GIUSTIZIA (2a)

MERCOLEDÌ 19 GIUGNO 1996


2a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente
ZECCHINO

Intervengono il ministro di grazia e giustizia Flick e il sottosegretario di Stato per lo stesso dicastero Ayala.

La seduta inizia alle ore 9.40.

SULLA PUBBLICITÀ DEI LAVORI

Il presidente ZECCHINO avverte che è stata presentata, ai sensi dell'articolo 33, quarto comma, del Regolamento, la richiesta di attivazione dell'impianto audiovisivo per lo svolgimento dell'odierna seduta. Comunica altresì che, in previsione di tale richiesta, il Presidente del Senato aveva già preannunciato il proprio assenso.

La Commissione aderisce alla richiesta anzidetta e conseguentemente detta forma di pubblicità viene adottata per il susseguente svolgimento dei lavori.

Il presidente ZECCHINO porge a nome dell'intera Commissione il benvenuto al Ministro Guardasigilli ed al sottosegretario. Ringrazia gli autorevoli ospiti per la sensibilità mostrata nel rispondere sollecitamente alle richieste del Parlamento e dà, quindi, la parola al ministro Flick.

COMUNICAZIONI DEL GOVERNO
Comunicazioni del Ministro di grazia e giustizia sugli indirizzi e le prospettive della politica della giustizia
(Discussione e rinvio)
(R046 003, C02a, 0001o)

Il ministro FLICK espone un piano delle iniziative da realizzare nel settore-giustizia, precisando però che non intende ripetere il programma di fondo del Governo, a tutti noto. Individua una strategia di interventi calati nella drammatica realtà del settore e afferma che l'esposizione sarà articolata in due parti: la prima dedicata alle risposte di breve periodo, la seconda ad una strategia di ampio respiro.
La prospettiva di analisi globale e coordinata - cioè l'unica che consenta di superare l'oramai cronicizzata situazione di emergenza della Giustizia - presuppone che gli interventi del Governo siano previamente concordati tra i diversi soggetti del dialogo politico ed istituzionale: preannuncia che si gioverà quindi della collaborazione degli organismi e delle categorie interessate, in un'ottica di responsabilità reciproca attraverso il più ampio meccanismo di consultazioni.
Il recupero dell'efficienza è l'obiettivo strategico da perseguire nell'immediato, con i provvedimenti dei primi cento giorni dell'attività di Governo: in questa prospettiva intende dare precedenza alla giustizia civile, mortificata da un pesante arretrato e veicolo di esposizione politica e finanziaria in campo europeo per i tanti ritardi che spesso configurano una vera e propria denegata giustizia. Ebbene, restituire efficienza alla giustizia civile ha come condizione indispensabile l'eliminazione dell'arretrato in tempi ragionevoli (quattro o cinque anni). È purtroppo il procedimento esecutivo a subire la massima dispersione, ma anche altri interventi sono urgenti.
La riforma del rito civile, realizzata con la legge n. 353 del 1990, ha lasciato in secondo piano i problemi dell'organizzazione degli uffici e del numero di magistrati da impiegare. Non è possibile, dunque, rimandare ulteriormente l'istituzione delle cosiddette sezioni stralcio, da costituire avvalendosi di professionalità analoghe a quella dei magistrati (per lo più provenienti dal mondo forense) e sulle quali è auspicabile un accordo di massima tra magistratura ed avvocatura.
Si sofferma poi sulla proposta della scorsa legislatura, presentata dal senatore Casadei Monti, che tendeva ad isolare un determinato settore di contenzioso - qualificato appunto come «arretrato civile» - individuando per esso, e solo per esso, la competenza delle sezioni stralcio (senza alcuna distinzione tra attività istruttoria e attività decidente collegiale), così sottraendo al giudice ordinario una vera e propria porzione di contenzioso.

