LAVORI PUBBLICI, COMUNICAZIONI (8a)
GIOVEDI' 4 MARZO 2004
315a Seduta

Presidenza del Presidente
GRILLO


Intervengono, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, il signor Ermanno Anselmi, segretario generale della SI.NA.GI-CGIL, i signori Mario Gioia e Roberto Ricciotti, segretari nazionali della CISL-GIORNALAI, il signor Lino Maesano, Presidente provinciale della SNAG-CONFCOMMERCIO, il signor Giorgio Calabrò, segretario nazionale della FE.NA.GI-CONFESERCENTI, i signori Riccardo Dusi, Presidente Federpubblicità-CONFESERCENTI e Giovanni Prignano, Presidente Assonet della CONFESERCENTI, il signor Enzo Bardi, presidente nazionale della UIL-Tu.C.S. GIORNALAI e il signor Giuseppe Beltramo, segretario generale della U.SI.A.GI-UGL.


La seduta inizia alle ore 8,40.


PROCEDURE INFORMATIVE

Seguito dell'indagine conoscitiva sul sistema di reperimento delle risorse pubblicitarie dei mezzi di comunicazione di massa: audizione dei vertici delle organizzazioni sindacali SI.NA.G.I.-CGIL, CISL-GIORNALAI, S.N.A.G.-CONF-COMMERCIO, FE.NA.GI.-CONFESERCENTI, U.I.L.-Tu.C.S. GIORNALAI, U.SI.A.G.I.-UGL.


Il presidente GRILLO, dopo una breve illustrazione delle motivazioni dell'indagine conoscitiva, dà la parola ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali della distribuzione della stampa quotidiana e periodica.

Interviene per primo il signor Ermanno ANSELMI, segretario generale dell'organizzazione sindacale SI.NA.G.I.-CGIL, che sottolinea anzitutto la preoccupazione del settore per una eventuale riduzione degli investimenti pubblicitari sulla carta stampata che l'approvazione del provvedimento in materia di riordino del settore radiotelevisivo potrebbe comportare. Fa infatti presente che, nonostante l'abbinamento di altri prodotti editoriali, come libri e video, a quotidiani e periodici, non si sia registrata una ripresa delle vendite se non, solo parzialmente, nel settore dei periodici. La sua organizzazione ritiene che l'attività delle edicole debba essere considerata come un servizio pubblico e affinché su questo genere di distribuzione vi sia un attento monitoraggio chiede che sia data attuazione all'osservatorio sul settore che la legislazione vigente già prevede. Esprime infine forte preoccupazione per la diffusione della free-press che rischia di togliere ulteriore pubblicità a quotidiani e periodici.

Il signor Giorgio CALABRO', segretario nazionale della FE.NA.GI.-CONFESERCENTI, dopo essersi associato alle preoccupazioni espresse dal signor Ermanno Anselmi, fa presente che la rete di distribuzione delle edicole si sta organizzando anche telematicamente al fine di rendere più efficiente il servizio. Sottolinea tuttavia che questa operazione comporta un notevole investimento da parte degli edicolanti e la necessità di avere spazi di suolo pubblico più ampi di quelli attuali. Ritiene pertanto che il Parlamento e il Governo debbano seguire con attenzione questo processo che può portare benefici complessivi agli utenti e al pluralismo dell'informazione.

Il signor Enzo BARDI, presidente nazionale della U.I.L.-Tu.C.S. GIORNALAI, si associa alle preoccupazioni espresse per il rischio che il pluralismo possa venire meno qualora alcune testate giornalistiche, per mancanza di pubblicità, debbano chiudere. La pubblicità rappresenta infatti un mezzo essenziale per la sopravvivenza di giornali quotidiani e periodici e la sua organizzazione trova contraddittorio che da un lato vengano erogati finanziamenti pubblici alla carta stampata e dall'altro, sempre con leggi dello Stato, si tolgano mezzi di sostegno a questo settore dato che le testate possono sopravvivere solo con gli investimenti pubblicitari.

Ha quindi la parola il signor Riccardo DUSI, presidente dell'associazione FEDERPUBBLICITA'-CONFESERCENTI, che fornisce i dati del 2003 nella distribuzione pubblicitaria tra televisioni e carta stampata. Sottolinea quindi come quest'ultimo settore sia continuamente eroso, negli investimenti pubblicitari, dal più potente mezzo televisivo. Fa poi presente che il problema fondamentale è quello della tariffazione della pubblicità, soprattutto nel settore televisivo dove, a fini di rastrellamento di queste risorse, le tariffe sono diventate bassissime. A tale riguardo ritiene pertanto assolutamente necessario che nel settore radiotelevisivo siano aumentate le tariffe e siano rigorosamente rispettati i limiti dell'affollamento pubblicitario.

Il signor Roberto RICCIOTTI, segretario nazionale della CISL-GIORNALAI condivide anzitutto la necessità di consentire alla carta stampata di poter accedere al mercato pubblicitario, necessario alla sua sopravvivenza. Illustra qiundi alcune delle iniziative degli edicolanti romani che hanno l'intento di trasformare questi punti vendita in soggetti di reperimento diretto e diffusione pubblicitaria di carattere sociale nel territorio.

Il signor Giovanni PRIGNANO, presidente dell'associazione ASSONET-CONFESERCENTI, illustra brevemente i problemi del settore della pubblicità on-line e chiede ai legislatori che vi sia grande attenzione nei riguardi di questo settore che rappresenta un mercato emergente, anche se piccolo allo stato attuale.

Il signor Giuseppe BELTRAMO, segretario nazionale della U.SI.A.GI-UGL, concorda sulle tesi espresse dalle altre organizzazioni sindacali sulla necessità di una corretta concorrenza nel mercato pubblicitario tra televisioni e carta stampata. Ritiene tuttavia che quest'ultimo settore debba operare uno sforzo per rendersi competitivo e sottolinea, a questo riguardo, che l'informatizzazione dei punti vendita della carta stampata, questione sulla quale la sua organizzazione è ampiamente disponibile, può rappresentare un fattore essenziale per il quale è tuttavia necessario un notevole investimento tecnologico.

Interviene infine il signor Lino MAESANO, presidente provinciale della SNAG-CONFCOMMERCIO, che, pur condividendo quanto affermato dai rappresentati delle altre organizzazioni sindacali, vuole sottolineare il problema rappresentato per le edicole dalla free- press che rappresenta un veicolo di pubblicità eccedentaria che i quotidiani non possono far apparire nella stampa a pagamento. Sottolinea inoltre come la rete di vendita delle edicole non abbia ricevuto particolari attenzioni a livello di legislazione vigente mentre, a parere della sua organizzazione, andrebbe organizzata come un vero e proprio servizio pubblico.

Il senatore FALOMI (MISTO), dopo aver ringraziato tutti gli intervenuti e il contributo dato dalle loro organizzazioni e dopo aver ricordato che già l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha svolto un indagine che ha accertato le posizioni dominanti nella raccolta pubblicitaria del settore radiotelevisivo, chiede quali siano stati gli effetti, per il settore delle edicole, del processo di liberalizzazione a cui sono state sottoposte e se ciò abbia incrementato le vendite.

