più indicati per investimenti nel settore delle opere pubbliche. Nell’ambito del dibattito sulla promozione del
project financing nel nostro Paese è stato, altresì, ipotizzato il coinvolgimento delle fondazioni di origine bancaria nel finanziamento delle infrastrutture. Mi è noto che esse sono state ascoltate dalla Commissione. In virtù della loro vocazione a intrattenere rapporti con il territorio e a sostenerne lo sviluppo culturale, sociale ed economico sono interessate anche ad iniziative nel campo delle infrastrutture e, quindi, possono partecipare al finanziamento, anche attraverso l’assunzione di partecipazioni societarie di minoranza. Va peraltro ricordato che le fondazioni sono persone giuridiche senza scopo di lucro e in generale ad esse non è consentito assumere partecipazioni se non in società strumentali. Quindi il loro contributo può essere relativo. Il patrimonio delle fondazioni deve essere gestito secondo criteri prudenziali che consentano di conservarne il valore e di ottenerne una redditività adeguata. Le forme di impiego devono essere collegate ad una finalità istituzionale e allo sviluppo del territorio. Il coinvolgimento delle fondazioni in iniziative di finanza di progetto può contribuire alla realizzazione delle finalità istituzionali di questi enti anche con l’assunzione di partecipazioni di minoranza nelle società di progetto. È tuttavia necessario che vengano tenute in debita considerazione, accanto alle esigenze infrastrutturali del territorio che si vuole contribuire a soddisfare, quelle di conservazione del patrimonio della fondazione e della redditività del progetto.
        La recente evoluzione normativa ha creato i presupposti affinché la finanza di progetto possa essere utilizzata con successo per colmare le carenze infrastrutturali del Paese: sono stati disciplinati nuovi istituti negoziali e importanti snodi procedurali sono stati semplificati e resi più efficaci;
partner pubblici qualificati potranno condividere con le banche ed altri intermediari finanziari i rischi di realizzazione dell’iniziativa; nuove regole, anche di tipo prudenziale, potranno incentivare le banche a finanziare progetti con caratteristiche di elevata redditività e sicurezza. Qualche possibilità di intervento nel settore sussiste, inoltre, per alcune categorie di fondi comuni di investimento e, in misura minore, per le fondazioni di origine bancaria.
        Lo sviluppo della finanza di progetto dipende fortemente dalla qualità dell’azione delle amministrazioni pubbliche, in particolare della programmazione delle opere da realizzare, dalla coerenza fra le diverse autorità interessate e dal livello di cooperazione, dalla convenienza economica che attira l’interesse di imprenditori.
        È evidente che l’
expertise ed il rischio imprenditoriale sono fondamentali e vengono prima della stessa disponibilità del finanziamento.
        Nella finanza di progetto il coinvolgimento dei finanziatori è in primo luogo legato alle prospettive di ricavo delle operazioni. È, quindi, essenziale che le amministrazioni creino i presupposti perché si sviluppi l’interesse di imprenditori e finanziatori. La programmazione delle opere deve soddisfare i bisogni della collettività ed essere in grado di promuovere, per le prospettive reddituali, l’intervento dei privati.
        La qualità delle regole, un’efficiente funzione pubblica, una partecipazione attiva e consapevole del settore privato costituiscono un’importante leva per la finanza di progetto e, per tale via, accrescono la competitività del sistema economico italiano.

        VERALDI (Mar-DL-U). La domanda potrà sembrarle impertinente o poco tecnica ma mi piacerebbe ricevere una risposta. Lei si è molto soffermato – e giustamente, credo – sul ruolo che nel project financing hanno le banche (controllo, finanziamento delle iniziative, erogazione dei servizi, consulenze, piano economico e finanziario) e credo di poter condividere questo grande ruolo che viene assegnato all’ente finanziatore.

