AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE (3ª)

MERCOLEDÌ 28 Febbraio 2001
352ª Seduta

Presidenza del Presidente
MIGONE

        Interviene il ministro degli affari esteri Dini.

        La seduta inizia alle ore 14,35.

SULLA PUBBLICITÀ DEI LAVORI

        Il presidente MIGONE avverte che è stata presentata richiesta di attivazione dell’impianto audiovisivo per lo svolgimento dell’odierna seduta. Comunica altresì che il Presidente del Senato, in previsione della richiesta, ha preannunciato il suo assenso.
        La Commissione accoglie tale proposta e conseguentemente viene adottata questa forma di pubblicità, ai sensi dell’articolo 33, comma 4, del Regolamento, per il successivo svolgimento dei lavori.

PROCEDURE INFORMATIVE
Comunicazioni del Ministro degli affari esteri sui recenti sviluppi della situazione internazionale e svolgimento di interrogazioni sulla vicenda dell’acquisto di una quota di capitale della Telekom Serbia
        Il ministro DINI, in risposta alle interrogazioni 3-04320 del senatore Servello e di altri senatori, 3-04323, dei senatori Valentino e Meduri,
3-04343 e 3-04344, entrambe del senatore Milio, e 3-04345, del senatore Valentino, tutte riguardanti la vicenda dell’acquisizione da parte della Telecom Italia di una quota della Telekom Serbia, si richiama preliminarmente alle informazioni e alle valutazioni contenute nella esposizione da lui svolta questa mattina alla Camera dei deputati.
        Il presidente MIGONE avverte che il testo delle dichiarazioni effettuate alla Camera dal ministro Dini è a disposizione di tutti i senatori presenti.
        Il ministro DINI, riprendendo il suo intervento, ad integrazione di quanto già dichiarato presso l’altro ramo del Parlamento, sottolinea come l’acquisizione di una partecipazione di minoranza – oltretutto attraverso una società controllata di secondo livello – da parte della STET nel sistema delle telecomunicazioni serbe sia stata condotta in piena autonomia da parte dei responsabili aziendali, e che il Governo italiano non fu mai chiamato ad intervenire a supporto dell’operazione.

