74a Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente
BEDIN

Interviene, a norma dell'articolo 48 del Regolamento, il rappresentante permanente dell'Italia presso l'Unione europea, ambasciatore Luigi Guidobono Cavalchini Garofoli.

La seduta inizia alle ore 14,35.

PROCEDURE INFORMATIVE
Seguito dell'indagine conoscitiva su «L'Agenda 2000 e le prospettive di riforma delle politiche agricole, strutturali e di coesione sociale dell'Unione europea»: audizione dell'Ambasciatore rappresentante permanente dell'Italia presso l'Unione europea
(Seguito dell'indagine e rinvio)
(R048 000, C23a, 0002°)

Riprende l'indagine rinviata nella seduta del 26 febbraio.

Il presidente BEDIN ringrazia l'ambasciatore Guidobono Cavalchini Garofoli per essere intervenuto alla seduta della Giunta che con l'indagine che ha avviato sull'Agenda 2000 intende approfondire le prospettive di revisione del quadro finanziario dell'Unione europea, dei Fondi strutturali e della politica agricola, in vista dell'adozione di un atto di indirizzo al Governo su tale documento fondamentale per il futuro della Comunità europea.

L'ambasciatore GUIDOBONO CAVALCHINI GAROFOLI, ringraziando la Giunta per l'invito, sottolinea come il mese di marzo si caratterizzi per una serie di appuntamenti che avvengono alla vigilia di grossi cambiamenti per l'Unione europea. Domani si svolgerà infatti la Conferenza europea prevista dall'Agenda 2000 con tutti gli Stati candidati all'adesione, il 30 marzo si terrà la riunione per la piattaforma comune degli undici paesi dell'Europa centrale ed orientale candidati all'adesione e Cipro ed il giorno successivo saranno formalmente avviati a Londra i negoziati di adesione con i sei Stati designati dal Consiglio europeo di Lussemburgo. Il 18 marzo, inoltre, la Commissione europea presenterà i progetti di regolamento inerenti la revisione dei Fondi strutturali, della politica agricola comune e del quadro finanziario dell'Unione europea per il periodo che andrà dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2006. Il 25 marzo, infine, la Commissione europea e l'Istituto monetario europeo presenteranno i rispettivi rapporti sulla convergenza e la Commissione, in particolare, formulerà le proprie raccomandazioni sugli Stati che parteciperanno alla terza fase dell'unione economica e monetaria in vista della riunione dei Ministri finanziari di Bruxelles, del primo maggio, e della decisione finale, che verrà assunta dal vertice dei capi di Stato e di Governo del prossimo 2 maggio, che si pronuncerà previa consultazione del Parlamento europeo, chiamato ad esprimersi nella stessa data. Le decisioni che saranno assunte in tale arco di tempo non avranno carattere settoriale ma riguarderanno tutti i cittadini dell'Unione europea in quanto l'adozione della moneta unica non costituisce solamente un complemento del mercato comune ma prefigura un Governo europeo dell'economia. Al riguardo è opportuno riflettere sui profili istituzionali di tale processo in quanto alla gestione della moneta unica dovrà affiancarsi una politica economica comune idonea ad affrontare le disparità strutturali e le difficoltà della congiuntura economica. I Governi nazionali, da parte loro, dovranno adeguare le rispettive politiche macroeconomiche per imprimere ai rispettivi paesi quella flessibilità necessaria in un quadro in cui non disporranno più della manovra sui tassi di cambio e sui tassi di interesse.
Rilevando come nel suddetto contesto assumano particolare rilevanza le politiche strutturali l'oratore si sofferma sull'altro grande processo che caratterizza in tale fase la vita dell'Unione: la prospettiva di ampliamento in uno scenario internazionale che, non essendo più bipolare, richiede una presenza più incisiva ed efficace dell'Europa. I negoziati di adesione che verranno avviati con il primo gruppo di sei paesi non avranno per oggetto una modifica dei Trattati bensì la verifica della capacità degli Stati candidati di fare proprio il cosiddetto acquis comunitario, il patrimonio, cioè, di principi, norme giuridiche e prassi che disciplinano i rapporti nell'ambito dell'Unione europea. In una prima fase, pertanto, tale negoziati riguarderanno essenzialmente l'adeguamento dei nuovi Stati alle regole del mercato comune e solamente dopo l'accordo dei 15 Stati membri sulla riforma della politica agricola e delle politiche strutturali si potrà discutere anche dell'applicazione di tali riforme con i paesi candidati. Uno degli aspetti più complessi di tale negoziato sarà la verifica del recepimento dei principi comunitari in materia di rispetto dei diritti umani e delle minoranze nazionali, le quali sono fortemente consistenti in quasi tutti i paesi dell'Europa centrale e orientale candidati all'adesione, problematica in relazione alla quale nel Trattato di Amsterdam si è prevista anche la possibilità di sospendere il diritto di voto in caso di violazione dei diritti umani.
