47º Resoconto stenografico
SEDUTA DI MERCOLEDÌ 17 novembre 2004
Presidenza del presidente GRILLO
I N D I C E
Brutti Paolo (DS-U) 16, 25
* Falomi (Misto) 14, 16, 22 e passim
Gasparri, ministro delle comunicazioni 3, 11, 13 e passim
Pessina (FI) 13
* Zanda (Mar-DL-U) 11, 13, 21
Cicolani (FI) 19
N.B.: Gli interventi contrassegnati con l’asterisco sono stati rivisti dall’oratore. Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale: AN; Democratici di Sinistra-l’Ulivo: DS-U; Forza Italia: FI; Lega Padana: LP; Margherita-DL-l’Ulivo: Mar-DL-U; Per le Autonomie: Aut; Unione Democristiana e di Centro: UDC; Verdi-l’Ulivo: Verdi-U; Misto: Misto; Misto-Comunisti Italiani: Misto-Com; Misto-Lega per l’Autonomia lombarda: Misto-LAL; Misto-Libertà e giustizia per l’Ulivo: Misto-LGU; Misto-MSI-Fiamma Tricolore: Misto-MSI-Fiamma; Misto-Nuovo PSI: Misto-NPSI; Misto-Partito Repubblicano Italiano: Misto-PRI; Misto-Rifondazione Comunista: Misto-RC; Misto-Socialisti democratici Italiani-SDI: Misto-SDI; Misto Popolari-Udeur: Misto-Pop-Udeur.
Interviene il ministro delle comunicazioni Gasparri.
I lavori hanno inizio alle ore 15,10.
PROCEDURE INFORMATIVE Comunicazioni del Ministro delle comunicazioni, ai sensi dell’articolo 46, comma 2, del Regolamento, sull’attuazione della legge 3 maggio 2004, n. 112, recante norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.A., nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca comunicazioni del Ministro delle comunicazioni, ai sensi dell’articolo 46, comma 2, del Regolamento, sull’attuazione della legge 3 maggio 2004, n. 112, recante norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.A., nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione.
Comunico che, ai sensi dell’articolo 33, comma 4, del Regolamento, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo e che la Presidenza del Senato ha già preventivamente fatto conoscere il proprio assenso. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori. Ringrazio il Ministro per la sua disponibilità e gli cedo immediatamente la parola.
GASPARRI, ministro delle comunicazioni. Sono io che ringrazio il Presidente e tutti i colleghi della Commissione. L’odierno incontro verte sullo stato di attuazione della legge n. 112 del 2004, di cui il processo di privatizzazione della RAI è uno degli aspetti, ma non l’unico. Ho predisposto al riguardo una relazione, che consegno agli atti della Commissione, e che cercherò di illustrare in termini sostanziali, poiché in essa si affrontano diversi argomenti.
Vorrei iniziare dagli obiettivi della legge n. 112: in primo luogo, si pone l’obiettivo di realizzare il cosiddetto «diritto alla convergenza» mediante la creazione del nuovo sistema integrato delle comunicazioni, sia nella fase dello switch-over (cioè della contemporanea trasmissione in tecnica sia analogica che digitale), sia in quella dello switch-off, con la fine della trasmissione analogica e la definitiva conversione al sistema digitale, prevista – ricordo che tale previsione era contenuta anche nella precedente legge – al 31 dicembre 2006. Riteniamo in questo modo di dare un’adeguata risposta anche alla giurisprudenza della Corte costituzionale; del resto di questo abbiamo discusso ampiamente, e non solo in sede di approvazione della legge n. 112, ma anche in occasione della conversione in legge del decreto-legge n. 352 del 2003. Ovviamente la legge n. 112 reca il nuovo assetto della concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, aprendo la strada alla privatizzazione, e conferisce al Governo la delega per compilare un testo unico delle disposizioni che costituiscono l’ordinamento della comunicazione radiotelevisiva. Al riguardo, vorrei sottolineare che il testo unico è in via di definizione e domani sarà posto all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri per poi essere sottoposto al doppio parere della Conferenza unificata Stato-Regioni e delle competenti Commissioni parlamentari, come previsto dalla stessa legge. Qualcuno lamenta (ho letto varie dichiarazioni in merito) che il testo unico non si occupa della par condicio: lo confermo, non affronta questo tema, così come non l’ha affrontato la legge di riordino del sistema. Le vigenti norme sulla par condicio restano pienamente in vigore, non sono state al centro del dibattito, quindi non si tratta di un errore o di un’omissione. Tradizionalmente le norme sulla par condicio sono state trattate dalle Commissioni affari costituzionali perché regolano la materia elettorale: non riguardano il sistema radiotelevisivo poiché sono norme di carattere elettorale riferite anche al mezzo radiotelevisivo, ma nelle quali il problema centrale è costituito dalla regolamentazione della propaganda elettorale. Quindi a chi con clamore rilascia dichiarazioni lamentando che nel testo unico non si parla di par condicio rispondo che non se ne parlerà perché così deve essere; la par condicio è regolata in un altro provvedimento, che resta in vigore e che potrà esssere discusso in altra sede. Il provvedimento che verrà sottoposto (nelle prossime settimane, mi auguro) al parere alle competenti Commissioni parlamentari contempla dunque un riordino di tutta la materia radiotelevisiva, anche ai sensi della legge approvata. Invece – lo ribadisco – la questione della par condicio non è affrontata e le norme che la regolamentano restano ovviamente immutate. Il Ministero delle comunicazioni deve poi adottare alcuni atti regolamentari, tra cui un regolamento per disciplinare l’impiego dei minori di anni 14 nei programmi radiotelevisivi, di concerto con il Ministro del lavoro e delle pari opportunità, e poi un programma di specifiche misure di sostegno per agevolare il passaggio alla diffusione in tecnica digitale delle trasmissioni radiofoniche. Illustrerò ora lo stato di attuazione delle misure che la legge ha demandato al Governo. Per quanto riguarda il passaggio al sistema digitale, l’articolo 1 della legge n. 43 del 2004, di conversione del decreto-legge n. 352 del 2003, e l’articolo 25 della legge n. 112 del 2004, di cui parliamo, hanno dato mandato all’Autorità di presentare entro il 30 aprile 2004 una relazione alle Camere sugli esiti dell’accertamento compiuto in relazione all’offerta televisiva in tecnica digitale terrestre, sulla base dei tre parametri della quota di popolazione coperta dalle nuove reti digitali, della presenza sul mercato nazionale di decoder a prezzi accessibili e dell’effettiva offerta anche di programmi diversi da quelli diffusi dalle reti analogiche. Con l’accertamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sulla complessiva offerta dei programmi televisivi digitali terrestri può considerarsi cessato il regime transitorio introdotto dalla legge n. 249 del 1997 ed iniziata l’era del cosiddetto switch-over, ossia della coesistenza di sistema analogico e digitale. Si tratta di una fase risolutiva e chiarificatrice per il tema del pluralismo nell’informazione, che giustifica il diverso assetto introdotto dalla legge n. 112 del 2004, indicato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 466 del 2002, come possibile e legittimo a condizione che risulti dimostrato «lo sviluppo della tecnica di trasmissione digitale terrestre, con conseguente aumento delle risorse tecniche disponibili». L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, quindi, in ottemperanza sia alla legge n. 112 sia alla legge n. 43 del 2004, di conversione del decreto-legge n. 352 del 2003, ha verificato positivamente, come tutti sanno, la sussistenza delle tre condizioni che il legislatore ha considerato necessarie e sufficienti per dimostrare l’effettivo ampliamento dell’offerta televisiva: la quota del 50 per cento di popolazione coperta dal segnale, i decoder a prezzi accessibili e i programmi diversi da quelli diffusi con il sistema analogico. I dati relativi alla diffusione del digitale terrestre sono a nostro avviso confortanti ed incoraggianti. Si conferma infatti che il digitale terrestre è una realtà, frutto dell’impegno non solo del Governo, ma anche delle emittenti che hanno deciso di investirvi per aumentare l’offerta televisiva. Ci sono previsioni ottimistiche per quanto riguarda il rapido allargamento della sua diffusione, che dovrebbe giungere ad una copertura molto superiore a quella obbligatoria per legge. Infatti la legge stabilisce che la concessionaria per il servizio pubblico dovrà garantire al 1º gennaio 2004 la copertura al 50 per cento della popolazione (circostanza già riconosciuta dall’Autorità) e il 70 per cento entro il 1º gennaio 2005, quindi siamo pienamente in linea con l’obiettivo della copertura totale fissato al 31 dicembre 2006. Ha certamente agevolato la diffusione dei decoder lo stanziamento previsto in legge finanziaria mediante il contributo di 150 euro per l’acquisto del set-top-box in favore degli abbonati RAI che dimostravano di essere in regola con il pagamento del canone di abbonamento. Con il decreto interministeriale 30 dicembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 gennaio 2004, sono stati definiti i criteri e le modalità di