GIUSTIZIA (2a)
LUNEDÌ 22 DICEMBRE 1997

216a Seduta
Presidenza del Vice Presidente
CIRAMI

La seduta inizia alle ore 11.

Interviene il ministro per la grazia e la giustizia Flick.

IN SEDE CONSULTIVA
(2739-B) Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 1998 e bilancio pluriennale per il triennio 1998-2000, approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati
-(Tab. 5) Stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia per l'anno finanziario 1998
(2792-B) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1998), approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati
(Rapporto alla 5a Commissione)

Riferisce il relatore DE GUIDI il quale richiama innanzitutto l'attenzione sulle modifiche apportate dalla Camera dei deputati al disegno di legge finanziaria che hanno determinato, rispetto al testo licenziato dal Senato, una riduzione di circa 39 miliardi dell'accantonamento di parte corrente relativo al Ministero di grazia e giustizia iscritto nella tabella A ed una riduzione di 15 miliardi dell'accantonamento relativo alle spese in conto capitale inserito nella tabella B. Per quel che attiene invece alla tabella C, è stato incrementato di cinque miliardi lo stanziamento relativo al finanziamento dei programmi per la prevenzione e la cura dell'AIDS e per il trattamento socio-sanitario, il recupero e il successivo reinserimento dei tossicodipendenti detenuti. Sono invece rimaste invariate le previsioni iscritte nella Tabella F riguardanti il Ministero di grazia e giustizia.
Relativamente al disegno di legge di bilancio, le modificazioni apportate si riferiscono all'unità previsionale di base 4.1.2.1, che ha subito, sempre rispetto al testo approvato dal Senato, una riduzione di cinque miliardi, e all'unità previsionale 5.1.2.1, concernente le spese per il mantenimento, l'assistenza, la rieducazione e il trasporto dei detenuti, che ha subito un incremento di dieci miliardi che si aggiunge all'incremento di 16 miliardi già approvato in prima lettura dal Senato.
Il relatore dà quindi conto del parere contrario espresso dalla sottocommissione pareri sul disegno di legge collegato (A.S. 2793-B) con riferimento alle previsioni di cui agli articoli 41, commi 4 e 5, e 61 dello stesso.
Propone infine che sui documenti in titolo la Commissione conferisca al relatore il mandato a redigere un rapporto favorevole con osservazioni.

Il PRESIDENTE dichiara aperta la discussione generale.

Interviene il senatore GRECO il quale esprime apprezzamento per le modifiche introdotte dalla Camera dei deputati in relazione all'unità previsionale 5.1.2.1. dello stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia e alla Tabella C del disegno di legge finanziaria manifestando invece perplessità per la riduzione degli stanziamenti di cui alle Tabelle A e B. Al riguardo, chiede che il relatore precisi qual'è stata l'utilizzazione delle risorse in tal modo sottratte al settore giustizia e richiama con forza l'attenzione sull'esigenza che non vengano ridotti gli stanziamenti a favore di un comparto che ha sempre subito gravi conseguenze dalla carenza di risorse finanziarie, carenza che peraltro risulterebbe ancora più grave in un momento in cui si dovrà garantire l'operatività di importanti interventi di riforma.
Per tali motivi preannuncia pertanto l'astensione del gruppo Forza Italia dalla votazione sul conferimento del mandato al relatore.

Il senatore BERTONI condivide l'impostazione fatta propria dal relatore De Guidi, auspicando che le osservazioni contenute nel rapporto alla quinta Commissione evidenzino l'assoluta inopportunità della riduzione di stanziamenti introdotte nel corso dell'esame da parte della Camera dei deputati.

Anche il senatore RUSSO ritiene che la contrazione delle risorse su cui può fare affidamento il Ministero di grazia e giustizia abbia rappresentato un errore e si associa ai rilievi svolti dal senatore Bertoni.

Il senatore MILIO preannuncia la sua astensione, ritenendo contraddittoria con la scelta di introdurre riforme di portata epocale la contestuale riduzione degli stanziamenti a disposizione del settore giustizia.

Anche il senatore CALLEGARO preannuncia la sua astensione.

Il senatore CORTELLONI preannuncia il suo voto favorevole, aderendo peraltro ai rilievi formulati dal relatore.

Il PRESIDENTE condivide il disappunto manifestato negli interventi che si sono finora succeduti nel corso della discussione generale.

Il senatore FOLLIERI, a nome del Gruppo del Partito Popolare Italiano, si associa alle considerazioni svolte dal relatore De Guidi.

Il PRESIDENTE dichiara chiusa la discussione generale.

Replica il relatore DE GUIDI, il quale, con riferimento alla richiesta di precisazioni del senatore Greco, fa presente che la maggior parte dei 39 miliardi sottratti dall'accantonamento relativo al Ministero di grazia e giustizia in tabella A sono stati destinati al Ministero della sanità e al Ministero dell'interno, e specificamente, per quanto riguarda quest'ultimo, finalizzati al potenziamento del corpo dei vigili del fuoco.

Il ministro FLICK prende atto dei rilievi critici emersi dalla relazione e nel corso della discussione generale e assicura il proprio impegno affinchè venga posto rimedio alla riduzione delle risorse a disposizione del Ministero di grazia e giustizia conseguente alle modifiche apportate dall'altro ramo del Parlamento. Fa comunque presente che nella giornata di venerdì 19 dicembre, la Camera dei deputati ha approvato definitivamente il disegno di legge n. 4202, corrispondente all'Atto Senato 2702, che prevede alcuni importanti stanziamenti da destinare proprio al potenziamento delle strutture e dei servizi dell'amministrazione della giustizia.

Dopo che il senatore GASPERINI ha annunciato la sua astensione, la Commissione conferisce infine mandato al relatore a redigere un rapporto favorevole con osservazioni per la 5a Commissione.

SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE
(A007 000, C02a, 0067o)

Il ministro FLICK sottolinea l'estrema urgenza del disegno legge n. 2782, in materia di incentivi ai magistrati, e invita a valutare la possibilità di una sua approvazione in tempi rapidissimi, prima della prossima conclusione dei lavori parlamentari, evidenziando che si tratterebbe indubbiamente di un segnale politico di grande importanza.

Dopo che il presidente CIRAMI ha dato conto del parere della 5a Commissione condizionato, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, ad una modifica della clausola di copertura finanziaria prevista dall'articolo 10 del suddetto disegno di legge, sulla questione sollevata dal Ministro Flick si apre un breve dibattito al quale prendono parte i senatori GRECO, SALVATO, CIRAMI, RUSSO e GASPERINI.

Il PRESIDENTE sospende quindi brevemente la seduta.

La seduta sospesa alle ore 11,25 è ripresa alle ore 11,35.

IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO
Schema di decreto legislativo concernente norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado (n. 174)
(Parere al Ministro di grazia e giustizia, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 16 luglio 1997, n. 254. Seguito e conclusione dell'esame: parere favorevole con osservazioni)
(R139 b00, C02a, 0003o)

Riprende l'esame del provvedimento in titolo rinviato nella seduta del 18 dicembre scorso.

Il relatore CALVI dà conto della seguente proposta di parere da lui già fatta pervenire ai componenti della Commissione.

«La Commissione, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo, esprime parere favorevole con le seguenti osservazioni:

1. L'istituzione del giudice unico di primo grado costituisce, con certezza, il progetto più ampio e radicale di riforma del sistema di amministrazione della giustizia e risponde all'esigenza, ormai urgente, di rifondare l'ordinamento giudiziario su criteri di maggiore razionalità ed efficienza.
La legge di delegazione è momento conclusivo di un assai lungo dibattito sulla disciplina del processo e sull'ordinamento giudiziario che la letteratura giuridica ha più volte affrontato valutando progetti legislativi, relazioni del Consiglio Superiore della Magistratura e risoluzioni di associazioni di avvocati e magistrati.
Sotto il profilo storico-legislativo va ricordato che il problema del giudice unico, dopo essere stato previsto da numerosi progetti di legge, da quello Miglietti del 1861 a quello Zanardelli del 1902, trovò soluzione con la cosiddetta legge Finocchiaro Aprile del 19 dicembre 1912 n. 1311. La legge, a causa della sostanziale impreparazione dell'amministrazione e della reazione degli avvocati, non fu in grado di introdurre alcuna innovazione sulla articolazione della giurisdizione di primo grado tra diversi giudici e fu definitivamente soppressa con legge 27 dicembre 1914 n. 1404. Mortara attribuì il fallimento della riforma a motivazioni d'ordine economico e non sistematico.
Quanto fosse radicato nel legislatore e nella dottrina più attenta il convincimento che per iniziare ad affrontare il problema della inefficienza del servizio giustizia fosse indispensabile muovere dalla istituzione del giudice unico, è dimostrato dal susseguirsi di diversi progetti tra i quali meritano di essere segnalati quelli di Chiovenda e Solmi, che nel 1937, in particolare il progetto del Solmi, fu alla base del nuovo codice di procedura civile. Ancora una volta le reazioni di avvocati, magistrati e docenti costrinsero il legislatore ad individuare un compromesso per mediare tra progetto e critiche.
Nacque così l'introduzione della dicotomia giudice istruttore-collegio. Ma anche questa pur intelligente via d'uscita nel contrasto tra le diverse istanze ha mostrato la sua inadeguatezza. E nei primi anni '70 Cappelletti denunciava la gravità della crisi della giustizia civile sollecitando l'istituzione del giudice unico di primo grado. Sollecitazione in parte raccolta dal legislatore che proprio in quegli anni istituiva il giudice monocratico nel rito del lavoro.
Un analogo processo tendente alla concentrazione delle competenze di primo grado in un ufficio giudiziario unico si segnala negli ordinamenti processuali dell'Europa continentale, che, a fronte del contemporaneo aumento di controversie e riduzione di risorse finanziarie disponibili, privilegia il modello monocratico delegando al collegio la risoluzione di questioni particolarmente complesse. E ciò anche accogliendo la raccomandazione 16 settembre 1986 del comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa che al fine di «ridurre il sovraccarico dei Tribunali» individua tra le varie misure anche la «generalizzazione del giudice unico di prima istanza, in tutte le materie appropriate».
Si è ritenuto opportuno esporre, sia pure in assoluta sintesi, tali considerazioni in quanto danno la misura del valore epocale della riforma sottoposta alla nostra valutazione e nel contempo segnalano i rischi e le possibili reazioni che la nuova normativa potrà ingenerare.
Non è difficile, tuttavia, prevedere che resistenze ed opposizioni non potranno che essere limitate a specifici aspetti del progetto in quanto la legge di delegazione si presenta nel suo complesso come inevitabile momento conclusivo di un processo di riforma che ha progressivamente incrinato il modello dicotomico fondato sulla distinzione tra uffici del giudice di primo grado.
L'aumento di competenza del pretore (legge 30 luglio 1984 n. 399), l'istituzione del giudice monocratico di tribunale (legge 26 novembre 1990 n. 353) e soprattutto la introduzione nel sistema ordinamentale del giudice di pace sono i passaggi più significativi per consentire di affermare che oggi il giudice unico di primo grado non costituisce di per se un rovesciamento generale del sistema dell'amministrazione della giustizia proprio perchè ne rappresenta, invece, il logico completamento.
Tale processo di riforma, peraltro, è stato accompagnato da esplicite sollecitazioni della Corte Costituzionale che intervenendo in tema di incompatibilità nel processo penale ha con le sue pronunce (sentenza. 24 aprile 1996 n. 131) conferito priorità alle garanzie processuali rispetto alla funzionalità del sistema ordinamentale. La assoluta correttezza dell'intervento dell'organo di controllo costituzionale è stata accompagnata dalla considerazione che ad altri organi costituzionali incombe l'obbligo di intervento legislativo per prevenire disfunzioni e ritardi nell'ordinato svolgimento dell'attività giudiziaria.
Da ultimo non può non essere ricordato che la legge di delegazione rappresenta la più lineare e coerente interpretazione del dettato costituzionale laddove, cancellando ogni dicotomia funzionale all'interno dell'ufficio del giudice di primo grado, riafferma il principio che la separazione costituzionalmente corretta è tra giudice di merito e giudice di legittimità.
Pieno consenso va quindi espresso allo schema di decreto legislativo trasmesso dal Governo al Senato della Repubblica per il parere della seconda Commissione permanente.
Al consenso, che attiene allo schema di decreto nel suo complesso, si aggiungono talune osservazioni critiche relative a singoli punti che hanno destato perplessità o che hanno indotto la Commissione ad esprimere considerazioni non positive circa le soluzioni proposte dal Governo.



