LAVORI PUBBLICI, COMUNICAZIONI (8a)

MARTEDI' 4 NOVEMBRE 2003
264a Seduta

Presidenza del Presidente
GRILLO



Interviene ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento il dottor Silvio Di Virgilio, capo dipartimento per la navigazione per il trasporto marittimo ed aereo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.


La seduta inizia alle ore 15,25.


PROCEDURE INFORMATIVE

Indagine conoscitiva sulla situazione del sistema portuale italiano e sulle prospettive connesse agli sviluppi della normativa comunitaria di settore: audizione del Capo Dipartimento per la navigazione ed il trasporto marittimo ed aereo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

Il presidente GRILLO, ringraziando il dottor Di Virgilio per la sua presenza in Commissione, dopo aver brevemente ricordato le motivazioni che hanno dato avvio all'indagine conoscitiva in titolo, richiama alcuni punti della legge n. 84 del 1994 che la Commissione ritiene opportuno approfondire con questa procedura. Tra le altre, si tratta di approfondire le tematiche relative ai poteri delle Autorità portuali, verificare le possibilità di attuare un federalismo fiscale in relazione all'autonomia portuale, di immaginare uno snellimento della normativa concernente la costruzione di opere pubbliche nei porti, di rimettere a punto la composizione degli organi preordinati alla gestione dei porti e verificare i rapporti tra Autorità portuali e Autorità marittima.