La senatrice DONATI (Verdi-U) chiede al signor Maesano chiarimenti riguardo alla pubblicità eccedentaria sulla free-press e quali iniziative si prevedano, oltre a quella dell'informatizzazione, per rendere più efficienti le edicole. Chiede inoltre che cosa intendano per servizio pubblico le organizzazioni degli edicolanti.

Il senatore CHIRILLI (FI) chiede chiarimenti sulla pubblicità nella free-press e sulla pubblicità fatta direttamente dalle edicole. Chiede a sua volta di sapere che cosa intendano per "svolgimento di servizio pubblico" le organizzazioni degli edicolanti.

Il signor Lino MAESANO, rispondendo alla senatrice Donati, fa presente che vi sono forme di pubblicità locale che gli editori di testate nazionali importanti, che sono anche gli editori della stampa libera, pubblicano in quest'ultimo tipo di giornali in quanto sarebbe troppo costoso per gli investitori fare pubblicità nelle testate nazionali. Questo secondo mercato della stampa libera sfugge interamente alle edicole, in qualche misura danneggiandole. Sul concetto di servizio pubblico ritiene in primo luogo che l'edicola svolga una funzione sociale come punto di riferimento essenziale del luogo in cui è insediata. La rete degli edicolanti è inoltre molto capillare e, per esempio nei confronti del comune di Roma, svolge una serie di funzioni informative di carattere sociale. Ritiene inoltre che l'informatizzazione di questi punti vendita possa rappresentare un ulteriore opportunità per la fornitura di servizi pubblici.

Il signor Ermanno ANSELMI torna a sua volta sul concetto di servizio pubblico sottolineando in primo luogo che gli edicolanti hanno, per contratto, obblighi che altri commercianti non hanno. Sono tenuti, per esempio, alla parità di trattamento delle testate e non possono scegliere i prodotti di vendita. Hanno inoltre un contratto di tipo estimatorio, con il meccanismo delle rese, e sono diffusi in modo molto capillare sul territorio con circa 40.500 punti vendita. Rispondendo poi al senatore Falomi, fa presente come la liberalizzazione del settore, con la vendita dei quotidiani nelle grandi catene di distribuzione, non abbia in alcun modo aumentato la quantità di quotidiani e periodici venduti. Ribadisce infine l'importanza di istituire l'osservatorio dianzi ricordato ed auspica che il l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni si adoperi per la cessazione delle posizioni dominanti che ha riscontrato.

Il signor Giorgio CALABRO' ribadisce come l'aumento del fatturato del settore della carta stampata sia ascrivibile soltanto all'aumento dei prezzi e non a quello delle vendite. Vuole inoltre sottolineare come l'informatizzazione delle edicole possa rappresentare una ulteriore modalità per fornire alcuni servizi e non soltanto un modo per razionalizzare ed abbattere i costi di produzione della carta stampata per la quale gli edicolanti potrebbero, per esempio, gestire gli abbonamenti. Sottolinea infine come il novanta per cento delle vendite dell'editoria giornalistica passi attraverso le edicole.

Il signor Mario GIOIA, segretario nazionale della CISL-GIORNALAI, a proposito del concetto di servizio pubblico sottolinea come già adesso, almeno nella città di Roma, le edicole vendano una serie di prodotti attinenti strettamente ad alcuni servizi pubblici come biglietti e abbonamenti dei trasporti pubblici locali e come molte attività informative vengano svolte per il Comune, per la Provincia e la Regione.

Interviene infine il signor Enzo BARDI il quale, sempre in relazione alla nozione di servizio pubblico, ricorda che le edicole di tutta Italia hanno distribuito qualche tempo fa dodici milioni di copie della Costituzione e come l'8 marzo sia in programma la distribuzione di una pubblicazione del Ministro per le pari opportunità. Sul piano legislativo ritiene poi che il sistema delle edicole debba essere governato dall'autorità pubblica in quanto non ha le stesse caratteristiche della comune distribuzione commerciale. Ribadisce quindi l'importanza degli investimenti nella rete telematica di questo settore che può rappresentare un'opportunità per la fornitura di molti altri servizi pubblici.

Il presidente GRILLO, dopo aver ringraziato gli intervenuti, dichiara conclusa l'audizione e rinvia il seguito dell'indagine.

La seduta termina alle ore 9,50.


INDAGINE CONOSCITIVA


SUL SISTEMA DI REPERIMENTO
DELLE RISORSE PUBBLICITARIE
DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA

5º Resoconto stenografico

SEDUTA DI GIOVEDÌ 4 marzo 2004

Presidenza del presidente GRILLO

INDICE

Audizione dei vertici delle organizzazioni sindacali SI.NA.G.I.-CGIL, CISL-GIORNALAI, S.N.A.G.-CONFCOMMERCIO, FE.NA.GI.-CONFESERCENTI, U.I.L.Tu.C.S. GIORNALAI, U.SI.A.GI.-UGL

* PRESIDENTE
Pag. 3, 8, 9 e passim

* CHIRILLI (FI)
11

* DONATI (Verdi-U)
10, 15

* FALOMI (DS-U)
9

ANSELMI
Pag. 4, 12

* BARDI
5, 15, 16

* BELTRAMO
8

* CALABRÒ
5, 14

* DUSI
6

GIOIA
14, 15

* MAESANO
8, 11

PRIGNANO
7

RICCIOTTI
7
N.B.: Gli interventi contrassegnati con l’asterisco sono stati rivisti dall’oratore.

Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale: AN; Democratici di Sinistra-l’Ulivo: DS-U; Forza Italia: FI; Lega Padana: LP; Margherita-DL-l’Ulivo: Mar-DL-U; Per le Autonomie: Aut; Unione Democristiana e di Centro: UDC; Verdi-l’Ulivo: Verdi-U; Misto: Misto; Misto-Comunisti Italiani: Misto-Com; Misto-Indipendenti della Casa delle Libertà: Misto-Ind-CdL; Misto-Lega per l’Autonomia lombarda: Misto-LAL; Misto-Libertà e giustizia per l’Ulivo: Misto-LGU; Misto-Movimento territorio lombardo: Misto-MTL; Misto-MSI-Fiamma Tricolore: Misto-MSI-Fiamma; Misto-Nuovo PSI: Misto-NPSI; Misto-Partito Repubblicano Italiano: Misto-PRI; Misto-Rifondazione Comunista: Misto-RC; Misto-Socialisti democratici Italiani-SDI: Misto-SDI; Misto Alleanza Popolare-Udeur: Misto-AP-Udeur.

Intervengono per la SI.NA.GI-CGIL il signor Ermanno Anselmi, segretario generale, per la CISL-GIORNALAI i signori Mario Gioia e Roberto Ricciotti, segretari nazionali, per la SNAG-CONFCOMMERCIO il signor Lino Maesano, presidente provinciale, per la FE.NA.GI-CONFESERCENTI il signor Giorgio Calabrò, segretario nazionale, per la Federpubblicità-CONFESERCENTI i signori Riccardo Dusi, presidente, e Giovanni Prignano, presidente Assonet della CONFESERCENTI, per la UIL-Tu.C.S. GIORNALAI il signor Enzo Bardi, presidente nazionale e per la U.SI.A.GI-UGL il signor Giuseppe Beltramo, segretario generale.