        Respinge poi fermamente le illazioni circa il contributo che l’operazione avrebbe dato alla stabilizzazione del regime di Milosevic, ricordando come essa intervenne in una fase nella quale le sanzioni contro Belgrado erano state da tempo revocate.
        Al riguardo, sottolinea come la politica italiana nei Balcani – sorretta da un ampio consenso in sede parlamentare – sia stata costantemente improntata all’obiettivo di contribuire alla stabilizzazione dell’aerea, di tutelare le minoranze etniche e religiose e di promuovere la democrazia, e non si presti ad essere considerata retrospettivamente sotto visuali distorte.
        Passa quindi a considerare gli sviluppi più significativi della situazione internazionale, soffermandosi in particolare sulle prospettive di evoluzione nelle relazioni con gli USA, anche alla luce degli indirizzi della nuova Amministrazione.
        Sulla scorta dei colloqui da lui effettuati con il nuovo Segretario di Stato americano, Colin Powell e con altri esponenti dell’Amministrazione Bush – prima durante la sua visita a Washington dello scorso 22 febbraio e, quindi, nella giornata di ieri, nell’ambito della sessione straordinaria del Consiglio atlantico svoltasi a Bruxelles – sembra potersi accreditare uno scenario favorevole al mantenimento di un dialogo costruttivo e fecondo di positivi sviluppi.
        Nel complesso, tutto lascia ritenere che gli indirizzi di politica estera degli USA siano destinati a seguire una logica
bipartisan. Per parte sua, il neo Presidente Bush nelle scorse settimane ha a più riprese utilizzato la formula dell’«internazionalismo americano», che tende a realizzare una sintesi pragmatica tra le istanze espresse dagli ambienti liberali, più connotati nel senso dell’apertura internazionale, e quelle proprie dei neo-conservatori isolazionisti.
        Va peraltro considerato che, come l’esperienza ha più volte mostrato, il ruolo internazionale degli USA tende ad affrancarsi dagli schemi prefigurati dagli analisti al momento dell’insediamento dei nuovi Presidenti, e si assiste di regola, in prosieguo di tempo, all’attenuazione dell’influsso dei fattori di ordine ideologico, e al prevalere di altri impulsi e condizionamenti provenienti dal mondo dell’economia, del commercio e dei
media.
        In tale contesto, occorre registrare con attenzione, ma senza ingiustificati allarmismi, le dichiarazioni di alcuni esponenti della nuova amministrazione che ricoprono posizioni di spiccata responsabilità. Si riferisce, in particolare, alle affermazioni del Segretario alla Difesa Rumsfeld, per il quale il trattato ABM sarebbe ormai obsoleto, e a quelle del Consigliere per la sicurezza nazionale, Condoleeza Rice, secondo cui la Russia sarebbe tornata ad essere una minaccia per l’intero Occidente.
        Va peraltro rilevato come lo
staff del Presidente Bush sia composto da personalità che per spessore personale e percorsi biografici danno ampie garanzie, in particolare in ordine al mantenimento di una prioritaria attenzione al legame transatlantico. In generale, può ritenersi che, sebbene alcuni aspetti della politica estera americana siano destinati a cambiare, l’ispirazione di fondo rimarrà immutata.
        In concreto, ciò comporterà verosimilmente il mantenimento della centralità della NATO nelle relazioni euro-americane, prospettiva pienamente in linea con la tradizionale scelta italiana del cosiddetto doppio sistema di riferimento, europeo e transatlantico.
        In tale contesto, le questioni che sono destinate ad assumere rilievo centrale nei rapporti con gli Stati Uniti sono la difesa europea, il cosiddetto scudo antimissile e le relazioni con la Russia.
        Sotto il primo profilo, nel corso del suo incontro con il nuovo Segretario di Stato americano Powell egli ha avuto modo di richiamare l’attenzione sul fatto che l’Europa non intende in alcun modo utilizzare la NATO per promuoverne il superamento. La convinzione dell’Italia è che l’iniziativa europea di sicurezza e difesa sia destinata semmai a rafforzare l’Alleanza, determinando le condizioni per un apporto più significativo di quello attuale da parte della componente europea, il che va incontro ad una ricorrente sollecitazione americana.
        L’Italia intende comunque operare affinché sia consolidato il principio per il quale su ogni operazione autonoma europea la NATO debba essere preventivamente interpellata.
        Su tale impostazione, come è emerso anche nella riunione svoltasi ieri a Bruxelles, vi è un’ampia convergenza con l’Amministrazione americana.
        Per ciò che attiene alla difesa missilistica americana, dal Segretario di Stato Powell è giunta la conferma che il progetto costituisce un impegno politico solido per la presidenza Bush.
        A tale riguardo, occorre considerare che negli ultimi anni si è assistito ad una importante modifica dell’assetto strategico sul quale si era basata per decenni l’Alleanza atlantica, anche in rapporto alla comparsa di nuove armi di distruzione di massa e all’affacciarsi di nuovi protagonisti sulla scena internazionale. Ogni aggiornamento nell’apporto strategico complessivo deve peraltro essere effettuato con modalità capaci di evitare una nuova corsa agli armamenti, ed è apprezzabile a tale riguardo che da parte del Presidente Bush – a quanto gli è stato riferito dal Segretario di Stato – vi è la volontà di non sottrarsi al dialogo con quegli alleati che hanno manifestato dubbi sul progetto, e di confrontarsi anche con la posizione contraria espressa in proposito dalla Russia e dalla Cina. Lo stesso Powell ha sottolineato che, non essendo ancora matura la tecnologia che dovrebbe sorreggere il sistema di difesa antimissile, e non essendo stata ancora definita dalla nuova Amministrazione l’architettura dello stesso sistema, vi è un congruo margine di tempo per effettuare tali consultazioni.
        A tale riguardo, l’impressione è che la stessa Russia intenda progressivamente discostarsi dalla posizione di rifiuto assoluto fatta valere nei mesi scorsi, per cercare di incanalare, in via subordinata, la discussione verso sbocchi considerati meno penalizzanti. Significativa sembra al riguardo la proposta di dar vita ad un sistema europeo di difesa tattica anti-missile formulata dal Presidente Putin al Segretario Generale della NATO in occasione della visita da questi effettuata a Mosca lo scorso 20 febbraio.
        Da parte europea, l’intenzione è di avviare una discussione sui progetti americano e russo evitando sterili contrapposizioni, ed attenendosi al contempo a indirizzi di prudenza capaci di garantire che l’evoluzione degli assetti strategici del dopo guerra fredda non metta a repentaglio la stabilità internazionale.
        Per ciò che attiene ai rapporti con la Russia, si è assistito nel corso del 2000 a significativi progressi, specie nel dialogo con l’Alleanza atlantica. È augurabile che nel prossimo futuro le incertezze e le battute d’arresto, che continuano però a registrarsi su tale versante, possano essere superate, prospettiva questa che sarebbe agevolata dall’abbandono da parte di Mosca delle riserve e della diffidenza che a tratti sembra prevalere nella sua percezione del ruolo della NATO.
        Interesse comune dell’Europa e degli USA è comunque assecondare l’impegno per il successo delle riforme avviate dalla Russia, anche perché un improvviso indebolimento di questa avrebbe ripercussioni certamente negative per la sicurezza mondiale.
        In tale prospettiva, occorrerà far sì che un’evoluzione verso un’impostazione strategica che includa elementi difensivi come la difesa antimissile non sia percepita dalla Russia come una minaccia al suo ruolo. A tal fine, sarà molto importante tenere in adeguata considerazione la posizione di Mosca sulla perdurante validità del trattato ABM.
        Anche per ciò che attiene agli scenari di allargamento della NATO, l’esigenza è di preservare il dialogo con la Russia, evitando che si determini un sentimento di accerchiamento e di esclusione.
        A tal fine, se va escluso il riconoscimento a Mosca di un «
droit de régard» sulle scelte che dovranno essere compiute e va riaffermato l’impegno a non deludere le aspettative democratiche derivanti dal principio della «porta aperta», non è per converso possibile trascurare totalmente i timori e le riserve costantemente manifestati dalla Russia, specie per quanto attiene ai paesi baltici. In considerazione di ciò, e tenuto conto che non sono ravvisabili al momento serie minacce alla stabilità europea, dovrebbe ritenersi che l’allargamento della NATO non costituisca una necessità urgente.
        Su tale questione, il Segretario di Stato americano gli ha riferito che il Presidente Bush intende mantenere aperte le varie opzioni per l’allargamento, nel presupposto che esse debbano essere valutate in stretta consultazione con gli Alleati. In proposito, la posizione italiana è che non sia opportuno attualmente dar luogo ad un allargamento all’Ucraina e ai Paesi baltici, e che le dinamiche di integrazione da privilegiare siano piuttosto quelle in direzione dell’Unione europea.
        Per quanto riguarda la situazione nei Balcani – area nella quale si è potuto realizzare sul campo un importante esperimento di collaborazione tra la NATO e la Russia – la caduta del regime di Milosevic sembra finalmente aver aperto la strada ad una prospettiva di pace e di democrazia per tutti i paesi dell’area.
        Da parte del Segretario di Stato americano è stato espresso apprezzamento per l’importante contributo fornito all’affermazione di condizioni di stabilità da parte delle forze armate italiane. Dai colloqui è inoltre emerso il comune impegno a sostenere il processo di democratizzazione del Montenegro, all’interno della federazione iugoslava e nel contesto dell’attuazione dell’autonomia in Kosovo contemplata dalla risoluzione n. 1244 nel Consiglio di sicurezza dell’ONU.
        Nel contempo, sono state però confermate alcune differenze nelle rispettive posizioni circa i tempi per lo svolgimento delle elezioni in Kosovo, che l’amministrazione Bush vorrebbe affrettare, ritenendo che dalla loro effettuazione possa derivare un contributo a ridurre le spinte indipendentiste.
        Nell’ambito dei suoi colloqui a Washington ha avuto inoltre modo di affrontare le prospettive del processo di pace in Medio Oriente e la questione irachena.
        A tale riguardo, l’indirizzo dell’amministrazione Bush sembra essere quello di incoraggiare i palestinesi e il nuovo governo israeliano affinché, sulla base di una valutazione realistica della situazione che si è venuta a determinare, pongano in essere un impegno comune per evitare reciproche provocazioni e preservare future prospettive negoziali.
        Per parte sua, ha avuto modo di rappresentare al Segretario di Stato l’esigenza di porre in essere senza indugio iniziative incisive per favorire il miglioramento della situazione, anche al fine di scongiurare il rischio di un ritorno del terrorismo internazionale. In tale contesto, ha inoltre ritenuto opportuno sottolineare al suo interlocutore – dimostratosi peraltro non particolarmente sensibile sull’argomento – come i palestinesi ritengano molto importante un’eventuale futuro negoziato con Israele non riparta dall’inizio, ma faccia salvo l’
«acquis» precedentemente maturato nell’ultima fase delle trattative grazie all’impegno personale del Presidente Clinton.
        Quanto all’Iraq, l’obiettivo che l’amministrazione Bush sembra considerare prioritario è quello di assicurare il puntuale rispetto da parte di Bagdad delle risoluzioni adottate dall’ONU. In relazione a ciò, Washington intende riservarsi il diritto di effettuare operazioni militari dirette ad indurre le autorità irachene ad accettare i controlli stabiliti dall’autorità internazionale.
        Il Segretario di Stato americano ha peraltro manifestato un orientamento di disponibilità ad una modifica del regime sanzionatorio corrente tale da attenuarne le conseguenze negative per la popolazione civile. In particolare, egli ha insistito sulla necessità di procedere, in stretta consultazione con gli alleati europei e con i paesi della regione, ad una revisione delle sanzioni tale da concentrare l’embargo su prodotti direttamente utilizzabili per la costruzione di armi di distruzione di massa.