erogazione del contributo. Per consentire ai cittadini di usufruirne con la maggiore facilità possibile sono state prescelte modalità semplici ed efficaci: il contributo è stato infatti erogato sotto forma di sconto sul prezzo finale di acquisto di questi decoder. Gli utenti, quindi, già all’atto della vendita presso il negoziante hanno usufruito di questo sconto. Il successo della misura ha portato all’esaurimento già nel mese di ottobre dei contributi stanziati e la vendita è stata stimata finora in circa un milione di decoder, per 700.000 dei quali si è usufruito dell’agevolazione, mentre gli altri (visti i prezzi peraltro contenuti) sono stati acquistati normalmente sul mercato. Ricordo che l’agevolazione è riservata solo ai decoder interattivi, quindi aperti alle più moderne possibilità di impiego della tecnologia digitale. Il successo dell’operazione ha spinto il Governo a proseguire con questa incentivazione: considerato il notevole calo dei prezzi dei decoder, si è peraltro ritenuto di abbassare il contributo singolo a 70 euro. Resta lo stanziamento di 110 milioni di euro, ma siccome per i decoder oramai i prezzi sono notevolmente calati (il prezzo dei decoder interattivi è passato dai 300 euro a 150 euro), abbiamo ritenuto che l’incentivo potesse diminuire. Avevamo inizialmente ipotizzato nella finanziaria un contributo di 120 euro, ma già nel dibattito appena concluso alla Camera esso è stato ridotto a 70 euro, anche perché riteniamo che ciò spinga il mercato ad un andamento virtuoso e che i prezzi possano ulteriormente scendere. In questo modo, quindi, si potrebbe finanziare la vendita di almeno un altro milione e mezzo di decoder. Inoltre, avremo anche la possibilità in corso d’anno di utilizzare, in base alla legge n. 112, il 25 per cento dei proventi della privatizzazione RAI: si prevede infatti che un quarto di quei proventi venga utilizzato a tal fine. Ovviamente dovremo verificare la situazione, non possiamo parlare ancora di cifre precise. Per quanto riguarda la privatizzazione della RAI, si è conclusa poche ore fa la fusione per incorporazione della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.A. nella società RAI Holding, con la nascita della nuova RAI Radiotelevisione S.p.A.. Questa mattina, infatti, alle ore 13, è stato firmato l’atto di fusione; era stato già varato lo statuto, ma occorreva attendere, in base al codice civile, che passassero trenta giorni per garantire i creditori. I trenta giorni sono scaduti ieri e quindi, poche ore fa, il Presidente della ex RAI Holding Gnudi, il consigliere Alberoni e il direttore generale della RAI Cattaneo hanno firmato l’atto di fusione che quindi è a tutti gli effetti diventata operativa alle ore 13 di oggi. Siamo arrivati a questo traguardo in tempi rapidi: vi era un termine di 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, ma non credo che fosse perentorio. Pertanto, rispetto al tempo medio di attuazione delle leggi possiamo ritenerci soddisfatti per la rapidità con cui siamo giunti alla firma dell’accordo, soprattutto tenendo conto di alcuni tempi tecnici come gli ineludibili trenta giorni per i creditori sanciti dal codice civile. La RAI ha mosso passi decisivi in tale direzione, ottenendo a suo tempo da parte del consiglio di amministrazione l’approvazione del progetto di fusione. Questo progetto di fusione è stato approvato anche dal consiglio di amministrazione di RAI Holding, con ciò effettuandosi tutti i passaggi necessari. Lo statuto, dopo l’approvazione da parte delle assemblee delle suddette società in data 6 ottobre 2004, ha conseguito il parere favorevole della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Lo statuto è stato quindi approvato dal Ministro delle comunicazioni, come prescritto dalla legge, con il decreto dell’8 ottobre 2004. Trascorso il termine di legge per il deposito del progetto di fusione, la stipulazione del relativo atto è stata prevista proprio per oggi alle ore 13. Già nell’ultima audizione dello scorso luglio ho avuto modo di fare un rapido excursus sulle procedure. È evidente che la fusione costituiva il presupposto per l’avvio delle procedure di privatizzazione della RAI, secondo le direttrici delineate dall’articolo 21 della legge n. 112. In questa fase poi il Ministero dell’economia assume un ruolo centrale in quanto azionista della società da privatizzare. Occorre peraltro raccordare la generale disciplina sulle privatizzazioni e le procedure sin qui seguite in altri casi di alienazione di partecipazioni statali in società con la normativa speciale contenuta nella legge n. 112 di riforma del sistema radiotelevisivo. L’articolo 21 richiama il decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 1994, n. 474 (cosiddetta legge sulle privatizzazioni). Tra le modalità di vendita dalla stessa previste (offerta pubblica di vendita, trattativa diretta al fine di costituire un nucleo stabile di azionisti, sistema misto di offerta pubblica di vendita e trattativa diretta), la legge n. 112 sceglie il sistema dell’offerta pubblica di vendita regolata dalla cosiddetta legge Draghi (decreto legislativo n. 58 del 1998). Al riguardo, l’articolo 21 della legge n. 112 prevede che, in considerazione dei rilevanti e imprescindibili motivi di interesse generale e di ordine pubblico connessi alla concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo affidata alla RAI-Radiotelevisione italiana S.p.A., è inserita nello statuto della società la clausola di limitazione del possesso azionario dell’1 per cento delle azioni aventi diritto di voto. Inoltre, la legge n. 112 riserva una quota di azioni, la cui misura verrà definita successivamente dal CIPE – cito la legge –, riservata agli abbonati RAI in regola con il pagamento del canone radiotelevisivo con il limite dell’inalienabilità per un periodo di 18 mesi. Il CIPE, in questa fase della fusione assume quindi un ruolo chiave dovendo definire, con proprie successive deliberazioni, tutti gli elementi rilevanti ai fini dell’alienazione, primo fra tutti la quantità di azioni da immettere sul mercato. Molte sono state le discussioni relative a tale aspetto ma è evidente che gli atti formali passeranno solo attraverso le delibere del CIPE. L’articolo 21 stabilisce infatti che con una o più deliberazioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica sono definiti i tempi e le modalità di presentazione, le condizioni e gli altri elementi dell’offerta o delle offerte pubbliche di vendita di cui al presente comma. Ciò chiarito, descriverò ora le procedure da attuare per l’avvio di questa seconda fase. Anzitutto il Ministero dell’economia deve scegliere i consulenti che lo affiancheranno durante la privatizzazione. Nei giorni scorsi, esattamente il 15 novembre, è scaduto il termine per presentare la propria offerta da parte degli advisor invitati dal Ministero dell’economia. Nei prossimi dieci giorni – questa è la prassi – il Ministero dell’economia procederà alla scelta dell’advisor, sulla base dell’esperienza maturata nel settore dei media e delle procedure seguite in altri casi. Le tappe successive verranno messe a punto con un programma operativo di lavoro concordato tra l’azionista e l’advisor. Quindi verranno delineate tutte le condizioni e le informazioni necessarie per consentire agli acquirenti di giudicare l’offerta, riassunte in un documento formale da comunicare alla Consob. Quest’ultima, entro 15 giorni dalla comunicazione, potrà indicare agli offerenti informazioni integrative da fornire e specifiche modalità di pubblicazione del documento d’offerta, nonché eventuali garanzie da prestare. Decorso tale termine il documento potrà essere pubblicato mediante l’offerta per l’alienazione delle quote. Fondamentale in questa fase sarà il ruolo del CIPE alla cui approvazione dovranno essere sottoposte tutte le condizioni dell’offerta, ivi compresa quella relativa al prezzo, frutto del lavoro che dovrà svolgere l’advisor. Ho fatto questa premessa perché la giudico essenziale e anche scontata, ma per qualcuno potrebbe non essere così. L’altro adempimento fondamentale concerne il codice radiotelevisivo. L’articolo 16 della legge n. 112 delega il Governo ad emanare un testo unico della radiotelevisione, recante norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI. In attuazione di tale delega il mio Dicastero ha predisposto lo schema di decreto legislativo, anche con l’ampia e fattiva collaborazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di cui la legge sopramenzionata prevede l’intesa. I relativi uffici stanno infatti collaborando e ovviamente siamo aperti a tutte le osservazioni possibili, come è stato fatto anche sul codice delle comunicazioni elettroniche dell’Autorità. In base alla verifica da me effettuata lo stato di convergenza delle opinioni tra i due organismi è ottimo, anche sulla vicenda della par condicio. L’opinione dei vertici dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è la stessa che ho avuto modo di esporre poc’anzi: si considera la par condicio materia di carattere elettorale non rientrante in questo tipo di testo. Il testo unico dovrebbe