Ha quindi la parola il dottor Di Virgilio, capo dipartimento per la navigazione ed il trasporto marittimo ed aereo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che sottolinea come tra pochi mesi si compirà il decennio di applicazione della legge sulla riforma portuale, ovvero la legge n. 84 del 1994, e si dovrà procedere, secondo il dettato legislativo, alla verifica degli effetti dell' assetto organizzativo recato dalla riforma e del ruolo che le Autorità portuali hanno avuto nella loro applicazione. Se si ricorda quale fosse il precedente assetto, caratterizzato dalla presenza di alcuni Enti portuali considerati la cenerentola della pubblica amministrazione nel suo concetto più ampio, dotati di scarse risorse economiche ma di rilevante esubero di personale a fronte di traffici limitati - Enti che non potevano in alcun modo neppure tentare un confronto con i porti del Nord-Europa - si può con assoluta certezza affermare che la legge di riforma portuale è stata una felice intuizione del legislatore del 1994.
E' sotto gli occhi di tutti una radicale trasformazione organizzativa e fisica dei porti, uno sviluppo eccezionale dei traffici marittimi e una politica del trasporto marittimo che, accompagnata da un processo imponente di infrastrutturazione, ha attivato l'attenzione dei porti del Nord-Europa i quali considerano ora il sistema portuale italiano come un vero concorrente nella corsa alla cattura dei traffici. La legge n. 84 è sicuramente caratterizzata, per molti aspetti, da una vocazione federalista anche se va riletta alla luce delle modifiche apportate al titolo V della Costituzione. Infatti, i porti nazionali ed internazionali, sede nella quasi totalità di Autorità portuali, debbono essere considerati portali e terminali della rete strategica nazionale, mentre a livello regionale si sta diffondendo la cultura di sistema. La rilettura dovrebbe comportare soltanto problemi di armonizzazione mentre appaiono necessarie correzioni dettate dalla esperienza della sua decennale applicazione. Evidenzia quindi alcuni aspetti rilevanti della legge, sotto il profilo amministrativo, quali quelli del finanziamento e della realizzazione delle infrastrutture portuali, delle "Autostrade del mare" e dei servizi portuali. Nel contesto del nuovo assetto istituzionale derivato dalla legge di riforma del sistema portuale del 1994 sono stati realizzati, dal 1996 in poi, numerosi interventi straordinari di finanziamento a carico del bilancio del Ministero dei trasporti e della navigazione, che si sono affiancati a quelli attuati dal Ministero dei lavori pubblici, all' epoca distinto dal dicastero dei Trasporti. In particolare, con le risorse di cui alle leggi n. 641 del 1996, n. 135 del 1997 e n. 208 del 1999 sulle aree depresse, sono stati realizzati interventi nei porti di Genova, Cagliari, Taranto, Trieste e Chioggia; con le leggi n. 515 del 1996 e n. 295 del 1998 e successivi rifinanziamenti (salvaguardia di Venezia), inoltre, sono state finanziate opere nei porti di Venezia e Chioggia e, infine, con la legge n. 413 del 1998 è stato avviato un programma di ampliamento, ammodernamento e riqualificazione dei porti italiani che ha sostanzialmente affiancato gli scarsi fondi ordinari di bilancio del Ministero dei Lavori Pubblici. La citata legge n. 413 del 1998 prevedeva limiti di impegno quindicennali per 1.500 miliardi di lire (€ 774,69 milioni) decorrenti dal 2000 a carico del bilancio del Ministero dei trasporti e della navigazione; l'utilizzo di tali risorse è avvenuto mediante la contrazione di un mutuo a livello centrale, il cui ammortamento assorbe l'intero finanziamento (tutto impegnato nel 2000) ed il cui ricavo netto, pari a 1.024 miliardi di lire circa (€ 528,84 milioni) è stato ripartito con un decreto ministeriale nel quale sono individuati gli enti attuatori delle opere (le Autorità portuali) e gli interventi da realizzare. Poiché alla fine del 2002 erano state trasferite alle Autorità portuali risorse per complessivi € 398,41 milioni in relazione a opere infrastrutturali avviate nella maggior parte dei porti italiani, si è ritenuto opportuno destinare le risorse ancora disponibili, derivanti da economie e mancato avvio di alcuni interventi, alla realizzazione di infrastrutture finalizzate ad elevare il livello di sicurezza nei porti anche in riferimento all' aumentato rischio di eventi terroristici. L'operazione prevede di porre a carico del programma ordinario dell'ex Ministero dei lavori pubblici gli interventi ancora da realizzare. Il programma di riqualificazione avviato con la legge n. 413 del 1998 è proseguito grazie ai rifinanziamenti recati dalle successive leggi finanziarie per il 2000 e per il 2001, le quali hanno previsto ulteriori limiti di impegno quindicennali decorrenti dal 2001 (per € 23,24 milioni), dal 2002 (per € 39,25 milioni) e dal 2003 (per € 20,66 milioni) per un finanziamento complessivo globale di € 1.247,24 milioni. Con apposito decreto tali risorse sono state ripartite tra le Autorità portuali e le Aziende speciali per i porti di Chioggia e Monfalcone che le stanno utilizzando per la contrazione di mutui destinati a finanziare opere comprese nei programmi triennali adottati ai sensi della legge n. 109 del 1994. Nell'ambito del riparto sono stati espressamente individuati gli scali (in numero di 13) nei quali parte delle risorse deve essere destinata alla realizzazione di interventi finalizzati allo sviluppo del trasporto combinato strada-mare (c.d."autostrade del mare"). Allo stato i limiti di impegno autorizzati sono stati impegnati nelle misure seguenti: 2001 al 100 per cento, 2002 all'87,5 per cento e 2003 all'84 per cento. Si prevede comunque di utilizzare interamente tali risorse nei termini consentiti dal decreto-legge n. 194 del 2002. Un ulteriore finanziamento degli interventi previsti dalla legge n. 413 del 1998 è stato apportato dalla legge n. 166 del 2002 con altri limiti di impegno di € 34 milioni dal 2003 e € 64 milioni dal 2004, per complessivi € 1470 milioni. Tali somme sono state recentemente ripartite con un decreto in corso di registrazione presso gli organi di controllo, per il cui dettaglio si rimanda allo schema in allegato. Si prevede, pertanto, che nel corso del 2004 saranno utilizzate anche tali risorse che consentiranno di finanziare ulteriori opere infrastrutturali nei porti italiani volte ad aumentare l'efficienza e la competitività.
L'attività del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è stata intensa sia a livello europeo sia a livello nazionale. Su proposta del nostro paese è stato siglato un importante accordo con i partners europei che si affacciano sul Mediterraneo (Italia, Francia, Spagna, Grecia, Portogallo) mentre il Consiglio dei Ministri Europei tenutosi a Napoli ha approvato il documento Van Miert sulle reti trans-europee. Le priorità fissate nei documenti sottoscritti riguardano la semplificazione e razionalizzazione delle procedure; la promozione di servizi portuali con un alto rapporto costi/benefici; l'intervento del settore pubblico dove non opera il mercato. E' necessario chiedersi quali sono le vere ragioni per cui si parla molto di Autostrade del Mare mentre il loro sviluppo è stato finora molto limitato. Sotto il profilo infrastrutturale il problema è assai semplice per quanto riguarda il porto: sono necessari ampi spazi; un efficiente sistema informativo; attracchi per navi Ro-Ro; navi dedicate caratterizzate da velocità di carico e di trasporto. Di più difficile e lunga soluzione sono le infrastrutture di collegamento stradale e ferroviario per i porti che ne sono privi. Ritiene peraltro che la vera ragione di un ritardo nello sviluppo investa un altro profilo che si può definire come "composizione di contrapposti interessi". E' sufficiente un esame, anche sommario, degli operatori principali del settore per accorgersi quanto questa composizione sia difficile. Gli armatori hanno interesse a un traffico ricco (passeggeri) più che merci o, nella migliore delle ipotesi, misto e pertanto le navi che effettuano il cabotaggio veloce non sono navi dedicate tutto merci o destinate semplicemente ad ospitare passeggeri (autisti) e vengono comunque impiegate su percorrenze che superano almeno i 500 chilometri, ritenuto questo limite economicamente conveniente. Gli autotrasportatori sono caratterizzati da una composizione a prevalenza di cosiddetti padroncini (pari all'80 per cento) sicchè grazie ad alcune tariffe di favore sulla rete autostradale, ad una tolleranza sui limiti di velocità e di sovraccarico, a facilitazioni nell' acquisto del carburante, all'inosservanza di tempi di riposo, alla possibilità di garantire il door to door, evitando le vie del mare che comportano, a loro avviso, difficoltà di collegamento, tempi lunghi di attesa, risparmi in via assoluta in relazione ai tempi di percorrenza comunque più lunghi, tendono a mantenere il trasporto merci su gomma. I gestori di autostrade hanno da parte loro interesse a favorire ed incrementare il traffico su ruota fino al limite del rallentamento della percorrenza. Queste tre realtà economiche insieme ad altre presenti (terminalisti, operatori portuali, ed altri) devono trovare un punto di incontro che le favorisca tutte. Si può pensare alla possibilità di organizzare la domanda ed indirizzarla: a questo potrebbero provvedere società miste nelle quali le varie componenti economiche troverebbero un loro preciso interesse. Se con un'unica tariffa il trasportatore potesse transitare in auto, uscire dalla stessa, immettersi in un porto per sfruttare una linea di navigazione e raggiungere un porto vicino alla località più prossima alla consegna o comunque "saltare" un percorso stradale lungo o impervio o sovraffollato per poi immettersi nel circuito stradale si creerebbe un circolo virtuoso economicamente redditizio. Diversa è la situazione in cui il mercato non trova convenienza (percorrenza breve); in quella realtà l'intervento pubblico deve incoraggiare il trasferimento della modalità da strada a mare attraverso la definizione di percorsi predeterminati sui quali corrispondere incentivi alla stregua di "oneri di servizio pubblico". In tal senso il Ministero si è mosso attraverso la previsione di un ticket ambientale e a favore dei trasportatori e di incentivi agli armatori per investimenti dedicati; provvedimenti entrambi all' esame degli organismi comunitari, mentre concretizzerà, a breve, la composizione degli interessi.
In merito alla prestazione dei servizi portuali occorre distinguere fra offerta dei servizi tecnico- nautici attinenti alla sicurezza della nave e mercato delle operazioni e servizi portuali attinenti alla movimentazione delle merci. Sia gli uni che gli altri sono infatti oggetto della direttiva sull' accesso al mercato dei servizi portuali, ormai in fase di adozione dopo aver superato favorevolmente la procedura di conciliazione, che però inciderà in maniera sostanzialmente diversa sugli assetti dei due settori. L'assetto dei primi (pilotaggio, ormeggio e rimorchio), tuttora in larga parte regolato dalle norme del codice della navigazione e del relativo regolamento, subirà una serie di modifiche sostanziali in attuazione della citata direttiva. Essi infatti sono tuttora resi in regime monopolistico, mentre con l'entrata in vigore della direttiva dovrà garantirsi l'offerta dei servizi da parte di più operatori e dunque in regime di concorrenza. Potrà comunque limitarsi il numero degli operatori, garantendo però una procedura per l'accesso obiettiva e trasparente, mentre solo per il servizio di pilotaggio potrà mantenersi un unico operatore a fronte di motivazioni di sicurezza e degli obblighi di servizio pubblico. Infine deve consentirsi lo svolgimento dei servizi tecnico nautici in autoproduzione. Sarà dunque necessaria una sostanziale revisione delle norme che attualmente regolano la materia al fine di dare attuazione alla direttiva in questione. Tale opera di revisione e adeguamento normativo non sarà invece necessaria per il settore relativo alla movimentazione delle merci. La disciplina di questa attività è infatti contenuta nell' articolo 16 della legge n. 84 del 1994 intervenuta a seguito di numerose pronunce di organi comunitari che avevano sollecitato la revisione delle norme del codice sulle compagnie portuali e sul lavoro portuale al fine di adeguarle ai principi comunitari in materia di concorrenza. L'articolo 16 della legge n. 84 del 1994 prevede dunque che le operazioni e i servizi portuali siano resi in ciascun porto da una pluralità di operatori in concorrenza fra loro, autorizzati con una procedura obiettiva e trasparente. Consente altresì la possibilità di effettuare tali operazioni e servizi in autoproduzione; è dunque già conforme alle nuove regole contenute nella direttiva. L'articolo 17 della legge sulla prestazione di lavoro temporaneo, è stato di recente modificato (legge n. 186/2000) e il suo testo sottoposto alle valutazioni della Commissione europea è stato reputato compatibile con i principi comunitari. In tale ambito, particolare rilievo assume la norma che ha previsto un contratto unico nazionale di riferimento che prevede un minimo inderogabile sia economico sia normativo. Il contratto viene applicato a tutti i lavoratori addetti alle operazioni e servizi portuali, salva l'applicazione di contratti equivalenti o più favorevoli. Tale articolo peraltro presenta alcune criticità che ne rendono difficile la completa attuazione. In particolare si segnala il comma 15 che prevede da parte del Ministero del Lavoro e del Ministero delle Infrastrutture e trasporti l'individuazione delle modalità per la corresponsione dell'indennità di mancato avviamento ai lavoratori del pool incaricato della prestazione di lavoro temporaneo alle imprese portuali per le giornate di mancato avviamento al lavoro. Lo strumento previsto dalla norma è stato reputato non utilizzabile dal competente Ministero del Lavoro perché le giornate di mancato avviamento al lavoro per un soggetto che presta manodopera temporanea sono fisiologiche, mentre lo strumento cui il comma 15 fa riferimento può utilizzarsi efficacemente nei casi di crisi strutturali delle imprese. E' dunque necessaria una revisione di tale norma che individui un utile strumento per il pagamento delle giornate di mancate avviamento consentendo così soprattutto nelle realtà portuali meno dinamiche la completa attuazione dell'articolo 17 con l'individuazione dell'impresa di cui al comma 2 o in subordine con la costituzione dell'agenzia di cui al comma 5. Quanto alla sicurezza dei lavoratori addetti alle operazioni e ai servizi portuali la disciplina è contenuta per le parti specifiche e peculiari di tali attività nel decreto legislativo n. 272 del 1999, che rinvia per quanto non disciplinato al decreto legislativo n. 626 del 1994. L'efficacia di tali norme ai fini del miglioramento della sicurezza dei lavoratori portuali è sottoposta a monitoraggio da parte del Ministero, con l'obiettivo di valutare la necessità di eventuali adeguamenti della normativa in questione.

