GIUSTIZIA (2a)

MERCOLEDI' 27 GENNAIO 1999

381a Seduta

Presidenza del Presidente
PINTO


Interviene il sottosegretario di Stato per la grazia e la giustizia Ayala

La seduta inizia alle ore 15,10.


SUI LAVORI DEL COMITATO RISTRETTO SUI DISEGNI DI LEGGE NN.2657, 2667, 2678, 3078, 3408 E 3516 IN MATERIA DI MISURE CAUTELARI
(A007 000, C02a, 0115°)

Su proposta del senatore CIRAMI, relatore sui disegni di legge n. 2657 e abbinati in materia di misure cautelari e, dopo interventi del senatore CENTARO e del presidente PINTO, la Commissione conviene di fissare per il prossimo 15 febbraio il termine entro il quale il Comitato ristretto, istituito nella seduta pomeridiana del 19 gennaio scorso, dovrà concludere i propri lavori.

IN SEDE DELIBERANTE

(3743) Deputati PISAPIA ed altri. - Disposizioni in materia di esecuzione della pena e di misure cautelari nei confronti dei soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, approvato dalla Camera dei deputati

(77) SILIQUINI ed altri. - Condizioni per la sospensione della pena o della custodia cautelare in carcere per le persone infette da HIV.

(186) SALVATO. - Norme in tema di incompatibilità del regime carcerario per i malati di AIDS.

(2682) MANCONI. - Disposizioni in materia di esecuzione della pena e di misure cautelari nei confronti dei soggetti affetti da grave infermità fisica, da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria e in materia di esecuzione delle misure di sicurezza.

(Discussione congiunta e rinvio)

La Commissione conviene di procedere alla congiunzione della discussione dei disegni di legge in titolo.