Il ministro FLICK, dopo aver rivolto un commosso pensiero alla memoria del senatore Casadei Monti, recentemente scomparso, riprende il suo dire sottolineando che l'articolo 106 secondo comma della Costituzione, che prevede la nomina di magistrati onorari per «tutte le funzioni attribuite ai giudici singoli», non solo non esclude, ma anzi afferma la centralità nel sistema della magistratura professionale.
Oltretutto, la scelta di affidare all'istituto della supplenza di magistrati onorari la funzione di smaltimento dell'arretrato trova un autorevole avallo nell'insegnamento della Corte costituzionale. Al contempo, al fine di scongiurare il rischio di una stabilizzazione nei ruoli, che evada il dettato costituzionale del primo comma dell'articolo 106 (per cui le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso), ritiene opportuno fissare per questi magistrati onorari un'età ragionevolmente elevata che giustifichi, anche per questo verso, la cancellazione dall'albo. Quanto al trattamento economico, sempre nella medesima prospettiva, nonchè al fine di predisporre un sufficiente incentivo, potrebbe riconoscersi ai giudici aggregati una indennità comunque non inferiore nell'ammontare a determinati minimi e da definire in proporzione al numero di sentenze pronunciate o di liti transatte.
La temporaneità dell'incarico stabilita in un triennio o quadriennio rinnovabile, sarebbe comunque connessa all'esaurimento dell'arretrato, essendo questo l'obiettivo delle sezioni-stralcio.
L'accennata necessità di realizzare le più forti garanzie in ordine alla professionalità dei componenti onorari delle sezioni-stralcio acquista ancor maggior rilievo nell'ottica di un eventuale raccordo tra lo svolgimento di funzioni giudicanti nell'ambito delle stesse e di reclutamento dei giudici di pace, per i quali occorre ridefinire le competenze, secondo una prospettiva con cui il governo in carica è chiamato a confrontarsi, sempre al fine del decongestionamento della giustizia. Questo ovviamente non esclude che si possa riconoscere a questo giudice competenze anche in materia penale. I tempi paiono maturi perchè si provveda a demandare a questi giudici onorari la conoscenza di reati di facile accertamento sul piano probatorio e per i quali la fonte di prova sarà di regola costituita dai rilievi compiuti direttamente dall'autorità amministrativa e dalla polizia giudiziaria.
In forza della sua natura di magistrato onorario, il giudice di pace, dovrebbe irrogare esclusivamente pene pecuniarie, salva la predisposizione di un meccanismo di progressione sanzionatoria recanti - in caso di recidiva - pene più incisive, quali la libertà controllata e la detenzione domiciliare; nonchè sanzioni a contenuto sociale. È comunque indispensabile per la miglior resa, oltre che della giustizia ordinaria, della giustizia onoraria una complessiva revisione dell'apparato sanzionatorio penale che adegui le risposte sanzionatorie alla mutata percezione del disvalore delle fattispecie, quando addirittura non esistano le condizioni per una depenalizzazione.
Procede quindi alla disamina del cosiddetto decreto salva-processi (decreto-legge n. 250 del 1996), con cui si sta tentando di arginare gli effetti prodotti dalle note sentenze della Corte Costituzionale in tema di incompatibilità dei giudici. È ragionevole supporre che il decreto rimarrà fermo alla sua formulazione originaria per la parte in cui prevede la distrettualizzazione dei tribunali della libertà e, dall'altro, il recupero degli atti compiuti dal giudice astenutosi o ricusato. Al contempo però dovranno risolversi alcune questioni fondamentali, come ad esempio, quella relativa alla natura - transitoria, ovvero a regime - delle disposizioni e quella, particolarmente spinosa, del prevedere oppure no, un nuovo decorso, o, viceversa, il «congelamento» dei termini di custodia cautelare. Sul punto, sono particolarmente utili i contributi che le associazioni di categoria hanno già offerto e - si spera - continueranno ad offrire; così come sarà utilissimo il dibattito parlamentare. Per il momento, si limita ad osservare che la soluzione senz'altro più garantisca (quella che contempli la sospensione dei termini di custodia cautelare per il tempo strettamente necessario alla rimozione della causa di astensione o di ricusazione) presupporrebbe un recupero pressochè totale della utilizzabilità delle prove, attuabile mediante un meccanismo analogo a quello previsto dal vigente articolo 190-bis codice di procedura penale.
Allo studio sono poi soluzioni normative che mirano al rafforzamento dell'investigazione difensiva tentando per tal via di riequilibrare il rapporto di questa con le indagini del pubblico ministero. La disciplina, anche in virtù del valore ideale sotteso a questa scelta, non può che rifluire nel codice di rito.