        Lei però sa (è di ieri l’ultima nota di uno dei tanti enti abilitati a fare ciò) qual è il costo del denaro nel Mezzogiorno e soprattutto in Calabria: il costo del denaro lì registra tassi sudamericani. Mi batto da anni perché si possa riequilibrare nel Paese questo sistema che ritengo ingiusto, anche perché oggi il Mezzogiorno soffre di iniziative di carattere privato. Le grandi banche del Nord o del Centro Italia si sono impossessate di alcune banche popolari o di alcune casse di risparmio che erano sorte all’inizio del secolo scorso oppure durante tutto il Novecento, fino all’inizio del 2000. Non sono mai riuscito a trovare risposte adeguate, anche se addirittura, quando ero presidente della Regione, il consiglio regionale all’unanimità deliberò su una materia che ritengo una grande ingiustizia, quella di collettori di soldi, poi investiti in altre parti del Paese. Il vero problema è questo.
        Se i tassi di interesse sono questi, che interesse ha una società di progetto nel Mezzogiorno, in particolare in Calabria, a presentare un progetto per la costruzione di un’opera pubblica? L’interesse certamente viene meno continuando ad applicare questi tassi «diversificati» da parte delle banche. Non credo che una banca possa avere un interesse equivalente ad un investimento in un’altra parte del Paese e per soggetti attuatori che vivono in altre parti del Paese. Anziché colmare il
gap delle opere pubbliche nel Paese (se ho ben compreso, in Italia esse sono pari a un terzo di quelle del resto d’Europa, ma il quadro si aggrava nel Mezzogiorno), possiamo noi predisporre una legge che metta il timbro su questa che noi definiamo una irrazionalità esistente nel nostro Paese? Alla fine, le opere saranno realizzate in altre parti del Paese e non certo nel Mezzogiorno, se non ci saranno ovviamente società del Nord che si rivolgeranno alle banche del Nord o del Centro per poter ottenere il necessario finanziamento. In questo senso, non verrebbe sempre penalizzata la classe imprenditoriale del Mezzogiorno?
        Vorrei almeno che su questo dato una parola chiara da parte della Banca d’Italia venisse pronunciata affinché i tassi di interesse, il costo del denaro sia uguale in tutte le parti d’Italia. Questo potrebbe rappresentare una spinta affinché anche nel Mezzogiorno si recuperi un criterio di imprenditorialità, ma soprattutto la possibilità di adeguare – come diceva il Governatore Fazio nel 1991 – il Mezzogiorno a un momento di sviluppo che passa sicuramente attraverso le infrastrutture.

        PRESIDENTE. A conclusione dell’ottima relazione, il dottor Bianchi mi pare abbia indicato come aspetto centrale di un buon funzionamento di questo strumento della finanza di progetto il comportamento della pubblica amministrazione e condivido questo tipo di valutazione.