Illustrando le prospettive di revisione della politica agricola il Rappresentante permanente dell'Italia presso l'Unione europea osserva come la materia sia caratterizzata, da un lato, dall'adesione dei nuovi membri e, dall'altro, dai vincoli che derivano dagli accordi definiti nell'ambito dell'Uruguay Round del 1993. Al riguardo è significativo il confronto fra la spesa alimentare media delle famiglie dell'Unione europea, che è inferiore al 6 per cento della spesa complessiva e che tende a decrescere, e la spesa alimentare negli Stati candidati all'adesione, che ammonta a circa il 30 per cento della spesa delle famiglie. È necessario inoltre tener conto dello scenario mondiale, che vede un aumento della domanda di prodotti alimentari connesso allo sviluppo demografico. La politica agricola comune, istituita quando gli Europei avevano ben presente il ricordo della guerra e delle sofferenze subite, disponendo un sistema di meccanismi di sostegno dei prezzi dei prodotti agricoli - più favorevole per i prodotti continentali che per i prodotti mediterranei - ha comportato alla fine degli anni settanta l'accumulo di enormi eccedenze la cui spesa non gravava più solamente sui consumatori ma anche sui contribuenti. L'adesione agli accordi commerciali multilaterali ha comportato infatti l'impossibilità di smaltire le eccedenze agricole sui mercati internazionali per cui si è posto il problema di ridurre gli aiuti alle esportazioni, i dazi alle importazioni e, più in generale, gli altri interventi di sostegno nel settore. La riforma è stata già avviata nel 1992 dal commissario Mac Sharry, con una relativa riduzione dell'intervento sui prezzi compensata da un incremento degli aiuti al reddito ed alle strutture agricole. L'obiettivo che viene delineato con l'Agenda 2000 è quello di avvicinare ulteriormente i prezzi dei prodotti europei al livello mondiale slegando inoltre gli aiuti al reddito degli agricoltori dalla produzione. Degli aiuti al reddito proporzionali alla quantità di prodotto agricolo, infatti, non risolvono il problema delle eccedenze in quanto ne stimolano l'ulteriore formazione, si tratta al riguardo di individuare altri parametri, quale l'estensione dei campi.
Tale indirizzo di riforma comporta una riduzione di benefici più consistente per le produzioni cerealicole, i semi oleaginosi e le sostanze proteiche rispetto ai prodotti mediterranei e al settore lattiero caseario, dove il meccanismo delle quote costituisce una forma di sostegno diversa dall'intervento diretto sui prezzi. I prodotti mediterranei, come quelli ortofrutticoli, il tabacco e il vino, si prestano maggiormente alla competizione internazionale ma il problema fondamentale dell'Italia è quello di migliorare il controllo di qualità e la capacità di commercializzazione. A tale proposito è opportuno tener conto, ad esempio, che aiuti come quelli per la distillazione costituiscono un falso trasferimento di risorse in quanto nel settore del vino sono molto più importanti interventi in favore del miglioramento della qualità - in Italia la produzione doc ammonta a circa il 30 per cento, contro l'80 per cento della Francia ed il 50 per cento della Spagna - e dello svecchiamento dei vigneti.
Un problema particolarmente delicato sarà quello dell'applicazione della politica agricola ai nuovi paesi membri che verrebbero esclusi dagli aiuti al reddito in quanto già si caratterizzano per un livello di prezzi molto più basso di quello della Comunità europea. Dal punto di vista economico si comprende che un eventuale estensione di misure di sostegno a tali paesi comporterebbe una dannosa concorrenza per gli attuali 15 Stati membri dell'Unione europea e l'innesco di una spirale inflativa nei paesi candidati che hanno un'alta propensione alla spesa alimentare. Per tali paesi si tratterà pertanto di pervenire ad un livello dei prezzi agricoli che costituisca un punto di equilibrio tra la spinta al ribasso che proviene dai negoziati nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio e la pressione al rialzo determinata dal livello dei prezzi comunitari. L'oratore sottolinea tuttavia come il ragionamento economico confligga con più ampie considerazioni politiche: sarà difficile per i Governi dei paesi candidati all'adesione, infatti, spiegare ai loro agricoltori con un reddito molto più basso di quello degli attuali Stati membri che saranno esclusi dalle politiche di sostegno riservate ai più ricchi agricoltori dell'Europa occidentale.
Soffermandosi quindi sulla riforma dei Fondi strutturali l'ambasciatore Guidobono Cavalchini Garofoli sottolinea come la coesione economica e sociale resti uno degli obiettivi fondamentali dell'Unione europea, assieme alla realizzazione della moneta comune e al completamento del mercato unico. I Fondi strutturali saranno chiamati a correggere gli eventuali squilibri di un mercato che dovrà essere integrato anche dal punto di vista delle politiche fiscali, previdenziali, e del lavoro. A questo fine l'Agenda 2000 è volta a razionalizzare gli aiuti riducendo gli attuali obiettivi a tre: interventi per la regioni in ritardo di sviluppo; interventi per le aree caratterizzate da declino industriale, declino dei servizi e problemi connessi alle zone urbane, rurali e di pesca; interventi di formazione e di lotta alla disoccupazione e all'emarginazione sociale. Per quanto concerne il primo obiettivo, cui saranno destinati circa due terzi dei 210 miliardi di ECU disponibili nel periodo 2000-2006, il parametro fondamentale per l'individuazione delle aree interessate sarà costituito da una parità di potere d'acquisto inferiore al 75 per cento della media comunitaria. 20 miliardi di ECU saranno invece disponibili, nello stesso periodo, per i paesi che rientrano nel Fondo di coesione, caratterizzati da un reddito nazionale pro capite inferiore al 90 per cento della media comunitaria. Un terzo dei 210 miliardi suddetti dovrà essere invece ripartito tra gli obiettivi 2 e 3, in base a criteri ancora non meglio precisati. Al riguardo alcuni paesi, fra cui la Francia, propongono di destinare all'obiettivo 2 tre quarti delle risorse disponibili mentre altri preferiscono una ripartizione al 50 per cento. Il criterio per l'individuazione delle aree interessate dall'obiettivo 2 è però meno chiaro in quanto viene genericamente indicato dalla Commissione che solamente il 18 per cento della popolazione totale potrà beneficiare degli interventi del settore.