I lavori hanno inizio alle ore 8,40.

PROCEDURE INFORMATIVE

Audizione dei vertici delle organizzazioni sindacali SI.NA.G.I.-CGIL, CISL-GIORNALAI, S.N.A.G.-CONFCOMMERCIO, FE.NA.GI.-CONFESERCENTI, U.I.L.Tu.C.S. GIORNALAI, U.SI.A.GI.-UGL

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito dell’indagine conoscitiva sul sistema di reperimento delle risorse pubblicitarie dei mezzi di comunicazione di massa, sospesa nella seduta del 24 febbraio scorso.

Èoggi in programma l’audizione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali: sono presenti per la SI.NA.GI-CGIL il signor Ermanno Anselmi, segretario generale, per la CISL-GIORNALAI i signori Mario Gioia e Roberto Ricciotti, segretari nazionali, per la SNAG-CONFCOMMERCIO il signor Lino Maesano, presidente provinciale, per la FE.NA.GI-CONFESERCENTI il signor Giorgio Calabrò, segretario nazionale, per la Federpubblicità-CONFESERCENTI i signori Riccardo Dusi, presidente, e Giovanni Prignano, presidente Assonet della CONFESERCENTI, per la UIL-Tu.C.S. GIORNALAI il signor Enzo Bardi, presidente nazionale e per la U.SI.A.GI-UGL il signor Giuseppe Beltramo, segretario generale.
Ringrazio tutti voi per la vostra presenza. I motivi da cui nasce questa convocazione credo vi siano noti: la Commissione in questo periodo ha svolto una serie di audizioni nell’ambito delle quali sono stati ascoltati gli addetti del settore della carta stampata al fine di meglio comprenderne i problemi con specifico riferimento alla raccolta delle risorse pubblicitarie. In questa fase, peraltro, il Parlamento è stato impegnato in una ampia discussione sulla cosiddetta «legge Gasparri» che però si interessa prevalentemente dei mezzi di comunicazione televisiva; abbiamo pertanto ritenuto opportuno accertare cosa sia possibile fare sotto il profilo normativo anche nel settore della carta stampata proprio per tentare di risolvere i problemi esistenti. In tal senso è stata ravvisata la necessità di ascoltare anche i rappresentanti sindacali degli edicolanti ed oggi ben volentieri diamo inizio alla vostra audizione, pregandovi di contenere la durata dei vostri interventi, visto che alle 9,30 i lavori dell’Assemblea richiedono la nostra presenza. Chiedo anche, qualora lo riteniate opportuno, di voler cortesemente lasciare agli atti della Commissione eventuali contributi scritti.

ANSELMI. Sono Ermanno Anselmi, segretario generale dell’organizzazione sindacale SI.NA.G.I.-CGIL. Signor Presidente, dico subito che l’aspetto che naturalmente più ci preoccupa della cosiddetta «legge Gasparri» è rappresentato dal SIC (Sistema integrato delle comunicazioni), ovvero il calcolo della potenziale raccolta pubblicitaria da parte della televisione; questo ci preoccupa perché, se riferita al nostro mondo, la pubblicità da sempre ha costituito il motore vero dell’editoria. Se ci soffermiamo un attimo sul contesto attuale e quindi sulla situazione di mercato che stiamo vivendo, riscontreremo sul piano dei ricavi un momento di crescita, anche se selettiva rispetto alla rete di aziende editoriali. L’iniziativa della vendita di quotidiani e periodici in abbinamento con altri prodotti editoriali quali libri o video ha determinato un ampliamento dei ricavi, e tutto sommato ha portato le aziende stesse a incrementi di fatturato che rasentano, nell’analisi del MOL e dei bilanci delle aziende editoriali, il 51-52 per cento. Credo che nel 2003 siano state vendute circa 50 milioni di copie di libri abbinati a tutti i tipi di quotidiani; tuttavia, se da un lato osserviamo il tentativo degli editori di dinamicizzare il mercato con offerte aggiuntive volte ad incrementare i ricavi, dall’altro, purtroppo, dobbiamo registrare un abbassamento dei livelli della contribuzione della pubblicità che per le note vicende che non sto qui a riassumere hanno evidenziato delle flessioni, e solo oggi si rilevano dei segnali di ripresa che non riguardano i quotidiani, bensì i periodici.

Il punto fondamentale per quanto riguarda questo settore, ossia il canale di distribuzione rappresentato dalle edicole, è a mio avviso quello di riconsiderarlo come una sorta di servizio pubblico proprio per la funzione che svolge sia in termini di garanzia del pluralismo nell’informazione – vista l’enorme varietà e tipologia di testate offerte ai lettori – sia per l’impegno da sempre profuso dai giornalai.
Volendo definire un intervento correttivo strutturale e di sistema in questo ambito, un utile strumento potrebbe essere rappresentato dall’osservatorio, la cui istituzione presso il Dipartimento informazione della Presidenza del Consiglio dei ministri era prevista dalla legge n. 170 del 2001 che regolamenta il nostro settore, ma che ad oggi non è stato ancora istituito. Ritengo che mediante il monitoraggio del mercato della stampa tale osservatorio potrebbe fornire dati di orientamento estremamente utili; infatti, analizzando quei dati sarebbe possibile valutare con precisione le dinamiche che interessano il settore della carta stampata al fine di correggere il famoso Sistema integrato delle comunicazioni e, sopratutto, il sistema di raccolta della pubblicità.
Ultima questione. Per quanto riguarda più specificatamente il nostro settore vorrei segnalare la presenza di un altro fenomeno che desta qualche perplessità: mi riferisco alla free-press, ossia alla distribuzione gratuita della carta stampata, che in un momento di recessione del mercato pubblicitario fa sì che anche questa parte della raccolta pubblicitaria non venga indirizzata a beneficio della carta stampata a pagamento; questo problema a mio avviso richiede una grande attenzione perché costituisce una turbativa del mercato.
Credo di aver riassunto sinteticamente quanto avevo da dirvi; concludo qui il mio intervento per lasciar spazio anche agli altri colleghi.

CALABRÒ. Sono Giorgio Calabrò, segretario nazionale della FE.NA.GI.-CONFESERCENTI. Aggiungerò solo alcune brevi considerazioni a quanto già evidenziato dal collega Anselmi, per poi lasciare la parola ai signori Dusi e Prignano che sono specialisti nel settore della raccolta pubblicitaria per quanto riguarda il settore della carta stampata e della raccolta della pubblicità on line.