2. Magistratura onoraria (articoli 5, 7, 15, 20 e 112)

Lo schema di decreto legislativo prevede, aggiungendo gli articoli. 42-bis, ter, quater, quinquies, sexies e septies all'articolo. 42 del R.D. 30 gennaio 1942 n. 12, l'istituzione del «giudice onorario di tribunale».
Si pongono due ordini di problemi: il primo relativo al rispetto della legge delega ed il secondo attinente l'opportunità della permanenza dell'ufficio di magistrato onorario.
Da taluno si è osservato che la scelta normativa compiuta dal Governo sarebbe illegittima in quanto si sarebbe esercitato ultra vires il potere legislativo conferito dal Parlamento. E ciò in considerazione del fatto che la legge delega non conterrebbe alcuna previsione riferita alla nuova figura di giudice onorario nella parte ove si riforma l'Ordinamento giudiziario.
Pertanto qualora si volesse istituire il «giudice onorario di tribunale» modificando sistemi e requisiti di nomina e individuare nuovi e diversi criteri di incompatibilità con le relative funzioni, il Governo avrebbe posto in essere una scelta normativa in evidente conflitto con quanto disposto dall'articolo 76 della Costituzione. Inoltre, trattandosi di materia attinente l'Ordinamento giudiziario, lo schema di decreto legislativo si porrebbe in conflitto anche con la riserva di legge prevista dagli articoli 106, secondo comma, e 108 della Carta Costituzionale.
La tesi ora esposta poggia su una lettura meramente formale delle prescrizioni indicate e volute dal legislatore delegante.
L'articolo 1 lettera b) della legge 16 luglio 1997 n. 254 delega il Governo a sopprimere l'ufficio del pretore, trasferendo le competenze di tale giudice al tribunale.
È evidente che se il legislatore delegante avesse espresso esclusivamente la volontà di sopprimere l'ufficio del pretore e quindi anche i connessi uffici di vice pretore e vice procuratore onorario, avrebbe ragion d'essere l'assunto che il potere legislativo del Governo è esercitato nello schema di decreto legislativo in violazione della legge delega. Infatti in assenza di precise e specifiche indicazioni del legislatore delegante, la permanenza dell'ufficio del giudice onorario non potrebbe trovare legittimazione alcuna a fronte della soppressione degli uffici della pretura e della procura della Repubblica presso la pretura circondariale.
Tale conclusione, tuttavia, non ha alcuna plausibilità logica se si legge nella sua interezza la legge delega e la si interpreta con criteri rigorosamente coerenti.
Innanzi tutto va precisato che il delegante ha fatto riferimento alla soppressione di uffici senza mai accennare al personale. Ma ciò che maggiormente rileva è la considerazione che la legge delega non si limita solamente a sopprimere uffici, bensì precisa che le competenze del pretore sono trasferite al tribunale. Ciò significa che l'ufficio del pretore, inteso nella sua integralità, subisce un trasferimento di competenze ad altro ufficio senza però vedere alterate le sue funzioni. La conseguenza logica è che il trasferimento di competenze e di funzioni deve comportare, supponendo la loro identità non alterata, la permanenza della ripartizione tra magistrati ordinari e onorari.
I limiti posti dalla delega appaiono, quindi, rispettati e non si ravvisa alcuna illegittimità nella disciplina indicata nello schema di decreto in relazione alle nuove figure di magistrati onorari non essendo stato esercitato il potere legislativo delegato ultra vires.
Deve poi essere tenuta in considerazione la osservazione che la brusca eliminazione della magistratura onoraria, considerato l'apporto decisivo che da questa è dato alla funzionalità degli uffici di primo grado, sarebbe causa di una totale paralisi dell'amministrazione della giustizia e determinerebbe il fallimento immediato della riforma appena approvata.
Il legislatore delegante che ha avuto ben presente tale condizione non avrebbe certamente approvato una legge delega così impegnativa e così essenziale per avviare a soluzione i problemi di funzionalità nell'amministrazione della giustizia cancellando le funzioni espletate da 2325 vice pretori e 1442 vice procuratori onorari prima che la riforma avesse inizio e attuazione.
L'accertamento del rispetto dei limiti disposti dalla legge delega consente ora di affrontare il tema della opportunità del persistere nel nostro ordinamento dell'istituto del giudice onorario.
Sono note le forti riserve, se non addirittura la aperta avversione, che le associazioni forensi e i Consigli dell'ordine degli avvocati hanno manifestato circa la attribuzione di funzioni giudiziarie ad esercenti la professione forense. Di recente i Consigli dell'ordine hanno chiesto agli iscritti la rinuncia agli incarichi di magistrato onorario prospettando, in caso di diniego, sanzioni disciplinari compresa la cancellazione dall'albo.
Per la verità le funzioni onorarie hanno da sempre costituito motivo di perplessità circa la reale indipendenza, soprattutto nei piccoli mandamenti, dell'avvocato chiamato ad esercitare l'ufficio di giudice. E non attenua il dubbio l'asserzione contenuta nella normativa delegata secondo cui le funzioni del nuovo giudice onorario di tribunale sarebbero circoscritte alla supplenza di giudici impediti ovvero assenti. In realtà non è difficile constatare che per prassi ormai radicata l'attività dei vice pretori onorari è del tutto equiparata a quella dei pretori. E l'iniziativa dei Consigli dell'ordine sulla incompatibilità del contemporaneo esercizio di funzioni onorarie e di attività professionale è stata correttamente argomentata sulla osservazione di una effettiva equiparazione tra funzioni ordinarie e onorarie con gestione autonoma di ruoli propri anche nei procedimenti esecutivi.
Ma l'argomento più solido e rigoroso a sostegno della progressiva espunzione delle funzioni onorarie dall'ordinamento giudiziario è di politica del diritto.
È stato più volte ricordato che la riforma del giudice unico tende a conferire razionalità ed efficienza al sistema giudiziario recuperando personale e qualità professionali oggi male utilizzati nel territorio e negli uffici. Inoltre l'aumento di competenza del giudice di pace e la depenalizzazione dei reati ritenuti meno gravi consentono di avere un panorama assai ampio degli ambiti di intervento del legislatore e delle finalità di riforme istituzionali tutte miranti a rendere migliore il servizio giudiziario.
Sarebbe privo di senso comune e soprattutto contraddittorio consentire, in questo progetto di così radicale mutamento nelle scelte organizzatorie e politiche, che continui a sopravvivere un istituto portatore di gravi elementi di ambiguità e di incertezza e che è sorto ed ha operato, peraltro assai meritoriamente, proprio per supplire alle carenze di organico e affrontare, per quanto possibile, l'aumento assai considerevole dei carichi di lavoro.
Non v'è dubbio che qualora l'istituto del giudice onorario dovesse rimanere presente ancora a lungo nel nostro ordinamento si dovrebbe prendere atto del sostanziale fallimento della riforma sul giudice unico.
Si è dunque tra due gravissimi rischi, l'uno relativo all'immediata espunzione delle funzioni onorarie e l'altra relativo alla loro stabile permanenza. Ambedue i rischi con certezza possono mettere in forse l'esito della riforma.
Converrà, allora, trovare una soluzione che, evitando i due rischi, consenta alla riforma di avere un inizio non traumatico e di avere, poi, un percorso lineare e una attuazione piena.
Si suggerisce pertanto di prevedere un termine congruo non superiore ai cinque anni entro cui l'ufficio del giudice onorario di tribunale dovrà essere eliminato dall'ordinamento giudiziario.
Per quanto riguarda l'ufficio di vice procuratore onorario, la sua eliminazione potrà avvenire in un termine più lungo salvo quanto prospettato infra sub 2.2.

2.2. I criteri riguardanti i requisiti di nomina e di incompatibilità appaiono eccessivamente rigidi. Essi sembrano modellati sulla disciplina prefigurata dalla legge n. 374 del 1991 che istituiva il giudice di pace. Si osserva che mentre il giudice di pace è magistrato onorario tendenzialmente «a tempo pieno», il giudice e i viceprocuratori onorari hanno un incarico connotato dalla assoluta limitatezza temporale e dalla quasi gratuità dell'impiego. Si pone quindi il problema, avendo ritenuto la loro funzione essenziale ad un compiuto servizio di giustizia, di regolare i requisiti di nomina e di incompatibilità con criteri che non siano di ostacolo ad un congruo reperimento del personale.
Per quanto attiene la disciplina delle incompatibilità si suggerisce di disporre che le disposizioni relative entrino in vigore allorquando vi sarà il rinnovo degli attuali giudici onorari e ciò per garantire sia una omogeneità di trattamento e sia per impedire che un eccessivo depauperamento dell'organico crei problemi gravi agli uffici giudiziari.

In relazione ai requisiti di nomina l'articolo 42-ter 2 comma lettera d) prevede un età non inferiore a trenta anni, fatta eccezione per coloro che esercitano la professione di avvocato o le funzioni notarili, e non superiore a sessantasei anni.
Le età indicate appaiono del tutto non convincenti solo se si considera che sarebbero esclusi giovani ricercatori universitari e ampie fasce di anziani pensionati. Si suggerisce quindi di indicare una età non inferiore a venticinque anni e non superiore a settanta. Diverrebbe quindi superfluo l'inciso relativo ad avvocati e notai.
Inoltre, a proposito dell'articolo 5, sub articolo 42-sexies, si osserva che, una volta conclusa la scelta di regolare lo status del giudice onorario, appare opportuno prevedere che la revoca del medesimo sia corredata da un minimo di garanzie, quale la previa contestazione degli addebiti, l'ascolto delle attuali discolpe e la motivazione del provvedimento.
Per quanto attiene alle funzioni di viceprocuratore, che appaiono ancora eccessivamente ristrette considerato la mole delle incombenze d'indagine e di dibattimento gravanti sugli uffici di Procura, si ritiene che esse possano essere ampliate per incarichi assai circoscritti quali ad esempio la partecipazione alle camere di consiglio ai sensi dell'articolo 127 c.c.p. Lo strumento normativo da utilizzare potrebbe essere l'articolo 71 ordinamento giudiziario, che prevedendo per i viceprocuratori l'espletamento delle sole funzioni indicate dal successivo articolo 72, dovrebbe essere integrato con le nuove funzioni previste dalla legge. Forti perplessità restano, tuttavia, per la partecipazione all'udienza di convalida dell'arresto o del fermo in quanto vertendo in tema di libertà appare opportuna la presenza di magistrati ordinari.
Ad una analisi attenta tuttavia non può non cogliersi la necessità di una più puntuale distinzione tra giudici e vice procuratori ordinari. La previsione di eliminazione delle funzioni onorarie dall'ordinamento è certamente più cogente per i giudici. Una diversa riflessione deve essere invece effettuata per i vice procuratori onorari i quali per le ragioni sopra indicate potrebbero nei limiti circoscritti già suggeriti continuare ad esercitare utilmente la loro funzione per più tempo. Qualora vi fossero problemi di reperibilità di personale si ricorda che di recente il Parlamento ha votato una legge che istituisce la scuola di formazione unica post-universitaria per le attività forensi. Poichè è previsto che dal secondo anno possano essere effettuate esercitazioni pratiche, nulla esclude che gli stessi allievi già laureati e prossimi a concludere il corso possano, qualora ne abbiano i requisiti essere utilizzati per le attività riservate ai vice procuratori onorari.
È ovvio, poi, che l'intera questione dovrà essere rivisitata allorquando saranno definite le competenze del giudice di pace.
A simiglianza di quanto disposto per i viceprocuratori onorari occorre prevedere quali funzioni possano essere affidate ai giudici onorari durante il periodo in cui tale figura di magistrato continuerà a sussistere. Al riguardo, anche in accoglimento delle preoccupazioni garantiste espresse dal mondo forense, sembra opportuno limitare tali funzioni a quelle di volontaria giurisdizione ed alla trattazione e decisione dei procedimenti di cui all'articolo 26.