Il presidente GRILLO dichiara aperto il dibattito.

Il senatore MONTINO (DS-U) chiede di avere chiarimenti in primo luogo sulla parte relativa agli stanziamenti destinati ai porti per sapere quale sia la situazione delle opere portuali, ovvero se ve ne siano già cantierate e quale sia la situazione dei residui passivi e i tempi di attuazione dei programmi di riammodernamento dei singoli porti. In relazione poi alle autostrade del mare, pur comprendendo le oggettive difficoltà che si incontrano nello spostamento delle merci dalla strada al mare, ritiene tuttavia che servano politiche attive per incrementare le strutture di intermodalità e incentivi finalizzati ad agevolare questo passaggio. Chiede quindi di sapere se a questo riguardo vi siano delle proposte da parte del Governo.

Il dottor Di Virgilio annuncia che consegnerà un documentazione di dettaglio relativa sia alle opere in corso di costruzione, sia in relazione alla situazione specifica dei finanziamenti. Sulla questione delle autostrade del mare fa quindi presente che il problema di un incremento del cabotaggio è quello di una trasformazione in vere e proprie autostrade dei tratti di mare tra porti adeguatamente attrezzati. Sottolinea quindi come esistano nel Paese porti già strutturati a questo fine e come, comunque, il raccordo con le strade possa avvenire nel breve periodo al contrario di un raccordo con le ferrovie che necessita di tempi più lunghi. Quello che è importante sottolineare è che anche in sede comunitaria è ormai acquisito il principio di incentivi alle autostrade del mare che potrebbe derivare da un risparmio di tipo ambientale e sanitario derivante da un trasferimento delle merci via mare rispetto al traffico stradale. Infine, appare necessario incentivare anche gli armatori per invogliarli a trasportare anche merci oltreché passeggeri.

La senatrice DONATI (VERDI-U) riguardo agli aiuti all'itermodalità chiede se vi siano posizioni ufficiali da parte dell'Unione Europea.

Il dottor Di Virgilio sottolinea come rispetto alle proposte avanzate dall'Italia non vi sia ancora un ufficiale "via libera".

Il PRESIDENTE, dopo aver ringraziato il dottor Di Virgilio, dichiara conclusa l'audizione e rinvia il seguito dell'indagine conoscitiva.

CONVOCAZIONE DELL'UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI.

Il PRESIDENTE avverte che domani mercoledì 5 novembre 2003, al termine della seduta della Commissione, già convocata per le ore 15, avrà luogo una riunione dell'Ufficio di Presidenza integrato dai Rappresentanti dei Gruppi per definire il programma dei lavori della Commissione del mese di novembre.

La Commissione prende atto.


La seduta termina alle ore 16,15.