Tra le possibili, anche se parziali, cause del blocco o comunque del rallentamento della diffusione della carta stampata viene spesso citata la rete di vendita. Faccio però presente che per tale rete – mi riferisco ai punti vendita esclusivi – già da qualche anno si sta avviando un processo di informatizzazione di tutte le edicole grazie al quale queste verranno collegate in via telematica con i distributori – in sostanza con i grossisti – onde fornire un miglior servizio all’utente, ad esempio per quanto riguarda la vendita di numeri arretrati e di nuove pubblicazioni (un esperimento pilota in tal senso ha già avuto luogo in Lombardia). Per la rete di vendita ciò comporta un cospicuo investimento ed anche un notevole impegno nel reperimento di spazi che come è noto, nel caso delle edicole, sono piuttosto ridotti. Questa iniziativa potrebbe aiutare l’economia del settore della carta stampata, da un lato, favorendo la diffusione e l’incremento delle vendite, dall’altro, riducendo il fenomeno della resa (ossia della restituzione delle copie invendute) che rappresenta un costo a carico dell’editore. La resa si aggira mediamente su percentuali del 30 per cento. Credo che da parte nostra potremmo contribuire ad abbattere questo costo e la rete di vendita è già impegnata in tal senso; peraltro stiamo parlando di una rete con una distribuzione capillare, considerato che in Italia si contano circa 39.000 punti vendita esclusivi. Il processo di informatizzazione andrà avanti nei prossimi anni e auspichiamo che questa iniziativa venga accettata e realizzata dall’intera rete di vendita in modo da avere un grande numero di edicole collegate per via telematica.

BARDI. Sono Enzo Bardi, presidente nazionale della U.I.L.-Tu.C.S. GIORNALAI. Signor Presidente, siamo osservatori esterni, ma interessati al problema e, al di là delle preoccupazioni già espresse dai colleghi, c’è un aspetto politico che dobbiamo sottolineare. Infatti, come diceva il signor Anselmi, se la vita della carta stampata e il pluralismo dell’informazione – parlo di quotidiani e di alcuni periodici – che la stessa garantisce alla cittadinanza, dipendono dalla pubblicità, il rischio che si corre è la scomparsa di altre testate. Non ci dimentichiamo che ancora oggi le sovvenzioni pubbliche, almeno per le testate politiche, sono piuttosto robuste. Secondo me, non si può, da una parte, elargire denaro e, dall’altra, far soffrire i giornali della carenza di pubblicità.

Negli anni Ottanta, prima del «lodo Mondadori», abbiamo assistito ad un fenomeno molto particolare: qualcuno aveva molte possibilità di accaparramento pubblicitario e faceva una concorrenza spietata ai piccoli e medi editori. La filosofia del: «Prendi uno spot pubblicitario televisivo e ti regalo dieci pagine sulle mie testate» ha messo il settore in crisi. Non so se i colleghi, molto più esperti di me, lo faranno, ma visto che la questione ci interessa, perché vendiamo i giornali, voglio lanciare un segnale di allarme.
Non possiamo dire cosa vorremmo dalla legge. Certamente anzitutto c’è bisogno di un equilibrio che consenta al settore di sopravvivere in maniera adeguata; poi non bisogna costringere ancora i cittadini italiani a dare parte del loro denaro a certe testate. Ricordo una vecchia Commissione – e un rappresentante sindacale era presente – che giudicava a chi dare i soldi pubblici e nell’ambito della quale partecipavano alla distribuzione anche una rappresentante per «Playmen» e un rappresentante della Walt Disney per «Topolino»! In questo settore, secondo me, bisogna stare molto attenti.
L’auspicio è che un certo tipo di carta stampata riesca ad avere una raccolta pubblicitaria che gli consenta effettivamente di stare sul mercato. In caso contrario, assisteremo alla morte di diverse altre testate.

DUSI. Signor Presidente, sono il presidente di Federpubblicità, quindi di un’associazione, in ambito della Confesercenti, che raggruppa le agenzie di pubblicità, ossia coloro che lavorano per i clienti e acquistano gli spazi pubblicitari.

In questi anni abbiamo assistito ad una perdita del peso della carta stampata, intesa come quotidiani e periodici, nella mente dei pubblicitari perché la televisione era intesa come il punto di arrivo. A testimonianza di ciò, voglio citare un dato: nel 2003 più del 55 per cento delle risorse pubblicitarie sono state convogliate sulla televisione, mentre la percentuale relativa alla carta stampata è, in diminuzione, al 37,1 per cento.
Consegnerò alla Commissione un documento ma voglio ribadire in questa sede la necessità di poter agire con meno vincoli, perché il nostro lavoro consiste nel raggiungere gli obiettivi che il cliente ci indica. Dobbiamo quindi, con la massima abilità nella ricerca dei dati e del miglior servizio, pianificare e acquistare i diversi mezzi a disposizione e porre in essere strategie di investimento. Se il cliente ha l’obiettivo di una certa quota di mercato, la strategia sarà una, se ha l’obiettivo di mantenerla, la strategia sarà un’altra.
È di una certa rilevanza il problema della tariffazione della pubblicità, perché negli ultimi tempi, a causa di politiche di basso profilo (ottenere pubblicità a tutti i costi), abbiamo assistito ad un abbattimento spropositato delle tariffe.
Noi chiediamo: che non ci siano altri vincoli; che sia rispettata la percentuale di affollamento pubblicitario televisivo; che le reti televisive aumentino le tariffe, perché sono, rispetto a tutti gli altri mezzi, le più basse d’Europa.
Da quel che ho detto emerge chiaramente che le percentuali di investimento pubblicitario sono fortemente influenzate anche dalla possibilità di accedere alla televisione con maggiore facilità.

RICCIOTTI. Sono Roberto Ricciotti, segretario nazionale della CISL-GIORNALAI. Vedo i colleghi molto preparati sui rapporti pubblicitari ma personalmente, parlando da semplice giornalaio, mi limito a precisare per noi è molto difficile capire i rapporti esistenti tra televisione e pubblicità, perché siamo soggetti che vivono la pubblicità in maniera indiretta, cioè sulle vendite.

Vorrei invece spiegare cosa stiamo tentando di fare da qualche mese a questa parte a Roma, con l’intento di espandere l’esperienza ad altre città: far diventare l’edicola un soggetto propositivo di pubblicità, istituzionalizzando il locandinaggio e seguendo l’esempio francese. Siamo poi convinti che l’edicola, grazie alla sua presenza capillare sul territorio e alla sua visibilità, possa divenire veicolo di pubblicità sociale per iniziative dello Stato, delle Regioni e dei Comuni e di informazione per il cittadino attraverso mezzi moderni, come monitor di dimensioni adeguate.
Alla legge chiediamo di far giungere più soldi ai giornali, così da avere introiti maggiori, ma diventa difficile dare dei consigli o offrire idee, perché i giornali siamo abituati a venderli, non a farli.

