GIUNTA PER IL REGOLAMENTO

GIOVEDÌ 3 APRILE 2003
9ª seduta

Presidenza del Presidente
PERA


        La seduta inizia alle ore 14,10.


ESAME DELLE PROPOSTE DI MODIFICA DEL REGOLAMENTO PER L’ATTUAZIONE DELL’ARTICOLO 11 DELLA LEGGE COSTITUZIONALE 18 OTTOBRE 2001, N. 3.

        Il PRESIDENTE, dopo aver ricordato lo stato dell’esame dell’argomento all’ordine del giorno e prima di dare avvio alla discussione sulle proposte di modifica del Regolamento per l’attuazione dell’articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, sottolinea che, anche per il prosieguo dei lavori, si procederà di comune accordo con la Camera dei deputati e che quindi il termine per la presentazione degli emendamenti sarà fissato di intesa con la Presidenza della Camera. Sarà peraltro opportuno che gli emendamenti siano esaminati in primo luogo dal Comitato dei relatori delle due Giunte per il Regolamento e successivamente sottoposti alle Giunte stesse.

        Il senatore MANCINO, nel ripercorrere le problematiche relative all’attuazione dell’articolo 11, ricorda che i relatori hanno provveduto ad esaminare alcuni punti delle proposte precedentemente elaborate dal Comitato paritetico e a risolvere taluni nodi rimasti aperti, pervenendo alla elaborazione di un testo sul quale si è registrata l’unanimità dei consensi, tranne che su un aspetto particolarmente delicato.

        Con riferimento alla composizione integrata della Commissione per le questioni regionali, egli sottolinea che ne è stato confermato il carattere paritetico, con la previsione cioè di una presenza delle autonomie territoriali numericamente equivalente a quella della componente parlamentare.
        Sono state quindi superate le obiezioni che giustificavano proposte volte a ridurre l’area delle competenze della Commissione nella composizione integrata. Si prevede infatti che i rappresentanti delle autonomie partecipino a tutti i lavori della Commissione, con esclusione unicamente di quelli riguardanti l’esercizio della funzione consultiva prevista dall’articolo 126 della Costituzione e l’elezione dei membri dell’Ufficio di presidenza della Commissione stessa. Per altro verso, i relatori hanno convenuto sulla necessità di estendere le competenze della Commissione anche a materie non espressamente indicate nell’articolo 11, nel presupposto che esse possano comunque presentare aspetti di interesse per le autonomie. L’interesse di queste ultime è apparso altresì evidente nelle ipotesi in cui dovessero venire all’esame disegni di legge eventualmente invasivi delle competenze regionali stabilite dalla Costituzione.
        Riguardo a quella che è stata la questione più delicata e complessa, concernente le modalità di deliberazione della Commissione, viene suggerita una soluzione, avanzata dall’onorevole Boato, che costituisce un punto di mediazione tra le diverse ipotesi prospettate e che è fondata sulla ricerca di una doppia maggioranza. Si propone, infatti, l’adozione di un sistema di voto per componenti, prevedendo che i pareri sui disegni di legge previsti dal comma 2 dell’articolo 11 siano adottati quando ottengano la maggioranza dei voti dei parlamentari e la maggioranza dei voti dei rappresentanti delle autonomie.
        Rispetto a tale soluzione, il senatore Mancino ribadisce la propria contrarietà, sottolineando la necessità di intendere unitariamente la Commissione e conseguentemente l’impossibilità di diversificare i voti di coloro che partecipano ai suoi lavori, siano essi parlamentari o rappresentanti delle autonomie. Una tale distinzione non trova, infatti, a suo avviso, alcun fondamento nelle norme costituzionali e la previsione del voto per componenti, rendendo possibile e concreta l’espressione di una sorta di veto da parte di ciascuna di esse, rischia di vanificare sostanzialmente l’applicazione delle norme predette.
        Egli non ha tuttavia ritenuto tale contrarietà preclusiva di un accordo sul complesso del testo e, ferma restando la sua posizione in caso di prevalenza della soluzione ipotizzata dalla maggioranza dei relatori, si rimette alle riflessioni e alle scelte della Giunta.