3. Disposizioni sull'ordinamento giudiziario

Avendo istituito la competenza «generale» del giudice unico nel primo grado di giudizio, lo schema di decreto legislativo modella un nuovo sistema ordinamentale che si adegua ai nuovi assetti introdotti dalla riforma.
Sono quindi introdotte norme di mero coordinamento o di rilievo esclusivamente formale (articoli 1, 2, 6, ,10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18) per le quali valgono le considerazioni generali esposte nella prima parte di questo parere.
Gli articoli 47-bis, ter, quater e quinquies determinano la direzione delle sezioni e le attribuzioni del presidente di sezione, consentendo così di introdurre nell'ordinamento un ruolo delle funzioni semidirettive finalmente valorizzato nel governo dell'organizzazione dell'ufficio.
Le attribuzioni evidentemente modellate sulla previsione dell'articolo 47 della legge 30 gennaio 1941, n. 12, dovranno essere ampliate e meglio definite con apposito disegno di legge al fine di evitare di trattare materie non suscettibili di essere ricondotte alla delega ricevuta.
Poichè, poi, sono condivise per la gran parte le disposizioni che prevedono i criteri generali di rinnovamento dell'ordinamento giudiziario, si possono contenere le osservazioni critiche solamente a quegli aspetti per i quali si suggeriscono interventi modificativi.
Qualche perplessità deve essere, peraltro, manifestata circa la riconducibilità della delega dell'articolo 17, relativo alla «indennità di missione e all'autorizzazione di risiedere altrove», che non pare necessario al coordinamento tra le nuove norme e le leggi dello Stato; nonchè dell'articolo 28 relativo alle «riunioni periodiche dei capi degli uffici», che immuta senza necessità l'articolo 15, modificando le cadenze e il novero dei partecipanti.

3.1. Destinazione dei capi degli uffici e dei cosiddetti «semidirettivi»

Il problema assume particolare rilievo, non certo per il numero di magistrati interessati che non appare assai elevato, ma per le questioni di principio che involge e dai quali occorre muovere per trovare una soluzione equilibrata sul piano ordinamentale ed equa sul piano personale.
La temporaneità degli incarichi direttivi è una scelta di politica del diritto ormai radicata e dalla quale non si può retrocedere, anche se ancora non vi è un preciso ancoraggio normativo al quale si dovrà comunque pervenire.
Le ragioni di tale scelta si trovano nella valutazione che l'esercizio delle funzioni giudiziarie è la prima e più alta attività per un magistrato al quale solo in via sussidiaria possono essere demandate funzioni amministrative o dirigenziali o di coordinamento. Altro argomento a sostegno della scelta è il pericolo che una permanenza non limitata nel tempo in incarichi direttivi possa creare le condizioni di una attenuazione della indipendenza del magistrato.
Se rimane saldo questo postulato ne consegue che risulta da valutare criticamente ogni progetto che prefiguri il trasferimento automatico da un incarico direttivo ad altro o ipotesi di concorso per posti direttivi e semidirettivi che consenta la partecipazione solamente ai magistrati titolari dei corrispondenti posti soppressi.
Vi è anche, però, il problema di non disperdere un patrimonio di professionalità di magistrati che sono stati sottoposti ad una valutazione selettiva e che nel tempo hanno acquisito una notevole esperienza gestionale.
L'articolo. 22 dello schema di decreto legislativo prevede che i magistrati titolari di funzioni direttive eventualmente soppresse possono esercitare le funzioni di giudice del tribunale o di sostituto procuratore della Repubblica presso gli uffici cui sono state trasferite le funzioni degli uffici soppressi, possono altresì chiedere di essere destinati alle funzioni di consigliere di corte di appello nel distretto scelto, di giudice di tribunale o di sostituto procuratore in una sede da essi scelta e senza limitazioni imposti dall'organico. Possono essere assegnati in via preferenziale ai posti vacanti di cui al comma 2 dell'articolo 22.
Questa soluzione è segnata da un ragionevole equilibrio che deve essere, tuttavia, integrato da alcune considerazioni.
Se non può essere consentito alcun passaggio automatico da una funzione direttiva ad altra, non può neppure essere escluso un passaggio che si realizzi attraverso una corsia preferenziale, qualora sussistano le condizioni necessarie, attraverso gli opportuni vagli selettivi.
Non avrebbe senso alcuno, infatti, non prevedere che quanti hanno espletato meritevolmente l'incarico direttivo non continuino nel nuovo ufficio ad esercitare la medesima funzione di coordinamento e di direzione in cooperazione con il titolare dirigente.
L'ipotesi di creare un apposita figura di «vicario» è stata correttamente esclusa dallo schema di decreto considerata la difficile definibilità delle funzioni e la atipicità dell'incarico.
Appare assai più semplice e coerente dal punto di vista sistematico prevedere invece una modulazione dell'organico di posti di presidente di sezione e di procuratore aggiunto in ragione di una unità per ogni dieci giudici per i primi e di una unità per ogni quindici sostituti per i secondi, rimanendo tale rapporto indifferente alle eventuali eccedenze che non integrino il denominatore sopra indicato. I posti rimasti scoperti a seguito di tale riformulazione dovrebbero essere messi a concorso consentendo ai magistrati titolari dei corrispondenti posti soppressi una partecipazione che privilegi l'esperienza pregressa pur sempre a fronte di una rigorosa valutazione comparativa per la scelta dei più idonei. A tal fine sembra opportuno esplicitare che l'assegnazione dei posti di cui al comma 2 dell'articolo 22 avvenga, sempre previa una valutazione di adeguata professionalità, a seguito di concorso riservato ai titolari di uffici direttivi e semidirettivi soppressi e quindi prima della pubblicazione degli stessi posti.
Qualora vi siano le qualità professionali richieste e le condizioni oggettive inerenti l'ufficio sarà interesse generale dell'amministrazione della giustizia consentire, ad esempio, che il procuratore circondariale o il pretore dirigente di un importante mandamento contribuiscano alla organizzazione, alla direzione e al coordinamento del nuovo ufficio di tribunale con una propria collocazione funzionale adeguata al compito.

3.2. Dirigenza degli uffici giudiziari e presidenti di sezione (articolo 10)

Si condivide la previsione della soglia minima di dieci magistrati per istituire la presidenza di sezione. Meno chiare sono le ragioni per le quali all'articolo 47-ter, primo comma, si prevede, senza indicazione di alcun criterio, la istituzione del posto di presidente di sezione relativa alle corti di assise, posto che i nuovi presidenti di sezione hanno funzioni diverse, ad esempio, di coordinamento, rispetto all'attuale presidente di sezione.
L'argomento secondo cui, prevedendo la legge che a presiedere la corte di assise sia chiamato un presidente di sezione di tribunale, non appare idoneo a sorreggere la scelta compiuta posto che nulla impedirebbe che il presidente della Corte di assise sia individuato tra i presidenti di sezione di altri tribunali del distretto il quale, previamente individuato in tabella, si rechi a presiedere la Corte quando questa sia convocata. È molto meno gravoso in termini istituzionali, infatti, la missione di un presidente di sezione che non l'istituzione di un posto di organico che non avrebbe altra giusficazione che la presidenza, di tanto in tanto, della sezione di corte di assise.
Si consiglia di valutare l'opportunità di consentire la istituzione del posto di presidente di sezione anche per la direzione delle sezioni fallimentari per il quale, unitamente alle già previste presidenze di sezione per la direzione dei giudici incaricati dei provvedimenti relativi alle indagini preliminari e alla udienza preliminare e dei giudici incaricati della trattazione delle controversie in materia di lavoro, di previdenza e assistenza obbligatorie, sarebbe forse conveniente prevedere, sempre che sussistano condizioni oggettive di lavoro adeguate, una riduzione sia pure assai contenuta della soglia minima prevista dall'articolo 47-ter.

4. Disposizioni sul processo civile

Si condivide la prospettazione del Governo e si suggerisce la seguente integrazione.
Per quanto riguarda la individuazione di nuovi casi di riserva di collegialità, per cui l'articolo 1, comma 1, lettera n), della legge conferisce al Governo una specifica delega, la relazione allo schema di decreto legislativo lascia alle competenti Commissioni parlamentari «la valutazione dell'opportunità, dell'inserimento di nuovi casi, tenendo conto, all'uopo, anche delle indicazioni provenienti dal mondo forense, nell'ambito del quale sono emerse spinte verso soluzioni estensive dei confini della collegialità».
Sulla base di tali considerazioni potrebbero individuarsi come materia di particolare complessità, da richiedere una riserva di collegialità:

a) in tema di società, le impugnazioni delle deliberazioni dell'assemblea e del consiglio di amministrazione;
b) in tema di successioni, le impugnazioni dei testamenti e le azioni di riduzione per lesione di legittima.

Più complesso appare individuare altre riserve di collegialità in tema di contratti non apparendo coerente la reintroduzione di una competenza per valore. Inoltre occorre avanzare talune riserve in relazione all'articolo 51, che introduce nel codice di procedura civile l'articolo 281-ter . In realtà ad un'attenta lettura si comprende che si tratta di una norma coerente con il sistema processuale pretorile ma che non ha più senso alcuno rispetto al processo di tribunale, sia pure in composizione monocratica.
È di tutta evidenza che l'operatività di tale innovazione dovrà rimanere esclusa rispetto al processo del lavoro.

4. Disposizioni sul processo penale (articoli da 135 a 191)

L'articolo 1, punto c) della delega, introducendo una deroga alla competenza generale del giudice unico in composizione monocratica, prevede che il tribunale, salve le composizioni e le attribuzioni della Corte di assise giudica in composizione collegiale per reati specificatamente indicati, nella materia delle misure di prevenzione personali e reali e allorquando vi siano fattispecie caratterizzate da particolare allarme sociale o da rilevanti difficoltà di accertamento.
Appare opportuno ad una lettura più attenta dell'elenco contenuto nella legge delega proporre di attribuire alla competenza del tribunale in composizione collegiale il reato di cui all'articolo 2628 c.c. (manovre fraudolente su titoli della società) che ha un'analoga complessità di accertamento a quei reati societari, articoli 2621, 2629, 2637 già indicati quali fattispecie attribuite alla competenza del giudice unico di primo grado in composizione collegiale. Inoltre si concorda con la proposta formulata dal Governo di riservare alla cognizione collegiale taluni reati contro l'ordine pubblico e la pubblica incolumità. L'argomentazione che il Governo porta a sostegno di tale ampliamento appare assai rigorosa in quanto fa riferimento ad un criterio selettivo ricostruito sulla base delle caratteristiche del bene giuridico tutelato e del peculiare disvalore sociale del fatto-reato anche in rapporto alla sua diffusività. La particolare cura ed intelligenza con la quale il Governo ha proceduto consente quindi di esprimere consenso alle diverse fattispecie indicate per la loro attribuzione alla competenza del giudice collegiale.

5.1. Nell'elencare i reati da attribuire alla competenza del giudice unico in composizione collegiale la legge delega fa riferimento solamente in taluni casi alla figura del tentativo (articolo 1, punto c), n. 4) mentre nell'individuare altre fattispecie di reato non vi è alcuna specificazione circa la estensibilità della competenza collegiale anche al reato tentato (articolo 1 punto c), nn. 1, 2 e 5). Non vi è dubbio alcuno che tale disparità di previsione potrebbe ingenerare incertezze interpretative determinate dal rapporto tra fattispecie consumata e fattispecie tentata. Appare quindi opportuno che sia definita una regola di carattere generale la quale fissi la competenza al giudice collegiale o al giudice monocratico delle diverse fattispecie di reato sia quando questo è consumato e sia quando è tentato.
In tale prospettiva, appare senz'altro più razionale attribuire la competenza per il reato tentato allo stesso organo competente a conoscere il reato consumato.

5.2. Nel corso della discussione sulla legge delega fu affrontato in termini assai approfonditi la scelta del modello processuale da applicare avanti al giudice monocratico di primo grado. Prevalse l'opinione che fosse più opportuno utilizzare il modello del processo pretorile in quanto esso appariva strutturato su criteri di maggiore semplicità e celerità.
Tuttavia alla luce di una più attenta lettura non può non essere constatato che le esigenze di razionalità e celerità non possono, in un tema così delicato quale è il rito processuale essere congiunto ad un preciso e rigoroso sistema di garanzie. Pertanto appare indispensabile ridisegnare il sistema processuale pretorile introducendo momenti di garanzia già presenti nell'attuale rito di tribunale. Si prospetta quindi la necessità di un intervento legislativo che corregga l'impostazione processuale delineata dalla legge delega soprattutto allorquando si è in presenza di procedimenti afferenti a reati di consistente gravità o di particolare complessità.