PRIGNANO. Sono Giovanni Prignano, presidente della Assonet-Confesercenti, l’associazione che tutela i diritti delle aziende che operano nel mercato Internet. Il mercato pubblicitario nel mondo Internet è ovviamente estremamente piccolo, nel contesto complessivo, riguardando esclusivamente una percentuale di poco superiore all’uno per cento: si tratta, quindi, di cifre attualmente molto modeste. Questo, però, non deve trarre in inganno, nel senso che tutte le stime che vengono fatte dalle varie società e aziende operanti nel settore portano a valutare che nei prossimi anni – presumibilmente nel prossimo quinquennio – la percentuale che verrà assegnata al mercato on-line sarà ben superiore. I motivi sono piuttosto chiari: l’interattività è insita nel mezzo e quotidianamente si registra un utilizzo sempre più intenso degli strumenti Internet. La mia richiesta, quindi, nonostante il fatto che l’attuale percentuale sia esigua nel complesso del mercato pubblicitario, è di considerare anche il mercato on-line come un’area emergente che deve essere collocata nella giusta modalità.

Ho con me un breve documento, piuttosto tecnico, che specifica i motivi della mia richiesta, che mi appresto a consegnare agli atti della Commissione.

PRESIDENTE. La ringrazio, anche per il contributo scritto.
BELTRAMO. Sono Giuseppe Beltramo, segretario nazionale della U.SI.A.GI.-UGL. Come sindacato che rappresenta i rivenditori di giornali, per quanto personalmente mi concerne, non siamo molto a conoscenza delle problematiche legate alla raccolta della pubblicità. Sappiamo che attualmente, nella carta stampata, praticamente ogni editore ha una sua agenzia di raccolta pubblicitaria che viene definita anche nella ragione sociale presente sulla testata del quotidiano e della pubblicazione in genere.

A proposito del reperimento delle risorse pubblicitarie vorrei rilevare che la crisi in atto è dovuta anche all’allargamento del nuovo mercato pubblicitario che si è venuto a creare non soltanto in seguito alla nascita di nuovi quotidiani e periodici, ma anche al nuovo «apparato» radiotelevisivo: si tratta di una concorrenza che determina difficoltà per i quotidiani. È chiaro che auspichiamo che vengano concesse sovvenzioni al settore della carta stampata. Però le problematiche sottoposte alla nostra attenzione, come organizzazione sindacale, dai lavoratori in genere – che sostengono che c’è concorrenza, che si registrano difficoltà e che è in atto un processo di liberalizzazione – sono comuni a tutti. Credo che i quotidiani e le pubblicazioni in genere godano già di tanti privilegi e questo, veramente, ci fa piacere. Però è un piacere che viviamo in modo del tutto indiretto, perché come parte componente della riforma dell’editoria osserviamo che i rivenditori di giornali sono gli unici a non essere mai stati destinatari di alcun tipo di agevolazione. Le hanno avute e continuano ad averne (sempre in riferimento al settore della carta stampata) editori, distributori, giornalisti e poligrafici, che godono degli ammortizzatori sociali, di cui nessuno di noi può usufruire. Certo, vogliamo offrire il nostro contributo e supporto affinché vi sia ulteriore riguardo anche per quanto concerne l’assetto complessivo – se ciò può aiutare – con l’incremento della quota di pubblicità che spetta ai quotidiani e alle pubblicazioni editoriali. Vorrei però approfittare di questa occasione per chiedere (come hanno già fatto alcuni dei miei colleghi), che vengano valutati anche fattori come l’approntamento e l’utilizzo delle tecnologie per le rivendite di giornali. Anche a questo riguardo, infatti, vi è la possibilità di fornire un contributo, un supporto per investimenti tendenti a questo fine, per quanto riguarda i rapporti in linea con editori e distributori, e ciò comporterebbe certamente risparmi che, in ultima istanza, potrebbero determinare anche una diminuzione delle rese e quindi un risparmio della carta utilizzata nel processo della stampa e della vendita.

MAESANO. Sono Lino Maesano, presidente dello SNAG-CONFCOMMERCIO Provinciale di Roma. Sono perfettamente d’accordo con quanto hanno detto i miei colleghi, dunque non ho bisogno di ripetere osservazioni già illustrate.

Una considerazione, però, deve emergere rispetto alla sempre ostentata povertà di pubblicità che normalmente denunciano gli editori cui fa da contraltare la creazione della free press. Infatti questa, in base a quanto hanno sempre sostenuto gli editori, è un mezzo per poter veicolare la pubblicità eccedente alle loro testate: praticamente, la free press – come è sempre stato dichiarato – è un veicolo per la pubblicità che non potrebbe essere ospitata con i «sistemi» tradizionali. Si tratta di una contraddizione in termini che va comunque rilevata e sulla quale bisogna riflettere.
Un’altra considerazione da esaminare riguarda la rete di vendita, che non ha ricevuto particolari attenzioni dalle recenti disposizioni di legge, essendo stata sempre accusata di essere l’imbuto, la strettoia della diffusione (e, quindi, anche della pubblicità); non sarebbe male se la rete di vendita venisse utilizzata – così come è stato già osservato da altri colleghi – come un vero e proprio servizio pubblico. Visto che siamo a contatto con la gente direttamente, potremmo davvero essere utilizzati per svolgere un servizio pubblico. Invito, dunque, a tenere presente tale aspetto, che è sicuramente interessante.

PRESIDENTE. Ringrazio per la breve esposizione introduttiva. Mi sembra di capire che solo uno di voi, però, si sia riferito al progetto di informatizzazione delle edicole, di cui ci ha parlato il rappresentante della FIEG.
FALOMI (Misto). Preliminarmente ringrazio tutti i rappresentanti sindacali della distribuzione, dei giornali e della carta stampata per il contributo che hanno fornito alla nostra indagine e alla nostra riflessione.

Condivido in grandissima parte le considerazioni che sono state svolte e la sottolineatura, emersa in vari interventi, circa la centralità, per così dire, del tema pubblicità, anche per i riflessi che questa poi ha sull’attività stessa della distribuzione e della vendita della carta stampata. D’altra parte questo è proprio il tema della nostra indagine: cercare di comprendere gli effetti che una distribuzione distorta della pubblicità può produrre. Non c’è dubbio, al riguardo, che ogni squilibrio che esiste nel settore della distribuzione della pubblicità ne determina un altro nella distribuzione nei diversi mezzi di comunicazione di massa. Non c’è dubbio inoltre che in Italia esiste una situazione del tutto particolare rispetto a quella europea dove i rapporti tra il mondo della carta stampata e quello televisivo risultano esattamente all’inverso. Infatti, in Italia, c’è una netta predominanza della distribuzione pubblicitaria a favore della televisione, con uno squilibrio evidente rispetto alla carta stampata. È chiaro che in questo caso giocano tanti fattori: l’assetto del nostro sistema radiotelevisivo di tipo duopolistico; i limiti esistenti nell’ambito della televisione pubblica in termini di pubblicità; una condizione di quasi monopolio nel settore delle concessionarie pubblicitarie per quanto riguarda la televisione e, aggiungo, il mancato rispetto delle leggi vigenti in ordine alla concentrazione nella raccolta delle risorse che accedono al sistema radiotelevisivo.
A questo proposito ricordo che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha condotto un’indagine sulle posizioni dominanti nel settore della raccolta pubblicitaria relativa agli anni 1998-2000 che ha certificato uno sfondamento del tetto previsto dalla legge pari al 30 per cento, ma purtroppo l’Autorità non ha erogato alcuna sanzione. È stata avviata una nuova indagine per quanto riguarda gli anni 2001-2003 che dovrebbe concludersi entro il mese di aprile. Speriamo quindi che questa volta, qualora si dovessero registrare sforamenti rispetto ai tetti previsti dalle norme vigenti, vengano presi dei provvedimenti, a meno che nel frattempo non venga approvata la cosiddetta «legge Gasparri» che modifica totalmente l’assetto delle norme antitrust. In ogni caso questa indagine certifica che in Italia oltre ad uno squilibrio che definirei «legale», ne esiste uno di fatto accentuato dal mancato rispetto delle leggi. Ovviamente tutti questi squilibri vanno ad incidere sulla carta stampata e, di riflesso, anche sulla vostra attività.
Vengo ora alla domanda. Mi interesserebbe sapere se il processo di liberalizzazione che, sia pure a certe condizioni, ha investito il vostro settore ha determinato un accrescimento delle vendite complessive, oppure non ha prodotto quei risultati che invece erano sottesi alla ratio di quel provvedimento. A vostro avviso la liberalizzazione del vostro settore rappresenta una strada da percorrere oppure no?
Mi scuso sin d’ora se per precedenti impegni sarò costretto ad allontanarmi e quindi non avrò modo di ascoltare le vostre risposte che provvederò comunque a leggere nel resoconto stenografico della seduta odierna.