Riferisce la senatrice SCOPELLITI la quale richiama innanzitutto l'attenzione sui dati comunicati dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, sulla base dei quali risultavano ristretti in istituti penitenziari, alla data del 31 dicembre 1997, 48.209 detenuti, di cui 1.832 sieropositivi - stima peraltro approssimata per difetto, ad avviso dell'associazione dei medici penitenziari -; di questi 1.832 detenuti sieropositivi, 756 non manifestavano sintomi di AIDS, 781 manifestavano alcuni sintomi di AIDS, 301 erano afflitti da malattie indicative dell'AIDS e 106 erano affetti da AIDS conclamata. Al 30 giugno 1998, il numero complessivo dei detenuti ristretti risultava aumentato a 50.278, mentre i detenuti sieropositivi erano diminuiti a 1740 ed erano invece aumentati a 128 i detenuti affetti da AIDS conclamata.
Nel suo rapporto al Governo italiano, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, dopo una visita agli istituti penitenziari italiani, afferma che "il sovraffollamento, l'igiene carente e la scarsità delle attività offerte ai detenuti rende assai arduo il compito di garantire un livello soddisfacente di cure sanitarie. Sottoporre i detenuti a tali condizioni di detenzione presenta un accresciuto rischio per la loro salute psichica e fisica". Questo rischio per un detenuto malato di AIDS o in condizioni gravi di salute, si trasforma nella certezza della morte.
Dopo aver richiamato i principi sanciti dagli articoli 27 e 32 della Costituzione, la relatrice ricorda come l'incompatibilità con lo stato di detenzione per le persone con infezione da HIV sia stata introdotta nell'ordinamento italiano dal decreto-legge n.139 del 1993 convertito con la legge n. 222 dello stesso anno. Successivamente la Corte costituzionale, con le sentenze nn. 438 e 439 del 1995, è intervenuta sugli articoli 146 del codice penale e 286-bis del codice di procedura penale, eliminando i meccanismi automatici di scarcerazione originariamente previsti dal legislatore, anche sulla spinta emotiva dei fatti relativi alla cosiddetta "banda dell'AIDS" di Torino, resasi responsabile - secondo gli organi di informazione - di tutta una serie di rapine commesse da malati terminali di AIDS che avevano beneficiato della misura degli arresti domiciliari.
Le sentenze della Corte costituzionale non solo hanno implicato il venir meno della assoluta incompatibilità tra regime detentivo e infezione da AIDS, ma hanno anche lasciato eccessivi margini di discrezionalità all'autorità giudiziaria e determinato così una situazione che ha dato luogo a orientamenti giurisprudenziali diversi e a non giustificate disparità di trattamento. In questo contesto appare innegabile la necessità di un intervento legislativo in materia.
Con specifico riferimento al disegno di legge n. 3743, approvato dalla Camera dei Deputati lo scorso 12 gennaio, la relatrice osserva come l'articolo 1 di tale disegno di legge intenda modificare l'articolo 275 del codice di procedura penale - relativo ai criteri di scelta delle misure cautelari, inserendovi i commi 4-bis, 4-ter, 4-quater e 4-quinquies. Il nuovo comma 4-bis stabilisce che il giudice non può disporre la custodia cautelare in carcere nei confronti degli imputati affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria. Il divieto della custodia cautelare in carcere ha come condizione l'obbligo di sottoporsi ad un programma di cura ed assistenza presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere e universitarie o altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell'assistenza ai casi di AIDS. Al riguardo, da un lato, deve evidenziarsi che la previsione dell'obbligatorietà della cura appare in contrasto con il principio della libertà di cura sancito dall'articolo 32 della Costituzione e, dall'altro, va sottolineata l'esigenza di prevedere un forte sviluppo dell'assistenza sanitaria domiciliare a favore dei malati di AIDS. Conclusivamente auspica che la previsione dell'obbligatorietà della cura venga soppressa e ritiene che ciò non comporterebbe un pregiudizio per le esigenze di sicurezza sociale, in quanto il disposto del successivo comma 4-quater fornisce adeguate garanzie in materia.
Il comma 4-ter, introdotto sempre dall'articolo 1 nell'articolo 275 del codice di procedura penale, stabilisce poi che, nei casi previsti dal comma 4-bis, il giudice, quando sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, dispone l'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari presso le strutture di cui al medesimo comma 4-bis o presso una residenza collettiva o casa-alloggio di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 135 del 1990. Il successivo comma 4-quater prevede che il giudice possa disporre l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, qualora il soggetto risulti imputato e sia sottoposto ad altra misura cautelare, per uno dei delitti previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale relativamente a fatti commessi successivamente alla concessione del beneficio. Il comma 4-quinquies prevede che la misura della custodia cautelare in carcere possa altresì essere disposta nel caso di ripetute e ingiustificate osservanze del programma di cura. A questo proposito, osserva che, in quest'ultima ipotesi, sarebbe preferibile prospettare la possibilità del ricorso alla misura degli arresti domiciliari, invece che alla custodia cautelare in carcere, o addirittura eliminare completamente la previsione di cui al citato comma 4-quinquies.