        Aggiungo però (questo è stato puntualizzato dal dottor Bianchi) che è necessaria anche una pronta, idonea, moderna organizzazione del sistema bancario perché non c’è dubbio che le banche, se e in quanto, come io credo, valuteranno e scopriranno che questa è una linea di lavoro interessante, dovranno adeguatamente organizzarsi. In Italia vi è sempre stata una banca d’affari storica tradizionale e credo che il sistema si stia giustamente muovendo affinché ne nascano altre con la vocazione di individuare nuove linee di lavoro.
        Mi interessa però l’opinione del direttore della vigilanza creditizia della Banca d’Italia su un altro aspetto che continuiamo a «trascurare»: il comportamento degli imprenditori. Se l’amministrazione pubblica (intendendo con questo la burocrazia comunale, provinciale e regionale e il ruolo degli amministratori in quanto tali, chi governa le istituzioni di democrazia organizzata in periferia), il sistema bancario, le banche, le fondazioni devono agire, anche gli imprenditori devono percepire questa nuova prospettiva di lavoro.
        Allora è il caso, come abbiamo detto già in questa Commissione, di parlare di un cambiamento culturale; il nostro è un Paese in cui i ruoli fino a ieri erano molto chiari e definiti: lo Stato tendeva a fare molto, se non tutto; gli imprenditori erano vocati a fare certi lavori e ad eseguirli al meglio; però in una condizione del sistema Paese nella quale le risorse pubbliche sono sempre meno cospicue, ma c’è una quantità consistente di risorse, di risparmio privato nelle banche (prova ne è l’ingente quantità di risorse rientrate a seguito dell’operazione definita «scudo fiscale»), non dobbiamo mettere l’accento sul ruolo che gli imprenditori devono svolgere per dimostrarsi all’altezza della situazione, nel senso di immaginare una figura di imprenditore che, con l’appalto integrato, progetta, costruisce e gestisce un’opera pubblica? Il ruolo di gestore di opera pubblica nel nostro Paese non è a mio parere ancora molto sviluppato.
        Ho apprezzato molto il riferimento che il dottor Bianchi ha fatto al ruolo delle fondazioni. Ho ben presente, avendo contribuito a produrre la norma attualmente esistente, il fatto che, quando abbiamo dibattuto in Parlamento su cosa devono fare le fondazioni, abbiamo insistito con forza sulla circostanza che le fondazioni e i suoi amministratori devono innanzi tutto preservare il patrimonio avuto in eredità; questo significa che devono improntare i loro comportamenti a criteri prudenziali per quanto riguarda la gestione dei patrimoni. Ricordo che alcuni colleghi senatori avevano addirittura proposto, senza esito per fortuna, che il patrimonio dovesse obbligatoriamente essere dato in gestione a società di gestione, che magari operano all’estero. Il Senato ha stabilito che il patrimonio è gestito dagli amministratori delle gestioni che, come hanno fatto tante fondazioni tra cui Cariplo e Sanpaolo, scelgono autonomamente se darne la gestione a terzi.
        Questa sana e prudente gestione – che deve essere la regola – può impedire che, per diversificare il patrimonio, le fondazioni intervengano in fondi chiusi – che anche lei ha ammesso sono uno strumento per il finanziamento di opere pubbliche – per un’opera chiaramente redditizia ? Si ha cioè la certezza che il fondo chiuso possa garantire un rendimento apprezzabile da parte del mercato? Se così è, il fatto che una fondazione intervenga è di per sé motivo per convincere i risparmiatori a convogliare delle risorse in questo fondo.
        I risparmiatori del mercato potrebbero essere stimolati avendo la fondazione l’obbligo di preservare il patrimonio e, quindi, di investire laddove vi sono garanzie sufficientemente alte che l’investimento non è a rischio.
        In questo senso credo che il ruolo delle fondazioni può calamitare delle risorse private: o noi realmente immaginiamo che questo strumento sia in grado di fornire finanziamenti, o scommettiamo sulle banche, sugli imprenditori, sulle fondazioni affinché possano, ognuno per la propria parte, dare un contributo oppure anche io comincio ad avere qualche dubbio. Rimango dell’avviso che, poiché dobbiamo fare queste infrastrutture, valendone la competitività del nostro Paese, credo che una strada possa essere questa.
        Non vi è dubbio poi che la redditività dell’opera è certamente riconducibile al fatto che vi sia un bacino di utenza, un mercato ed una condizione per cui in quella parte del Paese possa essere praticato un sistema tariffario che generi un ritorno in termini di ricavo e di
cash-flow sufficiente a ripartire un investimento iniziale. Non è detto che non possano operare nel Mezzogiorno d’Italia società di progetto nate a Milano.