DONATI (Verdi-U). Desidero anch’io ringraziare gli intervenuti per i contenuti esposti e porre tre brevi domande.

In primo luogo vorrei un chiarimento in ordine alla pubblicità eccedentaria sulla free-press di cui ha parlato il signor Maesano, considerato che normalmente si tende invece a sottolineare la penuria di pubblicità sulla carta stampata. Gradirei quindi conoscere in che cosa si traduca questa eccedenza pubblicitaria indotta dai giornali gratuiti.
Seconda questione. Vorrei sapere se oltre all’informatizzazione delle edicole, che ovviamente ha un potenziale enorme in termini di efficienza e di potenziamento del servizio offerto al cittadino, esistano altre proposte che procedano in tal senso e che a prezzi, proposte tendenti al miglioramento ad esempio della distribuzione e dei punti vendita. Ritengo infatti che si tratti di un problema molto complesso che va al di là del processo d’informatizzazione, pur indispensabile.
Alcuni degli intervenuti hanno sottolineato l’opportunità che il vostro servizio venga considerato non soltanto come un servizio al pubblico, ma anche, più in generale, come un servizio pubblico; ora si tratta sicuramente di un concetto interessante, ma vorrei capire in che modo si traduca rispetto alla vostra realtà. Infatti, bisogna considerare che un servizio pubblico prevede un regime di concessione e di tariffe agevolate, oltre a dover garantire condizioni che non definirei tanto di favore quanto collegate all’essere servizio pubblico.

CHIRILLI (FI). Desidero ringraziarvi per la vostra presenza e per averci fornito un ampio spaccato del vostro comparto.

Quanto alla questione della free-press vorrei conoscere i motivi per cui la pubblicità che passa attraverso il volantinaggio di questo tipo di stampa viene effettuata direttamente dalle edicole in forma gratuita. Quale è il ritorno economico per l’edicolante? Peraltro credo che questo tipo di raccolta pubblicitaria sfugga al controllo del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC); in ogni caso, qualora tale controllo esistesse, in che misura a vostro parere tale raccolta potrebbe essere controllata per poi poterla inserire e veicolare attraverso il SIC?
Vorrei altresì conoscere la vostra opinione circa l’opportunità di un inasprimento della normativa in materia, giacché le ricadute sul sistema di questo tipo di stampa sono a mio giudizio assolutamente negative e non solo dal punto di vista economico, ma anche sotto il profilo ambientale, considerato il maggiore impegno richiesto per la pulizia delle strade e per la raccolta di questo materiale cartaceo che viene lasciato in giro per la città senza controllo. Riassumendo, questo tipo di pubblicità, se riorganizzata e sottoposta a regolamentazione, potrebbe a vostro avviso rientrare nell’alveo della pubblicità correttamente distribuita, e quindi presupporre anche un ritorno economico?
Infine vorrei fare un breve accenno al concetto di servizio pubblico che avete sottolineato in relazione al sevizio da voi prestato. Nel merito credo sia importante precisare che prestare un servizio pubblico significa anche sobbarcarsi l’impegno della distribuzione nelle zone più impervie o nelle più sperdute località del nostro Paese, oppure il sovraccarico di lavoro nei periodi estivi.
Ebbene, sareste disponibili a farvi carico di una distribuzione tanto capillare?

MAESANO. Affronterò per prima la questione della free-press per chiarire eventuali ambiguità al riguardo. In tal senso va immediatamente sottolineato che gli editori della free-press sono generalmente anche gli editori di grandi testate a tiratura nazionale: mi riferisco a quotidiani quali il «Corriere della sera» nel caso di «City» o «Il Messaggero» per quanto riguarda «Metro» e «Leggo». Su questi giornali satellite viene normalmente convogliata la pubblicità che non troverebbe collocazione in un quotidiano a tiratura nazionale perché avrebbe dei costi eccessivi per gli investitori; è chiaro infatti che la pizzeria all’angolo non può rivolgersi per la propria inserzione pubblicitaria al «Corriere della sera», ma preferirà rivolgersi a «City», perché in questo caso i costi sono più accessibili. Va precisato però che nella free-press trova collocazione non solo la pubblicità per così dire minore, ma anche quella di grandi inserzionisti come la FIAT. Ma, come è stato reso noto dagli editori sin dall’inizio, si tratta di trovare uno spazio per le pubblicità minori.

L’edicola ha una funzione sociale, visto che nelle grandi città contrasta il degrado delle periferie, ed è un punto di riferimento molto più importante di tutti gli altri esercizi. Basti pensare che in alcune zone c’è l’edicola, ma non la farmacia o la tenenza dei Carabinieri. Per quanto riguarda l’aspetto pubblico, almeno a Roma, già siamo stati utilizzati in tal senso dal Comune. In molte occasioni abbiamo offerto alla cittadinanza delle forme promozionali nel modo più tradizionale, quello del depliant messo vicino ai giornali locali. Poi ci sono le possibilità che ci offre il campo dell’informatica.
Siamo sempre disponibili nel contribuire a svolgere una funzione pubblicitaria di importanti iniziative di tipo sociale e auspichiamo di essere ancora coinvolti in futuro, se non altro con la speranza di ottenere un riconoscimento.

