TERRITORIO, AMBIENTE, BENI AMBIENTALI (13a)
MERCOLEDÌ 11 MARZO 1998

165a Seduta
Presidenza del Presidente
GIOVANELLI

La seduta inizia alle ore 15,30.

PROCEDURE INFORMATIVE
Indagine conoscitiva sulle aree naturali protette: seguito dell'esame della proposta di documento conclusivo
(R048 000, C13a, 0003°)

Riprende l'esame della proposta in titolo, sospeso nella seduta del 22 gennaio scorso.

Si apre il dibattito.

Il senatore BORTOLOTTO, espresso apprezzamento per la relazione, condivide la presa d'atto di un giudizio sostanzialmente favorevole sulla legge n. 394 del 1991, nonchè l'esigenza espressa dal relatore di riformare tale legge nelle parti in cui si rendesse necessario con lo strumento della legge ordinaria, nonchè di escludere gli enti parco dalla disciplina della legge n. 70 del 1975, anche per snellire i meccanismi di finanziamento. Non condivide invece il suggerimento relativo all'approvazione degli statuti da parte delle regioni, data l'alta conflittualità in essere in gran parte dei territori regionali e propone invece di integrare il documento conclusivo con l'inserimento di una nuova disciplina del rapporto con lo Stato sia per quanto riguarda le riserve demaniali site nelle aree dei parchi, sia per quanto riguarda l'intervento sostitutivo. Altre integrazioni dovrebbero consistere nel prevedere la sovraordinazione del piano del parco rispetto al piano di bacino, nell'attribuire alla competenza dell'ente parco l'autorizzazione per i prelievi idrici all'interno del parco stesso, nonchè nel collocare il Corpo forestale presso il Ministero dell'ambiente, conformemente a quanto previsto anche nel documento conclusivo sulle aree protette approvato dall'VIII Commissione della Camera dei deputati. In conclusione, egli raccomanda che il documento conclusivo si articoli in modo da salvaguardare il principio secondo cui la principale finalità dei parchi è quella di tutelare gli ambienti naturali di interesse generale.

Il senatore MAGGI dichiara di non condividere quanto affermato nell'ambito della relazione in merito alle dinamiche socio-economiche che sarebbero state attivate dagli enti parco in quanto, a suo avviso, il dato rilevante emerso nel corso dell'indagine conoscitiva concerne da una parte la richiesta da parte delle popolazioni interessate di una serie di interventi e di incentivi per l'avvio di iniziative produttive, sia pure ecocompatibili, nell'area del parco, dall'altra l'esistenza di una diffusa insoddisfazione che si traduce talvolta in insofferenza dei vincoli derivanti dall'area protetta, in particolare per quanto riguarda l'attività venatoria, talvolta in aperta ostilità che porta persino a mettere in discussione la perimetrazione esistente. Da un altro punto di vista, l'indagine ha messo in luce l'inattuazione di parti rilevanti della legge n. 394 del 1991, ad esempio in materia di piani economico-sociali, a causa di iter procedurali troppo complessi e defatiganti, ovvero di conflitti di competenza tra l'ente parco e gli altri enti operanti sul territorio; questa situazione crea molte difficoltà alla vita dell'ente, che fa fatica anche nel dotarsi di personale, rimettendosi a rapporti di lavoro assolutamente precari.
È necessario pertanto, a suo avviso, porre in maggior rilievo tali aspetti critici nell'ambito del documento conclusivo perchè ciò vuol dire tener conto di come l'istituzione degli enti parco abbia effettivamente influenzato la vita delle popolazioni locali. Nel contempo, è opportuno fare maggiore chiarezza sui dati relativi al numero delle aree protette esistenti in Italia, sulla percentuale di territorio e di aree marine protette, nonchè precisare, per i parchi già operativi, quali infrastrutture siano state realizzate e quale sia il livello dei servizi primari garantiti e, nel caso dei parchi non ancora decollati, quali motivazioni rendano molte regioni inadempienti. Ciò è prioritario rispetto al compiacimento che può indurre la constatazione di un aumento degli stanziamenti per gli enti parco o di un trend favorevole del turismo pendolare il quale, come è stato dichiarato nel corso di alcuni incontri, reca anche danni alle aree protette. Anche sul piano propositivo è necessaria una maggiore chiarezza sulle modifiche da apportare alla citata legge n. 394 e sugli incentivi che si intende assicurare perchè si formi realmente una «cultura» dei parchi.