essere approvato dal prossimo Consiglio dei Ministri, tenendo conto che nella riunione di domattina speriamo di poter iniziare la discussione. Il Consiglio dei Ministri avvia l’esame preliminare e poi si prosegue l’iter cercando di acquisire il parere della Conferenza Stato-Regioni e delle Commissioni parlamentari competenti. Tale iter verrà ripetuto due volte. La delega scade a maggio; dovendosi procedere ad un doppio passaggio mi auguro che le diverse realtà istituzionali chiamate ad esprimersi vogliano calendarizzare l’esame del testo in modo da contribuire al rispetto di questi tempi. Il testo unico della radiotelevisione completerà l’intervento di riordino della materia della comunicazione, ad eccezione della stampa e della propaganda elettorale. Abbiamo avviato questo lavoro di riordino con l’emanazione del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259). Pertanto questo ulteriore testo completa il nostro lavoro. Lo schema normativo conterrà un’organica ricostruzione della disciplina vigente in materia di radiodiffusione e sarà ispirato ai principi di coordinamento, semplificazione, armonizzazione ed efficacia che presiedono alla compilazione di testi unici. Esso si preoccuperà di dare piena attuazione alle norme di diritto internazionale vigenti nell’ordinamento italiano e agli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. In materia assumono rilevanza decisiva i principi comunitari, introdotti a seguito dell’emanazione della direttiva europea «TV senza frontiere» che, considerando le attività televisive un servizio ai sensi del Trattato, stabilisce disposizioni a tutela del principio di libertà di espressione quale sancito dall’articolo 10, paragrafo 1, della Convenzione sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il decreto legislativo, in corso di elaborazione e che verrà presentato domani in Consiglio dei Ministri, definirà i principi della materia tratti dalla Costituzione e dalla legislazione primaria; riordinerà, esercitando una funzione di semplice coordinamento, la disciplina delle attività di operatore di rete radiotelevisiva, di fornitore di contenuti televisivi su frequenze terrestri, via satellite e via cavo, e radiofonici su frequenze terrestri, in ambito nazionale e locale, e di fornitore di servizi; recherà le norme a tutela dell’utente, comprese quelle a garanzie dei minori e la disciplina organica della RAI; riordinerà sistematicamente le fattispecie di violazione e le relative sanzioni di competenza dell’Autorità e del Ministero. Per quanto concerne il passaggio alla tecnica digitale con riguardo alle trasmissioni radiofoniche, la legge n. 66 del 2001, nell’ottica dello sviluppo delle trasmissioni radiotelevisive digitali, aveva già previsto la sperimentazione della radiofonia digitale. La legge 3 maggio 2004, n. 112 getta le basi per la fase di avvio dei mercati. L’articolo 24 della suddetta legge n. 112 reca la disciplina della fase di avvio delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale e prevede l’emanazione di due provvedimenti attraverso i quali il quadro normativo relativo allo sviluppo dello standard tecnico T-DAB (digital audio broadcasting) troverà una compiuta definizione. In particolare, all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la legge affida il compito di adottare il regolamento per il rilascio delle licenze e delle autorizzazioni per l’esercizio della radiodiffusione sonora in tecnica digitale e per la definizione delle fasi di sviluppo della nuova tecnologia, nonché per disciplinare la fase di avvio dell’attuazione del piano di assegnazione delle frequenze. Al Ministro delle comunicazioni spetta di stabilire il programma con cui individuare le specifiche misure di sostegno per agevolare il passaggio alla diffusione in tecnica digitale delle trasmissioni radiofoniche. Il mio Dicastero ha avviato lo studio per la predisposizione di un programma che individuerà alcune misure di sostegno per la diffusione radiofonica in tecnica digitale. Le soluzioni sono molteplici e cumulabili. Si possono prevedere incentivi per l’acquisto di apparati riceventi DAB oppure sostenere le imprese radiofoniche nazionali che sviluppino nell’arco di un certo numero di anni una vasta copertura di territorio. Evidenzio, infine, che la legge prevede che il programma sia adottato dal Ministro delle comunicazioni, sentite le associazioni maggiormente rappresentative di questo settore. Pertanto, non appena il programma in corso di definizione sarà messo a punto verrà sottoposto a tale consultazione e nel corso dei nostri periodici incontri la Commissione potrà esprimere le sue valutazioni. È chiaro che il programma non conterrà quantificazioni di spesa rispetto ad alcune formule d’incentivazione ma orienterà le scelte future, come è avvenuto per i decoder legati alla televisione; gli strumenti di erogazione dei fondi sono quelli della finanza ordinaria, sui quali confidiamo. Altro punto da esaminare è quello che riguarda l’impiego dei minori di 14 anni nei programmi radiotelevisivi. L’articolo 10 della legge n. 112 del 2004 si pone l’obiettivo di assicurare una tutela maggiore e più adeguata ai minori rafforzando – come ben ricorderete, per la collaborazione importante che il Parlamento ha dato – le forme di tutela dei minori. Tale articolo poi, oltre a dare fondamento legislativo al codice di autoregolamentazione e a rafforzare il comitato di applicazione che prosegue la sua attività con grande vigore, prevede l’inasprimento delle pene, l’individuazione dei soggetti preposti all’applicazione delle norme e i relativi compiti. Il regolamento da adottarsi da parte del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro delle pari opportunità (per l’impiego dei minori ci sono aspetti che competono anche ad altri Dicasteri), è preordinato sia a garantire che venga rispettata la dignità personale del minore di anni 14, assicurando che la sua immagine venga utilizzata secondo criteri rispondenti a un elevato livello di tutela (quale il divieto di ogni strumentalizzazione della sua età e della sua condizione socio-familiare), sia a tutelare il lavoro minorile richiamando i principi contenuti nelle leggi in materia, alcune delle quali risalgono agli anni 60. Sulla base di questi presupposti, il Ministero delle comunicazioni ha già predisposto lo schema di regolamento già firmato dal Ministero delle pari opportunità; attendiamo fiduciosi la firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali per poterlo rendere operativo. Con questo provvedimento si intende quindi tutelare il minore attraverso la salvaguardia dell’attività personale, dell’integrità psicofisica e della privacy. Pertanto, si vieta qualsiasi forma di strumentalizzazione dell’età, dei corpi, dell’ingenuità e di particolari condizioni socio-familiari del minore di 14 anni. Il risultato verrà realizzato mediante l’introduzione di una serie di divieti quali, ad esempio, il divieto di affrontare con i minori argomenti scabrosi o attinenti la sfera sessuale, di rivolgere domande allusive alla loro intimità o a quella dei loro familiari, di spettacolarizzare il loro caso di vita, di trasmettere le loro immagini personali qualora siano autori, testimoni o vittime di reato, portatori di disabilità o affetti da gravi patologie, protagonisti di situazioni di gravi crisi (fuga da casa, tentativo di suicidio), il divieto di farli partecipare a trasmissioni ove si dibatte se sia opportuno il loro affidamento a un genitore o all’altro, se sia giustificato un allontanamento da casa, un’adozione, se la condotta del genitore sia dannosa; il divieto di sottoporli, infine, a situazioni violente, volgari o nocive (in riferimento all’uso di tabacco, bevande alcoliche o stupefacenti). Seguendo il dettato della legge 3 maggio 2004, n. 112, verrà poi individuato, all’interno della commissione per i servizi e i prodotti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l’organismo deputato a vigilare sull’osservanza del regolamento e provvedere all’irrogazione delle sanzioni. Questi sono i compiti che la legge ci ha affidato e che stiamo attuando, sui quali ho avuto il piacere di potervi aggiornare.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per il suo intervento e per aver consegnato agli atti della Commissione una relazione scritta che sarà certamente oggetto di molta attenzione da parte di tutti i colleghi. ZANDA (Mar-DL-U). Innanzi tutto, ringrazio il ministro Gasparri per essere intervenuto nell’ambito dei lavori di questa Commissione. Devo riconoscere che negli ultimi tempi l’onorevole Gasparri è l’unico Ministro a presenziare ai nostri lavori. Pertanto, approfittando della sua presenza, lo invito cortesemente a sollecitare i suoi uffici affinché venga data risposta a due mie interrogazioni: una in materia di appalti, l’altra relativa al mancato accordo della RAI sul pagamento dei diritti per la ripresa delle Olimpiadi 2010-2011. Si tratta di due questioni importanti. GASPARRI, ministro delle comunicazioni. Abbiamo ancora tempo, senatore Zanda. ZANDA (Mar-DL-U). Ma, intanto, gli appalti sono stati già fatti.