In tale prospettiva il primo problema è quello di sottolineare in sede comunitaria, per quanto concerne l'obiettivo 1, che al criterio del reddito medio pro capite deve essere affiancato quello del livello di disoccupazione ai fini del calcolo dell'intensità dell'aiuto. Per il Mezzogiorno italiano, infatti, il tasso di disoccupazione costituisce un elemento non meno preoccupante del livello di sviluppo, indicatore che, da solo, penalizzerebbe l'Italia rispetto ad altri paesi quali la Spagna, il Portogallo o la Grecia. In merito alla definizione delle aree ammissibili per l'obiettivo 2 l'oratore sottolinea l'esigenza che l'Italia si doti della capacità di utilizzare indicatori più sofisticati rispetto al mero dato del reddito pro capite e del tasso di disoccupazione onde poter produrre in sede comunitaria, così come altri paesi sono in grado di fare, un quadro più esauriente sulle rispettive aree caratterizzate da situazioni di disagio sociale. A tale proposito, nella prospettiva della riforma dei Fondi strutturali, sarebbe opportuno disporre di prospetti statistici estremamente disaggregati, idonei a rappresentare la situazione delle aree più degradate delle periferie metropolitane, con riferimento ad elementi quali la bassa scolarità, l'assenza di servizi igienici nelle abitazioni o la presenza di strutture edilizie fatiscenti.
In relazione ai meccanismi di transizione per le regioni destinate ad uscire dall'ambito di applicazione dell'obiettivo 1, cosiddetti «phasing out», si deve ritenere di scarsa rilevanza la prospettiva di far rientrare tali territori nell'ambito di applicazione dell'obiettivo 2, mirando piuttosto ad opporsi alla definizione del limite temporale del 2005 proposto dalla Commissione, modulando diversamente gli stessi meccanismi ed inserendo nuovi criteri di riferimento. Si potrebbe infatti sostenere che talune regioni, benchè conseguano un livello di reddito superiore al 75 per cento della media comunitaria, conservino delle situazioni di svantaggio - quali i maggiori costi di trasporto che caratterizzano le regioni insulari ovvero il persistere di notevoli divari rispetto al reddito medio nazionale - che giustificano il mantenimento di interventi di sostegno.
L'oratore si sofferma quindi sulle prospettive del quadro finanziario rilevando come la previsione che il primo ampliamento avvenga nel 2003, formulata dalla Commissione nell'Agenda 2000, debba essere considerata assolutamente indicativa. Al riguardo si devono considerare infatti la complessità dei negoziati di adesione nonchè l'esigenza di non porre un eccessivo divario rispetto alla seconda ondata di adesioni, ipotizzata dalla Commissione nel 2006. A tal fine si deve tener conto del forte impegno profuso da taluni Stati, quali la Lettonia e la Lituania, affinchè tale divario sia ridotto. In tale prospettiva la Commissione ritiene che il sistema delle risorse proprie definito nel 1992, con lievi adeguamenti nel 1993 e nel 1994, a seguito dell'adesione di Austria, Finlandia e Svezia, conservi sostanzialmente la sua efficacia. Tale sistema si basa sui seguenti principi: definizione di un tetto massimo delle risorse dell'Unione europea con riferimento alla quota dell'1,27 per cento del prodotto interno lordo (PIL); istituzione di quattro meccanismi essenziali di finanziamento con riferimento ai prelievi agricoli, ai dazi sulle importazioni, al contributo degli Stati membri basato su una quota dell'IVA ed al contributo, che ora copre il 40 per cento del bilancio, basato sul PIL; applicazione di un meccanismo di correzione per il Regno Unito che, pur caratterizzandosi per un reddito pro capite inferiore alla media comunitaria, costituisce un contributore netto con un saldo di 2 miliardi di ECU, che sarebbe di 4 miliardi senza il suddetto meccanismo. Salvaguardando i suddetti principi la Commissione propone di mantenere il tetto dell'1,27 per cento del PIL fino al 2006, prefigurando una revisione del meccanismo di compensazione applicabile alla Gran Bretagna che diverrà indispensabile quando, in seguito all'adesione di nuovi Stati membri, si abbasserà il reddito medio comunitario. Dovendo affrontare il processo di ampliamento la Commissione ha ritenuto di fornire delle garanzie sia agli attuali contributori netti - tra cui figurano la Germania, per un importo di 13 miliardi di ECU, i Paesi Bassi, per un importo di 2 miliardi di ECU, e l'Italia, per un importo di 1,250 miliardi di ECU - sia agli Stati che beneficiano di un saldo attivo quali, in primo luogo, la Spagna, che consegue un saldo favorevole di 10 miliardi di ECU. A tal fine la Commissione ha posto un limite alle risorse destinate a finanziare la strategia di preadesione per gli Stati candidati, proponendo di stanziare a questo fine 1,5 miliardi di ECU all'anno fino al 2006, nonchè ha fissato una quota di 38 miliardi di ECU, che sarà disponibile nell'ambito dei Fondi strutturali per i nuovi Stati membri a partire dal 2003. Considerando che il saldo negativo è destinato ad aumentare, si deve ritenere che all'Italia convenga accettare il tetto dell'1,27 per cento del PIL indicato dalla Commissione europea senza accedere all'opinione di taluni Stati membri, che ritengono tale margine insufficiente.