5.3. Gli articoli 5 e seguenti del decreto legislativo. 28.7.1989, n. 271, relativo alle norme di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale detta disposizioni relative alla polizia giudiziaria. In particolare stabilisce la composizione delle sezioni di polizia giudiziaria. La costituzione dell'organico delle sezioni e lo stato giuridico e carriera del personale delle sezioni. Non dovrebbero esservi dubbi che le diverse sezioni di polizia giudiziaria costituite presso le procure della Repubblica e le procure presso le preture dovrebbero essere unificate in un'unica sezione che assommi l'organico di quelle ora esistenti. Peraltro l'articolo 177 dello schema di decreto prevede che l'organico di sezione di polizia giudiziaria, modificando il primo comma dell'articolo 6 delle norme di attuazione del codice di procedura penale., è costituito da personale in numero non inferiore al doppio di quello dei magistrati previsti nell'organico delle procure della Repubblica. Tuttavia considerando che si tratta di materia soggetta a diverse amministrazioni dello Stato, al fine di evitare discrasie e incomprensioni nella definizione della nuova sezione di polizia giudiziaria si suggerisce di prevedere che il nuovo organico di polizia giudiziaria sarà costituito da tutto il personale ora previsto sia nell'organico delle procure della Repubblica presso i tribunali che nell'organico delle procure della Repubblica presso le preture, fermi rimanendo le previsioni di cui all'articolo 177 sopra ricordato. Pertanto a seguito della soppressione dell'ufficio requirente della pretura dovrà essere disposto il trasferimento del personale di polizia giudiziaria allo stato qui previsto, presso la sezione di polizia giudiziaria della procura della Repubblica presso il tribunale.

6. Processo del lavoro

Dopo avere espresso il consenso per le soluzioni proposte nello schema di decreto legislativo si ritiene di dover muovere talune osservazioni critiche.
La soluzione adottata in via transitoria per l'appello relativo alle controversie di lavoro appare di dubbia razionalità in quanto, tra l'altro, comporta la paradossale conseguenza che gli appelli più recenti, per i quali presumbilimente l'udienza di discussione fissata oltre il dicembre 1999 e per i quali la disposizione del decreto legislativo prevede l'attribuzione alla corte di appello, si troveranno ad esser decisi prima di quelli meno recenti che rimarrebbero in carica al tribunale.
Si propone pertanto che tutti gli appelli pendenti alla data in vigore del decreto legislativo restino di competenza del tribunale che provvederà alla loro definizione attraverso una sorta di «sezione stralcio». Ciò potrà comportare, tra l'altro, il vantaggio di evitare movimenti di fascicoli, attività di registrazione, presa in carico, comunicazioni etc.
In vista dell'aggravio che la giurisdizione del lavoro vedrà nella imminente applicazione della norma che attribuisce al giudice ordinario le controversie in materia di pubblico impiego ed in considerazione della rilevanza sociale della materia si raccomanda di provvedere ad una congrua dotazione di organici delle sezioni lavoro in sede di applicazione dell'articolo 18 del decreto legislativo.

7. Regime tavolare

Si ritiene opportuno integrare il decreto legislativo in tema di regime tavolare e ciò senza in alcun modo eccedere dall'ambito del decreto delegato. Occorrerà quindi prevedere un articolo 143-bis nel quale si preveda di aggiungere dopo l'articolo 125 del decreto 28 marzo 1929, n. 499 inerenti le disposizioni relative ai libri fondiari nei territori delle nuove province l'articolo 125-bis nel quale si afferma: «nel territorio delle regioni Trentino Alto Adige e nella regione Friuli Venezia Giulia le funzioni del pretore in veste di giudice tavolare di cui al regio decreto 28 marzo 1929, n. 499, sono attribuite al tribunale. Il coordinamento delle funzioni relative all'impianto e alla tenuta dei libri fondiari e a quelle del giudice tavolare è disciplinato con norma di attuazione da adottarsi ai sensi dei relativi statuti speciali, anche mediante delega delle funzioni del giudice tavolare di primo grado a conservatori degli uffici regionali del libro fondiario.
Inoltre è opportuno prevedere la sostituzione del secondo comma dell'articolo 126 del regio decreto 28 marzo 1929 n. 499, con il seguente: «contro di essi è ammesso reclamo al tribunale in composizione collegiale, il quale delibera con decreto in camera di consiglio sulla base degli atti presentati al giudice tavolare.
Da ciò consegue che negli articoli 130-bis 132 e 133 del citato regio decreto dopo la parola «tribunale» deve essere aggiunto «in composizione collegiale».
Si sottopone poi all'attenzione del Governo di valutare l'opportunità di trasferire al tribunale anche l'attività di giurisdizione volontaria per il rilascio di certificati di eredità che è presupposto per la intavolazione della eredità così come previsto dall'articolo 13 del regio decreto 28 marzo 1929, n. 499.

8. Trasferimento di funzioni pretorili alle amministrazioni (articolo 192)

Le previsioni indicate dal Governo sono condivisibili in quanto è opportuno che l'attività giurisdizionale sia liberata da incombenze non proprie, così come peraltro è esplicitamente indicato nella lettera o) dell'articolo 1, comma 1, della legge delega. Si suggerisce che oltre le ipotesi già elencate sia sottratta alla competenza del giudice anche la revisione delle liste elettorali, rimanendo questi ovviamente competente nell'ipotesi di proposizione di reclamo.
Va osservato tuttavia che attribuire al prefetto le competenze sottratte al giudice è inutilmente gravoso per il cittadino che dovrà recarsi per il compimento di atti sovente meramente formali in prefettura che può aver sede in località assai distante dalla residenza dell'interessato. Nello spirito che recenti interventi normativi disposti dal Ministro Bassanini per semplificare e facilitare al cittadino attività di mero accertamento si potrebbe ipotizzare che per il compimento di un atto formale, seppur pregnante come il giuramento il cittadino non debba recarsi in prefettura (articolo 192, n. 4). Così come non appare utile che il prefetto debba assumere la competenza per ricevere un giuramento per l'esercizio di un'attività. Il Governo dovrebbe valutare se tale giuramento possa invece essere reso dinanzi al sindaco del luogo ove il cittadino esercita la propria attività.
Inoltre dovrebbe essere previsto che il prefetto possa avvalersi della forza pubblica (articolo 192, n. 5) solo nei casi in cui l'autorità amministrativa non ne disponga di propria, come ad esempio il sindaco con la polizia municipale, ovvero non ritenga di poter utilizzare la propria perchè ritenuta inadeguata.
L'articolo 194 dello schema di decreto legislativo prevede modifiche in materia di stato civile con il trasferimento delle competenze ora attribuite al pretore del mandamento al prefetto. Si invita il Governo a valutare se per quanto previsto dalla lettera a) dell'articolo 194 attinente a vidimazione dei registri obbligatori prima del loro uso con indicazione del numero dei fogli non possa, invece che al prefetto, essere attribuita la competenza al segretario comunale o in subordine al giudice di pace.
Quanto poi alla lettera b) dell'articolo 194 si osserva che appare del tutto inutile l'obbligo di inviare al prefetto per la vidimazione dei registri che debbono essere usati nell'anno successivo così come previsto dall'articolo 20, secondo comma, del regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238. Pertanto si suggerisce la soppressione di tale disposizione. Sempre facendo riferimento alla lettera b) dell'articolo 194 si propone di attribuire la competenza ora del pretore al segretario comunale per quanto previsto dagli articoli 24 e 178 del regio decreto 1238/39. Alla lettera f) dell'articolo 194 si fa riferimento agli articoli 179, primo comma, 180, primo comma e 181 primo e secondo comma del R.D. 1238/39 ove si prevede che le funzioni del pretore siano attribuite al prefetto circa la verificazione dei registri e la attestazione della loro regolare tenuta. Si suggerisce di non incaricare per tali incombenze il prefetto bensì il cancelliere o altro ausiliario del tribunale. Si fa presente che per i processi verbali relativi alle verifiche rimane comunque l'obbligo di trasmissione al procuratore della Repubblica per i dovuti controlli e quindi non si comprende la ragione di incaricare il prefetto per una parte del procedimento.

9. Disciplina transitoria

L'articolo 1, comma 2, della legge delega prevede tra l'altro che il Governo emani una disciplina transitoria rivolta ad assicurare la rapida trattazione dei procedimenti pendenti. Pur condividendo le scelte effettuate dal Governo al fine di facilitare l'avvio di una così importante riforma si ritiene di dover avanzare talune riserve su un unico punto. Non vi è dubbio che occorre prevedere la introduzione di specifici meccanismi acceleratori all'interno del processo ed in particolar modo porre la massima attenzione sulla necessità di rendere più accessibili ed operativi i riti alternativi al dibattimento. Perplessità nascono non tanto dalle soluzioni previste che peraltro sono assolutamente condivisibili ma da una valutazione attinente l'esercizio della delega circa la non necessità del consenso del pubblico ministero nel giudizio abbreviato. È certo che tale soluzione garantisce una migliore funzionalità al rito alternativo, tuttavia seri dubbi permangono circa la possibilità di contenere tale intervento normativo all'interno della legge delega. La eliminazione della obbligatorietà del consenso del pubblico ministero, non essendo esplicitamente prevista dalla legge delega e non apparendo comunque riconducibile all'assicurazione di una rapida trattazione del procedimento pendente, ci impone di esprimere l'opinione che il Governo abbia esercitato ultra vires la delega conferita. Ciò non toglie che il Governo potrà presentare un apposito disegno di legge che potrà essere rapidamente sottoposto alla valutazione del Parlamento.
La Commissione giustizia del Senato, dopo aver esaminato lo schema di decreto legislativo riguardante la istituzione del giudice unico di primo grado, avendo ritenuto la piena corrispondenza dello schema di decreto con i principi e i criteri direttivi contenuti nella legge delega, salvo le osservazioni formulate in proposito esprime pertanto parere favorevole allo schema di decreto legislativo recante istituzione del giudice unico di primo grado invitando il Governo a tenere nel giusto conto le osservazioni che la Commissione ha ritenuto di sottoporre alla sua attenzione».
Il Relatore

Il relatore dà, quindi, conto delle conclusioni cui la Commissione giustizia dell'altro ramo del Parlamento è pervenuta in ordine allo schema di decreto legislativo nel parere da essa già approvato e, dopo aver constatato con soddisfazione che tale parere ricalca la filosofia dello schema di parere da lui proposto alla Commissione, mette altresì in rilievo le modifiche - peraltro non decisive - che tale parere diversificano rispetto agli orientamenti che egli propone alla Commissione. In particolare, fra gli aspetti di differenziazione, si segnala l'introduzione di una ulteriore causa di incompatibilità rispetto all'esercizio delle funzioni di giudice onorario introdotta per i praticanti avvocati in tal senso modificando - all'articolo 5 dello schema di decreto legislativo - l'articolo 42-quater ivi introdotto al Regio decreto 30 gennaio 1942, n. 12. Altro aspetto da segnalare attiene, quindi, alla questione delle figure dei magistrati direttivi e semidirettivi, problema rispetto al quale l'altro ramo del Parlamento appare orientato con decisione a prevedere un automatico transito verso funzioni corrispondenti a quelle già svolte. Altro aspetto da segnalare riguarda la proposta di modificare l'articolo 148 dello schema sostituendolo nel senso di stabilire che il comma 7 dell'articolo 309 del codice di procedura penale vada riformulato stabilendo che sulla richiesta di riesame decide il tribunale del capoluogo di provincia nella quale ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza. Il relatore conclude dando atto ai componenti della Commissione della fattiva collaborazione che gli hanno prestato, rammaricandosi di non aver potuto ricevere in tempo utile alcune indicazioni, al fine di poterne tener conto nella redazione finale dello schema di parere.

Si apre il dibattito.

Il presidente ZECCHINO, prendendo atto del notevole impegno che i colleghi sono chiamati a svolgere in relazione agli impegni dell'Assemblea previsti per il primissimo pomeriggio, si augura sia possibile concentrare il dibattito e di esprimere il parere richiesto nella giornata di oggi. Invita a verificare se vi è la possibilità di giungere ad esprimere un parere il più unitario possibile.