Nella prospettiva di dare attuazione al nuovo testo dell'articolo 38 delle disposizioni attuative del c.p.p., occorre non trascurare, tra l'altro, l'individuazione di concrete modalità per le indagini difensive, subordinandone l'utilizzazione all'assunzione nelle forme dell'eterodocumentazione ed alla presenza di terzi qualificati al fine di garantire la genuinità della prova, oltre che per evitare pericolose sovraesposizioni del difensore sempre nella medesima sede; dovrebbe infine valutarsi l'opportunità di introdurre norme relative alle cosiddette video-conferenze. L'intervento è finalizzato alla installazione di sistemi e collegamenti per il dibattimento a distanza, ove ciò risulti necessario per ragioni di sicurezza, funzionalità e contenimento della spesa. Esso si prospetta utile specie per i processi di criminalità organizzata, ma vale anche ad operare un recupero delle forze di polizia alle finalità di istituto di prevenzione e repressione della criminalità diffusa.
Il ministro FLICK approfondisce poi il problema della regolamentazione dell'astensione degli avvocati da affiancare alle fonti di autonormazione, delle quali si auspica nel breve termine una unificazione e che continuerebbero comunque a disciplinare in modo esclusivo alcuni non secondari aspetti della materia, anche in considerazione della forza di adeguamento spontaneo propria di tutte le forme di self regulation.
La quasi totalità dei provvedimenti or ora menzionati merita di essere calata in un'ottica di più ampio respiro ed in particolare nell'ottica di una più razionale redistribuzione dei presidi di giustizia, secondo una geografia giudiziaria finalmente attenta alla reale domanda di giustizia. Lo strumento più idoneo per attuare una revisione del reticolo giudiziario appare quello della legge-delega, sottoposto al controllo preventivo del Consiglio Superiore della Magistratura. Premesso che i problemi in materia concernono essenzialmente i reticoli dei tribunali, è chiaro che la distribuzione di risorse umane e materiali dovrebbe rispecchiare il reale fabbisogno di giustizia da determinarsi in base ad indici ponderali che tengano conto delle cosiddette sopravvenienze, così apprestando un criterio sufficientemente attendibile perchè di carattere matematico. Non può tuttavia escludersi l'opportunità di alcuni correttivi, quali il mantenimento degli uffici giudiziari nei capoluoghi di provincia (che rappresentano le aggregazioni naturali della popolazione) e nelle zone dove particolarmente sentita è la presenza della criminalità organizzata, nonchè il mantenimento di quelli limitrofi agli uffici giudiziari metropolitani (eventualmente da frazionare) in modo da consentire ai primi di assorbire in parte il carico di lavoro dei secondi. All'interno delle risorse per tal via disponibili, sarà utile prevedere un meccanismo di consultazione anticipata ed obbligatoria (seppur non vincolante) con gli organismi interessati (consigli giudiziari e consigli forensi) oltre che con gli enti esponenziali delle autonomie locali (regioni e comuni capoluoghi di provincia), i quali, entro un termine da definirsi, potrebbero, all'interno delle disponibilità indicate, fornire preziosi suggerimenti sul numero, l'ubicazione territoriale e sulla consistenza dei presidi giudiziari da prevedersi nel distretto. Trascorso inutilmente detto termine, si intenderebbe reso un parere positivo al progetto di revisione di distretti e circondari, che, dopo il controllo delle competenti commissioni parlamentari, diventerebbe definitivo.
La revisione delle circoscrizioni giudiziarie non potrà prescindere dalla creazione del giudice unico (mediante unificazione dei tribunali e delle preture, oltre che delle relative procure), nonchè del giudice monocratico in primo grado, seppure con riserve di collegialità; essa, infine, si lega al tema degli incentivi diretti ad evitare il rischio che rimangano scoperte sedi difficili o particolarmente esposte.
Accanto a questi interventi «dei primi 100 giorni» se ne impongono altri, non meno importanti: ci si riferisce ai temi del reclutamento, della cosiddetta formazione permanente e della specializzazione riferita all'esercizio di determinate funzioni nonchè a quello delle incompatibilità dei magistrati.
Particolare importanza potrebbe assumere la Scuola della Magistratura, organismo stabile, da costituire, di intesa con il Consiglio superiore della magistratura, secondo un disegno di legge già progettato e in via di completamento. A tal proposito, occorre ricordare che tale Scuola - alla quale, in futuro, potrebbero essere affidati anche i compiti di reclutamento - ha già formato oggetto di una fattiva esperienza del Consiglio Superiore sulla base di una convenzione con il Ministero, convenzione che per ragioni contabili non ha avuto esito conclusivo: è dunque necessario un titolo legislativo che dia assetto istituzionale e compiuta disciplina ad una struttura ormai indispensabile.