A parte ciò, signor Ministro, oggi vorrei farle solo domande di tipo tecnico. Lei conosce quale sia la mia opinione sulla legge n. 112, quindi non voglio discuterne ancora. Voglio discutere, invece, di questioni obiettive riguardanti la relazione da lei illustrata. Come il ministro Gasparri ha ricordato (ma l’aveva già fatto il 27 luglio), la questione della privatizzazione della RAI, che è oggetto delle mie domande, è di competenza precipua del Ministro dell’economia. Chiedo, quindi, al Presidente della Commissione, di invitare il Ministro competente a venire in Parlamento per riferire in merito alla privatizzazione della RAI, sempre che il Ministro dell’economia abbia tempo viste le sue attuali consistenti preoccupazioni e considerato il tempo che occupa in colloqui con il Presidente del Consiglio. Tornando all’odierna audizione, vorrei chiedere al ministro Gasparri la sua opinione sulla correttezza del processo di privatizzazione della RAI secondo il modello definito dalla legge che porta il suo nome (che non intendo giudicare ora), considerato che attualmente il consiglio di amministrazione della RAI è sprovvisto di un Presidente. Le ricordo, Ministro, che il codice civile obbliga le società per azioni all’immediato reintegro dei consiglieri eventualmente mancanti e che in questo momento – come lei certamente saprà – in RAI non è possibile effettuare tale reintegro. Non essendovi l’organo che ha nominato l’attuale consiglio, non si è più abilitati a nominare il consigliere mancante che, peraltro, è il Presidente della società. Pertanto si potrebbe soltanto procedere provvedendo al rinnovo dell’intero consiglio ma ciò non è avvenuto. Non conosco altre società per azioni che siano rimaste prive del presidente per così tanto tempo, o almeno non ne conosco di così rilevanti. A suo parere, una società senza presidente può compiere un’istruttoria di questa importanza? Un’istruttoria addirittura sulla privatizzazione della RAI! Vorrei sapere poi se a parere del Ministro è compatibile con la quotazione in borsa o comunque con l’inizio del processo di privatizzazione una governance della società che preveda che i poteri totali di gestione del suo direttore generale siano fissati per legge. Credo che la RAI sia l’unica società, anche tra le società pubbliche dello Stato italiano, a prevedere per legge che i poteri non siano attribuiti all’organo di amministrazione ma ad un organo nominato dal Governo e non dal Consiglio. Inoltre, lei ritiene che il processo di privatizzazione sia compatibile con una società in cui circa metà delle risorse finanziarie proviene dal canone? Con una società, cioè, che vive grazie al canone? Le ricordo che sull’aspetto particolare della funzione del canone in relazione alla privatizzazione si è più volte soffermata anche l’Autorità antitrust. Vorrei sapere inoltre se, a suo parere, è compatibile con la privatizzazione l’esistenza di obblighi di servizio pubblico stabiliti con un contratto di servizio. La società ha l’obbligo di compiere tutte quelle attività previste dal contratto di servizio, che evidentemente la vincolano e ne condizionano la redditività. Le ricordo a questo fine che non devono ingannare (lo dico per prevenire quella che immagino potrebbe essere una sua risposta) gli attuali successi di ascolto della RAI perché questi, come lei sa bene – certamente lo sanno anche tutti i colleghi senatori –, sono dovuti all’attuale crisi delle emittenti del gruppo Mediaset. Infatti il gruppo Mediaset ha subito il più alto taglio di costi di tutte le società televisive europee negli ultimi anni ma, nonostante ciò, ha registrato i più alti utili fra tutte le società del settore in Europa. Questo è avvenuto a discapito degli ascolti ed è per tale motivo che la RAI, in alcune ore della giornata, ha superato le emittenti Mediaset. Le chiedo infine quale sia la sua opinione su quanto il 19 maggio scorso ha dichiarato il Presidente dell’Autorità antitrust, il quale in Parlamento, precisamente alla Camera dei deputati, ha dichiarato che «considerato che lo svolgimento per concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo e la massimazione dei costi e dei profitti risultano obiettivi difficilmente conciliabili, il soddisfacimento di entrambi da parte di una società destinata ad essere quotata sul mercato borsistico potrebbe non risultare adeguato al perseguimento delle due funzioni. Né a tal fine la mera separazione contabile appare uno strumento sufficiente a disciplinare il comportamento societario e a garantire l’effettiva separazione delle attività dell’azienda regolamentata. Di conseguenza la nuova struttura organizzativa della RAI non appare idonea alla costituzione di un soggetto che possa svolgere in modo efficiente l’attività di servizio pubblico generale e contemporaneamente competere efficacemente con gli altri operatori sul mercato della raccolta pubblicitaria, assicurando un’adeguata pressione concorrenziale nei riguardi dell’altro operatore storico presente nel settore». Non riporto l’intero intervento, anche perché penso che lei lo conosca.
GASPARRI, ministro delle comunicazioni. Mi scusi, non ho capito la fonte della sua citazione. ZANDA (Mar-DL-U). Ho citato il presidente dell’Antitrust, dottor Tesauro. Vorrei conoscere l’opinione del Ministro su questo parere espresso in Parlamento dal Presidente dell’Antitrust, immaginando che il Ministro dia a tale Autorità indipendente il rilievo che il Governo deve dare, in un Paese come il nostro, soprattutto in una materia di questa rilevanza. PESSINA (FI). Signor Presidente, anch’io ringrazio il Ministro per la sua presenza, molto utile per riprendere un argomento che ci ha visti impegnati per lunghi periodi di tempo. GASPARRI, ministro delle comunicazioni. Per una parte della nostra vita. PESSINA (FI). Mi limito a rilevare, in generale, che gli scenari drammatici che erano stati previsti in relazione all’applicazione della legge n. 112 non si sono verificati perché in realtà i risultati che si stanno raggiungendo sono assolutamente in linea con quanto era stato previsto durante le nostre discussioni. Ho avuto anche la fortuna di seguire l’evoluzione e la discussione di questa legge da due punti di osservazione molto importanti: quello della nostra Commissione, con i colleghi qui presenti, e quello della Commissione di vigilanza RAI, e anche in quella sede le polemiche erano abbastanza accese. Ebbene, desidero sottolineare che al momento tutti i grandi rischi di mancanza di pluralità o di inefficienza nel raggiungere gli obiettivi che la legge prevedeva si sarebbero raggiunti con l’introduzione del digitale terrestre mi sembra che oggi si possano dire superati o in via di superamento.
Le osservazioni che poco fa ha fatto il senatore Zanda riguardano posizioni che sono state ampiamente discusse e che sono state a loro volta oggetto di approfondimento in altre Commissioni, per esempio in Commissione di vigilanza RAI anche con audizioni dei vertici della società. In merito, credo che il funzionamento attuale dell’azienda ed il processo di privatizzazione in atto siano la migliore risposta alle osservazioni negative che sono state spesso portate all’attenzione di tutti. Vorrei rapidamente rivolgere alcune domande al Ministro. La prima riguarda l’utilizzo della quota del 25 per cento dei proventi della privatizzazione RAI: non mi è ben chiaro se tale quota sia interamente destinata all’incremento della diffusione del sistema digitale terrestre (i decoder) o se sia solo parzialmente impiegata per questo fine e destinata, per un’altra parte, ad utilizzi differenti. La seconda domanda riguarda invece la vicenda del pool di consulenti, gli advisor che devono essere espressi dal Ministero dell’economia. Gli advisor dovranno procedere alla valutazione dell’azienda ai fini della sua collocazione sul mercato; vorrei quindi sapere se costoro saranno solo espressione del Ministero dell’economia o se il Ministero delle comunicazioni, qui rappresentato dal ministro Gasparri, avrà una voce in capitolo in questa scelta o comunque un controllo sulla loro definizione.
* FALOMI (Misto). Signor Presidente, vorrei porre una serie di domande al Ministro. Inizio facendo riferimento alla questione del canone, poiché sulla base delle disposizioni di legge esistenti l’azienda deve garantire la copertura dei costi del servizio pubblico attraverso il canone. In base alla legge n. 112, entro il mese di novembre lei, signor Ministro, deve procedere ad emanare un decreto con il quale stabilisce l’ammontare del canone. Le chiedo pertanto di dichiarare a questa Commissione se ha intenzione o meno di aumentare il canone di abbonamento alla RAI.