Il senatore BERTONI si ricollega ai precedenti tentativi - che rimontano assai indietro nel tempo - diretti a intraprendere riforme analoghe a quelle proposte dal Governo con il provvedimento in esame. Dopo aver ricordato che tali tentativi furono poi contraddetti quando, nel corso della fine degli anni 80, vennero creati gli uffici delle procure circondariali e ricordato, altresì, che con la riforma del codice di procedura penale si aggiunse una ulteriore moltiplicazione degli uffici giudiziari, avverte che, nonostante egli sia convinto sostenitore di una riforma diretta a rendere più agile il sistema complessivo dell'amministrazione della giustizia, intravede pesanti indizi che anche in questa occasione la prognosi non sarà favorevole. Manca, infatti, a giudizio dell'oratore, una visione complessiva degli interventi poichè il Governo ha presentato lo schema di decreto in esame, separandolo dall'altro per la istituzione delle sezioni distaccate di tribunale e dei tribunali delle aree metropolitane. Tale modo di procedere impedisce una visione unitaria, e oltre ad essere gravemente penalizzante per il Parlamento, appare anche contraddittorio poichè egli intravede nelle modalità con le quali si procederà alla revisione delle sezioni distaccate ed agli accorpamenti degli uffici giudiziari, le premesse per la creazioni di ulteriori megastrutture. Tali eccessive dimensioni determineranno il cattivo funzionamento degli uffici giudiziari, nonostante la sicura professionalità dei magistrati che opereranno al loro interno. Ricordato che, alla luce dell'esperienza acquisita, per ottenere la migliore produttività del sistema giustizia non si può prescindere dalla costituzione di strutture giudiziarie che funzionino agilmente in quanto calibrate su dimensioni medie, ribadisce che se non si verificheranno alcuni presupposti oggettivi quali il completamento della opera di depenalizzazione di alcuni reati, l'aumento della competenza del giudice di pace e l'attribuzione a tale organo della competenza penale mancheranno le premesse per una reale inversione di tendenza. Deve purtroppo constatare che ancora una volta si assiste alla prassi di varare leggi cui non corrisponde una adeguata strutturazione di mezzi e di personale. In particolare occorrerebbe aumentare la pianta organica dei magistrati e degli ausiliari, nonchè approvare le disposizioni ancora all'esame al Senato in tema di incentivi ai magistrati (Atto Senato n. 2782). Altro aspetto di assoluta urgenza riguarda poi gli effetti - che prevede molto negativi - della prossima devoluzione al giudice ordinario di tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. La data del 30 giugno del 1998 a tal fine prevista dall'articolo 11, comma 4, lettera g), della legge n. 59 del 1997, è molto ravvicinata e occorre - a giudizio dell'oratore - aver chiaro che una analoga scelta, limitata alla cognizione per le controversie del personale dipendente delle ferrovie, ha avuto conseguenze disastrose. Non senza aver riconosciuto che la relazione svolta dal relatore è stata assai pregevole e particolarmente apprezzabile è la redazione dello schema di parere, lamenta che il tempo a disposizione per eventuali osservazioni è stato estremamente ristretto e risulta pertanto insopprimibile l'esigenza di ottenere una proroga per l'emissione del parere, da adottare nelle forme più appropriate, anche per permettere alla Commissione di esaminare congiuntamente lo schema di decreto in titolo con quello successivo che individua le sezioni distaccate. Conclude prospettando l'esistenza di forti dubbi di costituzionalità sia per quanto riguarda la mancata previsione di un trattamento di missione per i magistrati che perderanno il posto loro attribuito per effetto della revisione degli uffici giudiziari, che avuto riguardo alla diffusa inosservanza delle regole di ripartizione di competenza all'interno del giudice unico, tale da determinare certamente effetti di nullità degli atti.

Il senatore GRECO rileva come l'intervento del senatore Bertoni abbia evidenziato l'estrema complessità dei profili ordinamentali, sostanziali e processuali connessi con l'introduzione del giudice unico di primo grado. L'oratore condivide innanzitutto la richiesta del senatore Bertoni di un intervento legislativo che modifichi il termine attualmente previsto dalla legge n. 254 del 1997 per l'esercizio della delega, ritenendo altresì opportuna una proroga del termine previsto per l'espressione del parere, qualora ciò sia possibile.
Nel rimettersi poi sin da ora alle considerazioni che saranno svolte nel suo intervento dal senatore Centaro, si sofferma sulle osservazioni del relatore Calvi relative alla problematica dei giudici onorari, ritenendo che esse debbano essere valutate con estrema attenzione. In particolare, condivide la proposta del relatore circa la previsione di un limite temporale entro il quale dovranno essere eliminate dall'ordinamento giudiziario le figure in questione, così come il suggerimento di spostare da 66 a 70 anni e da 30 a 25 anni i limiti di età previsti per la nomina a giudice onorario di tribunale dall'articolo 42-ter, come introdotto dall'articolo 5 dello schema in esame.
Pieno consenso deve poi manifestarsi in merito alla previsione della temporaneità degli incarichi direttivi e va sottolineato che, su questo specifico punto, risulta estremamente significativo il fatto che anche all'interno della magistratura si sia determinato negli ultimi tempi un orientamento in linea di massima favorevole ad una evoluzione in questo senso. Ugualmente positiva è infine la valutazione da farsi circa le raccomandazioni formulate con riferimento alla problematica dell'appello nella materia del lavoro e a quella delle modifiche in tema di stato civile.

Dopo un breve intervento del senatore PREIONI al quale replica il presidente ZECCHINO, prende la parola il senatore RUSSO che non condivide la proposta di un differimento del termine per l'espressione del parere avanzata dal senatore Bertoni,

Interviene il presidente ZECCHINO il quale rileva che una simile soluzione è impraticabile in quanto il termine in questione è fissato direttamente dalla legge n. 254 del 1997.

Riprendendo il suo intervento, il senatore RUSSO si dichiara integralmente d'accordo con il contenuto della proposta di parere illustrata dal relatore, pur ritenendo opportuno formulare al riguardo alcune osservazioni.
In primo luogo l'oratore evidenzia la necessità che venga al più presto presentato il disegno di legge di riforma del rito pretorile in materia penale, mentre, per quanto riguarda più specificamente lo schema di decreto in esame, suggerisce alcuni aggiustamenti con riferimento, tra l'altro, alla definizione delle competenze degli uffici pretorili che continueranno l'attività per l'esaurimento degli affari pendenti. Prosegue quindi manifestando perplessità sulla possibilità di attribuire ad ufficiali di polizia giudiziaria le funzioni di pubblico ministero in udienza, in quanto tale soluzione implica di fatto un indebolimento del contraddittorio in sede dibattimentale, e conclude sottolineando l'esigenza che venga chiarito se le disposizioni contenute nello schema di decreto risultano effettivamente conformi alla previsione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), n. 3 della legge n. 254 che prevede la competenza del tribunale in composizione collegiale in tutti i casi in cui si procede per delitti puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni.

Il senatore CENTARO non può fare a meno di osservare che gli aspetti inaccettabili dello schema di decreto in esame non si limitano a questioni già evocate dal dibattito, ma riguardano anche aspetti meno immediatamente percepibili eppure altrettanto importanti. Mentre fra le grandi questioni non si può non ricordare l'approccio con il quale il Governo ha affrontato il tema dei magistrati onorari nonchè l'altra dei magistrati che perderanno i loro posti e saranno oggetto di una vera e propria retrocessione, altre alle problematiche riguardano il rito civile e il rito penale. Qui numerosi sono gli interventi che certamente esorbitano dall'ambito della delega, sia perchè vengono attribuite al giudice di pace, in aperta contraddizione con la natura delle funzioni da esso attualmente svolte, competenze di natura certamente con le precedenti superiore, sia perchè vengono fissati i momenti di decadenza e di nullità chiaramente in dissonanza con i principi generali. A tacere, poi, di specifici interventi, come quello che attribuisce agli stessi nubendi la dichiarazione dell'assenza di impedimenti alle nozze, che risulta chiaramente inaccettabile. Tale inaccettabilità il senatore Centaro riferisce più propriamente non al merito delle norme, che appaiono per larga parte condivisibili, ma piuttosto alla scelta dello strumento poichè l'averle inserite nel provvedimento in titolo determina, come da lui già sottolineato, un chiaro travalicamento della delega concessa. Conclude sottolineando che in occasione di interventi di tale portata il Governo dovrebbe cercare una maggiore dialettica con le istanze parlamentari.

Il senatore FASSONE esprime consenso all'impostazione di fondo del provvedimento, pur prendendo atto delle riserve espresse dal senatore Bertoni, di cui si augura il Governo saprà tener conto. Nel provvedimento in esame si rinvengono alcune direttrici di fondo che lo rendono apprezzabile, la rivisitazione della magistratura onoraria, la disciplina delle funzioni direttive ed infine la revisione che esso impone delle sedi giudiziarie. Tale ultimo profilo non è - a suo avviso - emerso con sufficiente chiarezza. Tuttavia dagli articoli 18 e 19 dello schema emerge un primo canale di intervento sulla distribuzione delle risorse magistratuali che desta grande apprezzamento e ne facoltizza un utilizzo accorto, in attesa di quella rivisitazione della geografia giudiziaria che potrà essere ottenuta con la revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Tale aspetto il senatore Fassone mette in luce pur richiamando l'attenzione della Commissione sul fatto che alcuni motivi di perplessità sussistono alla luce delle sentenze della Corte costituzionale in materia di incompatibilità. Condivisione esprime anche con riferimento alla scelta in tema di funzioni direttive e semidirettive, considerando che attualmente il rapporto fra magistrati e cosiddetti direttivi e semidirettivi è di circa uno a cinque. Molte sono state le pressioni per mantenere tale rapporto: tuttavia, ad avviso dell'oratore, la previsione del Governo di un rapporto da uno a dieci è ampiamente condivisibile. Così come condivisibili sono le cautele che prevedono il mantenimento delle funzioni nella prospettiva di non disperdere le professionalità acquisite.

Il senatore CALLEGARO ribadisce la propria contrarietà allo svolgimento di compiti magistratuali da parte degli avvocati. Ritiene che al bisogno di giustizia occorra soprattutto corrispondere aumentando l'organico dei magistrati togati. Non condivide, inoltre, la scelta del relatore di prevedere un termine non superiore a cinque anni entro cui l'ufficio del giudice onorario di tribunale e del vice procuratore dovrà essere eliminato dall'ordinamento giudiziario. Si tratta di un termine troppo lungo anche se è opportuno procedere con gradualità. Forti riserve, che rasentano l'illegittimità costituzionale il senatore Callegaro, esprime, poi, in merito al blocco di due anni che il provvedimento impone a coloro che non potranno mantenere la posizione acquisita, prima di poter chiedere il trasferimento ad altre funzioni. Tale previsione, infatti, crea una ingiustificata disparità di trattamento. Per quanto riguarda, quindi, la questione della polizia giudiziaria in servizio presso le procure delle preture occorre che il trasferimento degli addetti avvenga automaticamente atteso che diversamente i tempi sarebbero lunghi ed i passaggi burocratici eccessivi. Dopo aver aggiunto che nello schema di provvedimento in esame vi è certamente un eccesso di delega rispetto alla disciplina dei giudici onorari, eccesso di delega che si traduce anche nell'affidamento a tali figure di funzioni inconciliabili rispetto alle competenze attualmente svolte, il senatore Callegaro si augura che le sue osservazioni siano recepite dal relatore.

Il senatore MILIO condivide i rilievi esposti dal senatore Bertoni circa la opportunità di una proroga del termine per l'espressione del parere e di quello previsto per l'esercizio della delega nonchè le considerazioni relative al merito dello schema di decreto. Preannuncia quindi fin da ora la sua astensione sulla proposta di parere predisposta dal relatore e sottolinea, in particolare, le problematiche relative all'inadeguatezza delle strutture e i profili attinenti all'eccesso di delega in materia di giudici onorari.