INDAGINE CONOSCITIVA

SULLA SITUAZIONE DEL SISTEMA PORTUALE ITALIANO E SULLE PROSPETTIVE CONNESSE AGLI SVILUPPI DELLA NORMATIVA COMUNITARIA DI SETTORE

1º Resoconto stenografico

SEDUTA DI MARTEDÌ 4 novembre 2003

Presidenza del presidente GRILLO

INDICE

Audizione del Capo Dipartimento per la navigazione ed il trasporto marittimo ed aereo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

* PRESIDENTE

Pag. 3, 9, 12

* MONTINO (DS-U)

9

* DONATI (Verdi-U)

7, 11

* DI VIRGILIO

Pag. 4, 7, 10 e passim


N.B.: L’asterisco indica che il testo del discorso è stato rivisto dall’oratore.

Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale: AN; Democratici di Sinistra-l’Ulivo: DS-U; Forza Italia: FI; Lega Padana: LP; Margherita-DL-l’Ulivo: Mar-DL-U; Per le autonomie: Aut; Unione Democristiana e di Centro: UDC; Verdi-l’Ulivo: Verdi-U; Misto: Misto; Misto-Comunisti italiani: Misto-Com; Misto-Indipendente della Casa delle Libertà: Misto-Ind-CdL; Misto-Lega per l’autonomia lombarda: Misto-LAL; Misto-Libertà e giustizia per l’Ulivo: Misto-LGU; Misto-Movimento territorio lombardo: Misto-MTL; Misto-MSI-Fiamma Tricolore: Misto-MSI-Fiamma; Misto-Nuovo PSI: Misto-NPSI; Misto-Partito repubblicano italiano: Misto-PRI; Misto-Rifondazione Comunista: Misto-RC; Misto-Socialisti democratici italiani-SDI: Misto-SDI; Misto Udeur Popolari per l’Europa: Misto-Udeur-PE.

Interviene il dottor Silvio Di Virgilio, capo dipartimento per la navigazione ed il trasporto marittimo ed aereo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

I lavori hanno inizio alle ore 15,25.

PROCEDURE INFORMATIVE

Audizione del Capo Dipartimento per la navigazione ed il trasporto marittimo ed aereo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’indagine conoscitiva sulla situazione del sistema portuale italiano e sulle prospettive connesse agli sviluppi della normativa comunitaria di settore.

Ringrazio l’ingegner Di Virgilio per aver accolto il nostro invito a partecipare alla seduta odierna.

Si è dato avvio a quest’indagine conoscitiva a seguito delle dichiarazioni dello stesso Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e sulla base di esigenze emerse anche nel corso dell’ultima assemblea dell’Associazione dei porti italiani, laddove si è evidenziata la necessità di una rivisitazione della legge n. 84 del 1994, a suo tempo estremamente positiva, recante la riforma organica del sistema portuale italiano ma che, alla luce di quanto nel frattempo emerso, necessita oggi di una rivisitazione.

Nel corso dell’indagine la Commissione ascolterà molti interlocutori di settore per avere un quadro chiaro su alcune questioni che mi permetto di ricordare in quanto maggiormente note e da molto tempo emergenti nel dibattito politico: il ruolo delle Autorità portuali, con riferimento alla loro soggettività ed autonomia; l’introduzione di logiche di federalismo fiscale in relazione all’autonomia portuale; lo snellimento delle procedure per la realizzazione di opere pubbliche nei porti, con particolare riferimento al rapporto tra i piani regolatori della città e quelli del porto, normalmente diversi e spesso in contrasto tra loro; la composizione degli organi preordinati alla gestione dei porti; la verifica dei rapporti tra l’Autorità portuale e l’Autorità marittima e l’eventuale possibile riclassificazione dei porti. In conclusione, la Commissione è ben cosciente del fatto che il sistema portuale italiano è un valore per il nostro Paese. Il sistema, in quanto tale, ha un’infrastruttura di grande importanza strategica. Nella competizione globale i porti sono un elemento fondamentale, una trincea avanzata.

È nostra intenzione svolgere una serie di audizioni per poi maturare alcune idee che potranno essere di ausilio per la predisposizione di specifiche iniziative di legge. Ricordo che in proposito alcuni colleghi hanno già presentato un disegno di legge di riforma dell’ordinamento portuale e che anche il Ministro, in più occasioni, ha manifestato la sua intenzione di fare altrettanto. Do la parola al dottor Di Virgilio ringraziandolo per aver consegnato una relazione scritta che contribuirà in maniera rilevante ai lavori della Commissione.