        Per parte sua, fa presente di aver concordato sull’ipotesi di revisione delle sanzioni, ribadendo ad un tempo l’esigenza di insistere con le autorità irachene affinché siano rispettate le risoluzioni ONU e sia consentita la ripresa delle ispezioni.
        Sempre nel corso dei suoi colloqui di Washington, è stata oggetto di considerazione la situazione in Iran come pure in Libia.
        Per quanto riguarda il primo di tali paesi, si è manifestata da parte americana comprensione per le difficoltà interne che si trova ad affrontare il Presidente Khatami a causa del limitato margine di manovra sul quale può contare, mentre per ciò che attiene alla Libia, il Segretario di Stato americano ha ribadito che la revoca delle sanzioni statunitensi resta subordinata, anche dopo il processo sull’attentato di Lockerbie, all’assunzione da parte del governo di Tripoli delle responsabilità inerenti a tale vicenda, nonché al versamento di compensazioni alle famiglie delle vittime.
        Il Segretario di Stato ha peraltro dovuto riconoscere che non si poteva più imputare al colonnello Gheddafi un coinvolgimento nel terrorismo internazionale.
        Sulla base degli elementi richiamati nel suo intervento, appare lecito dichiararsi fiduciosi sul mantenimento della tradizionale intonazione molto positiva nelle relazioni con gli USA. Ciò, in particolar modo, sulla base di una conferma del sistema di valori ai quali si richiama l’Alleanza atlantica, che costituisce quella cornice di sicurezza collettiva e di solidarietà che è un caposaldo della politica estera italiana.