        Il senatore PASTORE, nel confermare che il testo in esame è frutto di un intenso e non facile lavoro congiunto di tutti e quattro i relatori, sottolinea come la questione relativa alle modalità di deliberazione della Commissione per le questioni regionali nella composizione integrata abbia un rilievo istituzionale e politico. La Commissione integrata rimane un organo del Parlamento, che può condizionare in maniera significativa il processo legislativo. Il rimedio in caso di pareri contrari a scelte legislative delle Camere avrebbe infatti un impatto non indifferente sulla funzionalità delle stesse, che sarebbero chiamate a pronunciarsi a maggioranza assoluta dei componenti anche eventualmente su singoli emendamenti o articoli e non solo, quindi, in sede di voto finale di disegni di legge.
        La soluzione data alla questione con la previsione di una doppia maggioranza si è resa a suo avviso necessaria a seguito della scelta operata già dal primo Comitato paritetico delle due Giunte per il Regolamento, volta a prevedere nella Commissione nella composizione integrata la presenza di un numero di rappresentanti delle autonomie territoriali equivalente a quello dei parlamentari. Non trattandosi quindi di una presenza marginale, a differenza di quella dei rappresentanti regionali alle riunioni del Parlamento in seduta comune per l’elezione del Capo dello Stato, si è posta la necessità di individuare modalità di voto che evitassero il pericolo di formazione di maggioranze occasionali e trasversali.
        Del resto, è corretto affermare che la distinzione tra la componente parlamentare e la componente delle autonomie territoriali era già implicitamente contenuta nella proposta del Comitato paritetico, se si considera il profilo del doppio
quorum costitutivo in essa richiesto per deliberare sui pareri. I relatori non hanno fatto altro, pertanto, che portare al suo logico sviluppo tale premessa.
        Non va sottaciuto, infine, che la soluzione cui si è pervenuti in merito all’attribuzione di ampie competenze, non previste dall’articolo 11, alla Commissione nella composizione integrata – fra le quali rientra anche l’espressione di pareri su atti del Governo – è da leggere come complementare all’ipotesi di voto per componenti.


        Il senatore MANZELLA rileva preliminarmente come il presente dibattito richiami per taluni aspetti gli interrogativi circa la natura del Bundesrat, quale Camera di rappresentanza delle autonomie, che sono ormai risolti da una dottrina maggioritaria nel senso che esso è parte integrante del Parlamento tedesco.
        Per quanto concerne il nostro ordinamento, va sottolineato come per un verso la terminologia adoperata dal legislatore costituzionale nel comma 1 del richiamato articolo 11 sia identica a quella utilizzata nell’articolo 83 della Costituzione, laddove si prevede la «partecipazione» dei rappresentanti delle Regioni al Parlamento in seduta comune per l’elezione del Presidente della Repubblica, e, per altro verso, come nel secondo comma del medesimo articolo 11 si ricorra al concetto di «integrazione».
        Alla luce di tali osservazioni appare difficile negare sia la natura parlamentare della Commissione per le questioni regionali nella composizione integrata, sia che i concetti di partecipazione e di integrazione implichino una parità di
status dei vari componenti di tale organo.
        L’integrazione della Commissione per le questioni regionali rappresenta peraltro una tappa significativa del processo federalistico in corso nel nostro Paese e non deve sorprendere che, al pari di quanto avvenuto in analoghe esperienze straniere, un sistema parlamentare che introietti una componente autonomistica vada incontro alla possibilità che si formino maggioranze diverse rispetto a quelle emerse dalle consultazioni elettorali politiche.
        A differenza, tuttavia, del Parlamento tedesco, in cui il Bundesrat, con le sue maggioranze, incide in maniera diretta sulla fase decisionale dell’
iter legislativo, l’articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 prevede come conseguenza del parere contrario della Commissione nella composizione integrata un mero aggravamento procedurale. Se pertanto, attraverso l’individuazione di particolari modalità di espressione del parere, si finisse per annullare di fatto anche il possibile verificarsi dell’aggravamento, l’articolo 11 sarebbe a suo avviso inutiliter datum.
        La visione discorde riguardo a tale profilo rispetto a quella illustrata dal senatore Pastore ha quindi ragioni di fondo difficilmente superabili, ma non sarà in ogni caso d’ostacolo all’attuazione dell’articolo 11, il cui senso ultimo è l’apertura di una sede delle autonomie in Parlamento.