        VISERTA COSTANTINI (DS-U). Ringrazio il dottor Bianchi per la sua introduzione che ha dato una visione sistematica del problema. Il mio intervento è teso ad approfondire alcuni aspetti: in generale, dopo la sua introduzione, mi sono convinto del fatto che forse peccavamo un po’ di ottimismo. In queste settimane siamo partiti dall’assunto che gli ostacoli per il decollo del project-financing sono dovuti all’arretratezza delle normative italiane rispetto a quelle di altri Paesi per cui, intervenendo adeguatamente sulla normativa, si sarebbero create le condizioni oggettive per il decollo. Questo lavoro è stato fatto. Però, ascoltando il professore, emerge che i limiti sono molteplici ed investono il complesso degli aspetti del project-financing; tutti i fattori e gli elementi che contribuiscono alla sua realizzazione: risulta decisivo ad esempio che l’opera abbia caratteristiche tali da consentire ricavi in grado di giustificare l’investimento da parte del privato. Nessuno butta soldi dalla finestra; si investe con la prospettiva del profitto e del guadagno come è giusto e legittimo. Questo limita sensibilmente la possibilità della utilizzazione di questo strumento nella realizzazione del programma delle opere pubbliche che il Governo ma, in generale, la pubblica amministrazione vogliono realizzare.

        Nella precedente legislatura fui relatore di un disegno di legge di legge che riguardava la tratta Milano-Bergamo. Ricordo che alcuni privati interessati premevano affinché approvassimo una procedura che consentisse di fare calcoli precisi per giustificare l’investimento. Penso a determinati servizi, in particolare al Mezzogiorno, dove la platea delle opere possibili non è molto vasta. Ci sono molte opere indispensabili, utilissime al territorio che, però, non rientrano nel meccanismo che assicura ricavi e, quindi, diventa difficile il coinvolgimento del capitale privato. Penso a Pescara, la mia città, che deve risolvere una serie di problemi: utilizzare le aree di risulta della vecchia stazione, e costruire il nuovo teatro: ovviamente il comune non dispone delle risorse per cui tutto è fermo da anni ed è difficile trovare un investitore privato. In secondo luogo, vi è una limitazione, che penso fosse ravvisabile nell’intervento del collega Veraldi. Mi riferisco al fatto che le stesse opere, che normalmente possono assicurare un vantaggio come un’autostrada, ad esempio la Milano-Brescia o la Milano-Bergamo, se collocate nel Mezzogiorno...

        VERALDI (DS-U)...come la Catanzaro-Vibo Valentia.
        VISERTA COSTANTINI
(DS-U... non è più tanto sicuro che assicurino un ritorno economico e quindi la possibilità del project financing. Questa è una ulteriore grave limitazione.

        Una seconda è riferita a quanto detto dal dottor Bianchi ma anche, ieri, dal direttore dell’Unità tecnica finanza di progetto istituita presso il CIPE: è fondamentale cioè il ruolo della pubblica amministrazione. Essa deve saper impostare il progetto, soprattutto nella fase riguardante i ricavi; quindi occorre una certa creatività, unita ad un’altissima professionalità. Quale delle nostre pubbliche amministrazioni ha queste professionalità e creatività? È difficile pertanto, anche da questo punto di vista, affrontare il project financing.
        Il Presidente evidenzia la necessità di una svolta culturale ma, per fare ciò, ci vuole del tempo. Chiunque abbia avuto a che fare con le pubbliche amministrazioni (anche io sono stato in un’amministrazione regionale) ha potuto constatare che modificare gli orientamenti, i comportamenti, gli assetti dell’amministrazione pubblica è un’impresa estremamente complessa e difficile: ci si cimenta ma alla fine, dopo anni, si deve constatare che i risultati sono molto scarsi.
        Un’ultima considerazione riguarda le banche. La relazione del dottor Bianchi è stata estremamente esaustiva, soprattutto su questo aspetto; ci ha fatto capire bene qual è e quale può essere il ruolo delle banche; a proposito della funzione di consulenza o di intervento diretto, di coordinamento nella raccolta dei fondi, però, notava che non tutte le banche italiane sono attrezzate per questo tipo di attività perché ciò presuppone l’esistenza di una vera e propria sezione, professionalmente capace di valutare, organizzare e gestire questi progetti. Le banche tra loro collegate o frutto di una derivazione dei cosiddetti istituti di credito speciali probabilmente lo sanno fare perché sono nate per questo, ma la banca normale, quella diffusa sul territorio, probabilmente non ha questa capacità.
        Questo è un ulteriore elemento di limitazione che mi fa pensare che il nostro obiettivo, signor Presidente, di far decollare il
project-financing (in uno spirito costruttivo; su questo terreno non c’è distinzione tra maggioranza e minoranza) sia molto difficoltoso e richieda ancora molto lavoro che deve vedere impegnati soggetti diversi.