        Il presidente MIGONE, nell’esprimere apprezzamento per l’ampia esposizione del ministro Dini, avverte che avranno la parola, nell’ordine, gli interroganti e, quindi, interverrà nel dibattito sulle comunicazioni del Governo un senatore per ciascun Gruppo.
        Il senatore SERVELLO, intervenendo in sede di replica relativamente all’interrogazione 3-04320, manifesta preliminarmente rammarico per l’obiettiva penalizzazione delle esigenze di approfondimento sulla vicenda della Telekom Serbia che si è venuta a determinare con la scelta del Ministro di trattare l’argomento in un unico contesto con le comunicazioni relative alla situazione internazionale.
        Il presidente MIGONE fa presente che è stato lui stesso a raccomandare al ministro Dini di rispondere alle interrogazioni all’interno della sua più generale esposizione di politica estera. Ciò, sulla base della considerazione che già stamattina questi ha avuto modo di riferire sulla vicenda della Telekom Serbia alla Camera dei deputati, e tenuto conto che comunque sarà possibile garantire la possibilità di un ulteriore approfondimento in sede di replica degli interroganti.
        Il senatore SERVELLO, nel prendere atto di quanto testé dichiarato dal Presidente, ribadisce il suo disagio per le condizioni nelle quali si svolge il dibattito, anche tenuto conto del fatto che i senatori hanno potuto avere contezza del contenuto dell’intervento del ministro Dini alla Camera soltanto pochi minuti fa.

        Si dichiara comunque insoddisfatto della risposta del Ministro, rilevando come la vicenda dell’acquisizione della Telekom Serbia da parte della STET dia adito a forti dubbi e perplessità che non è stato possibile finora fugare. In particolare, dal punto di vista strettamente finanziario l’acquisizione rappresentò una perdita secca, in quanto ci fu una sopravvalutazione della società.
        Risulta inoltre esservi stato un pagamento di tangenti di ammontare a tutt’oggi non chiaro, visto che si parla di 31 miliardi di lire, ma anche del 3 per cento di un valore di acquisto che fu pari a 1.500 miliardi, mentre sono aperti tutti gli interrogativi circa l’identità dei destinatari di tali somme.
        Non si comprende poi come mai da parte del Governo italiano non si sia ancora avvertita l’esigenza di far pervenire almeno una nota verbale a Belgrado di fronte alla reiterata affermazione dell’
ex ambasciatore iugoslavo presso la Santa Sede secondo la quale il suo Governo sarebbe stato costretto «dai mafiosi italiani» a far fronte al pagamento di 32 milioni di marchi. In tale quadro, poiché il ministro Dini ha dichiarato di non essersi occupato dell’operazione, avendone preso contezza soltanto dai mezzi di informazione, appare necessario chiarire quale sia stato il ruolo svolto dal sottosegretario pro tempore alla Presidenza del Consiglio nell’ambito del governo Prodi, Enrico Micheli.
        Ulteriori interrogativi riguardano le reali motivazioni sottese all’iniziativa assunta dal quotidiano
«la Repubblica» di dare grande risalto alla vicenda, mentre per altro verso vi è il fondato dubbio che da parte del nuovo Governo iugoslavo si alimentino i sospetti sull’operazione al fine di ottenere una revisione al rialzo del prezzo di vendita a suo tempo concordato.
        Il senatore VALENTINO, intervenendo in sede di replica in ordine alle interrogazioni 3-04323 e 3-04345, rileva come il ministro Dini, anche considerando le indicazioni desumibili dalle sue dichiarazioni di questa mattina alla Camera, non abbia fornito risposta ai quesiti rivoltigli, in particolare circa la sua mancata conoscenza di un’operazione tanto importante come l’acquisizione della Telekom Serbia da parte di una società che all’epoca dei fatti rientrava nell’area di diretta influenza del Tesoro. Non è stata inoltre da lui espressa alcuna valutazione circa la congruità dell’operazione dal punto di vista finanziario, né si è avuta risposta sulla veridicità delle informazioni secondo le quali il ministro Dini si sarebbe recato alla fine del 1996 a Belgrado accompagnato da un noto banchiere italiano per incontrare l’allora presidente Milosevic.
        Il ministro DINI smentisce risolutamente la circostanza testè evocata in via d’ipotesi dal senatore Valentino.
        Il senatore MILIO, intervenendo in sede di replica in ordine alle interrogazioni 3-04343 e 3-04344, si dichiara insoddisfatto per la risposta del ministro Dini, rilevando come quanto da lui dichiarato circa la sua mancata conoscenza, all’epoca dei fatti, dell’operazione di acquisizione della Telekom Serbia sia di ardua comprensione se si considera l’ampio risalto che fu dato a suo tempo dai mezzi di comunicazione alla vicenda. Egli stesso ebbe modo di presentare sin dal giugno 1997 un’interrogazione a risposta scritta, alla quale l’allora Presidente del Consiglio Prodi non ritenne peraltro di dover dare risposta.

        Alla stregua delle informazioni pubblicate a suo tempo dalla stampa, e che richiama brevemente, risulta inaccettabile la posizione assunta dalla Presidenza del Consiglio e dal Ministero del tesoro con il comunicato del 22 febbraio scorso secondo la quale la responsabilità dell’operazione sarebbe da ascrivere ad una società di diritto olandese controllata dalla STET, anche perché quest’ultima era comunque collocata nell’area di diretta influenza del Tesoro.
        Di fronte anche agli indirizzi di estremo rigore affermatisi in tema di valutazione delle responsabilità dei vertici imprenditoriali per le irregolarità gestionali delle aziende, non è possibile accordare all’azionista pubblico un’assoluta irresponsabilità – anche sul piano politico – rispetto ad un’operazione di rilevantissima importanza internazionale compiuta da una società controllata.
        Per tali ragioni, a suo avviso, coloro che nel giugno del 1997 facevano parte del Governo, in particolare in qualità di Ministro del tesoro e di Ministro degli esteri, dovrebbero dare spiegazioni convincenti sulle scelte compiute o autorizzate, ovvero assumersi la responsabilità di una smaccata omissione di vigilanza, tanto più grave in quanto risoltasi in un obiettivo supporto ad un regime al quale sono addebitati gravissimi crimini contro l’umanità.
        In conclusione, preannuncia l’intenzione della sua parte politica di chiedere nelle appropriate istanze comunitarie un chiarimento da parte del Presidente della Commissione Prodi circa l’intera vicenda.