Inoltre, ricordo che la legge proibisce il finanziamento con il canone di attività che non siano di servizio pubblico ma non proibisce che il canone ecceda il costo del servizio pubblico: infatti nessuna norma prescrive che il canone debba limitarsi a coprire il servizio pubblico. Ciò vuol dire che l’incremento del canone può contribuire ad aumentare gli utili della società. Pertanto, signor Ministro, le rivolgo una domanda: lei ritiene possibile la distribuzione di dividendi agli azionisti derivanti dall’aumento del canone pagato da tutti i cittadini, anche da quelli che non vogliono o non possono essere azionisti della RAI? Sempre in materia di canone, non ritiene che a questo punto, prima che il CIPE proceda alla definizione delle modalità procedurali per immettere sul mercato quote delle azioni della RAI, sia più opportuno che si completi la separazione contabile prevista dalla legge, in modo da avere più chiari tutti i termini del problema? Un’altra serie di domande riguarda la quotazione in borsa. In primo luogo credo che sia essenziale per chi deve acquistare delle azioni sapere dove si vuole fermare lo Stato. Infatti la legge non precisa l’effettivo ammontare delle azioni da collocare in borsa e quindi in teoria lo Stato potrebbe immettere sul mercato anche la totalità delle azioni. Signor Ministro, lei è favorevole a collocare sul mercato una quota superiore al 50 per cento delle azioni RAI? Sottolineo un’altra questione: perché si vuole procedere con la quotazione in borsa anziché procedere con l’asta pubblica, come si è fatto per esempio per l’Ente tabacchi? Inoltre quale è la quota minima che bisogna immettere sul mercato se si ricorre al meccanismo della quotazione in borsa? Esiste un minimo al di sotto del quale la quotazione in borsa non è possibile e quindi (questo è implicito) il ricorso alla quotazione in borsa è determinato dalla volontà di immettere comunque non meno del 25 per cento del totale sul mercato? Infine, non è chiaro quale sia la quota delle azioni che la legge riserva agli abbonati, aderenti all’offerta di vendita e in regola con il pagamento del canone; poiché la legge non stabilisce l’entità della quota, vorrei capire se il Governo indicherà una percentuale che consenta di conoscere esattamente i termini della questione. Vorrei inoltre soffermarmi sulla determinazione del valore della società. Le valutazioni sono molto difformi: alcuni analisti parlano di un valore pari a 3-4 miliardi di euro, altri invece di 9-10 miliardi di euro. La questione dovrà essere risolta dall’advisor. Tuttavia credo sarebbe opportuno, affinché il processo avvenga con la massima trasparenza, che il primo rapporto degli advisor venga reso pubblico tramite il Parlamento. Si tratta infatti di un tema delicatissimo, perché da questa valutazione dipenderanno molte altre questioni ed è per questo che sarebbe opportuno garantire a tale processo il massimo di pubblicità. Inoltre, relativamente alla legge n. 112, lei, signor Ministro, ha dichiarato che si può anche decidere di vendere una rete e che ciò dipenderà dalle scelte che si vorranno operare. In relazione a questo vorrei sapere quali scelte intende fare il Governo e se è favorevole alla vendita di una rete. Sempre in rapporto al valore dell’azienda, vorrei sollevare anche la questione del digitale terrestre. La RAI si è di fatto autoesclusa da un mercato che sembra promettente, quello della trasmissione criptata delle partite di calcio trasmesse con il digitale terrestre, su cui invece si sono impegnati notevolmente sia la Telecom che Mediaset. Mi chiedo per quale motivo la RAI si sia autoesclusa da questo mercato. Lei non ritiene che sia un asset importante ai fini della determinazione del valore dell’azienda? Per quanto concerne inoltre la questione di rendere più appetibile l’azienda per i sottoscrittori di azioni, il dottor Cattaneo ha dichiarato che sta provvedendo ad effettuare dei tagli di spesa, che definisce ottimizzazione delle risorse. Sui giornali sono circolate cifre diverse e pertanto vorrei avere dal Ministro notizie più precise al riguardo, soprattutto relativamente ai settori sui quali i tagli si dovrebbero concentrare. Sui giornali si parla prevalentemente dei settori dell’innovazione tecnologica e della produzione diretta da parte del servizio pubblico di fiction. Un’altra domanda che intendo rivolgere al Ministro riguarda gli investitori. Mi chiedo per quale ragione ci si oppone all’ingresso di soci industriali e si è favorevoli invece a soci finanziari. Tutte le dichiarazioni dei responsabili del servizio pubblico radiotelevisivo vanno infatti nella direzione di una chiusura ai soci industriali e di un’apertura ai soci di tipo finanziario. Inoltre, relativamente alla questione dei minori in televisione, desidero ricordare che vi è una disposizione della legge n. 112 che proibisce l’utilizzo dei minori negli spot pubblicitari. Detta norma viene tranquillamente disattesa. È sufficiente accendere la televisione la sera e guardare qualche spot, soprattutto nelle ore di massimo ascolto, per verificare quanto di frequente questa norma venga violata. Vorrei capire cosa sta facendo il Ministro per far rispettare tale disposizione. L’ultima considerazione concerne il tema della par condicio. Il Ministro ha affermato che la questione non riguarda propriamente questo settore, tant’è che la legge non affronta il problema. Vorrei tuttavia ricordare al Ministro che la delega che il Parlamento ha dato al Governo per l’elaborazione del testo unico sulla televisione riguarda la materia radiotelevisiva. Non credo si possa ritenere che l’uso della televisione in campagna elettorale non rientri nella materia radiotelevisiva.
GASPARRI, ministro delle telecomunicazioni. Infatti è materia elettorale. FALOMI (Misto). C’è una specificità di cui occorre tener conto. La normativa interviene sulla televisione non sui manifesti o quant’altro. Mi pare strano quindi che la si voglia escludere da questo codice. BRUTTI Paolo (DS-U). Desidero rivolgere alcune domande al Ministro. Sono piuttosto curioso di comprendere un dato riportato nell’introduzione svolta dal ministro Gasparri, il quale ha affermato che, in base ad un accertamento compiuto, sono stati venduti circa un milione di decoder per il sistema digitale e che per il 2005 ci si propone di incentivarne la vendita per una quantità pari ad un milione e mezzo. Queste sono le cifre riportate nella relazione e quindi, in tutto, i decoder venduti sarebbero 2 milioni e mezzo. Ammettiamo pure che se ne vendano altri non interattivi: potremo arrivare a 3 milioni, che non sono certo pochi. Tuttavia, poiché questa vendita si realizzerà entro il 2005, come si può affermare che la dinamica di espansione dello strumento, fondamentale per la realizzazione della visione digitale, possa consentire il passaggio dal sistema misto (analogico-digitale) a quello interamente digitale entro il 2006? Consideriamo infatti che quando cesserà il sistema analogico e funzionerà unicamente quello digitale dovranno essere almeno 12-15 milioni le famiglie italiane – forse qualcosa in più considerando i single – in grado di avere accesso al nuovo sistema televisivo. Se oggi, rispetto all’anno immediatamente precedente, il numero totale è di 3 milioni di decoder, è impensabile che tra la fine del 2005 e il 2006 si possa realizzare l’acquisto di altri 25 milioni di decoder per poter dire che si è effettivamente passati dal sistema analogico a quello digitale. Evidentemente, in base alle stesse cifre fornite dal Ministro, al di là della lettera della legge, oggi siamo in condizione di poter dire che il passaggio dal sistema analogico a quello digitale è procrastinato nel tempo, non potendosi realizzare entro la data fissata dalla normativa.
Inoltre, vorrei conoscere l’opinione del Ministro circa il fatto che già alla prima apparizione del sistema digitale si comincia ad intravedere l’uso della televisione digitale in una forma del tutto imprevista inizialmente, vale a dire come una sorta di micro pay-tv. Infatti, se si consente che nell’arco della giornata alcuni programmi trasmessi in digitale possano essere criptati e resi visibili soltanto attraverso una carta, acquistabile in tabaccheria o dal giornalaio, ci troviamo di fronte ad un sistema che nell’ambito della rete digitale ordinaria libera (free digital) introduce una forma di pay-tv. Richiamo il caso citato dal senatore Falomi circa la vendita di diritti televisivi per il calcio che Mediaset avrebbe acquistato da due o tre società di calcio primarie, tra le quali naturalmente il Milan: è stato affermato esplicitamente che il recupero di risorse sarebbe avvenuto attraverso la messa in commercio di una carta che avrebbe permesso di vedere la partita in regime digitale terrestre ordinario mediante il pagamento di due euro. Mi pare che questo contrasti con alcune norme; vorrei sapere dal Ministro se pensa di intervenire sulla questione. Anch’io sono interessato a capire se si sta realizzando quanto è previsto nella legge n. 112 in relazione alla distinzione interna alle attività della RAI tra attività di servizio pubblico finanziate mediante abbonamento (cioè il canone) e attività commerciali che dovrebbero essere finanziate dal mercato. Vorrei capire esattamente a che punto si trova la procedura attraverso la quale si sta realizzando, all’interno della RAI, la progressiva separazione, almeno contabile, di queste attività. Sarebbe auspicabile una separazione