L'articolo 2 del disegno di legge introduce l'articolo 47-quater nella legge n. 354 del 1975, e successive modificazioni. Tale disposizione disciplina l'ipotesi in cui l'ammalato di AIDS conclamata è detenuto in esecuzione di pena, a differenza dell'articolo 1 che disciplina i casi in cui si presenta il problema di applicare la misura cautelare della custodia nei confronti di tale ammalato.
Il comma 1 del nuovo articolo 47-quater prevede che le misure alternative alla detenzione dell'affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare possono essere applicate, anche oltre ai limiti di pena previsti dagli articoli 47 e 47-ter della citata legge n. 354, su istanza dell'interessato o del difensore, nei confronti di coloro che, affetti da AIDS conclamata, abbiano in corso o intendano intraprendere un programma di cura ed assistenza presso i servizi o le strutture sanitarie autorizzate. Al riguardo, la relatrice osserva che sarebbe opportuno estendere tale disposizione anche alle persone che si trovano in condizioni di grave infermità fisica ai sensi dell'articolo 147 del codice penale. Nel successivo comma 2 vengono indicate la modalità per proporre l'istanza di cui al comma 1, mentre i commi 3 e 4 definiscono alcune modalità di esecuzione delle misure alternative in esame. Il comma 5 stabilisce che, qualora l'interessato abbia già usufruito di una misura alternativa alla detenzione revocatagli da almeno un anno, il giudice possa non applicare le misure alternative di cui al comma 1. Le stesse misure, ai sensi del comma 6, potranno essere revocate quando il soggetto, in relazione ai fatti commessi successivamente alla concessione del beneficio, risulti imputato o sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti di cui all'articolo 380 del codice di procedura penale ovvero nel caso in cui non segua il programma di cura. Il comma 8, infine, prevede la possibilità di concedere i benefici previsti dal nuovo articolo 47-quater anche ai detenuti per i delitti di cui all'articolo 4-bis della citata legge n. 354 del 1975.
Da ultimo, l'articolo 3 del disegno di legge n 3743 prevede che, con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, verranno definiti i casi di AIDS conclamata e di grave deficienza immunitaria e saranno stabilite le procedure diagnostiche e medico-legali per i loro accertamenti.
Il disegno di legge n. 186, d'iniziativa della senatrice Salvato, ripropone sostanzialmente l'articolo 47-quater introdotto dall'articolo 2 del disegno di legge n. 3743, con la differenza di non prevedere però l'obbligo di sottoporsi alla cura al fine di accedere ai benefici delle misure alternative alla detenzione ivi considerata con l'estensione dello stesso regime previsto per i malati di AIDS anche a coloro che si trovano in gravi condizioni di grave infermità fisica ai sensi dell'articolo 147 del codice penale. La relatrice sottolinea come, a suo avviso, la formulazione dell'articolo 47-quater proposta con il disegno di legge n. 186 appaia preferibile rispetto a quella prevista nel disegno di legge 3743.
Il disegno di legge n. 2682, d'iniziativa del senatore Manconi, con l'articolo 1, incide sulla materia delle misure cautelari, estendendo la previsione della incompatibilità con la misura della custodia cautelare in carcere anche ai soggetti che si trovano in condizioni di grave infermità fisica ai sensi dell'articolo 147 del codice penale. L'articolo 2 riprende le disposizioni di cui all'articolo 2 del disegno di legge n.3743 con la differenza di prevedere, per il giudice, un vero e proprio obbligo di applicazione, anche in deroga ai limiti previsti dagli articolo 4-bis, 47 e 47-ter, delle misure alternative alla detenzione di cui agli stessi articoli 47 e 47-ter, oltre all'inclusione fra i soggetti che possono beneficiare di tale applicazione in deroga anche di coloro che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 147, primo comma, n. 2 del codice penale.
Il disegno di legge n. 77 prende spunto proprio dai fatti di cronaca verificatisi a Torino ad opera della cosiddetta "banda dell'AIDS" e dall'allarme diffusosi nell'opinione pubblica rispetto alle ipotesi di scarcerazione di detenuti malati di AIDS. Il disegno di legge cerca di conciliare l'esigenza di evitare un'applicazione di pene che risulterebbero contrastanti con il senso di umanità e quella di fornire una risposta legislativa alle preoccupazioni dell'opinione pubblica. In questa prospettiva, l'articolo 2 del disegno di legge prevede, a differenza degli altri disegni di legge, anche la possibilità di un ritorno in carcere di chi oggi, nel rispetto delle norme vigenti, si trova in stato di libertà. Conclude auspicando che la Commissione esaurisca in tempi brevi l'iter dei disegni in titolo.