        Il senatore JACCHIA rileva che, nonostante l’abile tentativo del ministro Dini di minimizzare le divergenze tra gli Stati Uniti e i partners europei, vi è una distanza incolmabile tra le rispettive posizioni su due fondamentali argomenti: la difesa europea e il cosiddetto scudo antimissile. Sulla prima questione l’amministrazione Bush ha espresso con estrema chiarezza le sue preoccupazioni, che si riferiscono alla pianificazione militare – da mantenere all’interno della NATO – e alla probabile sottrazione di risorse all’Alleanza atlantica, che potrebbe essere evitata solo se i paesi europei fossero disposti ad aumentare gli stanziamenti globali per le forze armate.
        Per quel che riguarda la difesa antimissile, al di là delle difficoltà tecniche, vi è una precisa determinazione degli Stati Uniti a realizzare lo «scudo», con o senza il consenso degli altri governi. Peraltro la scelta di porre immediatamente la questione sul tappeto non è affatto intempestiva, ma rivela la volontà di inviare un messaggio politico agli alleati: gli Stati Uniti vogliono riaffermare che sarà la NATO a occuparsi della sicurezza della comunità atlantica.
        Il senatore RUSSO SPENA sottolinea anzitutto la fine ingloriosa della riforma della cooperazione allo sviluppo, arenatasi alla Camera dei deputati per le tardive obiezioni dell’apparato, che configurano sostanzialmente un ostruzionismo da parte del Ministero degli affari esteri. Anche se il Ministro è probabilmente estraneo a tale vicenda, essa costituisce innegabilmente un problema politico.
        Quanto al caso Telekom Serbia, non ritiene che vi siano responsabilità da addebitare al Governo, ma piuttosto coglie nella ricostruzione giornalistica della vicenda una rivalsa di ambienti statunitensi per le posizioni sostenute dall’Italia alla Conferenza di Rambouillet. È inoltre fin troppo chiaro l’uso dei servizi segreti nel tentativo di squalificare la presenza italiana nella regione balcanica, in un momento cruciale per i suoi futuri assetti politici ed economici.
        Informa la Commissione che alcuni giorni fa l’invio di aiuti umanitari a Baghdad con un volo speciale da Ciampino è stato bloccato all’ultimo momento dalla Farnesina, poichè l’ONU avrebbe annullato l’autorizzazione già concessa. Tale decisione ha creato sconcerto tra i promotori dell’iniziativa, cioè i francescani di Assisi, e i numerosi medici che avevano accettato di partecipare alla missione. Domanda pertanto al Ministro se condivide la proposta avanzata dal sottosegretario Serri che, seguendo l’esempio della Francia, propone per il futuro di limitarsi a notificare alle Nazioni Unite l’invio di aiuti umanitari all’Iraq, anziché richiederne l’autorizzazione.

        Il senatore CORRAO dà atto al ministro Dini della chiara posizione espressa sul processo di pace in Medio Oriente e del sostegno italiano alla ripresa delle trattative. Non è invece chiara la posizione sull’embargo contro l’Iraq, la cui prosecuzione non sembra giustificata soprattutto alla luce della distinzione che tutti fanno tra le responsabilità di Saddam Hussein e la tragica condizione del popolo iracheno; peraltro i bombardamenti angloamericani non colpiscono affatto il regime, ma provocano ulteriori sofferenze agli iracheni.
        Domanda pertanto per quale ragione il Ministero degli affari esteri abbia bloccato l’invio di aiuti umanitari in Iraq da parte dei francescani. Ciò pare tanto più strano dal momento che il presidente Formigoni, in questo stesso periodo, promuove l’invio di aiuti a Baghdad e anche missioni di affari di imprenditori della regione Lombardia.
        Si sofferma poi sui rapporti tra gli Stati Uniti e la Libia, certamente migliorati per la caduta delle accuse di complicità con il terrorismo che in passato venivano rivolte a Gheddafi, ma questi sviluppi sono contraddetti dalla richiesta americana che il governo di Tripoli riconosca la responsabilità dell’attentato di Lockerbie, che non è affermata nella sentenza della corte olandese. Peraltro un giudizio storico complessivo sulle responsabilità dei vari Stati per azioni militari che hanno provocato morti tra i civili, e violato la sovranità di altri paesi, non può prescindere dal gravissimo caso di Ustica, in cui fu abbattuto un aereo di linea in territorio italiano.
        In conclusione il rispetto per le alleanze non può implicare in alcun modo una sudditanza verso il principale alleato – che non disdegna un uso strumentale dei
dossier dei servizi segreti, come dimostra il caso Telekom Serbia – ma richiede il riconoscimento di una pari dignità.
        Il senatore VERTONE GRIMALDI sottolinea in primo luogo i meriti del Governo italiano per il modo in cui ha saputo gestire la gravissima crisi del Kossovo, conciliando la lealtà verso gli alleati con una attenta difesa degli interessi nazionali. Del resto non si può prescindere dalla politica complessiva dell’Italia verso i Balcani, se si vuol comprendere le ragioni per cui è improvvisamente scoppiato il caso Telekom Serbia, cioè l’assurda polemica per l’acquisizione da parte di un’impresa italiana di una quota dell’azienda di telecomunicazioni serba, per la quale dovette affrontare e vincere la concorrenza di altre imprese europee del calibro di Alcatel e Siemens.
        Desta stupore l’atteggiamento delle forze politiche di destra, che non difendono gli interessi nazionali di fronte a una grossolana montatura, mentre merita apprezzamento l’intervento del senatore Russo Spena, che ha dimostrato una lucida intelligenza politica. Il vero scandalo, a suo avviso, è rappresentato dal ruolo del quotidiano «La Repubblica», che si è fatto strumento di un subdolo attacco alla politica estera dell’Italia.
        Infine invita il ministro Dini a chiarire le ragioni del veto all’invio di aiuti umanitari in Iraq, denunziato dal senatore Russo Spena, poiché le modalità con cui si è svolta la vicenda sollevano non poche perplessità.