Il senatore CARCARINO, espresso apprezzamento per la proposta di documento conclusivo, giudica necessario depurare il dibattito sul miglioramento della legge n. 394 del 1991 dalle tinte ideologiche che l'hanno caratterizzato in passato: molte delle difficoltà odierne nascono infatti dalla diatriba creatasi tra centro e periferia, nella quale la diffidenza delle popolazioni verso i parchi si accresce in maniera direttamente proporzionale alla carenza di fondi; eppure questi ultimi potrebbero compensare proprio le comunità locali delle limitazioni sofferte. Incentivare il consenso rappresenta invece la sfida del futuro; occorre passare da una normativa di mera tutela ad una garanzia di promozione e di sviluppo, per aree attualmente marginali rispetto ai flussi economici del Paese. La legge quadro è finora riuscita soltanto ad invertire i termini del rapporto tra centro e realtà locali: la situazione di equilibrio è stata alterata con l'aumento dei poteri di organi tecnici a filiazione ministeriale, laddove occorreva rendere le popolazioni compartecipi delle grandi scelte di conservazione e sviluppo delle aree protette.
Riequilibrare tale tipo di rapporto rappresenta la vera opportunità cui dà luogo la presente indagine conoscitiva, frutto di un'intensa attività istruttoria condotta da un'apposita sottocommissione anche mediante audizioni in loco: la soluzione potrebbe passare attraverso il conferimento agli enti parco di meri poteri di incentivazione e controllo nelle aree a protezione non integrale, laddove la gestione del territorio dovrebbe rimanere diretta responsabilità delle autonomie locali, a più diretta legittimazione popolare. Auspica poi che il documento conclusivo menzioni le problematiche del delta del Po e della Val d'Agri, nonchè il nesso esistente tra istituzione del parco del Monte Bianco ed attuazione della convenzione sulle Alpi; infine, considerazione idonea è dovuta alle questioni occupazionali dei dipendenti dell'Ente parco del Pollino, come avvenuto tra l'altro anche in un ordine del giorno recentemente approvato alla Camera dei deputati.

Il senatore CONTE ravvisa, nel documento proposto dal senatore Polidoro, importanti elementi di sintesi: se ne possono e se ne devono trarre le conclusioni legislative ed amministrative, da utilizzare per incardinare la politica dei parchi che porterà il nostro Paese nel nuovo secolo.
La legge n. 394 del 1991 ha inaugurato la strada che, partendo dalla logica di mera tutela, conduce alla realizzazione delle potenzialità di sviluppo insite negli inestimabili valori paesaggistici di cui l'Italia è ricca: eppure, per conseguire appieno tale obiettivo, occorre il superamento del velleitarismo che in passato vedeva il parco soltanto come un'isola da proteggere, quasi che erigere recinzioni bastasse a fronteggiare un pericolo ambientale dalle caratteristiche sempre meno circoscritte e sempre più globali. Tutt'intorno, invece, si accentuavano processi demografici e flussi di esodo solo marginalmente fronteggiati in sede politico-amministrativa; la ricaduta della pianificazione urbanistica, del dissesto idrogeologico e delle carenze culturali - in termini di progettazione e ricerca sul territorio - produceva effetti di appiattimento del potenziale di risorse che andrebbe invece valorizzato.
Le innovazioni che vanno apportate alla legge n. 394 del 1991 devono apprestare la strumentazione idonea ad incardinare questa strategia di produttività delle risorse territoriali, il che può avvenire anche rendendo agile la natura ed il modo di procedere degli enti parco (i quali devono sempre più trasformarsi in agenzie dello sviluppo possibile in materia ambientale): compensare lo squilibrio tra organi elettivi e non - dal quale può derivare uno stallo decisionale, specialmente nelle realtà meridionali - è possibile, inaugurando una stagione nella quale la partecipazione rappresenti la cifra dell'impegno di tutti; su di esso dovrebbero convergere le linee dell'azione pubblica, mediante la programmazione economica dello sviluppo e l'armonizzazione delle scelte sul territorio. In questo piano complessivo di concertazione si renderebbero riconoscibili gli organismi decisionali dei parchi, verificando la responsabilità di gestione e controllo del territorio nel quadro di scelte che vanno necessariamente operate a livello nazionale. Occorrono altresì strumenti di flessibilità che riconoscano la variabile della presenza antropica, per differenziare il trattamento a seconda della varietà del territorio nazionale: si tratta di un adeguato riconoscimento delle specificità locali, dal quale non può prescindere una politica che intenda unire - anche mediante l'instaurazione di un «sistema parco» - la nostra penisola alle scelte di sviluppo ambientalmente compatibile in atto in Europa.