        PRESIDENTE. Al collega e amico Viserta Costantini, vorrei dire che ho apprezzato lo stile, il modo e l’approccio e ricordo che tre mesi fa la Regione Calabria ha deciso di smaltire rifiuti in modo moderno e molto civile creando forni inceneritori con recupero di energia. Questi si stanno realizzando senza che la Regione tiri fuori una lira, in project financing, con una grande banca del Nord. La Liguria non l’ha fatto, l’Emilia sì. Voglio dire che è vero che le pubbliche amministrazioni sono quello che sono ma dobbiamo essere, a mio parere, un po’ fiduciosi.

        Non assumiamo che questo strumento debba essere usato in un modo che definisco drastico. Certamente la Milano-Brescia è il tratto di autostrada più trafficato d’Italia, quindi sarebbe assurdo che lo Stato ci mettesse una lira, ma non dimentichiamo che la norma che abbiamo scritto prevede che la percentuale dell’intervento dello Stato venga decisa opera per opera. Immagino che in alcune opere lo Stato non intervenga affatto, o per il 10 per cento, o per il 15, il 20 o il 30. Sono decisioni politiche. Dopodiché, quello che non mette lo risparmia nel suo bilancio e magari lo dirotta al Sud, che è ancora oggi la parte del Paese che abbisogna soprattutto di interventi dello Stato, più che dei privati, esistendo certe condizioni del mercato.
        Abbiamo predisposto la modulistica del
project financing in modo molto aperto, superando le norme contenute nella legge Merloni, che prevedevano un massimo del 30 per cento e di 30 anni; adesso è superata la durata del piano finanziario e la percentuale di intervento dello Stato: se lo Stato stabilisce che può intervenire con il 10 per cento, si chiede al privato se, con il contributo dello Stato del 10 per cento, ha interesse ad intervenire. Può darsi dica di no e chieda il 20 per cento.
        Non dobbiamo quindi immaginare che il privato si accolli l’onere di tutto, perché ci sono delle opere, come le autostrade, delle quali la struttura rimane di proprietà dello Stato: le autostrade in Italia sono dello Stato, non dei privati, anche se la società Benetton o altre le gestisce provvisoriamente.
        Se decollerà, la finanza di progetto sarà un elemento tonificante per il nostro sistema; continuo a credere che abbiamo un bilancio dello Stato fortemente indebitato a causa del quale continuano a richiamarci a comportamenti virtuosi; abbiamo, però, un polmone di risorse private inaudito che in questo momento non sono utilizzate in modo virtuoso, nel senso che non sono finalizzate ad opere pubbliche necessarie al Paese. Allora dobbiamo risolvere questo problema e confido che avvenga l’affinamento di tecnicalità finanziarie che consentano, nella garanzia di un sistema che deve tenere, il trasferimento di queste risorse per finanziare certe opere pubbliche strategiche.

        BIANCHI. Signor Presidente, mi sembra che abbiate posto una serie di quesiti che toccano certamente gli aspetti qualificanti di questa materia, di questa normativa e di quest’attività.