DI VIRGILIO. Signor Presidente, signori senatori, tra pochi mesi si compirà il decennio di applicazione della legge sulla riforma portuale, meglio nota come legge n. 84 del 1994, e si dovrà procedere, secondo il dettato legislativo, alla verifica degli effetti dell’assetto organizzativo recato dalla riforma e del ruolo che le Autorità portuali hanno avuto nella loro applicazione. Se solo per un istante ricordiamo quale fosse il precedente assetto, caratterizzato da alcuni enti portuali, considerati la cenerentola della pubblica amministrazione nel suo concetto più ampio, dotati di scarse risorse economiche ma di rilevante esubero di personale a fronte di traffici limitati, enti che non potevano in alcun modo neppure tentare un confronto con i porti del Nord-Europa, si può con assoluta certezza affermare che la legge di riforma portuale è stata una felice intuizione del legislatore del 1994. È sotto gli occhi di tutti una radicale trasformazione organizzativa e fisica dei porti, uno sviluppo eccezionale dei traffici marittimi, una politica del trasporto marittimo accompagnata da un processo imponente di infrastrutturazione che ha attivato l’attenzione dei porti del Nord-Europa, i quali considerano ora il sistema portuale italiano come un vero concorrente nella corsa alla cattura dei traffici. La legge n. 84 del 1994 è sicuramente caratterizzata per molti aspetti da una vocazione federalista, anche se va riletta alla luce delle modifiche apportate al Titolo V della Costituzione. Infatti, i porti nazionali ed internazionali, sede nella quasi totalità di Autorità portuali, devono essere considerati portali e terminali della rete strategica nazionale, mentre a livello regionale si sta diffondendo la cultura di sistema, creata in alcune Regioni. La rilettura dovrebbe comportare soltanto problemi di armonizzazione, mentre appaiono necessarie correzioni dettate dall’esperienza della sua decennale applicazione. Vorrei limitarmi ad evidenziare alcuni aspetti rilevanti della legge, ovviamente sotto il solo profilo amministrativo, quali quelli del finanziamento e della realizzazione delle infrastrutture portuali, delle autostrade del mare e dei servizi portuali. Nel contesto del nuovo assetto istituzionale derivato dalla legge di riforma del sistema portuale del 1994 sono stati realizzati, dal 1996 in poi, numerosi interventi straordinari di finanziamento a carico del bilancio del Ministero dei trasporti e della navigazione, che si sono affiancati a quelli attuati dal Ministero dei lavori pubblici, all’epoca distinto dal Dicastero dei trasporti. In particolare, con le risorse di cui alle leggi n. 641 del 1996, n. 135 del 1997 e n. 208 del 1999, sulle aree depresse sono stati realizzati interventi nei porti di Genova, Cagliari, Taranto, Trieste e Chioggia; con le leggi n. 515 del 1996 e n.295 del 1998 e successivi rifinanziamenti (vedi la legge sulla salvaguardia di Venezia), inoltre, sono state finanziate opere nei porti di Venezia e Chioggia e, infine, con la legge n. 413 del 1998 è stato avviato un programma di ampliamento, ammodernamento e riqualificazione dei porti italiani, che ha sostanzialmente affiancato gli scarsi fondi ordinari di bilancio del Ministero dei lavori pubblici, deputato alla realizzazione di infrastrutture. La citata legge n. 413 del 1998, come è noto, prevedeva limiti di impegno quindicennali per 1.500 miliardi di lire all’epoca (774,69 milioni di euro) decorrenti dal 2000 a carico del bilancio del Ministero dei trasporti e della navigazione; l’utilizzo di tali risorse è avvenuto mediante la contrazione di un mutuo a livello centrale, il cui ammortamento assorbe l’intero finanziamento (tutto impegnato nel 2000) ed il cui ricavo netto, pari a 1.024 miliardi di lire circa (528,84 milioni di euro) è stato ripartito con un decreto ministeriale nel quale sono stati individuati gli enti attuatori delle opere (le Autorità portuali) e gli interventi da realizzare. Poiché alla fine del 2002 erano state trasferite alle Autorità portuali risorse per complessivi 398,41 milioni di euro in relazione ad opere infrastrutturali avviate nella maggior parte dei porti italiani, si è ritenuto opportuno destinare le risorse ancora disponibili, derivanti da economie e mancato avvio di alcuni interventi, alla realizzazione di infrastrutture finalizzate ad elevare il livello di sicurezza nei porti anche in riferimento all’aumentato rischio di eventi terroristici. L’operazione prevede di porre a carico del programma ordinario dell’ex Ministero dei lavori pubblici gli interventi ancora da realizzare. Il programma di riqualificazione avviato con la legge n. 413 del 1998 è proseguito grazie ai rifinanziamenti recati dalle successive leggi finanziarie del 2000 e del 2001, le quali hanno previsto ulteriori limiti di impegno quindicennali decorrenti dal 2001 (per 23,24 milioni di euro), dal 2002 (per 39,25 milioni di euro) e dal 2003 (per 20,66 milioni di euro) per un finanziamento complessivo globale di 1.247,24 milioni di euro (2.415 miliardi di lire). Con apposito decreto tali risorse, previo parere delle Commissioni parlamentari, sono state ripartite tra le Autorità portuali e le aziende speciali per i porti di Chioggia e Monfalcone, che le stanno utilizzando per la contrazione di mutui destinati a finanziare opere comprese nei programmi triennali adottati ai sensi della legge n.109 del 1994. Nell’ambito del riparto sono stati espressamente individuati gli scali (in numero di 13) nei quali parte delle risorse deve essere destinata alla realizzazione di interventi finalizzati allo sviluppo del trasporto combinato strada-mare (le cosiddette «autostrade del mare»). Allo stato, i limiti di impegno autorizzati sono stati impegnati nelle misure seguenti: 2001 al 100 per cento, 2002 all’87,5 per cento e 2003 all’84 per cento. Si prevede comunque di utilizzare interamente tali risorse nei termini consentiti dal decreto-legge n. 194 del 2002, il cosiddetto decreto «Tremonti» che prevede una limitazione degli impegni. Un ulteriore finanziamento degli interventi previsti dalla legge n. 413 del 1998 è stato apportato dalla legge n. 166 del 2002 (il cosiddetto collegato infrastrutturale) con altri limiti di impegno di 34 milioni di euro dal 2003 e 64 milioni di euro dal 2004, per complessivi 1470 milioni di euro. Tali somme sono state recentemente ripartite con un decreto in corso di registrazione presso gli organi di controllo (la ripartizione dei fondi cioè è stata varata in sede di Commissione parlamentare), per il cui dettaglio si rimanda allo schema in allegato. Si prevede, pertanto, che nel corso del 2004 saranno utilizzate anche tali risorse che consentiranno di finanziare ulteriori opere infrastrutturali nei porti italiani volte ad aumentare l’efficienza e la competitività.