La Commissione, infine, su proposta della relatrice, conviene di assumere il disegno di legge n. 3743 come testo base per il prosieguo della discussione.

Si apre la discussione.

Il senatore PERUZZOTTI, dopo aver ricordato la genesi dell'introduzione dell'articolo 286-bis del codice di procedura penale e della modifica dell'articolo 146 del codice penale, avuto riguardo ai detenuti affetti da AIDS o da grave deficienza immunitaria, sottolinea che l'invalidazione degli automatismi, introdotti in tali disposizioni a seguito della legge n.222 del 1993, operata dalla Corte costituzionale, ha messo in evidenza la difficoltà di realizzare concretamente un intervento in ambito carcerario veramente utile ai malati di AIDS, pur essendo tale intervento da condividere in linea di principio. Un altro aspetto da tenere in considerazione concerne la prevedibile reazione delle persone offese dai reati commessi da tali soggetti, reazioni connotate dalla naturale caratteristica della richiesta che la pena sia espiata. Altre considerazioni riguardano il dato costituito dal fatto che le molte fasce di popolazione detenuta - quelle stesse fasce che si vorrebbe liberare dalla detenzione - sono caratterizzate da una forte marginalità sociale e se sarà garantita solo la non detenibilità di quanti sono portatori di una grave malattia - come nel disegno di legge n.186 - il lavoro legislativo svolto sarà incompleto e con un elevato rischio di reazioni contrarie da parte dell'opinione pubblica, nonchè con presumibili successivi interventi di modifica del legislatore, se non addirittura di sentenze di incostituzionalità Occorre, invece, intervenire in una fase precedente, eliminando le cause che determinano l'insostenibile sovraffollamento delle carceri e gli effetti perniciosi che esso determina sulle condizioni di salute di questi soggetti, già gravemente compromesse; agire sull'attività di prevenzione, considerando che nelle carceri la situazione sanitaria in genere e l'attività di prevenzione in particolare risentono fortemente dei ritardi e dei condizionamenti che su questo terreno si verificano anche dall'esterno; agire con l'introduzione della obbligatorietà del test di sieropositività: risulta infatti che negli istituti penitenziari il risultato del test HIV viene comunicato al direttore nella quasi totalità dei casi, ma che solo nel 40 per cento di questi vengono informati psicologo e psichiatra ed addirittura solo nel 30 per cento dei casi gli assistenti sociali. Altro versante su cui agire è il diritto alla libertà di scelta terapeutica perchè occorre garantire tale diritto del detenuto e la sua libertà di scegliere la terapia o il medico, anche quando tale scelta si rivolga a terapie non convenzionali.
Il senatore Peruzzotti segnala altresì la necessità di tutelare le fasce più deboli in particolare le donne e gli stranieri: per l'intervento sulle detenute con AIDS sarebbe bene predisporre uno spazio particolare. Per quanto riguarda lo straniero occorre stabilire una accurata sorveglianza epidemiologica e migliorare le condizioni nel caso di malattie ad alta infettività. Il senatore Peruzzotti conclude dichiarando di condividere il contenuto del disegno di legge n.77, poichè esso corrisponde all'esigenza - da lui ampiamente condivisa - di ricercare soluzioni che incidano più sul piano del miglioramento delle condizioni di detenzione dei malati e del reinserimento di chi ha scontato la pena, che su quello della liberazione di massa: non bisogna infatti dimenticare che si ha comunque a che fare con soggetti che hanno infranto la legge, anche se ammalati, le pene vanno dunque applicate e non bisogna dimenticare, pur tenendo conto dei motivi umanitari, l'esigenza di difesa della collettività da chi delinque.

Il presidente PINTO, per una breve richiesta di chiarimenti al Governo, domanda dati più dettagliati per documentare l'affermazione, contenuta nella relazione introduttiva al disegno di legge n.77, che più volte malati di AIDS rimessi in libertà sulla base dell'articolo 286-bis del codice di procedura penale o dell'articolo 146, n.3, del codice penale, siano tornati sistematicamente a delinquere, sicuri della propria immunità.

Il senatore GRECO osserva che i disegni di legge in esame si inseriscono nella logica delle sentenze pronunziate dalla Corte costituzionale. Tuttavia, ritiene che non si possa intervenire sulla materia se non si ha la certezza dell'esistenza e della capacità di funzionamento delle strutture idonee a custodire i malati affetti da AIDS. Non vorrebbe, infatti, che si riproponesse la carenza che ha dovuto purtroppo riscontrare per le analoghe strutture prefigurate per i tossicodipendenti dalla legge n.309 del 1990. Senza contare, poi, che alcune delle scelte effettuate dal disegno di legge n.3743, in particolare dall'articolo 2 il quale - tra l'altro - prevede la possibilità di applicare la misura della detenzione domiciliare, creano non pochi problemi e gravosi carichi alle famiglie di tali detenuti.

Il senatore CIRAMI intende fugare ogni possibilità di strumentalizzare la materia oggetto dei provvedimenti in titolo. Ritiene, infatti, che l'urgenza che si prospetta di dover intervenire, oltre a non essere confermata dalla non recente data di presentazione dei disegni di legge in discussione, è piuttosto un'emergenza di natura politica, creata dalla necessità di smaltire il sovraffollamento delle carceri e dalla preoccupazione di risolvere in maniera estemporanea il problema dei detenuti affetti da AIDS e di quelli tossicodipendenti i quali certamente creano problemi gravissimi all'interno delle carceri. Dopo aver, poi, sottolineato che occorrerebbe altresì preoccuparsi di altri malati terminali altrettanto bisognosi di cura, conclude ribadendo l'esigenza di non dimenticare che occorre tutelare la collettività nei confronti di detenuti che si sono resi colpevoli di reati.

Il presidente PINTO rinvia, quindi, il seguito della discussione.

La seduta termina alle ore 16,05.