        Il senatore ANDREOTTI osserva in primo luogo che la mancata informazione del Governo sul negoziato in corso per l’acquisizione di una quota in Telekom Serbia può indurre a ritenere che non sia stata una buona scelta la soppressione del Ministero per le partecipazioni statali, dal momento che all’epoca dei fatti la Stet era ancora un’impresa in mano pubblica.
        In merito alle considerazioni del Ministro relative alla NATO, rileva che il Governo e il Parlamento dovrebbero approfondire tutte le implicazioni del nuovo concetto strategico approvato circa due anni orsono: occorre chiarire, in particolare, da dove provengano le nuove minacce cui la NATO dovrebbe far fronte, nel mutato contesto internazionale. Sottolinea poi l’esigenza di un maggiore coinvolgimento dell’Unione Europea nel processo di pace in Medio Oriente, poiché l’esperienza dell’ultimo decennio ha dimostrato che gli Stati Uniti sono necessari, ma non sufficienti per una soluzione politica. Ricorda peraltro che, dopo la conclusione della guerra del Golfo, il presidente Bush dichiarò che era venuto il momento di impegnarsi per la soluzione della questione palestinese.
        Le trattative per il disarmo convenzionale e nucleare, che ebbero un grande impulso durante le presidenze di Ronald Reagan e di George Bush, dovrebbero essere ora rilanciate, sia a livello generale che in particolari contesti regionali. Ad esempio, varrebbe la pena di mettere in atto le buone intenzioni espresse nel 1991, quando si affermò che nel Golfo Persico nessun paese avrebbe dovuto disporre di un arsenale che gli consentisse di aggredire i paesi vicini.
        Si sofferma poi sulle relazioni con la Libia, riferendo che, nel corso di un recente viaggio effettuato nell’ambito dell’Unione interparlamentare, ha potuto constatare soddisfazione per i rapporti bilaterali e per il ruolo svolto dal sottosegretario Serri nella promozione di un accordo di pace nel Sudan meridionale.
        Ritiene importante il riconoscimento del nuovo segretario di Stato Colin Powell circa l’assenza di una
connection tra la Libia e i movimenti terroristici, ma ritiene che si possano assumere ulteriori iniziative per la normalizzazione dei rapporti dopo la crisi di Lockerbie. Ad esempio, si potrebbe costituire un fondo internazionale per indennizzare tutte le vittime di eventi bellici o terroristici le cui responsabilità non siano accertate e, in tale ipotesi, è probabile che il governo libico possa contribuire con molta generosità.
        Infine pone in risalto l’importanza del progetto libico di promuovere l’Unione africana, andando ben al di là della cooperazione in seno all’OUA. Si tratta certamente di un progetto ambizioso, che si scontra con formidabili interessi di tipo neocoloniale, ma appare meritevole di attenzione da parte del Governo italiano.

        Il senatore PIANETTA ricorda al Ministro che all’epoca del negoziato con il governo di Belgrado, la Stet era una holding pubblica, i cui amministratori venivano nominati dal Governo. Appare quindi singolare la mancanza di informative su un affare la cui rilevanza per la politica estera è del tutto evidente.
        Chiede poi se il Ministero degli affari esteri può garantire che, in caso di approvazione del disegno di legge sull’esercizio del diritto di voto nella circoscrizione estero, la rete consolare sarebbe pronta per i complessi adempimenti che esso prevede. Domanda altresì se siano state avviate intese con altri Stati per l’attuazione di tale legge. A tal proposito precisa che la sua parte politica non intende effettuare alcuna strumentalizzazione, ma è disposta a prendere atto delle difficoltà oggettive in cui il Ministero si verrebbe a trovare, nel caso che tale legge sia realmente approvata.
        Il presidente MIGONE sottolinea in primo luogo che spetta alla magistratura accertare eventuale irregolarità nell’acquisizione di una quota della Telekom Serbia da parte della Stet, mentre il Parlamento deve esprimere una valutazione politica.
        In merito all’esposizione generale del Ministro, ricorda che le trasformazioni radicali verificatesi in Europa a partire dal 1989 hanno imposto alla NATO di trasformarsi gradualmente in una organizzazione di sicurezza collettiva – fermi restando gli impegni derivanti dall’articolo 5 del trattato istitutivo – e al tempo stesso di aprirsi all’adesione di nuovi Stati membri. Ciò comporta da un lato l’esigenza di una maggiore collegialità nelle decisioni e, dall’altro, l’assunzione di nuovi compiti nella gestione dei conflitti. Chi si oppone a una trasformazione in tal senso, come fa il senatore Russo Spena, dovrebbe anche precisare in qual modo la comunità internazionale può reagire di fronte a inaccettabili massacri, come quelli verificatisi nei Balcani.
        La richiesta statunitense di una maggiore partecipazione degli europei alle spese dell’Alleanza può essere accolta, a condizione che a più alti contributi corrisponda un maggiore peso decisionale. Occorre inoltre rafforzare il pilastro europeo all’interno dell’Alleanza, ricercando un rapporto più adulto con il maggiore alleato, il quale non può evitare di prendere atto che sta nascendo una identità di difesa europea.
        Si sofferma quindi sul progetto di difesa antimissilistica, esprimendo il timore che questo programma potrebbe far ripiombare il mondo in un assetto bipolare. Occorre perciò una estrema cautela in tale materia, per evitare il duplice rischio di una crisi nei rapporti degli Stati Uniti con la Russia e la Cina, nonché di un’ulteriore spinta verso la proliferazione delle armi nucleari.