L’attività del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata intensa sia a livello europeo sia a livello nazionale. Su proposta del nostro Paese è stato siglato un importante accordo con i partner europei che si affacciano sul Mediterraneo (Italia, Francia, Spagna, Grecia, Portogallo) mentre il Consiglio dei ministri europei tenutosi a Napoli ha approvato il documento Van Miert sulle reti trans-europee. Le priorità fissate nei documenti sottoscritti riguardano la semplificazione e la razionalizzazione delle procedure; la promozione di servizi portuali con un alto rapporto costi-benefici; l’intervento del settore pubblico dove non opera il mercato. È necessario chiedersi quali sono le vere ragioni per cui si parla molto di autostrade del mare mentre il loro sviluppo è stato finora molto limitato. Sotto il profilo infrastrutturale il problema è assai semplice per quanto riguarda il porto: sono necessari ampi spazi; un efficiente sistema informativo; attracchi per navi Ro-Ro; navi dedicate caratterizzate da velocità di carico e di trasporto. Di più difficile e lunga soluzione sono le infrastrutture di collegamento stradale e ferroviario per i porti che ne sono privi. Ritengo peraltro che la vera ragione di un ritardo nello sviluppo delle autostrade del mare investa un altro profilo che si può definire come «composizione di contrapposti interessi». È sufficiente un esame, anche sommario, degli operatori principali del settore per accorgersi quanto questa composizione sia difficile. Gli armatori hanno interesse a un traffico ricco (passeggeri) più che merci o, nella migliore delle ipotesi, misto e pertanto le navi che effettuano il cabotaggio veloce non sono navi dedicate tutto merci o destinate semplicemente ad ospitare passeggeri (autisti) e vengono comunque impiegate su percorrenze che superano almeno i 500 chilometri, ritenuto questo limite economicamente conveniente per l’armatore. Gli autotrasportatori sono caratterizzati da una composizione a prevalenza di cosiddetti padroncini (pari all’80 per cento) sicché grazie ad alcune tariffe di favore sulla rete autostradale, ad una tolleranza sui limiti di velocità e di sovraccarico, a facilitazioni nell’acquisto del carburante, all’inosservanza di tempi di riposo, alla possibilità di garantire il door to door, evitando le vie del mare che comportano, a loro avviso, difficoltà di collegamento, tempi lunghi di attesa, risparmi in via assoluta in relazione ai tempi di percorrenza comunque più lunghi, tendono a mantenere il trasporto merci su gomma. La patente a punti ha cominciato a dare i suoi primi effetti anche sul cabotaggio: si registra infatti uno spostamento significativo. I gestori di autostrade hanno da parte loro interesse a favorire ed incrementare il traffico su ruota fino al limite del rallentamento della percorrenza. Queste tre realtà economiche insieme ad altre presenti (terminalisti, operatori portuali ed altri) devono trovare un punto di incontro che le favorisca tutte. Si può pensare alla possibilità di organizzare la domanda ed indirizzarla: a questo potrebbero provvedere società miste nelle quali le varie componenti economiche troverebbero un loro preciso interesse. Se con un’unica tariffa il trasportatore potesse transitare in autostrada, uscire dalla stessa, immettersi in un porto per sfruttare una linea di navigazione e raggiungere un porto vicino alla località più prossima alla consegna o comunque «saltare» un percorso stradale lungo o impervio o sovraffollato per poi immettersi nel circuito stradale si creerebbe un circolo virtuoso economicamente redditizio. Diversa è la situazione in cui il mercato non trova convenienza (percorrenza breve); in quella realtà l’intervento pubblico deve incoraggiare il trasferimento della modalità da strada a mare attraverso la definizione di percorsi predeterminati sui quali corrispondere incentivi alla stregua di «oneri di servizio pubblico». In tal senso, il Ministero si è mosso attraverso la previsione di un ticket ambientale a favore dei trasportatori e di incentivi agli armatori per investimenti dedicati; provvedimenti entrambi all’esame degli organismi comunitari mentre concretizzerà, a breve, la composizione degli interessi.

Il Ministro competente ne darà comunicazione tra breve.

DONATI (Ve-U). Credo che l’Unione europea abbia già dato il via agli aiuti.

DI VIRGILIO. Mi riferisco alle modalità di composizione degli interessi. Vi è una contrapposizione evidente: per esempio, la Società Autostrade sa che difficilmente si costruiranno autostrade nei prossimi dieci anni e che comunque la velocità di circolazione si abbassa man mano che aumenta il traffico; può catturare traffico solo entrando nel circuito da noi proposto e che, promosso all’estero, ha trovato ampio consenso; è in corso di attuazione da parte del Ministro in Italia una iniziativa di cui, tra breve, darà comunicazione ufficiale, essa tende a mettere insieme i variegati interessi del settore e l’apparente contrapposizione di interessi.

In merito alla prestazione dei servizi portuali occorre distinguere fra offerta dei servizi tecnico-nautici attinenti alla sicurezza della nave e mercato delle operazioni e servizi portuali attinenti alla movimentazione delle merci. Sia gli uni che gli altri sono infatti oggetto della direttiva sull’accesso al mercato dei servizi portuali, ormai in fase di adozione dopo aver superato favorevolmente la procedura di conciliazione, che però inciderà in maniera sostanzialmente diversa sugli assetti dei due settori. L’assetto dei primi (pilotaggio, ormeggio e rimorchio), tuttora in larga parte regolato dalle norme del codice della navigazione e del relativo regolamento, subirà una serie di modifiche sostanziali in attuazione della citata direttiva. Essi infatti sono tuttora resi in regime monopolistico, mentre con l’entrata in vigore della direttiva dovrà garantirsi l’offerta dei servizi da parte di più operatori e dunque in regime di concorrenza. Potrà comunque limitarsi il numero degli operatori, garantendo però una procedura per l’accesso obiettiva e trasparente, mentre solo per il servizio di pilotaggio potrà mantenersi un unico operatore a fronte di motivazioni di sicurezza e degli obblighi di servizio pubblico. Infine deve consentirsi lo svolgimento dei servizi tecnico-nautici in autoproduzione. Sarà dunque necessaria una sostanziale revisione delle norme che attualmente regolano la materia al fine di dare attuazione alla direttiva in questione. Tale opera di revisione e adeguamento normativo non sarà invece necessaria per il settore relativo alla movimentazione delle merci. La disciplina di questa attività è infatti contenuta nell’articolo 16 della legge n. 84 del 1994 intervenuta a seguito di numerose pronunce di organi comunitari che avevano sollecitato la revisione delle norme del codice sulle compagnie portuali e sul lavoro portuale al fine di adeguarle ai principi comunitari in materia di concorrenza. L’articolo 16 della legge n. 84 del 1994 prevede dunque che le operazioni e i servizi portuali siano resi in ciascun porto da una pluralità di operatori in concorrenza fra loro, autorizzati con una procedura obiettiva e trasparente. Consente altresì la possibilità di effettuare tali operazioni e servizi in autoproduzione; è dunque già conforme alle nuove regole contenute nella direttiva. L’articolo 17, della legge n. 84 del 1994, sulla prestazione di lavoro temporaneo, è stato di recente modificato dalla legge n. 186 del 2000 e il suo testo, sottoposto alle valutazioni della Commissione europea, è stato reputato compatibile con i principi comunitari. In tale ambito, particolare rilievo assume la norma che ha previsto un contratto unico nazionale di riferimento che prevede un minimo inderogabile, sia economico, sia normativo. Il contratto viene applicato a tutti i lavoratori addetti alle operazioni e servizi portuali, salvo l’applicazione di contratti equivalenti o più favorevoli. Tale articolo peraltro presenta alcune criticità che ne rendono difficile la completa attuazione. In particolare, si segnala il comma 15 che prevede da parte del Ministero del lavoro e di quello delle infrastrutture e trasporti l’individuazione delle modalità per la corresponsione dell’indennità di mancato avviamento ai lavoratori del pool incaricato della prestazione di lavoro temporaneo alle imprese portuali per le giornate di mancato avviamento al lavoro. Lo strumento previsto dalla norma è stato reputato non utilizzabile dal competente Ministero del lavoro perché le giornate di mancato avviamento al lavoro per un soggetto che presta manodopera temporanea sono fisiologiche, mentre lo strumento cui il comma 15 fa riferimento può utilizzarsi efficacemente nei casi di crisi strutturali delle imprese. È dunque necessaria una revisione di tale norma che individui un utile strumento per il pagamento delle giornate di mancato avviamento consentendo così soprattutto nelle realtà portuali meno dinamiche la completa attuazione dell’articolo 17 con l’individuazione dell’impresa di cui al comma 2 o, in subordine, con la costituzione dell’agenzia di cui al comma 5.