        Il senatore VILLONE, dopo aver espresso apprezzamento per le pregevoli riflessioni che emergono dai risultati dei lavori dei relatori, dichiara di concordare con le analisi svolte dai senatori Mancino e Manzella in merito alle modalità di deliberazione della Commissione integrata. Si tratta di affrontare un problema non banale – quello della possibile divergenza tra la maggioranza della Commissione integrata dai rappresentanti delle autonomie e la maggioranza di Governo – che nasce da una scelta di compartecipazione delle autonomie al processo decisionale delle Camere, affinché trovino espressione in Parlamento valutazioni che ineriscono alla rappresentanza territoriale degli interessi.
        Si sarebbe potuto immaginare un sistema nel quale ogni livello istituzionale decide le sue regole e gli eventuali conflitti si dirimono attraverso meccanismi di tipo giurisdizionale, ma la scelta operata si pone in linea con la nostra tradizione costituzionale, dalla quale scaturisce anche il modello della legislazione concorrente.
        Non è una scelta necessitata e pertanto, stante la formulazione dell’articolo 11 che lascia alle Camere la facoltà di integrare o meno la Commissione per le questioni regionali, potrebbe anche non essere portata a compimento. Tuttavia, una attuazione dell’articolo 11 che andasse nel senso indicato dalla maggioranza dei relatori – che avesse quindi come risultato l’emanazione di pareri presuntivamente mai contrari agli orientamenti della maggioranza parlamentare – sarebbe a suo avviso sbagliata sotto il profilo dell’interpretazione della norma costituzionale, per i motivi già addotti dal senatore Manzella, e non terrebbe conto della circostanza che in ogni caso l’ultima decisione è già rimessa alla scelta della maggioranza, sia pure con un aggravamento procedurale.
        Tale attuazione sarebbe inoltre pericolosa nella prospettiva della creazione del Senato federale. Se si assumesse la logica ad essa sottostante, il Senato federale non solo dovrebbe essere escluso, come è ovvio, dall’instaurazione del rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento, ma dovrebbe essere anche privato di ogni potere decisionale e relegato a funzioni meramente consultive. A suo giudizio, quindi, sarebbe più aderente allo spirito dell’articolo 11 e utile nella prospettiva del processo federalistico in corso una soluzione che non sterilizzasse la partecipazione dei rappresentanti delle autonomie alla Commissione per le questioni regionali e rendesse possibile la formazione di maggioranze, anche diverse da quella parlamentare, coerenti con gli equilibri presenti nella rappresentanza di interessi territoriali.


        Il senatore D’ONOFRIO rileva che l’articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 è stato scritto avendo alle spalle la convinzione della definitività dell’assetto costituzionale delle competenze dello Stato e delle Regioni (e ritenendo pertanto che la Commissione per le questioni regionali nella composizione integrata dovesse svolgere una funzione significativa in riferimento alle competenze concorrenti) e avendo davanti a sé l’ipotesi di un Senato federale.
        Attualmente, tuttavia, tali profili sono entrambi oggetto di riflessione e di valutazione da parte delle forze politiche e pertanto, nel dare attuazione all’articolo 11, occorre procedere assumendo come dato irrinunciabile la transitorietà delle soluzioni prospettate, sia per quanto concerne le competenze della Commissione integrata sia riguardo allo status dei suoi componenti.
        In un assetto concluso, che veda la creazione di una Camera federale, la componente territoriale sarebbe senza dubbio chiamata a concorrere a pieno titolo alle deliberazioni politiche nazionali e nella predetta Camera la maggioranza potrebbe anche non risultare omogenea rispetto a quella presente nella Camera politica. Sarebbe tuttavia un errore attribuire alla Commissione per le questioni regionali nella composizione integrata una valenza che essa non ha, anticipando in qualche modo un eventuale assetto futuro. Né, per altro verso, si potrebbe procedere senza tenere conto della diversa investitura democratica dei parlamentari rispetto alle procedure di designazione dei rappresentanti degli enti locali previste nella disciplina all’esame della Giunta.


        Il PRESIDENTE, nel riassumere i termini del dibattito, pone in rilievo come da esso emergano due possibili chiavi interpretative, entrambi legittime, dell’articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
        Una prima lettura accelera e già trasforma in senso federale il Parlamento, dando alla Commissione per le questioni regionali nella composizione integrata la valenza di nucleo di un Senato federale. A ciò conseguono una necessaria parità di status dei diversi componenti, nonché un obbligo di coerenza tra la maggioranza espressa dalla Commissione e la maggioranza parlamentare.
        Una seconda lettura della norma lascia impregiudicata la natura del Parlamento attuale, ma ne aggrava le procedure quando esso tratta di questioni regionali. Non ne consegue quindi parità di
status dei componenti ma resta necessaria una coerenza tra le maggioranze.
        In ogni caso è a suo avviso necessario procedere all’integrazione della Commissione per le questioni regionali, rafforzando e aggravando le procedure legislative, per permettere anche alle autonomie locali di far sentire la propria voce, senza tuttavia anticipare o pregiudicare in questa fase transitoria l’esito della discussione sul futuro assetto del Parlamento.


        La seduta termina alle ore 15,10.