        Il senatore PORCARI sottolinea anzitutto l’originalità della «difesa nazionale antimissile» rispetto allo «scudo stellare» di Reagan e invita il Governo a chiarire se sia d’accordo con il presidente Bush, circa l’opportunità di una difesa contro attacchi missilistici lanciati con scopi terroristici.
        Per quel che riguarda il caso Telekom Serbia, una valutazione politica fatta oggi, alla vigilia dell’arresto di Milosevic, non può prescindere da un giudizio sul regime dell’ex presidente della Federazione iugoslava. Un governo già ampiamente screditato riuscì a sopravvivere ancora per alcuni anni grazie soprattutto alle risorse finanziarie ottenute con quell’affare: è questo un dato di fatto innegabile, anche se l’Italia successivamente ha mantenuto i suoi impegni in seno all’Alleanza atlantica, grazie al sostegno determinante del Polo delle libertà.
        Il senatore SCALFARO esprime soddisfazione per l’alto livello del dibattito odierno e apprezzamento per l’esposizione del ministro Dini, che ha confermato la serietà con cui si prepara agli incontri internazionali e accetta poi di parlarne nelle sedi istituzionali. Sottolinea inoltre la dignità con cui il Governo si muove nei rapporti con i principali alleati, nel presupposto della parità di tutti gli Stati membri nella partecipazione all’Alleanza atlantica.
        Dichiara poi di condividere l’impostazione dei rapporti con la Russia, che non deve essere spinta a temere un accerchiamento da parte degli occidentali, ma osserva che tale giusta esigenza politica e psicologica va contemperata con la legittima aspirazione alla sicurezza dei paesi confinanti.
        La senatrice DE ZULUETA prende atto della completa estraneità del Ministero degli affari esteri rispetto alla vicenda Telekom Serbia, ma non la considera un fatto positivo, poiché sarebbe stato opportuno che il Governo si occupasse di una trattativa così rilevante per le sue implicazioni di ordine politico. È ora auspicabile che la polemica in corso su quella vicenda non turbi gli eccellenti rapporti con il nuovo governo di Belgrado.
        Chiede poi quale sia lo stato attuale delle relazioni tra il Montenegro e gli Stati Uniti, anche sotto il profilo finanziario, e auspica che le elezioni in Kossovo si svolgano dopo che si sia chiarito in quale ordinamento statale esse si svolgeranno e, soprattutto, quali saranno le funzioni istituzionali degli eletti. In caso contrario non si darebbe prova di pragmatismo, ma di confusione di idee.
        Anche in Iraq la ripresa dei bombardamenti non sembra esprimere un approccio pragmatico, poiché non avvicina minimamente la soluzione dei problemi, mentre le sistematiche ispezioni dell’ONU negli scorsi anni avevano realmente ridotto la capacità militare del governo di Baghdad, che adesso è invece ritenuto di nuovo in grado di fabbricare armi nucleari. Resta comunque da chiarire se sia un caso che il bombardamento alla periferia della capitale sia avvenuto alla vigilia del viaggio a New York del ministro iracheno incaricato di negoziare sulla ripresa delle ispezioni.
        Dichiara poi di condividere l’opportunità di un maggiore coinvolgimento dell’Unione Europea nel processo di pace in Palestina e, infine, osserva che la realizzazione del programma antimissilistico degli Stati Uniti porterebbe sì al superamento della «mutua distruzione assicurata», ma lascerebbe la capacità di distruzione a una sola superpotenza.