Quanto alla sicurezza dei lavoratori addetti alle operazioni e ai servizi portuali, la disciplina è contenuta, per le parti specifiche e peculiari di tali attività, nel decreto legislativo n. 272 del 1999, che rinvia, per quanto non disciplinato, al decreto legislativo n. 626 del 1994. L’efficacia di tali norme, ai fini del miglioramento della sicurezza dei lavoratori portuali, è sottoposta a monitoraggio da parte del Ministero, con l’obiettivo di valutare la necessità di eventuali adeguamenti della normativa in questione.

Ringrazio la Commissione per l’attenzione e resto a disposizione per eventuali chiarimenti.

Ricordo infine che si prevede l’approvazione della direttiva, di cui posso fornire lo schema alla Commissione, il 17 novembre prossimo nel corso dell’adunanza plenaria del Parlamento europeo.

PRESIDENTE. Registro con soddisfazione un’elaborazione molto avanzata sulla questione delle autostrade del mare, rispetto alla quale ho dedicato personalmente molta attenzione.

Dichiaro aperto il dibattito.

MONTINO (DS-U). La relazione è tendenzialmente condivisibile. Chiedo se, in riferimento agli stanziamenti, si parla di impegni o di opere in fase attuativa e qual è il volume dei residui passivi accumulatosi nel corso degli anni in riferimento agli stanziamenti previsti negli anni precedenti. Anche se la mia è una valutazione sommaria sembra che i lavori attinenti a porti del Sud e del Nord non terminino mai forse a causa di lungaggini procedurali o di tempi infiniti di realizzazione. Non so se tali ritardi dipendono dalle disponibilità finanziarie o da procedure complesse, sia tecniche che di fattibilità. Spesso gli interventi realizzati risultano per certi aspetti già vecchi e superati rispetto alle nuove esigenze, alle nuove tecnologie ed ai nuovi vettori messi in campo, soprattutto per quanto riguarda il trasporto passeggeri. Si è avuto in questo specifico settore un’evoluzione enorme, in modo particolare negli ultimi dieci anni, con un traffico molto più veloce rispetto al passato ma con tecnologie, spazi, aree, ormeggi di dimensioni completamente diversi rispetto a quelli di alcuni anni fa. È stata fatta questa verifica? A che punto si è arrivati? Si sta parlando solo di impegni? Quanti sono? In quale misura sono stati realizzati? Insieme agli impegni bisogna anche valutare i tempi di attuazione dei finanziamenti messi a disposizione. In secondo luogo, quando si parla di autostrade del mare, si fa riferimento a qualcosa di complesso da realizzare perché coinvolge soggetti con interessi diversi: l’autotrasportatore in primis pensa all’autostrada con tutto ciò che ne consegue in termini di agevolazioni, di possibilità di percorrenza, di traffico. È stata quantificata la lunghezza di 500 chilometri. Su distanze ancor più ridotte è complicato pensare ad una sostituzione netta del traffico marino rispetto a quello stradale: quest’ultimo è molto più versatile, articolato e raggiunge con più facilità i luoghi di carico e scarico. È auspicabile un tendenziale spostamento delle merci anche particolari sulle autostrade del mare ma per realizzare questo obiettivo è necessario incentivare le strutture di accoglienza, i centri intermodali di riferimento di cui solo pochi porti, realizzati in un certo modo, dispongono. Spesso in alcuni porti non arrivano neanche i treni e in alcuni casi il servizio ferroviario prima assicurato ora è venuto meno. Basta pensare al porto di Civitavecchia o al porto di Fiumicino. In ogni caso, in questi ultimi anni si sta evidenziando un recupero, soprattutto in termini di trasporto passeggeri. Credo pertanto si ponga un problema di collegamento tra le varie modalità di trasporto e di traffico. Questo naturalmente chiama in causa il sistema e la struttura portuale. Accanto a ciò vi è una politica che incentiva e al contempo disincentiva un determinato sistema di traffico, sia utilizzando la leva fiscale sia quella contributiva: il contributo cioè dato ad una determinata politica ed un disincentivo da attivare per scoraggiare delle scelte.

Lei ha annunciato una prossima iniziativa da parte del Ministro: ben venga! Considero molto utile la nota del Presidente sull’obiettivo dell’indagine in corso che si conclude richiamando la nostra attenzione per verificare, previa visita, i porti più significativi. È auspicabile una inversione di tendenza molto forte ed urgente perché, come per il traffico urbano, si pone la necessità di spostare il traffico delle merci su ferro. Dobbiamo inoltre incentivare lo spostamento del traffico su mare, unica prospettiva auspicabile.

DI VIRGILIO. Per rispondere ai dubbi evidenziati dal senatore Montino, posso consegnare una tabella contenente tutte le opere realizzate e quelle in corso di esecuzione. Soltanto l’ultima tranche dovrebbe essere sospesa ma posso assicurare che nel 1997, allorché svolgevo il ruolo di direttore generale delle opere marittime, sono stati registrati 700 miliardi di residui per cui lo stanziamento di bilancio fu abbassato dalla Ragioneria a limiti quasi ridicoli, pari a 100 miliardi annui di allora; alla fine del 1998 è stato speso tutto e la Ragioneria ha aumentato gli stanziamenti ordinari di bilancio. Per fortuna, è stata approvata la legge n. 413 del 1998 che ha integrato la parte ordinaria del bilancio; parte tutta realizzata con uno stanziamento pari a 1.023 miliardi (prima tranche). Del predetto stanziamento non sono stati utilizzati circa 250 miliardi, sempre di vecchie lire, in quanto gli interventi per i quali erano finalizzati hanno avuto problemi per essere realizzati.