Per ciò che concerne gli incarichi direttivi, la letteratura specialistica e le stesse elaborazioni nell'ambito associativo si sono prevalentemente dedicate alla tematica della temporaneità e del ricambio di funzioni dirigenziali onde evitare l'appassimento della funzione o, peggio, la formazione di centri di potere. Senza dubbio si tratta di problemi corposi e finalmente da risolvere: a tal fine il Governo intende proporre un disegno di legge che, tenendo conto di precedenti e fruttuose esperienze parlamentari, dia soluzioni adeguate.
L'accentuazione dei profili di professionalità nell'interesse del servizio giustizia comporta iniziative dirette non soltanto al controllo sui relativi standard, ma anche rivolte ad introdurre forme di «incapacità» che, per un verso, impediscono di sottrarsi ai doveri d'ufficio e, per altro verso, impediscano commistioni con attività estranee ai compiti funzionali. Ci si riferisce in particolare alla materia dei collaudi e degli arbitrati concernenti appalti o contratti, anche se ne sia stata parte la pubblica amministrazione.
Quanto ai collaudi, è ben nota la vicenda che in un recente passato ha interessato il Consiglio superiore della magistratura, dando luogo a deliberazione dell'organo di autogoverno, di cui si condivide appieno il contenuto. Correttamente, perciò, l'articolo 216 dello schema di regolamento, elaborato dal Ministero dei Lavori Pubblici in esecuzione della legge n. 109/94 (come modificata dalla legge n. 216/95) esclude i magistrati dalla partecipazione a commissioni di collaudo. Invece è ancora aperta la questione degli arbitrati. In proposito si registra da tempo una chiusura del Consiglio superiore della magistratura, che è giunto persino a considerare incompatibili con le norme dell'ordinamento giudiziario le disposizioni del Capitolato generale sui lavori pubblici nella parte in cui prevede il coinvolgimento di magistrati delle Corti d'appello di Roma nelle commissioni arbitrali. Viceversa, l'articolo 149 dello schema di regolamento innanzi citato ripete, in buona sostanza, l'originaria previsione secondo cui per le controversie relative ad appalti di opere pubbliche il collegio è presieduto da un magistrato del Consiglio di Stato ed è composto, oltre che da un tecnico e da un funzionario dell'Amministrazione, da un magistrato ordinario con qualifica di Corte d'Appello in servizio presso uno degli uffici giudiziari di Roma. La previsione dello schema, benchè non circoscritta ai giudici della Corte d'appello di Roma, non risolve il problema nel senso auspicato: è viceversa opportuno affermare una vera e propria incompatibilità per escludere qualunque partecipazione a forme di giustiziabilità che non siano quelle delle aule di giustizia e per eliminare sospetti di compromissione tra attività amministrativa e attività giurisdizionale.
Da ultimo il ministro FLICK ritiene che altro aspetto da rivedere riguarda la sospensiva concessa dai TAR ai trasferimenti di ufficio dei magistrati. L'iniziativa risponde in particolare all'esigenza di assicurare il migliore funzionamento degli uffici giudiziari e, più in generale, del servizio della giustizia, evitando che il magistrato, trasferito ad altra sede per incompatibilità ambientale, possa - una volta impugnato il provvedimento ed ottenutane dal Tribunale amministrativo regionale la sospensiva - rimanere a lungo nella sede ritenuta incompatibile in attesa della definizione nel merito del giudizio amministrativo, che sovente sopraggiunge solo a notevole distanza di tempo.
Sebbene parzialmente al di fuori del discorso fin qui svolto, l'attualità del tema e soprattutto il rilievo delle sue implicazioni pratiche, comporta un accenno seppur breve alla discussa riforma della fattispecie di abuso d'ufficio.
Com'è noto, presso il Ministero era stata costituita una Commissione con l'incarico di rivedere l'articolo 323 del codice penale e indicare soluzioni meglio caratterizzanti la fattispecie, in modo da eliminare difformità applicative, debordamenti ed interpretazioni elastiche.
Le vivacità dell'ideazione normativa, ricca di esigenze di riforma, non esaurisce il compito del titolare del Dicastero che, unico Ministro nominato dalla Costituzione, è politicamente responsabile innanzi al Parlamento delle scelte e delle attività per il funzionamento della macchina giudiziaria.
Quello della giustizia non è soltanto un Ministero di funzioni, ma anche un Ministero di servizi: pertanto, egli ha dato incarico ai suoi uffici di elaborare un programma di ampio decentramento anche attraverso un ricambio di responsabilità. Ma occorre anche, affinchè un nuovo impegno possa realmente vivificare il servizio di giustizia, una dotazione finanziaria adeguata alla centralità del compito cui la macchina giudiziaria è chiamata ad adempiere per soddisfare quella domanda di giustizia che costituisce un vero e proprio diritto della collettività.