        Lei, senatore Veraldi, ha toccato un tema che si riallaccia, evidentemente, a quello delle infrastrutture ma ha i risvolti di ordine più generale, che attengono al costo del denaro nelle diverse aree del Paese. Il divario del costo del denaro fra Nord e Sud non è un tema nuovo: voi tutti ricorderete iniziative e provvedimenti passati che tendevano a tratteggiare la strada che lei sembra proporre, cioè quella di una sorta di prezzo amministrato del credito. Questa è una visione di economia regolamentata, non di mercato; nell’economia di mercato i prezzi dei beni e dei servizi sono determinati dalle domande e dalle offerte che si formano sul mercato stesso. Quindi, il tasso di interesse e il costo del denaro dipendono dalla pressione che la domanda di finanziamenti esercita sul mercato del credito. In secondo luogo, dipende dalla qualità degli imprenditori. Non si può immaginare che vi sia un unico prezzo perché i rischi relativi sono diversi; chi ha prestato soldi allo Stato argentino al 12 per cento, quando i tassi di mercato si attestavano intorno al 5, riteneva in quel contesto di aver fatto un buon affare. Oggi si rende conto che il rischio di non poter ricevere né il capitale né l’interesse è molto alto.

        VERALDI (Mar-DL-U). Non dell’intero Paese.
        
BIANCHI. Ho fatto un esempio degli Stati Uniti dove le imprese sono classificate dalle società di rating classificate in base all’affidabilità. Quindi, i rischi sono diversi. Inoltre, i tassi italiani sono molto diversi da quelli del Sud America. Le ultime cifre disponibili indicano che, nel

settore del medio e lungo termine, nel quale verrebbero ad inserirsi i finanziamenti delle infrastrutture, la differenza tra i tassi del Nord e quelli del Sud è pari allo 0,80 o 0,90 per cento. Tenga anche presente che l’adeguatezza di questi divari di tasso è misurata ex post sulla base della media delle sofferenze e delle connesse perdite, legate ai finanziamenti concessi al Nord e al Sud. Se dalla verifica ex post emerge che le perdite subite prestiti concessi al Sud, indipendentemente dalla sede giuridica della banca che li ha concessi, sono superiori a quelle sui prestiti concessi al Nord, si deve concludere che i tassi applicati erano troppo bassi.

        Sono d’accordo con l’analisi del Presidente Grillo su questo tema. Non immagino che ci siano in Italia centinaia di società di progetto, ma alcune decine con orizzonti nazionali, anzi internazionali, e che in quanto tali non hanno bisogno di avere la residenza a Palermo per realizzare un’opera in Sicilia. Queste società progettano, seguono i lavori e poi affidano a terzi l’opera.
        È evidente che la condotta idrica di una Regione, in cui la manutenzione è migliore, costerà meno di un’altra in cui ciò non avviene. Non ritengo che ci saranno tassi diversi per realizzare una infrastruttura al Nord o al Sud. La costruzione di un aeroporto a Bari o a Venezia può essere realizzata dalla stessa società e godere quindi dello stesso tasso, perché è una impresa nazionale o internazionale. Non mi aspetto che il tasso di interesse applicato sia molto diverso nelle diverse aree del Paese perché il credito viene fatto alle imprese per progetti con determinate caratteristiche.
        Il Presidente Grillo ha ricordato che questo lavoro è svolto dalle banche d’affari. In campo internazionale operano la Banca mondiale, la Banca europea degli investimenti, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. L’esperienza della BEI nel finanziamento di una autostrada calcola il costo dell’opera, il volume del traffico, il tipo di traffico e le tariffe da applicare per renderla conveniente. Dopo aver verificato che quelle tariffe non scoraggiano l’uso della strada l’opera può essere realizzata. Tutti i servizi pubblici sono fattibili, compresi gli acquedotti. Credo vi sia abbastanza spazio e certamente deve essere almeno in parte possibile tariffare il servizio. Se non vi sono queste condizioni l’opera deve essere necessariamente pubblica.