La prima versione della legge n. 413 aveva proprio un limite di questo tipo: anziché finanziare il programma operativo delle Autorità portuali prevedeva analiticamente le opere da finanziare. Se vi era un intoppo su un’opera non si poteva passare ad un’altra. Ciò ha creato qualche disfunzione nella sua utilizzazione. Pertanto abbiamo utilizzato questi fondi per infrastrutture relative alla sicurezza. Il senatore Montino sarà certamente a conoscenza dell’accordo stipulato dall’Agenzia delle dogane con gli Stati Uniti per rendere sicuri alcuni porti quali quelli di Genova, di Livorno e di Gioia Tauro. Le somme di denaro pertanto sono state messe a disposizione per garantire questo accordo e queste infrastrutture relative alla sicurezza. L’ultima tranche ha avuto luogo nell’ultimo periodo. Il 31 dicembre prossimo venturo disporrò comunque dei dati non solo relativi a tutti gli impegni ma a tutti gli stati di avanzamento delle opere finanziate. Sono pertanto in grado di dare una precisa indicazione. Il Tesoro non ha mai «tolto» quattrini alla mia direzione generale perché si è sempre speso tutto; cosa che per un direttore generale è un vanto.

In Italia le merci trasportate via mare sono pari a 4 milioni di tonnellate. Il concetto di autostrada del mare è lo stesso di quello delle autostrade sul territorio: possiamo arrivare a Milano percorrendo la strada statale e l’autostrada. Il risultato ovviamente è diverso. Esistono circa 13 linee attive, con caratteristiche proprie dell’autostrada del mare: sono pronti a fare ciò i porti di Genova, Livorno, La Spezia, Salerno, Civitavecchia, Bari. Altri porti non sono pronti o non possono fare autostrada del mare. Il problema dei collegamenti presenta due aspetti: quello stradale di realizzazione a medio termine (tre anni circa); quello ferroviario di investimento e realizzazione a lungo termine. Se spostiamo quanto è possibile da strada a mare e mettiamo in campo i collegamenti ferroviari questo processo si può attivare. Sottolineo che l’introduzione della patente a punti comincia a dare, senza particolari incentivi, qualche risultato sostanziale sul cabotaggio: gli autotrasportatori cioè cominciano ad avere paura. D’altronde, se non ristabiliamo le regole è difficile che la gente vada su mare.

Il mio dipartimento ha curato i contatti con il dipartimento di questo settore di Bruxelles ed assieme abbiamo sostenuto la assoluta necessità di costringere in qualche modo gli autotrasportatori ad andare sul mare a costo di farli andare gratis! È una battuta questa ma significativa. Se riusciremo ad attivare il volano ed il regolamento che ne è il presupposto attualmente all’esame dell’Unione europea, sarà approvato, le cose andranno meglio. Due aspetti del regolamento, già decisi, comportano una somma di denaro pari a circa 500 miliardi di vecchie lire divisi tra ticket ambientale ed altro. Per il primo vi sono limiti imposti dall’Europa. Intanto, siamo riusciti a sfondare il muro sull’esternalizzazione dei costi per cui ciò che risparmiamo in termini di ambiente o di sanità, per esempio trasferendo il traffico dalla modalità strada alla modalità mare, potremmo monetizzarlo e darlo come contributo. Questo concetto è passato in Europa. A livello europeo vi è il progetto «Marco Polo», la cui filosofia è interessante ma dispone di denaro quasi pari allo zero.

Se sarà approvato questo regolamento, il trasporto via mare riceverà un impulso molto forte. Il dato significativo è il seguente: un gruppo tra i più importanti armatori (vedi Grimaldi, Onorato, Franza, Marzano) dopodomani costituirà una società che dovrebbe, nel coinvolgimento degli interessi, allinearsi con le altre componenti per attivare il circuito. Bisogna convincere gli autisti ad andare in nave: i turchi per esempio effettuano il trasferimento delle merci su camion via nave, pagando agli autisti il viaggio aereo fino a Trieste. Quanto agli armatori, un decreto prevede circa 100 miliardi di vecchie lire per incentivare investimenti mirati. Finora vi è stata la cultura del traffico «ricco», cioè in preferenza composto da passeggeri e autoveicoli. In alcuni casi si è preferito far salire gli autoveicoli ma non i camion. Secondo il nostro pensiero, l’autotrasportatore in qualsiasi punto dell’Italia si trovi, grazie ad un sistema informativo efficiente, dovrebbe essere in grado telefonicamente di sapere dove può imbarcare il mezzo e a quale ora. In questo modo si potrà sicuramente attivare quel circolo virtuoso illustrato.

DONATI (Verdi-U). A pagina 8 della sua relazione e anche nella risposta che ha fornito ora si è evidenziata la necessità di prevedere un ticket ambientale e degli aiuti specifici per sostenere l’intermodalità. Probabilmente vi era un riferimento ad uno specifico provvedimento alla legge n.166 del 2002. Mi risulta che a Bruxelles la Unione europea aveva già dato il «via libera» a questa tipologia di aiuti. Già si è avuto occasione di discuterne nell’ambito dell’esame della legge finanziaria. Ricordo, infatti, che dalla stessa relazione di accompagnamento risultava che finalmente sarebbe stato possibile spendere certi stanziamenti, fino a quel momento considerati una specie di residui e, in attesa del via libera al regolamento, facenti parte di un fondo non speso. Mi sembrava che la situazione si fosse sbloccata, a seguito di accurate valutazioni da parte di Bruxelles e coerentemente con simili sistemi di incentivi già autorizzati per i trasporti in altri Paesi. Dalla sua relazione sembrerebbe invece che questi provvedimenti siano ancora entrambi all’esame degli organismi comunitari. La prego di chiarire questa mia perplessità.

DI VIRGILIO. Un via libera comunitario ufficiale ancora non è stato dato. L’Italia deve obbligatoriamente notificare qualsiasi provvedimento a livello comunitario per effettuare una comparazione e valutare se le proposte italiane rientrano nei parametri indicati, predeterminati dall’Unione europea. Si parla dunque di un assenso informale.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Di Virgilio per aver così proficuamente partecipato ai nostri lavori. Dichiaro conclusa l’audizione e rinvio il seguito dell’indagine conoscitiva ad altra seduta.

I lavori terminano alle ore 16,10.


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