Conclusasi l'esposizione del Ministro, il senatore BUCCIERO chiede il rinvio alla prossima settimana del dibattito sulle sue dichiarazioni.

Si associa alla richiesta il senatore CIRAMI.

La senatrice SALVATO auspica che i lavori della Commisione sull'argomento possano eventualmente concludersi nella settimana prossima, ma inizino sin d'ora.

Il PRESIDENTE afferma che appare opportuno iniziare il dibattito immediatamente per concludere in un successivo momento da verificare. Così rimane stabilito.

La seduta, sospesa alle ore 11, è ripresa alle ore 11,15.

Prende la parola il senatore SENESE che, dopo aver espresso apprezzamento per l'esposizione del Ministro e in particolare per l'atteggiamento di collaborazione mostrato dal Guardasigilli nei confronti delle Istituzioni (in primo luogo finalmente anche nei confronti del Consiglio Superiore della Magistratura) e delle istanze associative presenti nell'ambito giudiziario, manifesta favore per l'attenzione posta dal Ministro sui problemi della efficienza della giustizia civile e dello smaltimento dell'arretrato, benchè non nasconde il timore della sorte della giurisdizione civile una volta che sarà compiuto il definitivo passaggio di tutte le competenze relative ai processi in materia di pubblico impiego.
Per quanto attiene al settore penale, manifesta poi soddisfazione per l'impostazione del Ministro che tende a conciliare efficienza e garanzia e ritiene opportuno battere la strada indicata nella sua relazione in merito alla previsione di sanzioni diverse della mera detenzione. Dopo aver auspicato quindi che il rigore del blocco delle assunzioni non sia troppo rigido per quanto attiene al settore della vigilanza penitenziaria, sottolinea poi che ogni eventuale ritocco ulteriore al processo penale dovrà accomunarsi ad efficaci previsioni circa la difesa dei non abbienti.
Riguardo poi alla riforma del Ministero, l'oratore sottolinea che occorre porre in grado le strutture del Dicastero di fornire, anche al Parlamento, dati e informazioni precise e affidabili, come purtroppo oggi non sempre accade.
Conclude affermando che anche il più civile ed efficiente apparato giudiziario non potrà comunque dare risultati positivi in presenza di un caos normativo come quello vigente oggi in Italia: un compito quindi di lungo momento per il Governo appare quello della razionalizzazione della legislazione anche attraverso l'adozione di testi unici.