più forte di quella contabile ma mi reputerei soddisfatto se, nella sua struttura interna, la RAI si avvicinasse almeno un po’ a quella forma di residuo del socialismo reale (che ancora esiste) che in Italia si chiama Ferrovie dello Stato. Recentemente abbiamo discusso di un ente denominato Ente nazionale aviazione civile (ENAC), in cui sussisteva e sussiste una figura di direttore generale con poteri e durata del tutto diversi da quelli che gli derivano dall’essere investito dal consiglio di amministrazione della società, che ha una durata temporale difforme rispetto agli organi societari. In quell’occasione si disse – ed eravamo tutti d’accordo in proposito – che, data la delicatezza del problema, sarebbe stato corretto riuscire ad equiparare la figura del direttore generale di quell’ente con quella di tutti i direttori generali delle società per azioni pubbliche, dove questi organi possono esistere oppure no ma in ogni caso, quando esistono, sono nominati dal consiglio di amministrazione, durano in carica quanto il consiglio di amministrazione e le delibere del consiglio di amministrazione ne fissano i poteri in modo che i diversi organi (consiglio di amministrazione, presidente, amministratore delegato e direttore generale d’esercizio) vivano in una comunanza di poteri e il loro equilibrio sia stabilito in una deliberazione interna dell’organo che dirige e vigila l’amministrazione di quelle particolari società. In questo caso non ci troviamo affatto in quella situazione; immagino che l’opinione che i colleghi di maggioranza e di minoranza avevano di riportare queste figure entro un unico criterio (quello indicato da una delle leggi di riforma della pubblica amministrazione) non possa valere anche per il direttore generale della RAI, vista la «natura anfibia» della società. Poiché una parte degli organi è emanazione dei soci e una invece è emanazione della legge si introduce una asimmetria interna molto pericolosa, tanto è vero che, sin da epoche non sospette, nelle quali ognuno di noi militava in formazioni politiche con nomi diversi, i direttori generali della RAI sono sempre stati la rappresentanza del potere politico all’interno dell’ente. Il perseverare oggi su questa strada mi sembra inquietante; pertanto vorrei conoscere l’opinione del Ministro in merito. Vi è poi un problema assai delicato. Signor Ministro, lei ha dedicato una parte del suo ragionamento all’indicazione di un oggetto che chiama codice radiotelevisivo, precisando giustamente – la distinzione non è formale – che, in realtà, si tratta di un testo unico alla compilazione del quale è stato delegato. Le chiedo, al di là di quanto già detto e scritto, di utilizzare nei confronti della Commissione una particolare precauzione: infatti è vero che si tratta di una delega e che si procederà con decreto legislativo ma, sin da adesso, è opportuno avere chiaro che la delega non comporta la realizzazione di un diverso sistema di regole che presiedono alle radiodiffusioni e telediffusioni. Si tratta di predisporre un testo unico coordinato delle disposizioni esistenti; non si devono introdurre nuove regole nell’ambito del testo unico. Nel corso del suo intervento – è scritto anche nella sua relazione – lei ha affermato che il decreto legislativo definirà i principi della materia tratti dalla Costituzione e dalla legislazione primaria; è stato detto inoltre che il decreto riordinerà sistematicamente le fattispecie di violazione e le relative sanzioni di competenza rispettivamente dell’Autorità e del Ministero. Da notizie giornalistiche si apprende che ciò significa che verrà introdotto un diverso sistema di individuazione dei fatti sanzionabili, cioè delle irregolarità compiute, in un quadro di alleggerimento delle fattispecie; si afferma che si stanno indebolendo anche le previsioni relative ai limiti di accaparramento del mercato della pubblicità e al superamento dei limiti di affollamento orario della pubblicità, con la relativa riduzione delle sanzioni. A me risulta che a tutt’oggi non sia stata irrogata alcuna sanzione, nonostante tutti i gestori televisivi nazionali abbiano sforato i tetti pubblicitari, sia globali che parziali. Il senatore Pessina può confermare che su questo punto vi è stata una fortissima polemica dell’intero settore dell’editoria che ha sostenuto che, non ponendo un freno allo strapotere e allo straripamento della pubblicità televisiva, si assiste ad una sofferenza tremenda. In questo contesto, a me risulta – voglio sentire la sua opinione in merito, signor Ministro – che nel riordinare sistematicamente le fattispecie di violazione si intende operare un indebolimento sia delle fattispecie sanzionabili, sia delle sanzioni da irrogare. Infine, le rivolgo la stessa domanda che le ha rivolto il senatore Falomi. Circa un anno fa, in prossimità di Natale, abbiamo discusso lungamente sulle ripercussioni per il sistema della pubblicità di un emendamento introdotto alla Camera alla cosiddetta «legge Gasparri», emendamento con cui si vietava l’utilizzo dei minori negli spot televisivi. Discutemmo molto, presentammo tantissime proposte emendative, alcune delle quali (è stato detto da tutti) erano estremamente ragionevoli ma non si potevano accogliere. Se accendiamo la televisione, come dice il senatore Falomi, oggi notiamo subito che questa norma non è assolutamente rispettata: i minori, infatti, compaiono in tutti gli spot televisivi. Ebbene, come si fa ad accettarlo? Cosa si può fare per tentare di attuare quella previsione normativa? Non è che per caso laddove si dice che si interverrà con regolamento si intende porre in essere ciò che la norma non era riuscita a realizzare? Tra l’altro nella norma coesistono due diverse fattispecie: un divieto di utilizzo dei minori ma anche una regolazione della presenza dei minori. È evidente che del divieto non si può fare alcuna regolazione; si può fare una regolazione della presenza, senza violare per esempio le norme sul lavoro dei minori e così via dicendo, ma il divieto resta tale. Perché allora quel divieto non viene sanzionato, perché il Ministro non fa nulla per far applicare la legge in relazione a questo punto? Il regolamento introdurrà alcune modificazioni rispetto al divieto? Lo chiedo perché è ben noto che questo regolamento non sarà sottoposto all’esame della Commissione. Però, data l’estrema delicatezza dell’argomento, vorrei chiederle di farci in qualche modo avere cognizione del testo del regolamento che lei si accinge a varare prima che esso diventi effettivo. Su una materia di tale delicatezza, per i riflessi che ha anche sulla tutela della persona, del minore, sarebbe opportuno a mio avviso che fossimo informati dei suoi contenuti, magari attraverso un’altra audizione.
CICOLANI (FI). Vorrei alcuni chiarimenti sui tempi e sulle modalità di avvio delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale. L’articolo 24 della cosiddetta legge Gasparri, che tratta il digitale radiofonico, prevede due regolamenti, uno spettante all’Autorità, che non compete certamente al Ministro ma che doveva essere emesso entro 90 giorni e l’altro, a cui ha fatto riferimento il Ministro nella sua relazione, che avrebbe dovuto essere emesso nei successivi 60 giorni. Poiché entrambi, soprattutto quello relativo all’Autorità, sono estremamente rilevanti ai fini dello sviluppo del digitale, vorrei sapere quali sono i tempi che ci dobbiamo aspettare per questi regolamenti, soprattutto per quello relativo all’Autorità che mi pare che per lo sviluppo del digitale terrestre radiofonico assuma un’importanza estrema. Oggi mancano infatti molti elementi conoscitivi per poter operare tranquillamente nel settore digitale.
Inoltre, mi pare che lo stesso articolo 24 in qualche modo incoraggi l’aggregazione degli operatori radiofonici ai fini dello sviluppo del digitale terrestre. Sotto questo profilo si sta verificando un’anomalia, e mi interessa conoscere l’orientamento del Ministro in proposito oppure sapere se si tratta di questione demandata all’Autorità: mentre i concessionari di radiodiffusione possono sicuramente trasmettere in digitale all’interno dei bacini per cui hanno la concessione, nel momento in cui questi produttori si trovano all’interno di consorzi (peraltro, ripeto, incoraggiati dalla legge n. 112) diventano di fatto, per effetto anche del moltiplicarsi dei canali digitali, operatori di contenuti e pertanto non soggetti a concessione. Su questi ultimi mi sembra che vi siano delle interpretazioni ancora non del tutto chiare da parte del Ministero; poiché però si tratta di un aspetto delicatissimo, afferente la libertà di circolazione delle idee e del pensiero, vorrei avere un chiarimento.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è opportuno informare il Ministro e ricordare a tutti i senatori il programma della Commissione: subito dopo l’esame del disegno di legge finanziaria, ascolteremo il direttore generale della RAI, dottor Cattaneo. Considerate le numerose domande poste oggi al ministro Gasparri e considerato anche che altri colleghi vorranno interloquire, ritengo opportuno dare subito la parola al Ministro per rispondere ai quesiti finora posti, preannunciando che lo inviteremo a tornare per ulteriori comunicazioni il giorno stesso dell’audizione del dottor Cattaneo.
Senza ulteriori indugi, do la parola al ministro Gasparri.
GASPARRI, ministro delle comunicazioni. Cercherò di rispondere rapidamente alle molte domande che sono state poste.