Il senatore PREIONI ritiene che sullo schema di decreto in esame debba esprimersi una valutazione complessivamente negativa, dovendosi altresì rilevare come la Commissione sia costretta a formulare il proprio giudizio sulla base di dati conoscitivi parziali non avendo potuto esaminare contestualmente lo schema di decreto concernente l'istituzione delle sedi di tribunale distaccate e la soppressione delle attuali sezioni distaccate di pretura. Si tratta, inoltre, di un provvedimento che si muove in un'ottica inconciliabile con una prospettiva federalista di decentramento effettivo.
Più in particolare, l'oratore, pur ribadendo la non condivisibilità dello schema di decreto nel suo insieme, auspica che il relatore recepisca nella sua proposta di parere le considerazioni formulate nel parere approvato dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati circa l'articolo 22 dello schema in questione.
Preannuncia infine che, comunque, i senatori del Gruppo Lega Nord si asterranno o voteranno in senso contrario sulla proposta di parere illustrata dal relatore.

Il senatore Antonino CARUSO ritiene che lo sforzo argomentativo svolto dal relatore sia stato essenziale poichè solo utilizzando al meglio le sue capacità il relatore Calvi avrebbe potuto difendere alcune scelte che invece egli ritiene del tutto indifendibili. In particolare, dopo aver rilevato la contraddittorietà dello schema di parere proposto, laddove esso all'espressione di pieno consenso al provvedimento in titolo fa seguire alcune non piccole riserve, cui - ricorda il senatore Antonino Caruso - vanno aggiunte le numerose osservazioni critiche fatte pervenire da diverse istituzioni, l'oratore aggiunge altre osservazioni negative per quanto attiene il sicuro travalicamento dalla delega con riferimento alla magistratura onoraria e paventa gravi conseguenze per il funzionamento della giustizia che certamente deriveranno dall'attuazione delle norme proposte. Il senatore Antonino Caruso si sofferma diffusamente sui motivi che confermano come, in tema di magistratura onoraria, non sia sostenibile la tesi del relatore per giustificarne il mantenimento presso il tribunale e ritiene, anzi - in ciò condividendo le tesi esposte dal senatore Centaro - che la ratio della delega concessa prevedesse la soppressione dell'ufficio del vice pretore onorario. Tale ufficio non può pertanto essere tenuto in vita mediante il trasferimento al tribunale, cambiandone solo il nome, senza urtare con i principi costituzionali in tema di delega. Anche da parte del senatore Antonino Caruso viene messa in evidenza l'importanza dei raccordi fra l'istituzione del giudice unico e gli altri provvedimenti che sono finalizzati ad alleggerire il carico degli uffici giudiziari, come quello della depenalizzazione o a rendere più conforme alle esigenze di legalità il rito pretorile. Ritiene eccessivo il termine di cinque anni che il relatore propone per il mantenimento dei magistrati onorari e ricorda quanto già emerso in occasione del dibattito che portò al varo della legge istitutiva delle sezioni stralcio in occasione del quale fu segnalato il rischio connesso alla troppo giovane età dei magistrati onorari. Sempre in tema di magistratura onoraria, richiama l'attenzione della Commissione sull'esigenza di prevedere requisiti di professionalità di particolare caratura nonchè di mantenere una forte attenzione al problema dell'incompatibilità poichè nella proposta del Governo le competenze svolte da tale giudice tendono ad essere notevolmente ampliate. Ricorda, inoltre, le censure di mancanza di indipendenza rivolte a tali magistrati. Ritiene che le incompatibilità dei magistrati onorari dovrebbero essere fatte valere immediatamente senza aspettare la scadenza del rinnovo - come proposto dal relatore -; sollecita altresì il Governo a stabilire con più precisione a quali cariche elettive si vuol fare riferimento nella stessa materia. Conclude, dopo essersi soffermato sui problemi relativi alla riserva di collegialità, rispetto al quale concorda con le proposte del relatore, laddove, invece, gli appare eccessiva tale riserva in materia di insinuazioni tardive nelle procedure esecutive.

Il senatore FOLLIERI richiama innanzitutto l'attenzione sul fatto che l'introduzione del giudice unico di primo grado andrà incontro ad un sicuro fallimento se non verranno realizzate alcune riforme di carattere strutturale che appaiono indispensabili per la sua piena ed effettiva operatività. Si tratta in particolare della depenalizzazione dei reati minori, dell'ampliamento delle competenze del giudice di pace, del varo del disegno di legge in materia di incentivi ai magistrati ed infine della revisione delle norme attualmente disciplinanti il procedimento pretorile in materia penale. A quest'ultimo riguardo, e nell'ottica di un rafforzamento delle garanzie nell'ambito del procedimento pretorile, sottolinea in particolare l'esigenza di sopprimere il secondo comma dell'articolo 551 del codice di procedura penale, in materia di incidente probatorio, e la necessità di introdurre l'istituto dell'udienza preliminare attualmente non previsto.
Per quanto concerne la magistratura onoraria, suggerisce, tra l'altro, che venga previsto come obbligatorio il parere degli organismi forensi quando le funzioni di magistrato onorario debbano essere attribuite ad un iscritto nei relativi albi professionali.
Inoltre, in merito all'articolo 33-nonies del codice di procedura penale, come introdotto dall'articolo 139 dello schema di decreto, rileva come esso introduca un principio incompatibile con la sistematica del codice di procedura penale e dia indubbiamente luogo ad un caso di eccesso di delega. Sarebbe, a questo proposito, senz'altro opportuno ed auspicabile che l'articolo in questione venisse eliminato, essendo del tutto sufficiente, per quel che attiene i profili problematici ad esso sottesi, il disposto dell'attuale articolo 26 dello stesso codice. Appare infine assolutamente indispensabile una correzione dello schema di decreto che consenta di evitare l'attribuzione al tribunale in composizione monocratica della competenza a giudicare in casi in cui, ad esempio a causa del ricorrere di circostanze aggravanti, la pena irrogabile può essere nel massimo superiore a venti anni, risultando altrimenti contraddetta la previsione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c) n. 3 della legge di delegazione.

Il senatore CIRAMI condivide le argomentazioni testè esposta dal senatore Follieri e richiama, più in particolare, l'attenzione sulle ragioni che inducono a dubitare della legittimità costituzionale delle disposizioni dello schema di decreto relative alla soppressione degli incarichi direttivi, anche con riferimento alle disparità di trattamento che potranno in concreto derivarne.

Il presidente ZECCHINO dichiara, quindi, chiusa la discussione generale.

Replica il relatore CALVI prendendo atto che di grande spessore e interesse sono stati gli argomenti presentati dagli intervenuti. Purtroppo non di tutti i contributi fattigli pervenire per iscritto egli ha potuto tener conto taluni essendo stati presentati quando egli aveva già redatto la propria bozza. Proprio dall'esigenza di massima apertura ai contributi presentati è nata la impostazione dello schema di parere che egli ha illustrato alla Commissione, la quale impostazione gli è sembrata il modo migliore per sollecitare un dibattito. Il relatore Calvi prosegue dichiarandosi non favorevole ad un rinvio dell'emissione del parere, la cui adozione è un obbligo per la Commissione e rispetto al quale non gli appare possibile richiedere proroghe. Tuttavia, se il Governo avesse l'esigenza di acquisire un tempo maggiore per emanare il decreto legislativo di cui gli viene fatto obbligo dalla legge di delegazione potrà rivolgersi ancora una volta al Parlamento richiedendo una proroga. Torna nuovamente a argomentare in merito alla legittimità dell'esercizio della delega in tema di magistrati onorari mentre, per quanto attiene alle questioni evocate dal senatore Cirami in tema di dirigenti, osserva che non ravvisa nessun declassamento nel fatto che un magistrato da dirigente torni a fare il magistrato. Anche se la questione testè evocata è stata oggetto di non poche sollecitazioni ritiene di averla affrontata con equilibrio e sempre nella logica di non far venir meno il principio della necessaria temporaneità degli incarichi direttivi. Per quanto riguarda, poi, le osservazioni del senatore Centaro, si rammarica che il documento da lui predisposto, per i tempi in cui gli è pervenuto, non sia stato esaminato nell'attività svolta in sede informale. Non ha tuttavia mancato di approfondirlo e, alla luce del riscontro effettuato, le censure che in esso si elencano gli appaiono di difficile accoglimento. Non rinuncia, tuttavia, ad esporle rapidamente argomentando il proprio dissenso al riguardo. Dichiara quindi di poter accogliere le obiezioni del senatore Callegaro in merito alla necessità di eliminare il limite biennale per i successivi trasferimenti dei magistrati direttivi e semidirettivi cosiddetti «perdenti posto» in totale deroga all'articolo 194 dell'ordinamento giudiziario, anche se non si nasconde i problemi organizzativi che tale scelta potrà presentare. Per quanto riguarda, poi, l'organo abilitato a decidere sulla richiesta di riesame, di cui all'articolo 148 dello schema, ritiene che il tema non possa trovare soluzione nel provvedimento in titolo atteso che la modifica della collocazione territoriale delle sezioni del tribunale per il riesame è certamente fuori dalla delega concessa e dovrà, pertanto, essere affrontato in altra sede. Rispetto, poi, alla questione della individuazione dei delitti sui quali il tribunale giudica in composizione collegiale non vi è dubbio che siano sorti problemi interpretativi alla lettura dello schema di provvedimento in titolo. La soluzione suggerita potrebbe essere quella di ridurre l'ambito della monocraticità mediante una norma che deroghi al criterio generale dell'articolo 4 del codice di procedura penale ritenendo quest'ultimo riferibile soltanto alle regole di competenza e non di distribuzione interna delle materie fra collegio giudicante e giudice monocratico: in tal modo sarebbe rispettata la delega che prevede la competenza del giudice collegiale per delitti in cui la pena della reclusione non sia in ogni caso superiore agli anni venti.

Prende quindi la parola il ministro FLICK il quale condivide pienamente le argomentazioni di quanti hanno sottolineato come la riforma rappresentata dall'introduzione del giudice unico di primo grado costituisca un tutt'uno con altri interventi strutturali, quali in particolare la depenalizzazione dei reati minori, l'ampliamento delle competenze del giudice di pace, la revisione del procedimento pretorile in ambito penale e l'attuazione di alcuni ulteriori adattamenti connessi con gli interventi in questione.
Il rappresentante del Governo sottolinea che l'esercizio della delega mediante due distinti schemi di decreto legislativo è stato imposto da esigenze di carattere tecnico e evidenzia, altresì, che l'Esecutivo ritiene assolutamente necessario un intervento legislativo per quanto riguarda i grandi uffici giudiziari di Milano, Roma e Napoli. Non è stato possibile provvedere in questo senso nell'ambito dello schema in esame in quanto non lo avrebbero consentito i limiti posti dalla legge-delega, ma il Governo è intenzionato, proprio a questo fine, a chiedere al Parlamento l'approvazione di una nuova legge di delegazione. Conclude ringraziando tutti i senatori intervenuti per il carattere senz'altro costruttivo delle considerazioni e delle critiche da essi rivolte allo schema di decreto in esame.

Il senatore CENTARO sollecita una decisione del relatore in merito alla accoglibilità delle osservazioni da lui già illustrate. Diversamente dovrà determinarsi a presentare un suo schema di parere, alternativo a quello proposto dal relatore.

Il relatore CALVI mette in evidenza che la sostanza delle obiezioni del senatore Centaro si riferisce a presunti eccessi di delega e che nella bozza da lui proposta alla Commissione gli aspetti relativi alla delega vengono approfonditamente affrontati e risolti. Ritiene che comunque i componenti della Commissione hanno piena facoltà di far pervenire al Governo eventuali proposte a titolo individuale.

Il senatore RUSSO ricorda che la Commissione deve varare un parere riferibile alla Commissione stessa.

Il presidente ZECCHINO chiede pertanto al senatore Centaro se ritenga necessario procedere alla votazione di uno schema alternativo.