Il presidente GIOVANELLI, nel dichiarare concluso il dibattito, auspica che il relatore si faccia carico dei suggerimenti emersi per apportare alla proposta di documento conclusivo i miglioramenti sollecitati. È però significativamente colta, nel testo proposto, l'innovazione culturale con cui va affrontata la politica dei parchi, per accrescere la conservazione della natura mediante una maggiore attenzione alla risorsa umana: in aree assai antropizzate come quelle europee, si riscontrano infatti attività umane che di per sè stesse sono conservative delle caratteristiche naturali e culturali dei biotopi, per cui, lungi dallo smentire le esigenze di tutela, esse rappresentano un'opportunità. In base ad essa si dà all'uomo una parte attiva nella salvaguardia di peculiarità e tradizioni, che da secoli insistono su ampie parti del territorio nazionale.
Il documento può ulteriormente sviluppare tale felice intuizione, rapportandosi alle necessità politico-amministrative conseguenti all'esercizio delle deleghe «Bassanini»: la contesa tra Stato e regioni, in proposito, va superata con una finalizzazione, nel conferimento di poteri, alla politica dei parchi che si va delineando. Nè lo Stato, nè le regioni devono accampare pretese gestionali o, di rimando, tenere comportamenti ispirati a disinteresse: il loro ruolo va rapportato all'autogoverno dei soggetti istituzionali più direttamente investiti della gestione del territorio, lasciando al Ministero l'elaborazione di una politica di sistema dei parchi nazionali (mentre la nomina del direttore del parco potrebbe più utilmente essere attribuita al consiglio del parco) e coordinando le competenze regionali in materia urbanistica ed idrogeologica (inoltre, i piani del parco devono essere automaticamente inseriti nella programmazione territoriale, che non può disperdersi tra piani di area vasta e piani paesistici). In tale ambito, i piani di sviluppo possono essere conseguiti mediante patti territoriali ed intese di programma che coinvolgano i titolari di interessi specifici, la cui partecipazione è indispensabile allo sviluppo delle politiche di settore: la parte attiva che l'uomo esercita nel parco, ad esempio con il pascolo, va tutelata con politiche di sostegno a forme di agricoltura ed allevamento che, in montagna, presuppongono l'esistenza di pastori e di armenti, senza le quali si alterano le tradizionali forme di presenza sul territorio.

Dopo che il relatore POLIDORO si è riservato di replicare in altra seduta, nella quale dichiarerà quali modifiche intende apportare alla proposta di documento conclusivo avanzata, il Presidente rinvia il seguito dell'esame.

CONVOCAZIONE DI COMMISSIONE

Il presidente GIOVANELLI annuncia che domani, giovedì 12 marzo 1998 alle ore 14,30, è convocata una nuova seduta della Commissione, in sede di procedure informative, per l'esame della proposta di documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla difesa del suolo.

Prende atto la Commissione.

La seduta termina alle ore 16,55.