Il senatore Zanda ha chiesto se può avvenire un processo di privatizzazione di una società sprovvista di presidente. Si è discusso a lungo di questa situazione, ma la legittimità del consiglio francamente non è messa in discussione. Non voglio fare affermazioni non giuridiche; mi limito a constatare che si afferma che se alla RAI gli ascolti vanno male è perché esiste il conflitto d’interesse e la subordinazione; se gli ascolti vanno bene è perché gli altri sbagliano. In effetti però, come per le partite di calcio, si vince per meriti propri e per demeriti altrui; d’altra parte credo che attualmente alla RAI si registrino risultati positivi. Quindi non voglio esprimere un giudizio sostanziale; se dovessi dare un giudizio sugli ascolti e sui risultati economici, potrei affermare che la mancanza di un quinto membro del consiglio che svolga a pieno titolo le funzioni di presidente non ha creato danni all’azienda – anzi! – ma questa sarebbe una risposta più politica che giuridica. In termini giuridici, mi pare non ci sia alcuna menomazione; possiamo affrontare la questione sotto un profilo di opportunità, però su un piano strettamente giuridico non esiste un impedimento rispetto all’operatività del consiglio nella sua attuale composizione. Allo stesso modo non si ravvisa alcuna incompatibilità tra la procedura di quotazione in borsa e le norme che riguardano il direttore generale. La RAI resta un’azienda particolare, la cui funzione è regolata da una legge. La stessa legge n. 112 attribuisce per 12 anni la funzione di servizio pubblico alla RAI. È chiaro pertanto che la RAI si colloca sul mercato gravata da una serie di vincoli, ma credo che ciò non osti all’eventuale quotazione in borsa, che io reputo auspicabile; non so se si deciderà di intraprendere questa strada, naturalmente bisogna attendere la decisione del CIPE e gli altri passaggi necessari. Per quanto riguarda la compatibilità della privatizzazione con il canone, devo dire che quando ho avuto modo di interloquire con persone a vario titolo interessate a questo aspetto (in conversazioni di carattere sociale, occasionale, non in atti formali) ho potuto riscontrare che molti reputano il canone una grande garanzia rispetto al mercato. Mentre infatti la pubblicità è collegata all’andamento del mercato – attualmente per la RAI sta crescendo in misura apprezzabile –, e quindi segue i cicli economici legati alla produzione industriale e all’economia (se l’economia va bene la pubblicità cresce, se va male la pubblicità diminuisce), il canone rappresenta un’entrata certa rapportata alle prestazioni di servizio pubblico fornite dall’azienda in funzione delle convenzioni e del contratto di servizio. Ricorderete che quando si è svolto il dibattito sulla legge n. 112 alcuni addirittura hanno sostenuto – opinione da me non condivisa – che il canone poteva essere messo all’asta tra strutture televisive o radiofoniche capaci di offrire in cambio una serie di prestazioni: copertura del territorio; servizio per le minoranze linguistiche; informazione di carattere regionale; informazione per i minori; cultura, e così via. Non dobbiamo dimenticare che la RAI è soggetta ad una serie di vincoli e il canone non viene dato per simpatia e non è in funzione della proprietà, pubblica o privata, ma delle prestazioni che esso comporta. Quindi l’assetto proprietario della RAI, oggi al 100 per cento pubblico e domani in parte privato (nella misura che si deciderà), non ha un rapporto diretto con il canone, che altro non è che il corrispettivo di una serie di prestazioni oggi fornite dall’azienda e che la legge per altri 12 anni riaffida alla RAI. Tra dodici anni non so in quale società tecnologica vivremo, comunque è un problema che affronteranno altri. In ogni caso credo che il canone sia una questione diversa dal tema della proprietà della RAI. Il canone – ripeto – è il corrispettivo di una serie di prestazioni. E’ stato ricordato che qualcuno proponeva anche di ricorrere a un’asta. Sono sempre stato contrario a questa soluzione perché, vista la situazione italiana, immagino cosa si potrebbe dire se l’asta dovesse essere vinta da un’altra azienda. È bene che sia la RAI – secondo la mia opinione – a svolgere questa funzione e la legge lo afferma con chiarezza. Quindi a mio avviso, e non soltanto a mio avviso, la privatizzazione non è assolutamente incompatibile con il canone. Per quanto riguarda l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, approfondirò le dichiarazioni riportate dal senatore Zanda, anche perché il mio rispetto per i pareri di questo organo di garanzia è totale. In proposito ricordo che sull’acquisto delle frequenze RAI per il digitale ad un certo momento era circolata la voce che il parere dell’Antitrust fosse contrario. Leggendo poi l’atto definitivo constatai un’assoluta condivisione dell’operato della RAI. Pertanto, su questo punto mi riservo di acquisire la relativa documentazione.
ZANDA (Mar-DL-U). Ho citato l’audizione presso la Camera dei deputati del 19 maggio 2004. GASPARRI, ministro delle comunicazioni. Ripeto che anche sulla questione delle frequenze si fecero molte congetture in merito all’opinione dell’Antitrust; alla fine, poi, il parere espresso dall’Autorità sull’acquisizione delle frequenze da parte della RAI risultò totalmente favorevole. Pertanto, sulle opinioni che l’Autorità esprime vorrei rispondere puntualmente, riservandomi di prendere visione degli atti, andando alla fonte, per poi riferire nel corso della prossima audizione, evitando così risposte improvvisate per rispetto alla qualità dell’organo evocato.
Per quanto riguarda l’utilizzo dei proventi del digitale terrestre, riteniamo che qualora la privatizzazione venga avviata, come ci auguriamo, il 25 per cento dei relativi proventi possa essere utilizzato per politiche volte ad incentivare il numero di decoder presenti nelle abitazioni. In questo modo il numero dei decoder, cui faceva riferimento poc’anzi il senatore Brutti, potrebbe aumentare esponenzialmente grazie ai proventi la cui cifra verrà definita dall’advisor. Credo quindi che l’impiego di tali proventi sia rivolto non agli impianti ma alla fruizione del digitale, che rappresenta il vero collo di bottiglia. L’obiettivo infatti è allargare la platea degli utenti giacché reti e impianti sono già in fase di realizzazione. Per quanto riguarda le domande relative all’advisor, ho semplicemente affermato che la legge sulle privatizzazioni è la cosiddetta legge Draghi. In proposito ho un appunto dettagliato che i miei uffici si sono fatti trasmettere dal Ministero dell’economia, incaricato di seguire queste procedure, da cui risulta che l’advisor viene scelto in base alla sua esperienza nel settore dei media e alle risposte tecniche pervenute al Tesoro. Esiste anche un aspetto di riservatezza della questione. Pertanto, circa la necessità di rendere pubblico quanto sta avvenendo, come chiedeva il senatore Falomi, francamente è opportuno verificare i precedenti. Probabilmente la domanda andrebbe rivolta al Ministro dell’economia anche sulla base delle procedure seguite in altri casi. Tradizionalmente auspico sempre il massimo della trasparenza, fatto salvo il rispetto delle norme di legge. È chiaro che alla fine sulla determinazione dei prezzi e sulle valutazioni si dovrà arrivare ad un momento di massima trasparenza, anche perché siamo di fronte ad un processo di privatizzazione e ad una vendita.
FALOMI (Misto). Considerando soprattutto i precedenti sulle valutazioni. GASPARRI, ministro delle comunicazioni. Su questo aspetto però rinvio al Ministero dell’economia e non certo per sfuggire alla domanda; è competente il Ministero dell’economica poiché parliamo di prospettive di quotazione in borsa, di legge Draghi, di normativa sulle privatizzazioni. È evidente che il CIPE, le cui riunioni non sono segrete, deciderà su prezzi e valutazioni. Nelle varie fasi procedurali però immagino che anche l’advisor debba muoversi secondo le norme stabilite dalla legge. Abbiamo tanti precedenti (ENI, ENEL) e si guarderà ad essi.
Successivamente l’advisor effettuerà un’analisi della situazione societaria e fornirà una consulenza al Ministero dell’economia sulle caratteristiche dell’operazione. Il Tesoro procederà quindi alla selezione del global coordinator che dovrà eseguire l’offerta vera e propria. I global coordinator, infatti, sono previsti a tutela del mercato e non del venditore. L’advisor è il consulente del venditore mentre i global coordinator sono chiamati a tutelare il mercato e a eseguire le procedure di vendita delle azioni. Si tratta di una procedura tecnicamente complessa che comporta la presenza di varie figure. In proposito desidero fare un’osservazione a margine. È giusto che il Parlamento mostri una particolare attenzione verso questo tema, ma poiché sono diversi gli organismi che si occupano della questione (la Commissione di vigilanza RAI, le Commissioni trasporti e telecomunicazioni di Camera e Senato, le Commissioni bilancio) chiedo al Presidente di trovare un modus operandi altrimenti rischiamo di fare una sorta di road show nelle varie sedi istituzionali. Personalmente posso accettarlo, ma la questione riguarda anche il Ministro dell’economia che ha molte incombenze. In sostanza, poiché le Commissioni titolate sono molteplici, mi permetto di richiamare la vostra attenzione, non tanto per me quanto per il Ministro dell’economia, sull’opportunità di individuare una sede in cui fornire tutte le spiegazioni richieste evitando un complesso giro per ripetere sostanzialmente le stesse cose. Anche ieri alcuni membri di maggioranza della Commissione di vigilanza RAI chiedevano di sapere quando il Governo sarebbe venuto in Parlamento e mi sono permesso di far notare che oggi sarei stato ascoltato da questa Commissione e che pertanto non era difficile interloquire con me. Per quanto riguarda la questione dell’advisor, le procedure sono quelle stabilite dalle leggi. Anche sugli aspetti relativi alla pubblicità o alla riservatezza si seguiranno le norme previste con il massimo della trasparenza consentita dalle stesse e da ovvie ragioni di opportunità. Nel momento in cui occorrerà stabilire dei prezzi e quotare l’azienda è evidente che la trasparenza sarà piena e totale. Per quanto riguarda il canone, attualmente si sta insediando la commissione chiamata a compiere le relative valutazioni. Cercheremo di rispettare il termine di novembre, termine peraltro ordinatorio e non perentorio. In alcuni anni è stato rispettato, in altre occasioni abbiamo comunque messo la RAI in condizione di stampare il bollettino per pagare il canone entro il mese di dicembre. Stiamo valutando la questione e ancora non è stata assunta alcuna decisione. Per quanto concerne la domanda relativa ad un eventuale aumento del canone, il mio orientamento è contrario. La commissione formata dai Ministeri delle comunicazioni e dell’economia e dalla RAI sta facendo delle valutazioni in base al contratto di servizio e ai vari fattori che occorre prendere in considerazione. Il mio orientamento personale – come ho detto più volte – è di non procedere ad aumenti, ma sono in attesa dei dati tecnici che giungeranno nei prossimi giorni. Per quanto concerne la questione sollevata dal senatore Falomi circa il fatto che il canone possa essere ricompreso negli utili dell’azienda, vale il discorso svolto poc’anzi. Bisogna verificare se si partirà dalla considerazione che il canone costituisce il corrispettivo di prestazioni che anche un privato potrebbe fornire. Ad esempio, nelle autostrade, che sono privatizzate, il pagamento del pedaggio è il corrispettivo della prestazione. Anche i pedaggi autostradali, benché le autostrade siano di proprietà privata, sono decisi dalla parte pubblica.