Il senatore CENTARO dà quindi conto del seguente schema di parere:

«La Commissione, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo, osserva quanto segue:
Il decreto legislativo, da adottare ai sensi della delega di cui alla legge 16 luglio 1997 n. 254, costituisce l'attuazione concreta della riforma del giudice unico. Essa comporta un radicale stravolgimento del sistema giudiziario italiano, per quanto attiene all'esercizio della giurisdizione in primo grado foriero, nell'auspicio del Governo e del legislatore, di una razionalizzazione e di un'accelerazione dell'amministrazione della giustizia. L'attenzione dovuta, in relazione al peso della riforma ed alle conseguenze che ne scaturiscono, deve indirizzare verso un'accurata valutazione dello schema di decreto offerto dal Governo all'esame del Parlamento.
Il parere espresso da quest'ultimo deve muovere, in primo luogo, dalla rigorosa verifica del rispetto dei limiti indicati da parte della normativa delegata proposta, in secondo luogo, poi, deve valutare l'opportunità, la congruità, la validità delle soluzioni adottate, sempre nell'ambito della delega esercitata.
Ancorchè il parere non sia vincolante per il Governo, specifiche indicazioni in esso contenute circa l'esistenza di previsioni che travalicano la delega concessa devono essere valutate dal governo stesso con particolare attenzione, sia per il peso politico di un contrasto col Parlamento, che per gli effetti che possono scaturirne.
Una diversa soluzione nel merito importa invece solo una responsabilità per la cattiva riuscita, in concreto, della soluzione adottata e non una responsabilità politica o, peggio, una grave violazione delle previsioni costituzionali con la conseguente prevaricazione delle prerogative del Parlamento poste anche a tutela delle forze politiche di minoranza, come avverrebbe altrimenti nel primo caso.
Lo schema di decreto legislativo contiene una lunga serie di previsioni che palesemente eccedono l'ambito della delega, ed altresì soluzioni criticabili nel merito.
Considerata la complessità della materia e la vastità dei profili giuridici coinvolti dal decreto, è opportuno esaminare singolarmente le singole fattispecie secondo quanto di seguito indicato:
Quanto al titolo I, l'articolo 1 comporta, nel testo proposto, il mantenimento dell'ufficio del pretore fino ad esaurimento «degli affari pendenti». Ciò, in sostanza, impedirà a lungo l'unificazione effettiva degli uffici di pretura e tribunale e la conseguente redistribuzione degli organici in relazione al nuovo carico complessivo. Vi è il rischio che per anni la situazione rimanga inalterata mentre, al contrario, appare indispensabile un'immediata unificazione degli uffici anche sotto il profilo operativo, al fine di una migliore utilizzazione del personale amministrativo e dei magistrati e di una valutazione delle necessità di organico. Come distribuire poi le cause instaurate dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo e ricomprese nella precedente competenza pretorile?
L'articolo 5 introduce nell'ordinamento giudiziario mediante decreto legislativo e non attraverso una legge ordinaria, due nuove figure di magistrato onorario. Ancorchè esse siano filiazione di quelle previste presso gli uffici soppressi, la loro previsione non può ritenersi frutto del passaggio degli organici di questi ultimi al tribunale ed alla relativa procura. Tale giustificazione muove da una analogia con i magistrati togati non condivisibile. Per questi ultimi, l'assorbimento negli uffici di primo grado anzidetti è previsto espressamente per legge e non consegue automaticamente per tutti, ben potendo ipotizzarsi altro tipo di destinazione e comunque essendo possibile l'attribuzione ai titolari di uffici direttivi o semi-direttivi di funzioni di pari livello e quindi di altro grado.
Inoltre il rapporto di pubblico impiego presso l'Amministrazione di grazia e giustizia rende obbligatoria e «naturale» la trasmigrazione presso gli uffici in parola non potendo essere risolto per effetto della legge soppressiva degli uffici di appartenenza. Va altresì, considerato che l'ordinamento giudiziario contempla già una ipotesi analoga, relativamente alla soppressione di un singolo ufficio ancorchè non dell'intero genus.
Altrettanto non si verifica per i magistrati onorari, la cui presenza è puramente eventuale e collegata all'ufficio cui sono stati assegnati non da un rapporto di pubblico impiego anche a tempo determinato ma dalla nomina del Consiglio superiore della magistratura. La scomparsa dell'ufficio singolo o del genus comporta inevitabilmente il venir meno dell'incarico. Va altresì considerato come le figure di magistrato onorario in parola vengono concepite mediante legge - giova ripeterlo -, al fine di sostenere l'attività del magistrato togato in via eccezionale o di urgenza ma per materie ed atti di minore rilievo.
È noto, infatti, che, antecedentemente alla riforma, la competenza pretorile ricomprendeva problematiche sia civili che penali di minor caratura rispetto a quella del tribunale.
Le figure di tali magistrati onorari erano state delineate anche tenendo conto di tale circostanza, nella convinzione che le controversie più gravose riservate al tribunale dovessero essere appannaggio solo di magistrati togati.
La perpetuazione dei vice pretori e dei vice procuratori onorati avanti all'unico ufficio, divenuto omnicomprensivo della competenza di primo grado (fatta eccezione per quella riservata per legge al giudice di pace) mediante l'istituzione delle relative figure finirà coll'alterare la superiore impostazione a causa dell'assoluta «confusione» tra le due precedenti competenze. Ne conseguirà la possibilità di attribuire ad un magistrato onorario sia giudicante che requirente controversie di massimo rilievo prima negategli. Tale effetto e, comunque, l'attribuibilità ad un magistrato onorario di competenze di siffatta portata, divenendo impossibile dopo la riforma una distinzione tra i due pregressi ambiti di competenza ed essendo attribuita alla discrezionalità del capo dell'ufficio la delega (ancorchè limitata), avrebbe dovuto essere frutto di una meditazione della figura del magistrato onorario sussidiario alla luce del nuovo assetto delle competenze del magistrato togato di primo grado.
Comportando conseguenze di portata sostanziale sull'esercizio della giurisdizione, l'eventuale istituzione di tali figure avrebbe dovuto essere fatta con legge, al fine di consentire il dibattito parlamentare e quindi la partecipazione del popolo attraverso i suoi rappresentanti come per ogni altra misura avente effetti di portata sostanziale sull'ordinamento giudiziario e sull'amministrazione della giustizia.
Con l'attuale decreto legislativo, in concreto, si introducono nell'ordinamento giudiziario due figure di magistrato onorario del tutto nuove.
Le considerazioni sull'origine di tali figure non valgono a modificare il dato concreto messo prima in evidenza. In tal guisa, si viola palesemente la legge travalicando la delega attribuita dal Parlamento.
Essa infatti, non contiene in alcuna sua previsione un richiamo, anche solo indiretto, utile ad ipotizzare la trasmigrazione dei magistrati onorari addetti agli uffici soppressi con la conseguente nuova configurazione nell'ambito dell'ordinamento giudiziario.
È opportuno poi, se persiste l'orientamento di attribuire al giudice di pace una, sia pur minima competenza in materia penale modificare il testo proposto dalle lettere a) e b) dell'articolo 43 regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12, di cui all'articolo 6.
Nell'articolo 9 è utile prevedere la possibilità per il presidente del tribunale di presiedere qualsiasi sezione, al fine di mantenergli un esercizio effettivo (ancorchè teorico) di funzioni giurisdizionali ed un potere di supplenza.
Ciò tra l'altro eviterebbe la sua riduzione a burocrate-dirigente dell'ufficio.
All'articolo 10 è opportuno prevedere che dell'organizzazione del lavoro sia investito il presidente del tribunale, anche per le ragioni sopra descritte.
Va, altresì, sempre prevista in organico, ove possibile, una sezione del giudice delle indagini e dell'udienza preliminari, mantenendo il posto di presidente aggiunto nei tribunali di maggior organico.
Tale ufficio, in virtù delle funzioni svolte, non può considerarsi una sezione analoga alle altre.
Esso rivendica una autonomia ordinamentale, benchè nell'ambito della funzione giudicante di primo grado, ponendosi come punto di passaggio tra le indagini preliminari ed il dibattimento ed anche, frequentemente, come punto di conclusione di un procedimento (riti abbreviati, archiviazione).
La presenza della figura di presidente aggiunto consente una migliore organizzazione del lavoro, come attualmente avviene, ancor più utile in funzione delle nuove competenze attribuite e dell'aumento di organico dell'ufficio.
Ad ogni presidente di sezione non può essere attribuita la direzione di più di una sezione (l'articolo 10 introduttivo di un articolo 47-quater) per evidenti ragioni organizzative e di capacità operativa.
È utile prevedere all'articolo 16 la delega in udienza solo per gli uditori giudiziari avuto riguardo alle considerazioni espresse nella pregressa narrativa sui magistrati onorari.
È necessario all'articolo 17, tenuto conto della presenza di sezioni distaccate frequentemente lontane dalla sede di servizio, specificare meglio il concetto. identificandola eventualmente con il luogo ove si esercita l'attività secondo le tabelle. In tale ottica, il testo originario dell'articolo 209, opportunamente modificato, risponde meglio a tale esigenza. Non è giustificabile in alcun modo «all'articolo 21» la possibilità per gli ex pretori del lavoro o per i giudici del lavoro del tribunale di passare alle funzioni di secondo grado, anche in deroga alle previsioni dell'articolo 194 del regio decreto 3 gennaio 1941 n. 12. La delega non comprende tale possibilità ed essa non è ricomprensibile certo nella razionalizzazione dell'ufficio di primo grado. Finisce, poi, con lo sguarnire quest'ultimo, contravvenendo a tutto l'impianto della riforma e della legge-delega.
La disciplina dell'articolo 22 non può, in sè, ritenersi soddisfacente giacchè comporta una retrocessione di funzioni, a mente del comma 1, evitabile attraverso una disciplina diversa.
L'aumento di organico di tribunale e relativa procura può consentire l'istituzione di un numero di posti di presidenti di sezione (anche distaccata) e di procuratore aggiunto tale da permettere il riassorbimento in queste funzioni semi-direttive e d'appello dei magistrati titolari degli incarichi soppressi. Si può anche ipotizzare la istituzione del posto di presidente e di procuratore vicario, attribuendo loro funzioni direttive ancorchè subordinate al titolare dell'ufficio ma di grado pari a quelle di quest'ultimo. In tal guisa, si risolverebbe il problema dei titolari di uffici soppressi con funzioni di cassazione.
Diversamente, si può operare a mente dell'attuale disciplina dell'ordinamento giudiziario relativa agli uffici soppressi, attribuendo ai magistrati interessati la priorità di scelta per posti vacanti (anche direttivi) o in soprannumero in sedi con funzioni di grado identico, mediante un meccanismo di trasferimento in orizzontale.
La prima delle soluzioni prospettate, attuabile contestualmente alla concreta soppressione mediante l'istituzione dei nuovi posti, condurrebbe ad un'integrazione indolore nel nuovo ufficio unico di primo grado, per un verso, ed adeguerebbe quest'ultimo alle esigenze della competenza attribuitagli.
La seconda soluzione non presterebbe il fianco a ricorsi amministrativi, costituendo applicazione di una disciplina preesistente e non imposizione di una previsione di carattere eccezionale.
Entrambe le soluzioni, tuttavia, possono coesistere.
La previsione dell'alternativa porterebbe al soddisfacimento sia degli interessi dei magistrati colpiti dal provvedimento legislativo, attraverso una ampia facoltà di scelta che di quello pubblico al miglior funzionamento degli uffici.
Non è assolutamente concepibile la riduzione, ai sensi dell'articolo 23, dei posti di tribunale destinati alla trattazione delle controversie di lavoro e di previdenza ed assistenza obbligatoria, in favore della corte di appello, giacchè la loro durata in primo grado è eccessiva (in relazione alla teorica maggior speditezza del rito). Va, invece, aumentato autonomamente e senza la soppressione di altri posti l'organico delle corti d'appello.
Privi di giustificazione i criteri di cui al 4o e 5o comma dell'articolo 23 poichè introducono deroghe all'attuale regolamentazione della materia non collegabili alla soppressione dei posti od a particolari esigenze di qualsivoglia natura.
In ordine all'articolo 26 si rinvia alle considerazioni espresse con riferimento all'articolo 1, rilevando come - ove si intenda proseguire in tale indirizzo - sarebbe comunque utile la fissazione di un termine annuale onde consentire la reale unificazione degli uffici a breve termine.
Nell'ottica del mantenimento della struttura dell'ufficio pretorile, risulta incongruente la previsione del 1o comma dell'articolo 27 giacchè è più logico lasciare al loro posto i magistrati che vi svolgono l'attività, a meno di ritenere le applicazioni ivi contemplate solo una formalità.
È utile prevedere nella riunione descritta dall'articolo 28 anche la presenza del presidente della sezione del giudice per le indagini e per l'udienza preliminari, attesa la peculiarità dell'ufficio descritta nella pregressa narrativa sull'articolo 10.
All'articolo 30 deve ritenersi preferibile la sostituzione del termine «pretore» con quella di «giudice» giacchè l'indicazione specifica del titolare dell'ufficio radica una competenza non sempre spettantegli direttamente.

