COMMISSIONE STRAORDINARIA
per la tutela e la promozione
dei diritti umani
MERCOLEDÌ 19 DICEMBRE 2001
9ª Seduta
Presidenza del Presidente
PIANETTA
Interviene, ai sensi dell’articolo 48 del Regolamento, la dottoressa Ivanka Corti, componente elettivo del Comitato delle Nazioni Unite di sorveglianza sulla attuazione della Convenzione internazionale per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW).
La seduta inizia alle ore 13,45.
PROCEDURE INFORMATIVE
Seguito dell’indagine conoscitiva sui livelli e i meccanismi di tutela dei diritti umani, vigenti nella realtà internazionale: audizione della dottoressa Ivanka Corti, componente elettivo del Comitato delle Nazioni Unite di sorveglianza sulla attuazione della Convenzione internazionale per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW)
Riprende l’indagine conoscitiva, sospesa nella seduta del 13 dicembre scorso.
In apertura di seduta il presidente PIANETTA ringrazia la dottoressa Ivanka Corti per la sollecitudine con cui ha accolto l’invito della Commissione.
La dottoressa CORTI ringrazia a sua volta per l’onore e l’opportunità che le vengono offerti di esporre il lavoro del Comitato di cui è attualmente componente elettivo. Si dice anche emozionata in quanto nel periodo in cui è stata presidente del CEDAW ha avuto contatti con i massimi livelli istituzionali dei paesi che hanno ratificato la Convenzione, contatti che invece non vi sono stati nel nostro paese e in generale all’interno dell’Unione europea, forse perché detti paesi si rivolgono non già al Comitato bensì direttamente alle istituzioni comunitarie.
Dopo aver sottolineato come che la crisi afgana nella sua drammaticità abbia avuto l’effetto di determinare un risveglio di attenzione sulla condizione della donna nel mondo, la dottoressa Corti ricorda come la Conferenza tenutasi a Vienna nel 1993 abbia dichiarato il carattere universale ed interdipendente dei diritti umani, provocando una maggiore attenzione politica da parte degli Stati. Vi sono quindi state ricadute positive sul piano dell’attuazione della Convenzione del 1979, votata all’unanimità dall’Assemblea delle Nazioni Unite, ed entrata in funzione nel 1982 dopo che era intervenuta la ventesima ratifica. L’Italia ha aderito nel 1985. Attualmente gli Stati che hanno ratificato la Convenzione sono 168.
Ricorda come la Convenzione sia stata ratificata da molti Stati con obiezioni e riserve che dimostrano quanto faticoso e travagliato sia l’
iter
di elaborazione. Si tratta infatti di una Convenzione che, diversamente dalle altre (che per quanto importantissime hanno un tema circoscritto) abbraccia il 50 per cento del genere umano laddove gli altri atti di tutela si occupano prevalentemente dei diritti umani della prima e della seconda generazione. Il Comitato incaricato della sorveglianza sull’attuazione della Convenzione consta di ventitre esperti indipendenti, eletti in rappresentanza di tutte le aree geografiche, tutti i sistemi legislativi e le culture.
Ogni Stato che ratifica la Convenzione deve presentare un primo rapporto nel giro di un anno e poi con cadenza quadriennale in modo da avere un monitoraggio continuo, che di fatto comporta un trasferimento di sovranità dai singoli Stati alla organizzazione dell’ONU.
Recentemente, prosegue la dottoressa Corti, è stato approvato un Protocollo facoltativo il quale ha individuato due procedure di intervento, la prima delle quali prevede la possibilità a titolo individuale di adire direttamente il Comitato; la seconda procedura consente al Comitato di aprire un’inchiesta all’interno di realtà che risultano particolarmente critiche.
La dottoressa Corti si dichiara lieta ed orgogliosa che l’Italia sia stato il decimo Paese a ratificare il Protocollo, perché il numero di dieci era quello minimo affinchè l’atto potesse entrare in vigore.
La dottoressa Corti ha dato una scorsa alle precedenti audizioni e si dice molto d’accordo con quanti hanno messo in rilievo l’enorme ruolo svolto dall’ONU in questo secolo, ruolo che è scarsamente conosciuto e quindi meritevole di ulteriore progressiva espansione, specie per quanto riguarda i poteri di intervento dell’Alto Commissariato per i diritti umani, che come è noto siede a Ginevra. A questo proposito vuole ricordare come il «programma dell’educazione». Ai diritti umani 1995-2005 lanciato dalle Nazioni Unite nel 1995 abbia avuto scarso riscontro da parte degli Stati mentre molto maggiore è stato l’interessamento delle Organizzazioni non governative. Sarebbe pertanto utile che la Commissione procedesse ad un’audizione dell’Alto Commissariato per il motivo che una informazione sulle possibilità di intervento attribuite dalla normativa internazionale al predetto organismo costituisce un passaggio importante, dal momento che l’opinione pubblica italiana ignora perfino l’esistenza dei sei Comitati incaricati di sorvegliare sull’attuazione delle diverse Convenzioni a protezione dei diritti umani.