        Il ministro DINI replica ai senatori intervenuti nel dibattito, ribadendo che il Governo non è stato mai interpellato né dalla Stet né dalle autorità di Belgrado nel corso della trattativa per la parziale privatizzazione della Telekom Serbia. Benchè i primi contatti siano stati presi in anni precedenti, il vero negoziato iniziò solo dopo l’abrogazione delle sanzioni contro la Federazione iugoslava: non vi era pertanto alcuna giustificazione per opporre un veto alla conclusione dell’affare, tanto più che l’Unione Europea incoraggiava le imprese degli Stati membri a investire in Iugoslavia. Risulta invece che alcune imprese di altri paesi europei hanno concluso affari con Belgrado, nel periodo in cui erano ancora in vigore le sanzioni.
        Non si comprende dunque la ragione dell’improvvisa campagna denigratoria effettuata da «La Repubblica», che ha assurdamente insinuato responsabilità politiche del Governo, che invece ha mantenuto rapporti sempre corretti sia con le autorità iugoslave sia con i movimenti dell’opposizione serba. A tal proposito ricorda di aver effettuato una visita a Belgrado nel dicembre 1996 per convincere Milosevic ad accettare la missione di Gonzales, come inviato speciale dell’OSCE, dopo le contestate elezioni amministrative in Serbia.
        Alla Conferenza di Rambouillet, svoltasi molto tempo dopo la conclusione del contratto tra Stet e Telekom Serbia, ha cercato fino in fondo di favorire la conclusione di un accordo sul Kossovo, nell’interesse di tutte le parti coinvolte; quando scoppiò poi il conflitto, l’Italia ha fatto lealmente la sua parte, tentando però di evitare gli attacchi a obiettivi civili e proponendo una tregua nel periodo pasquale, al fine di favorire una ripresa dei negoziati. Tutto ciò ha provocato qualche incomprensione con alcuni alleati; del resto non vi è dubbio che dietro gli articoli scandalistici pubblicati sull’argomento vi sia qualche
dossier fabbricato altrove.
        Precisando poi alcuni aspetti particolari della vicenda, fa presente al senatore Valentino che il Ministero era regolarmente informato dall’ambasciatore a Belgrado sull’esistenza delle trattative, ma non ritenne di dover interferire, anche perché le imprese sono solite chiedere l’intervento del Governo soltanto quando hanno bisogno del suo aiuto. La comunità internazionale, dopo gli accordi di Dayton, era orientata a favorire il reinserimento della Iugoslavia nell’economia europea, anche incoraggiando accordi con imprese straniere. L’impiego delle risorse finanziarie così ottenute dal governo di Belgrado non poteva essere sindacabile dall’Italia o da altri paesi; peraltro gli stessi articoli di stampa citati dal senatore Milio affermano che tali somme servirono a pagare stipendi e pensioni, nonché a ricostituire le riserve valutarie praticamente azzerate.
        Fa poi presente alla senatrice de Zulueta che i ministri iugoslavi hanno smentito le dichiarazioni attribuite loro da «La Repubblica» e che, contrariamente a quanto affermato da tale giornale, i rapporti tra i due governi sono eccellenti. Presto il presidente di Telecom Italia si recherà a Belgrado per incontrare il primo ministro Dijndijc, al fine di discutere le prospettive della partecipazione al capitale dell’azienda di telecomunicazioni serba.
        Dopo aver brevemente accennato alle ragioni per cui il Governo ha chiesto modifiche al disegno di legge di riforma della cooperazione approvato dalla Commissione esteri della Camera, il ministro Dini risponde alle ulteriori domande dei senatori concernenti altre questioni di politica estera. In merito al blocco della spedizione di aiuti umanitari a Baghdad, su cui si è soffermato il senatore Russo Spena, fa presente che sabato scorso le Nazioni Unite si sono opposte alla partenza dell’aereo da Ciampino, perché si è accertato che la compagnia proprietaria dell’apparecchio in altre occasioni ha trasportato armi verso paesi colpiti da un embargo; peraltro le stesse Nazioni Unite hanno precisato che gli aiuti possono essere spediti con un aereo appartenente ad altra compagnia.
        Quanto alla difesa nazionale antimissile, il presidente Bush ha assunto un impegno politico che intende mantenere, ma restano da definire aspetti fondamentali del programma, dai paesi che potranno aderire ai possibili attacchi contro cui dovrà operare. Il governo russo ha già dichiarato che, se la difesa è rivolta contro alcuni paesi considerati fonte di minacce per la stabilità internazionale, la Russia è disposta a partecipare a tale programma.
        I rapporti tra gli Stati Uniti e la Libia sono attualmente in una fase di stallo, poiché le sanzioni sono state sospese ma Washington ne subordina la definitiva abrogazione ad alcune condizioni inaccettabili per il governo di Tripoli. Tra l’altro, se gli angloamericani pretendessero il risarcimento delle vittime di Lockerbie, il colonnello Gheddafi chiederebbe analoghi indennizzi per le vittime dei bombardamenti su Tripoli nel 1986. Il Governo prende atto della proposta del senatore Andreotti, volta a indicare una via di uscita da questa situazione di stallo, e si riserva di studiarne la praticabilità.
        Per quanto concerne il processo di pace in Medio Oriente, è evidente che l’intera responsabilità del negoziato non può essere lasciata a un solo governo, ma non esistono ancora le condizioni per sottoporre alle parti una nuova proposta negoziale, che consenta di risolvere le principali questioni tuttora aperte.
        Infine il ministro Dini fa presente al senatore Pianetta che il ritardo nell’
iter parlamentare del disegno di legge riguardante il voto nella circoscrizione estero crea obiettive difficoltà, ma il Ministero degli affari esteri spera di poter riuscire a svolgere i propri compiti anche in tempi molto stretti.
        Il presidente MIGONE ringrazia il ministro Dini per la sua ampia replica e dichiara chiuso il dibattito sulle comunicazioni del Governo.
        
La seduta termina alle ore 17,10.