Quanto al titolo II, all'articolo 36 sarebbe utile, al fine di evitare conflitti di competenza, prevedere una regola in caso di immobili ricadenti in diversi circondari.
Assolutamente fuori dalla delega le previsioni, nell'articolo 48, del nuovo testo dell'articolo 203 codice di procedura civile giacchè introducono una variazione sostanziale nel rito con riferimento alla delega per le «assunzioni fuori della circoscrizione del tribunale». Esso, infatti, attribuisce una funzione ed una competenza, benchè eventuale, al giudice di pace, chiamandolo a svolgere funzioni superiori non esplicitamente od indirettamente connesse alla sua attività ovvero previste in via sussidiaria da alcuna norma.
Nel merito, è più opportuno che la delega venga conferita ad altro magistrato togato del tribunale nella cui circoscrizione deve effettuarsi l'assunzione, sia per la preparazione tecnica che in considerazione dello svolgimento pregresso delle funzioni pretorili.
Analogamente deve ritenersi per l'articolo 49, in cui il termine «pretore» va sostituito con «giudice».
Notevoli perplessità suscitano le previsioni dell'articolo 51, con riferimento all'ambito della delega.
Si tratta di norme, che, pur muovendo dalla necessità di unificare e velocizzare il rito avanti al giudice monocratico, incidono sostanzialmente sul codice di rito modificando la disciplina preesistente.
Tale immutazione può verificarsi solo mediante legge e, pertanto, non è possibile introdurla col presente decreto legislativo. Il termine di cui agli articoli 281-quinquies e sexies è puramente teorico e realmente difficilmente realizzabile, tanto da essere stato raddoppiato nella riforma del processo civile.
È comunque necessario specificare il tipo di provvedimento di rimessione di cui agli articoli 281-septies e octies scegliendo preferibilmente l'ordinanza. Analogamente deve affermarsi per gli articoli 52, 53, 54, 57, 58, 59, 62, 64, 97. Non è assolutamente tollerabile l'introduzione mediante decreto legislativo e senza apposita delega di modifiche al rito civile, comportando ciò una gravissima violazione costituzionale.
Le ragioni di tali norme avrebbero dovuto spingere il Governo ad utilizzare lo strumento legislativo ordinario, perfino la decretazione d'urgenza (giustificabile nella specie, avuto riguardo alla necessità di modifiche processuali in funzione del nuovo assetto del giudice di primo grado). Tutore del rispetto delle regole dovrebbe essere proprio il Governo, autore delle violazioni evidenziate!
Per l'articolo 110 ed in particolare per la lettera a) del 1o comma valgono i rilievi formulati in ordine al mantenimento in vita, ad esaurimento del carico, dell'ufficio pretorile.
Non si comprendono all'articolo 112 le ragioni della perpetuazione della giurisdizione di 2o grado fino al 3 giugno 1999, quando invece proprio la delega consente misure di adeguamento ed accelerazione dei processi. Tali cause potrebbero essere devolute alla cognizione della corte d'appello.
Analoghe considerazioni vanno svolte per la differenziazione tracciata nell'articolo 113, che comporta anche conseguenze sostanziali sulla decisione.

Quanto al titolo III, l'articolo 115 introduce un mutamento sostanziale nella disciplina dell'articolo 100 del codice civile giacchè non si limita a trasferire al cancelliere la funzione svolta dal pretore, ma innova radicalmente il procedimento.
All'atto di notorietà di quattro persone viene sostituita la dichiarazione degli sposi sotto la loro responsabilità.
Vengono meno le ragioni di garanzia connesse alla dichiarazione proveniente da quattro persone diverse dai nubendi e ci si limita alla dichiarazione di questi ultimi interessata o facilmente coartabile o viziata per varie ragioni.
Si tratta di una palese travalicazione della delega poichè non vi è solo il trasferimento di funzioni amministrative, espressamente consentito dal Parlamento, ma una rilevante modifica procedurale.

Quanto al titolo IV, l'articolo 139 introduce palesemente una disciplina extra-delega giacchè modifica il rito penale nell'ambito dei rapporti tra giudice monocratico e giudice collegiale, prevedendo una normativa che incide anche sui diritti delle parti. Essa, infatti, regolamenta i tempi e le modalità delle eccezioni concernenti l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale, comminando la decadenza e l'annullamento.
Pur essendo gli articoli dal 33-quinquies al 33-nonies condivisibili nel merito, la loro introduzione nel codice di rito penale va operata attraverso le vie legislative ordinarie - anche d'urgenza - e non mediante il decreto legislativo in assenza palese di delega.
Le medesime argomentazioni valgono per gli articoli 155, 156 e 158 (per quest'ultimo il 2o comma dell'articolo 521-bis e p.p., in relazione al quale è comunque preferibile la possibilità di eccezione in ogni stato e grado del giudizio giacchè la collegialità o la monocraticità hanno valenza sostanziale inerendo alla genesi della pronuncia).
È opportuno all'articolo 177 prevedere il temporaneo accorpamento dell'attuale sezione di P.G. della Procura presso la Pretura all'organismo omologo presso l'altro ufficio, salvi i provvedimenti di modifica o di rideterminazione dell'organico già previsti dalla legge.
L'articolo 186, prevedendo l'applicazione al 1o comma anche delle norme sulla competenza. si inquadra nel mantenimento dell'ufficio del pretore, in ordine al quale sono stati espressi i rilievi contenuti nella prima parte delle presenti note al titolo I.
Gli articoli 187, 188 e 189 introducono una disciplina transitoria che incide sul rito penale e conseguentemente modifica l'iter procedimentale con le relative conseguenze sui diritti delle parti, senza alcun elemento contenuto nella legge delega utile a rinvenire un appiglio sia pure indiretto in grado di giustificarne la presenza.
Non si tratta di norme di accelerazione dei processi giacchè esse si sostanziano in previsioni di carattere organizzativo, nell'ambito dell'accorpamento degli uffici in questione. Nella specie la violazione della delega è ancor più grave poichè si crea una disciplina transitoria sperequativa nei confronti delle parti dei processi precedenti o futuri, che non usufruiranno di tale normativa.
In questa ottica, la disciplina contenuta nell'articolo 189 è ancor più grave poichè incide sul procedimento nella fase d'appello, introducendo innovazioni sostanziali nel rito.
Analoghe considerazioni valgono per l'articolo 190.
Ancorchè possano condividersi, in ipotesi, nel merito le disposizioni contenute negli articoli 187, 188, 189 e 190, esse vanno introdotte con le procedure legislative ordinarie - anche d'urgenza - e non mediante un decreto legislativo, inesistente nella specie perchè privo di delega al riguardo.
Parimenti fuori delega è la disciplina dell'articolo 191, che anzi introduce criteri di trattazione dei processi forieri anche di prescrizione dei reati ove non si tiene conto della data di commissione del fatto.
Tale orientamento, incidendo sulla fissazione dei giudizi, condiziona in concreto l'amministrazione della giustizia e la risposta alle istanze dei cittadini al riguardo. La previsione in parola non vale ad accelerare i processi, ma a selezionarli, non mediante criteri obiettivi specifici bensì attraverso criteri generici e rimessi alla discrezionalità degli uffici senza alcun controllo neppure da parte del Consiglio Superiore della Magistratura o di altra istituzione.
Si introduce una disciplina inutile, eccessivamente soggettiva, che dovrebbe essere regolamentata nell'ambito di una rivisitazione dell'amministrazione della giustizia nel suo atteggiarsi in concreto con misure legislative ordinarie, non legate al fatto contingente della riforma; certamente, non col presente decreto legislativo.

Quanto al titolo V, la lettera o) dell'articolo 1 della legge delega esclude la possibilità di sottrarre ad altri organi giurisdizionali le attuali funzioni amministrative svolte e, pertanto, le previsioni al riguardo contenute nell'articolo 192 devono ritenersi fuori delega nella parte che non riguarda il pretore.
Assolutamente contrario alla predetta parte della delega è, poi, il comma 4 poichè va mantenuto l'obbligo di giuramento avanti al giudice per il carattere paragiurisdizionale connesso alla posizione di terzietà ed indipendenza rispetto agli interessi coinvolti.
All'articolo 194, anche per evidenti ragioni logistiche, deve ritenersi preferibile sostituire il pretore non con il prefetto bensì col segretario comunale, pubblico ufficiale dotato di potere certificativo.
Le funzioni trasferite all'ispettorato del lavoro dall'articolo 195 è più utile siano appannaggio di un magistrato per ragioni di terzietà, indipendenza e tutela degli interessi in questione.
Assolutamente fuori delega la disciplina contenuta nell'articolo 197 poichè, in realtà, le funzioni attribuite al cancelliere sono riservate al giudice delegato al fallimento e, solo in caso di delega, al pretore. Questi, pertanto, non è titolare di tale potere e conseguentemente, si è ben oltre la legge delega. In tal guisa, le funzioni in oggetto vengono sottratte al giudice.

Quanto al titolo VI, l'articolo 198, ancorchè legato a ragioni di equità, risulta escluso dalla delega, non essendo ricompreso il riordino delle tasse in oggetto in alcuna previsione della legge 16 luglio 1997 n. 254. Analoghe considerazioni valgono per la materia disciplinata dall'articolo 200.

In conclusione, il decreto delegato, se non emendato mediante l'accoglimento delle indicazioni esplicitate nella pregressa narrativa, non può essere valutato favorevolmente, contenendo in molte parti palesi violazioni della delega ed in alcune parti soluzioni scarsamente soddisfacenti.
Si esprime, pertanto, parere contrario, a meno del recepimento da parte del Governo dei rilievi formulati, soprattutto per quanto attiene alle fattispecie regolate in assenza di delega».
Centaro, Caruso Antonino, Bucciero, Callegaro, Cirami, Greco

Il senatore BUCCIERO chiede chiarimenti sulle modalità di votazione degli schemi presentati.

Il presidente ZECCHINO chiarisce che la bozza di parere testè illustrata dal senatore Calvi è quella già fatta pervenire in casella ai senatori componenti la Commissione dopo la seduta di giovedì scorso.
Lo schema di parere proposto dal senatore Centaro è, quindi, posto ai voti e respinto.

Si passa alla votazione per il conferimento del mandato al relatore.

Il senatore BUCCIERO preannuncia il proprio voto contrario allo schema predisposto dal relatore Calvi, che non risulta soddisfacente nemmeno con le modifiche che il relatore ha preannunciato di voler apportare, avendo accolte talune delle osservazioni emerse dal dibattito. Lo schema di parere favorevole gli appare ancora più contraddittorio avendo ora capito una pluralità di valutazioni negative. Al riguardo, è convinto che la maggioranza abbia mancato ai suoi doveri nel non chiedere un rinvio del termine per l'espressione del parere. Medesimo rinvio avrebbe dovuto essere richiesto per l'adozione delle norme recate dal provvedimento in titolo, sulle quali comunque formula un giudizio complessivamente negativo.

Il senatore GRECO annuncia a sua volta il voto contrario a nome del gruppo di Forza Italia.

Il senatore CALLEGARO, invece, si asterrà avendo per il gruppo Centro democratici cristiani il relatore recepito in parte le sue osservazioni.

Il senatore MELONI per il gruppo Misto preannuncia il voto favorevole unendo un pressante invito al Ministro a procedere con rapidità per sanare una situazione di grande incertezza che si è determinata nelle sedi giudiziarie che attendono il provvedimento in esame e gli altri connessi all'istituzione delle sezioni stralcio.

Il senatore FOLLIERI annuncia il voto favorevole del gruppo del Partito popolare italiano.

Il senatore CIRAMI, a nome del gruppo Centro cristiano democratico, preannuncia la propria astensione sottolineando che il provvedimento determinerà sicuri problemi e aprirà un notevole contenzioso.

La Commissione conferisce, quindi, mandato al relatore Calvi a predisporre un parere favorevole con le osservazioni emerse dal dibattito.

SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE
(A007 000, C02a, 0067o)

Su proposta del senatore Antonino CARUSO la Commissione conviene di rinviare il termine per gli emendamenti riferiti al disegno di legge n. 2625, e collegati, in tema di sfruttamento sessuale dei minori, a venerdì 9 gennaio 1998, alle ore 12.

La seduta termina alle ore 14,25.