La senatrice SQUARCIALUPI chiede chiarimenti sul possibile ruolo che può essere svolto dalle istituzioni italiane nell'ambito del processo esaurientemente delineato dall'ambasciatore Cavalchini.

L'ambasciatore GUIDOBONO CAVALCHINI GAROFOLI sottolinea l'esigenza che regioni ed enti locali si dotino delle capacità progettuali necessarie per realizzare con la massima tempestività i rispettivi programmi cofinanziati dall'Unione europea.

In considerazione delle indicazioni fornite all'ambasciatore la senatrice SQUARCIALUPI propone al presidente Bedin di assumere opportune iniziative sia nel campo dell'utilizzo dei Fondi strutturali sia in merito ad un adeguamento dell'agricoltura italiana alle nuove prospettive.

Il presidente BEDIN ringrazia il rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea per l'esauriente esposizione e rileva come le iniziative operative proposte dalla senatrice Squarcialupi figurino tra gli obiettivi dell'indagine e dell'esame dell'Agenda 2000.

Il senatore BETTAMIO ringrazia l'ambasciatore Cavalchini per la chiarezza dell'esposizione e chiede chiarimenti sulle valutazioni che possono essere tratte dall'inefficace utilizzo delle politiche comunitarie da parte dell'Italia - con riferimento alla ricerca e sviluppo, agli interventi strutturali e alla politica agricola - e sulle prospettive del processo di approfondimento dell'integrazione politica e di riforma delle istituzioni dell'Unione europea.