        PRESIDENTE. Nel dibattito che si è sviluppato una riflessione attorno alla tecnicalità deve essere fatta anche sulle opere cosiddette fredde. Oggi il Governo sta consentendo nell’Italia del Nord di costruire carceri in project-financing. Ovviamente il carcere non esprime una tariffa ma il Governo si accolla l’affitto. Per un certo numero di anni i privati costruiscono; per esempio, i privati cominciano a costruire le caserme dei carabinieri. Sul bilancio dello Stato apparirà un impegno per la allocazione ma lo Stato non deve mettere 10 miliardi per la costruzione della caserma ma 500 milioni per pagare l’affitto annuo. Quindi, caserme e carceri si prestano a questa tecnicalità anche se non siamo di fronte ad un sistema tariffario ma ad un’opera fredda. Questo concetto potrebbe essere praticato per gli ospedali.
        
BIANCHI. Credo che il tema degli imprenditori sia il più delicato perché le iniziative hanno bisogno di chi sappia progettare, costruire e gestire. E’ difficile individuare in un unico soggetto la professionalità necessaria per le diverse funzioni. La società di progetto dovrebbe essere in condizioni di mettere insieme capacità e interessi compositi.

        Il Presidente ha ricordato le fondazioni e i fondi chiusi. Al riguardo, non vi è un limite quantitativo perché i fondi chiusi non hanno una capacità di finanziamento definita: essi possono essere costituiti nel numero desiderato e con capacità di raccogliere i fondi necessari. Non è quindi impensabile o particolarmente difficile immaginare che si costituiscano nuovi fondi chiusi a cui partecipino investitori professionali, fondazioni, banche, istituti di assicurazione e imprenditori.
        Vengo più puntualmente ad alcune riflessioni del senatore Viserta Costantini: egli ha osservato che vi è ancora un limite normativo che, a mio parere, è superato. Il Presidente ha già dato qualche indicazione su come individuare le opere da realizzare; credo sia indispensabile la possibilità di applicare totalmente o parzialmente una tariffa, per l’uso delle opere da realizzare.
        Il senatore Viserta Costantini ha evidenziato che l’alto livello di traffico avrebbe permesso la realizzazione delle autostrade del Nord ed il basso livello di traffico avrebbe condizionato la realizzazione di quelle del Sud. Non sarei così categorico: le autostrade del Nord possono essere interamente finanziate dal settore privato; cosa succede per le altre? Perché non immaginare che lo Stato dia un contributo per un quarto, un quinto del valore dell’opera, lasciando che il resto sia finanziato dal settore privato? Perché non immaginare che, per ripagare la spesa, al Nord la concessione duri vent’anni e al Sud quaranta?
        Sull’attrezzatura della pubblica amministrazione, senatore Viserta Costantini, mi è venuto in mente il detto evangelico: chi semina non sempre raccoglie; bisogna comunque lavorare per aspettare che i frutti maturino. A ben riflettere, credo che possiamo essere pragmatici: non è detto che debba fare tutto la pubblica amministrazione, perché vi sono strutture
ad hoc, di cui la stessa pubblica amministrazione si può servire, rappresentate dagli advisor. Quando il Tesoro decide di privatizzare un’impresa si serve di advisor per definire il progetto, per organizzare la cessione; dunque, se opera in questo modo nel mondo della finanza, perché non può farlo nel mondo delle opere pubbliche? Ci sono delle entità capaci di fare il progetto, di renderlo fattibile e poi di cederlo al Tesoro. Quindi, non è necessario che queste capacità progettuali siano già tutte presenti all’interno della pubblica amministrazione.
         Lei, signor Presidente, ha ricordato una banca; credo che al momento ve ne siano in Italia, fra grandi banche nazionali e estere, almeno una decina capaci di svolgere questo ruolo.

        PRESIDENTE. Ringrazio ancora a nome mio e di tutta la Commissione il direttore generale Bianchi e i suoi collaboratori per il loro contributo. Dichiaro conclusa l’audizione e rinvio il seguito dell’indagine conoscitiva.
        
I lavori terminano alle ore 16,45.


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