ANSELMI. Signor Presidente, intendo soffermarmi sul concetto di servizio pubblico. Intanto il decreto legislativo n. 170 del 2001 («Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell’articolo 3 della legge 13 aprile 1999, n. 108») ci obbliga alla parità di trattamento delle testate e quindi a mettere in vendita tutti i prodotti editoriali che arrivano al punto vendita. Non possiamo scegliere il prodotto né stabilirne i quantitativi. Credo che tale previsione normativa confermi la funzione di pluralismo che caratterizza la rete di vendita. A supporto di tale previsione, abbiamo riconosciuto come impianto giuridico per la nostra contrattazione con gli editori il contratto estimatorio: non potendo scegliere il prodotto o la quantità, possiamo pagare al momento della resa. Questo per facilitare la piccola e media editoria all’ingresso nel nostro canale. La rete conta 40.500 punti vendita, mentre la rete tradizionale, quella nata ai tempi della legge n. 416 del 1981, è arrivata a circa 38.500. Siamo presenti ovunque, in ogni luogo. Ma sono i primi due elementi (parità di trattamento e contratto estimatorio) che ci portano a richiedere un trattamento assimilabile al servizio pubblico.

Ricordo inoltre che per questo mestiere non occorre la concessione, ma l’autorizzazione comunale. Chi vende stampa non fa commercio, ma un servizio al cittadino, garantisce l’offerta del prodotto pluralista e deve avere l’autorizzazione alla vendita.
L’informatizzazione porterà alla diminuzione dei costi del canale, perché tende a razionalizzare i costi della resa, ma in termini di garanzie di pluralismo e di apporto della pubblicità sarà sostanzialmente ininfluente. Comunque se la pubblicità va calando, per quanto si tagli, non si arriverà mai al break even, ad un equilibrio tra entrate e uscite.
Il senatore Falomi ha chiesto se, con la liberalizzazione, anche parziale, ci sia stato un aumento delle vendite. Il decreto legislativo n. 170 del 2001 legittima altri sei canali di vendita oltre al nostro a vendere quotidiani o periodici. Un aumento del numero di copie di quotidiani non c’è stato, mentre c’è stato, come pubblicato su «Il Sole 24 ore» qualche giorno fa, un aumento dei fatturati. Oggi la grande distribuzione organizzata – l’articolo citava i supermercati, che è il canale più appetibile per gli editori – ha avuto un aumento medio di fatturato (ripeto, solo di fatturato) del 3,1 per cento. Pensate però che all’interno dei supermercati riescono ad arrivare solo trecento titoli, facenti capo ai soliti grandi gruppi editoriali, che sono più o meno tre.
Anche per la rete di vendita il livello di fatturato si è innalzato, ma bisogna tener presente che con l’ingresso dell’euro l’aumento medio del prezzo dei quotidiani e delle riviste è stato del 16,8 per cento perciò non poteva che essere così. Il numero di copie vendute non è invece cresciuto, tranne per qualche nicchia, ed è comunque pari a 5.800.000 al giorno in tutta la rete di vendita.
Il segnale più inquietante che arriva dai nostri rivenditori associati è la difficoltà finanziaria. Negli anni il concetto di contratto estimatorio si è allontanato dalla pratica della commercializzazione del prodotto, per cui noi oggi in sostanza anticipiamo su fornitura, ossia quando arriva il prodotto siamo costretti a pagarlo a chiusura di estratto conto. Può sembrare banale, ma il mercato due anni fa si aggirava attorno agli 8.000 miliardi di lire. Siamo quindi costretti a tenere in piedi questo circolo finanziario con dei sistemi, per quanto pattuiti, che ci stanno mettendo in crisi. Pensate che l’anno scorso – dato a chiusura dei bilanci delle nostre piccole aziende – la media di pubblicazione giacente in edicola è passata dal 30 al 150 per cento rispetto al quantitativo iniziale. Si sta rischiando l’implosione della rete di vendita tradizionale, quando altri canali – faccio un discorso al di sopra delle parti – non hanno le stesse potenzialità.
Un osservatorio potrebbe essere un buon punto di partenza per i problemi della pubblicità e della razionalizzazione della rete del prodotto, nell’ambito della salvaguardia del pluralismo, nel rispetto dell’articolo 21 della nostra Costituzione. Da questa esperienza Governo e Parlamento potrebbero trarre gli strumenti utili per rendere più assimilabile il nostro mestiere ad una sorta (so benissimo che non lo si può essere tout court) di servizio pubblico per la garanzia dell’offerta pluralista della carta stampata al cittadino, visto che oggi in Italia, ma anche in Europa, ci sono sempre più pericoli di omologazione dell’informazione per le concentrazioni televisive. Pensiamo anche al satellite e al digitale: spesso a livello di Parlamento europeo si parla più di Siemens o di Philips, che di offerta pluralista.
Mi rendo anche conto che è difficile coniugare gli aspetti della concorrenza (che pure ci deve essere perché, bene o male e al di là di tutto, deve essere il mercato a dettare le regole) che riguarda le aziende editoriali con il nostro profilo, la nostra professione, il mestiere che facciamo. Per questo mi riallaccio alla sollecitazione (quanto meno, l’ho intesa come tale) fatta dal senatore Falomi, in quanto dovremmo cercare di impegnare di più l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nell’individuare soluzioni che mantengano in piedi questo ulteriore fanale nel mondo della comunicazione. Rilevo questo aspetto perché attualmente, nei nostri dibattiti con gli editori, fa più paura (diciamo così) l’Autorità garante della concorrenza e del mercato dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; dovremmo invece essere più soggetti, avere più paura di quest’ultima, se vogliamo veramente essere riconosciuti come garanti, per la nostra parte, del pluralismo di informazione.

CALABRÒ. Interverrò molto brevemente, per rispondere ad alcune osservazioni sollevate.

Prima di tutto intendo svolgere una considerazione di carattere generale. È vero che c’è stato un aumento di fatturato delle imprese editoriali, ma non è derivato dall’incremento della pubblicità (che, come voi sapete, è in netto calo), quanto piuttosto dall’aumento dei prezzi. Il fatto di aumentare i prezzi costituisce un limite all’ulteriore diffusione della carta stampata: più aumentano i costi e meno copie si vendono, anche se il fatturato aumenta.
Un’altra osservazione che intendo fare riguarda l’informatizzazione. Si tratta di un processo appena iniziato; ha fornito risultati molto buoni per la soddisfazione dell’utente. Non ci si può limitare soltanto, comunque, a questa modalità di razionalizzazione del sistema: l’informatizzazione della rete potrebbe anche fornire una serie di servizi ai cittadini. Ad esempio, se si ponesse in atto una convenzione tra la rete di vendita e i Comuni, si potrebbero tranquillamente rilasciare i certificati e quant’altro possa servire per evitare che i cittadini debbano fare le file presso gli Uffici comunali o i Municipi. Ricordo che è già in atto la vendita di biglietti per spettacoli e altri avvenimenti sportivi.
Un ulteriore incremento alla razionalizzazione del sistema potrebbe provenire ad esempio dalla gestione degli abbonamenti. Su ciò siamo in trattativa con gli editori, perché ovviamente gestire gli abbonamenti comporta togliere risorse ed entrate alla rete di vendita. Però si potrebbe razionalizzare il sistema con una partecipazione più attiva, in termini di funzioni, della rete di vendita che, per la parte tradizionale, è costituita da circa 39.000 punti diffusi sul territorio.
Un altro elemento che volevo sottolineare è costituito dal fatto che il 90 per cento del volume di affari delle vendite di tutti i prodotti editoriali quotidiani e periodici passa attraverso la rete di vendita tradizionale: ripeto, si tratta di ben il 90 per cento. Quindi, se la rete di vendita funziona, tutta l’editoria giornalistica ne avrà dei benefici; se va in crisi, ovviamente ciò si ripercuoterà anche sulle vendite di giornali e periodici.