L'ambasciatore GUIDOBONO CAVALCHINI GAROFOLI afferma la piena disponibilità della Rappresentanza presso l'Unione europea a collaborare alle iniziative della Giunta e risponde al senatore Bettamio soffermandosi in primo luogo sugli aspetti istituzionali. Nel sistema comunitario si delinea infatti una sorta di Camera alta, costituita dai rappresentanti dei Governi, che legifera insieme al Parlamento europeo, i cui poteri risultano notevolmente rafforzati dal Trattato di Amsterdam. Si pone l'esigenza di rafforzare il potere esecutivo, che attualmente risulta diluito tra il Consiglio e la Commissione, la cui efficienza, in assenza di ulteriori riforme, è destinata a declinare con l'ampliamento che conseguirà all'adesione di nuovi Stati membri. Il problema principale, tuttavia, è costituito dalla revisione del sistema di ponderazione del voto in seno al Consiglio, in assenza della quale è possibile che in futuro l'insieme degli Stati membri più consistenti sia messo in minoranza, aspetto che potrebbe compromettere l'efficacia dei meccanismi decisionali dell'Unione europea.
Rilevando come un altro problema di rilievo sia posto dall'esigenza di riflettere sul sistema di rotazione delle presidenze, onde assicurare che in uno scenario internazionale più dinamico l'Unione sia presente attraverso figure adeguatamente rappresentative, l'oratore sottolinea come in futuro l'adesione di nuovi Stati membri non potrà più essere affrontata, dal punto di vista istituzionale, come un mero problema aritmetico, con la semplice aggiunta di nuovi componenti alla Commissione, al Consiglio ed al Parlamento europeo. La gestione della moneta unica, inoltre, non potrà non essere accompagnata dalla conduzione di un Governo europeo della politica economica, dotato in prospettiva di risorse idonee a fronteggiare le difficoltà strutturali e congiunturali. In tale senso deve essere intesa la dichiarazione allegata al Trattato di Amsterdam da Belgio, Francia e Italia.
Rispondendo al quesito del senatore Bettamio sulla partecipazione dell'Italia alle politiche comunitarie e la sua posizione di contributore netto l'oratore sottolinea l'esigenza di svolgere una riflessione sull'effettivo vantaggio dell'Italia a salvaguardare l'attuale ripartizione delle spese comunitarie, che privilegia la politica agricola, cui è destinata una quota superiore al 44 per cento delle risorse, e vede riservata agli interventi strutturali una quota di circa il 34 per cento del bilancio, con quote minori destinate ad altre politiche interne, quali ricerca e sviluppo, alle spese amministrative ed alle relazioni esterne. Per un'utilizzazione più efficace dei finanziamenti comunitari è altresì necessario un adeguamento delle strutture nazionali, sia in termini di ristrutturazione delle aziende agricole sia in termini di potenziamento delle capacità progettuali per l'utilizzo dei Fondi strutturali. Rilevando l'esigenza di ridefinire anche il significato della coesione economica e sociale l'oratore sottolinea come il rapporto tra costi e benefici della partecipazione all'Unione europea non possa però essere circoscritto alla mera valutazione del saldo finanziario.

Il presidente BEDIN chiede se la prospettiva di una crescita del PIL fino al 2006 del 24 per cento, delineata nell'Agenda 2000, sia realistica e se il margine previsto tra le risorse proprie effettive ed il tetto dell'1,27 per cento del PIL sia sufficiente a far fronte ad eventuali imprevisti. L'oratore chiede altresì se il riferimento posto dall'Agenda 2000 sull'esigenza di evitare una rinazionalizzazione delle politiche agricole sia fondato su effettivi timori in tal senso.

L'ambasciatore GUIDOBONO CAVALCHINI GAROFOLI rileva come la previsione di impiegare risorse corrispondenti all'1,15 per cento del PIL consenta di conservare un margine di risorse, valutate nell'ordine di 20 miliardi di ECU, idonee a far fronte ad un'eventuale crescita del PIL inferiore alle aspettative. Non si deve ritenere configurabile una possibile rinazionalizzazione delle politiche agricole - nonostante talune voci apparse in Germania, che peraltro costituisce uno dei principali beneficiari della politica agricola comune, in connessione con le varie campagne elettorali svoltesi o in corso - anche alla luce dei vincoli che derivano dagli accordi definiti nell'ambito dell'Uruguay Round e dell'Organizzazione mondiale del commercio. In tale ambito è però necessario porsi nella prospettiva di una maggiore liberalizzazione, aprendosi anche alle opportunità offerte da un mercato internazionale in crescita, allontanandosi da una tradizione che si è caratterizzata per un eccessivo protezionismo.

Il presidente BEDIN ringrazia l'ambasciatore Guidobono Cavalchini Garofoli per la chiarezza delle precisazioni fornite e chiude la seduta.

Il seguito dell'indagine è quindi rinviato.

La seduta termina alle ore 16,10.