La dottoressa Corti conclude dicendo che è necessario un ulteriore sforzo a carattere politico e culturale, tanto più che il maggiore ostacolo non consiste nella mancanza di atti internazionali e di organismi incaricati della loro attuazione quanto in resistenze che nel caso della donna sono ascrivibili ad una concezione patriarcale della famiglia, e delle comunità intermedie in cui si organizza la società civile. In particolare concorda con quanto sostenuto davanti alla Commissione dal professore Papisca, il quale ha parlato della istituzione della figura del Difensore civico quale istituto giuridico che nella realtà italiana potrebbe assolvere una funzione positiva, come in altri paesi europei dove esiste anche la figura del Difensore civico che si occupa esclusivamente dei problemi di protezione della donna.
Si apre il dibattito.
La senatrice DE ZULUETA chiede in particolare ragguagli sulla situazione della cittadina nigeriana condannata alla pena di morte mediante lapidazione, alla luce di quanto proibiscono le Convenzioni internazionali che tuttavia le risulta siano state ratificate anche dalla Nigeria.
Il senatore MARTONE chiede alla relatrice di avere chiarimenti sui diritti delle donne emigranti e quali siano le interrelazioni del CEDAW con l’atto di Pechino da una parte e il movimento antiglobalizzazione dall’altra.
La senatrice BONFIETTI ritiene utile il suggerimento della dottoressa Corti in ordine ad un contatto con l’Alto Commissariato dell’ONU per i diritti umani, onde conoscere più da vicino i meccanismi di funzionamento del predetto organismo.
Dopo che il presidente PIANETTA ha ricordato che è già prevista una missione a Ginevra, proprio al fine di prendere contatto con l’Alto Commissariato, prende la parola per le conclusioni la dottoressa Corti.
La dottoressa CORTI ricorda come il Comitato abbia firmato alla unanimità contro la pena di morte inflitta alla ragazza nigeriana. Il problema è che la Convenzione originariamente non conteneva un riferimento diretto ad atti di violenza, motivo per cui è stato necessario votare la raccomandazione generale numero 19 per chiarire che la discriminazione costituisce di per sé un atto di violenza e quindi non è separabile concettualmente da questa categoria di atti.
Gli stati islamici come la Nigeria hanno ratificato
con riserva
facendo in particolare obiezione all’articolo 2 della Convenzione, che si occupa della promulgazione della legislazione attuativa e all’articolo 16 che concerne il diritto di famiglia. In linea generale gli stati islamici sostengono che la legge fondamentale alla quale loro ispirano gli atti interni è già molto liberale nella sua ispirazione, se non fosse che i funzionari applicano male la legge. Proprio per questo si rende necessaria una rinnovata pressione dell’opinione pubblica generale che, facendo leva sulle istituzioni dell’ONU, spinga per un ritiro o comunque un ridimensionamento delle riserve in sede di disciplina attuativa.
Per quanto riguarda il problema delle donne emigranti informa la Commissione che esiste una Convenzione speciale, ancora come bozza. Esistono tuttora opinioni divergenti se sia il caso di aggiungere nuove Convenzioni ovvero interpretare meglio quelle esistenti.
Per quanto concerne l’atto di Pechino, ritiene che il problema sia complicato dal fatto che il settore privato, quindi la disciplina che presiede ai rapporti di lavoro tende a sfuggire alla competenza diretta degli stati che sono perciò stati invitati ad adottare strumenti di sorveglianza nei confronti delle imprese.
Conclude la propria replica chiarendo che il passo da lei sollecitato in favore di un contatto diretto tra il Senato della Repubblica e l’Alto Commissariato si muove nella direzione di attivare da parte delle istituzioni una maggiore attenzione verso un organismo che attualmente versa in una situazione di difficoltà, perché privo di fondi e di reale potere politico.
Il presidente PIANETTA ringrazia la dottoressa Corti per la esemplare relazione. Dopo la sospensione dei lavori parlamentari la Commissione, in sede di un Ufficio di presidenza allargato ai parlamentari della Commissione, si farà carico di precisare, una volta acquisita una informazione generale, le modalità operative attraverso le quali la Commissione possa incidere sui livelli e i meccanismi di tutela dei diritti umani.
La seduta termina alle ore 14,45.