PRESIDENTE. Purtroppo, come avevo preannunciato all’inizio della nostra audizione, la seduta in Aula è già iniziata. Pertanto, se avete note scritte, vi prego di consegnarle agli Uffici, perché saranno utili ai fini del lavoro della Commissione. Ovviamente quanto è stato rilevato oggi verrà riportato sul resoconto stenografico della seduta e ciò consentirà a tutti i colleghi di poter esaminare e utilizzare i vari contributi nella fase conclusiva di questa indagine.

Ci apprestiamo a terminare i lavori con brevi interventi conclusivi.

GIOIA. Sono Mario Gioia, segretario nazionale della CISL-GIORNALAI. Intervengo brevemente solo per rispondere alla senatrice Donati circa il lavoro sociale che svolge la nostra categoria: parlo sulla base dell’esperienza personale di 35 anni passati all’interno di una edicola.

Per la collocazione dei nostri punti vendita e per il lavoro che svolgiamo ricordo che nell’Anno Santo 1975 arrivava una massa di gente e con il nostro orario di apertura di 14 ore giornaliere...

PRESIDENTE. Avete fatto anche informazione.
GIOIA. Esatto, ma cambiavamo anche i soldi.

PRESIDENTE. Addirittura?
GIOIA. Sì. I gettoni telefonici, che allora erano in uso, le tessere...
PRESIDENTE. Questo avviene anche adesso.
GIOIA. Sì: nella città di Roma a tutt’oggi le edicole vendono tessere, abbonamenti, ricariche telefoniche e così via. Ma non si tratta solo di questo. Tutti i Municipi di Roma si servono delle edicole che sono site nei quartieri per veicolare le loro pubblicazioni. In particolare, abbiamo veicolato nelle nostre edicole qualsiasi prodotto fornito dal Comune. Mi riferisco, più propriamente, oltre al Comune, anche alla Provincia e alla Regione. In questo senso siamo presenti e attivi. Questo per noi è un compito sociale e rispetto a ciò vorremmo un piccolo riconoscimento: non chiediamo soldi, ma vorremmo comunque che ci venisse riconosciuto «qualcosa».
PRESIDENTE. La funzione sociale degli edicolanti in quanto tali è nota a tutti.
BARDI. Diversi anni fa la rete di vendita distribuì 12 milioni di copie della Costituzione italiana. Il prossimo 8 marzo, in collaborazione con la signora ministro Prestigiacomo, distribuiremo un libro dedicato alle donne. La nostra rete di vendita è la più economica del mondo – a giudicare da quello che sostiene la FIEG, ma anche dai fatti – oltre ad essere la più disponibile quanto ad orario di apertura, a calendario di vendita, inteso come numero di giorni lavorativi (360 annui), e a copertura del territorio; dunque, è un fatto naturale che le istituzioni – siano esse lo Stato o le Regioni o i Comuni – usufruiscano di questa rete. Naturalmente, la filiera offre il servizio gratuitamente: il nostro servizio non costa proprio nulla per la disponibilità che abbiamo sempre accordato.

Il servizio pubblico, inteso solo come sanità piuttosto che istruzione, è un equivoco, perché anche quello che noi offriamo alla cittadinanza è un servizio pubblico reale. Vale a dire, è una disponibilità che va oltre ogni altro esercizio che...

DONATI (Verdi-U). Mi scusi se la interrompo solo per un attimo.

Probabilmente l’orario in cui si tiene la seduta può non favorire la comprensione di certi aspetti. Non discuto la vostra funzione: mi sono appena recata in una edicola! La domanda era come si traduce questo concetto – che condivido – di servizio pubblico in azioni? Queste azioni potrebbero ricevere un supporto legislativo, normativo o di agevolazione? Il senso della domanda che avevo posto era questo. Sul resto non dovete convincermi, perché noi svolgiamo un altro compito.

BARDI. Credo che i colleghi abbiano tentato di offrire degli spunti al riguardo. Credo che vi sia un equivoco, una non cultura di questo nostro servizio. I giornalai sono usciti allo scoperto con la legge 5 agosto 1981, n. 416: prima, nessuno li conosceva. Oggi il legislatore ha posto attenzione a questa rete, rendendosi conto dell’anomalia. Iniziamo dal concetto giuridico e politico. Questa rete, che assurge a notorietà con le autorizzazioni amministrative, con le occupazioni di suolo pubblico, vale a dire col fatto di essere presente nella pubblica amministrazione, deve essere anche governata in qualche modo. Non è una rete commerciale, non è una rete che può avere orari predisposti dai Comuni perché è legata ad un prodotto non commerciale, come quello editoriale, che attende – per l’appunto – ad una funzione non commerciale. È qualcosa di anomalo e quindi non può essere ristretto in una legge sul commercio, come la legge 11 giugno 1971, n. 426; ma non siamo nemmeno presenti nella cosiddetta «legge Bersani» (anche se ciò è avvenuto, per un breve periodo), perché evidentemente questo prodotto non è commerciale, essendo legato ad altri concetti. Quindi siamo legati a questa filiera e ad altri aspetti. Se ciò è reale, si rende allora necessario che il legislatore estrapoli il settore per tenerlo sotto osservazione al fine di valutare come usufruire della nostra rete per l’erogazione di quei servizi a cui il collega ha testé accennato. Mi chiedo ad esempio perché fare la fila per quattro ore all’INPS o alla Camera di commercio per una semplice visura quando questo servizio può essere offerto dall’edicolante sotto casa. Infatti, le edicole sono collocate nei pressi delle abitazioni di tutti i cittadini o comunque nel raggio di cento metri; bisogna tenere presente che non è l’edicolante a scegliere la propria collocazione commerciale nel punto che più gli conviene, ma è il comune che decide dove vi è la necessità di diffondere la carta stampata. È quindi il Comune a programmare ed a stabilire la collocazione delle edicole, oltre ovviamente alle norme relative all’occupazione di suolo pubblico. Del resto, i piani regionali e comunali in materia di rivendita di giornali la dicono lunga su come viene interpretato questo settore.
PRESIDENTE. Rinnovo il mio sincero apprezzamento e i miei ringraziamenti ai nostri ospiti per il loro contributo, pregandoli di inviarci eventuali ulteriori note aggiuntive; da parte nostra vi faremo conoscere i risultati cui perverrà la presente indagine.

Dichiaro quindi conclusa l’audizione e rinvio il seguito dell’indagine conoscitiva in titolo ad altra seduta.

I lavori terminano alle ore 9,50.
Licenziato per la stampa dall’Ufficio dei Resoconti