FALOMI (Misto). Il canone è una tassa, non un corrispettivo per prestazione di servizi. GASPARRI, ministro delle comunicazioni. Lei sa benissimo che c’è stata anche una giurisprudenza costituzionale al riguardo e ci sono diverse sentenze in merito. FALOMI (Misto). Appunto, è una tassa. GASPARRI, ministro delle comunicazioni. Lei ha chiesto se si pagherà il canone per dare utili agli azionisti; personalmente sottolineo che il canone si paga per le prestazioni che esso implica e che vincolano la RAI e che in futuro vincoleranno l’azienda che dovrà fornire quelle prestazioni. FALOMI (Misto). Questo significa che, siccome il Governo può decidere di aumentare il canone con un decreto, il Governo stesso può influire sugli utili dell’azienda. GASPARRI, ministro delle comunicazioni. Ma ciò avviene sempre rispetto alle prestazioni fornite, all’inflazione e a tutta una serie di altri fattori. Non è una decisione arbitraria per cui si stabilisce all’improvviso di dimezzare o raddoppiare il canone per simpatia con gli azionisti. Esistono regole ben precise. Ho portato esempi di altra natura come quello delle autostrade: la vicenda è stata oggetto di discussione per più di un anno e alla fine le autostrade sono state privatizzate con l’obbligo di garantire alcune prestazioni.
Per quanto concerne la separazione contabile tra le attività commerciali e di servizio pubblico, confermo che si sta andando in questa direzione. Per la prima volta abbiamo introdotto tale principio nel contratto di servizio e nella legge, e ciò dopo aver discusso con la Commissione europea che a sua volta sta sperimentando l’applicazione di questo indirizzo. Abbiamo il merito di aver già introdotto queste novità. Con il tempo potremo giudicare se l’innovazione da noi voluta avrà corrisposto alle aspettative. Per quanto riguarda la quota di capitale azionario della RAI collocata sul mercato, la discussione svoltasi finora si è attestata su varie percentuali (10, 20, 25 per cento). Personalmente ritengo che in questa fase non sarà superato il limite del 50 per cento di privati. Ovviamente stiamo parlando del momento attuale; decideranno i Governi e i CIPE che saranno in carica cosa accadrà in un futuro lontano: in teoria si potrebbe cedere anche il 100 per cento. Questo tema non mi pare, però, sia all’ordine del giorno dell’attuale Governo, almeno non in questi termini. La legge apre una strada. Oggi si comincia; saranno poi il CIPE e l’autorità politica nel corso del tempo (prevedo che il processo durerà vari anni) ad assumere decisioni innanzi al Paese e in base al dibattito che si svolgerà. Oggi l’ipotesi di superare il 50 per cento non è nell’ordine temporale, visti anche i tempi della legislatura; cosa accadrà nel futuro non si può sapere. Gli interlocutori che saranno in carica, gli attuali o altri, dovranno decidere in merito. Per quanto riguarda i tagli di spesa, vorrei ricordare che a volte si accusa la RAI per gli sprechi compiuti, a volte perché concede troppi appalti esterni, a volte perché ingolfa le strutture interne. Credo che l’ottimizzazione e la razionalizzazione siano un giusto indirizzo; se in termini di qualità occorre dare un’offerta valida in risultati di ascolto, nell’informazione, nell’intrattenimento leggero e in quello più ricco di contenuti, i risultati sono validi. Non si può vituperare la RAI talvolta perché spreca soldi, altre perché razionalizza le spese, altre ancora perché utilizza di più le risorse interne, gli spazi, gli studi, il personale, prevedendo meno appalti. Credo che l’audizione del direttore generale della RAI potrà fornirvi elementi validi in merito. Personalmente, condivido un comportamento teso a razionalizzare e a contenere le spese, che non sia a scapito della qualità e competitività; saranno poi i risultati di ascolto che ci diranno se queste politiche sono condotte con intelligenza o se uccidono le produzioni di qualità. A me non sembra. Quante volte in passato abbiamo contestato gli sprechi? Per quanto riguarda i minori, il regolamento è una cosa, i divieti un’altra. Porteremo a conoscenza della Commissione il testo del regolamento, cui manca solo la firma del Ministro del lavoro; non credo comunque che questo costituisca un problema. Non è ancora in vigore per colpe non nostre. Sapete che sull’interpretazione della legge n. 112 vi è una forte discussione. Secondo una delle interpretazioni della legge, gli spot girati da minori non in Italia e quelli girati precedentemente all’entrata in vigore della normativa sono conformi alla legge. Alla Camera è già in fase avanzata di discussione un disegno di legge di modifica della legge n. 112 proprio per chiarire questi dubbi interpretativi; attualmente tale provvedimento è all’esame della Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera. Vi suggerisco un ulteriore spunto. Alcuni giorni fa l’onorevole Gentiloni ha contestato uno spot del Governo girato al Campidoglio per la firma della Costituzione europea dicendo che era girato in Italia e che in esso compariva un minore. La discussione condotta in questo modo rischia di diventare astratta; lo spot che ho citato e che non ho visto (non so quindi se effettivamente in esso comparisse un minore) tendeva semplicemente a rappresentare un messaggio per il futuro.
BRUTTI Paolo (DS-U). Cosa vuol dire spot girati all’estero? È la stessa cosa; non bisogna utilizzarli. GASPARRI, ministro delle comunicazioni. La discussione relativa al testo all’esame della Camera è proprio incentrata sull’utilizzo dei minori e la realizzazione degli spot. Così come era stata disposta la norma, non è chiara. BRUTTI Paolo (DS-U). Non voglio far polemica, però in generale i minori devono essere tutelati a prescindere dalla loro nazionalità. GASPARRI, ministro delle comunicazioni. L’articolo 10 è frutto di un lavoro congiunto del Governo e del Parlamento ed è stato pensato per tutelare ancor di più i minori. La legge n. 112 offre strumenti efficaci per la tutela dei minori. Ora però si è verificata una situazione che sta dando luogo ad una incertezza interpretativa al punto che alla Camera si sta discutendo – ripeto – un disegno di legge di modifica.
Con riferimento all’acquisizione dei diritti relativi alla trasmissione criptata di manifestazioni calcistiche, la RAI non si è avvalsa della facoltà di acquistare diritti per il calcio criptato perché il contratto di servizio (di questo mi sembra abbiamo già parlato a luglio), secondo una interpretazione restrittiva, non consente questa attività. È in corso un aggiornamento del contratto – non tutti sono d’accordo, noi però siamo convinti che ciò sia opportuno – per adeguarlo anche in questo senso. Il direttore generale so che in varie occasione di pubblica audizione ha ritenuto che comunque, anche se ne avesse avuto la possibilità, non reputava allo stato conveniente procedere a quel tipo di acquisti ai prezzi che il mercato ha determinato, assumendosene la responsabilità; se lo avesse fatto sicuramente si sarebbe parlato di spreco. Noi vogliamo offrire alla RAI la possibilità teorica di farlo; la possibilità pratica poi sarà rapportata alla maggiore o minore convenienza dettata da pure ragioni di profitto. Per quanto concerne, infine, gli affollamenti pubblicitari, presso l’Autorità delle comunicazioni è in corso un’istruttoria per valutare se i limiti siano stati sforati o meno, e per poter eventualmente prevedere delle sanzioni. Non sostituiamo il lavoro dell’Autorità per le comunicazioni che da tempo sta approfondendo la questione; inchiniamoci di fronte all’autorità dell’Autorità che riferirà in merito.
PRESIDENTE. Tenuto conto dell’imminente inizio dei lavori dell’Aula, rinvio il seguito delle comunicazioni del Ministro delle comunicazioni ad altra seduta.
I lavori terminano alle ore 16,40.