Il senatore GASPERINI si sofferma anzitutto sulla questione della riforma della figura del Pubblico Ministero dal momento che da più parti si chiede l'elettività del Pubblico Ministero o che egli eserciti la sua funzione in strutture separate da quelle dei giudici o che addirittura si giunga all'istituzione di una carriera separata.
Dopo essersi quindi chiesto se non sia superabile la struttura centralizzata degli uffici giudiziari, auspica l'adozione di pene alternative a quelle detentive.

Il senatore CALLEGARO, dopo avere espresso fiducia nei confronti dell'azione del Ministro, lamenta che il principio dell'efficienza ha talora prevalso ultimamente su quello della legalità che spesso è uscita ingiustamente sacrificata. Lamenta inoltre che non di rado molti cittadini rinuncino ad attivarsi nel campo della giustizia civile a causa degli alti costi che questa comporta e aggiunge che anche l'istituzione del giudice di pace non sembra sinora aver dato i risultati sperati: per questi motivi manifesta perplessità nell'attribuzione di ulteriori competenze di natura penale a questa nuova figura di giudice.
Dopo aver affermato che alcune contrapposizioni pregiudiziali fra gli operatori della giustizia sembrano stemperarsi ed attenuarsi, auspica che il Ministero possa trarre vantaggi operativi da questa nuova situazione e aggiunge che occorre pervenire ad un incremento di professionalità all'interno delle strutture amministrative giudiziarie, ma principalmente ad un salto di qualità anche per quanto attiene alla preparazione e allo sviluppo di carriera dei magistrati.

Prende quindi la parola il senatore CENTARO che sostiene anzitutto come all'alto livello ideale della recente legislazione in materia civile e penale non corrisponda una concreta praticabilità e applicabilità e manifesta poi grande favore per l'attenzione rivolta dal Ministro ai problemi della giustizia civile che non sembra possibile però risolvere solo attraverso lo smaltimento dell'arretrato, ma anzitutto in una prospettiva anche di ampliamento dell'organico. Per quanto riguarda poi la composizione delle sezioni stralcio afferma che preferirebbe per questi fini il reclutamento di giovani laureati anzichè di anziani avvocati senza utenti o di scarsa preparazione o, per motivi diversi, di notai o professori universitari.
Dopo aver sostenuto che il cittadino ha bisogno della presenza degli uffici giudiziari diffusi sul territorio, anche perchè spesso attualmente solo gli uffici giudiziari piccoli riescono a dare quella giustizia rapida da tutti auspicata, postula l'ampliamento dell'organico dei magistrati in tempi brevi, eventualmente anche attraverso meccanismi di formazione che passino per la Scuola della Magistratura.
Riguardo poi alla problematica del giudice unico - a cui è favorevole - ritiene che potrebbero essere mantenute istanze collegiali nel campo penale per i reati di maggiore rilevanza. Auspica poi una diversa composizione dei Consigli giudiziari e un decentramento a queste strutture di alcune funzioni del Consiglio Superiore. Sul problema della divisione delle carriere fra Giudice e Pubblico Ministero afferma che questo non deve preludere a progetti di controllo politico sull'accusa che apparirebbe inaccettabile.
Si sofferma quindi sulla questione della tipizzazione degli illeciti disciplinari e sul problema di un possibile coinvolgimento della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura in logiche correntizie che mal si confanno ad un simile organismo che forse andrebbe quindi reso maggiormente autonomo.

Il senatore LISI esordisce chiedendo chiarimenti e rassicurazioni al Ministro con riferimento alla ipotizzata distrettualizzazione delle sezioni del riesame delle misure cautelari (cosiddetto Tribunale della libertà) ed all'inevitabile reclutamento straordinario di nuovi magistrati. Si sofferma poi sulla questione delle cosiddette video-conferenze, che possono inficiare il diritto alla difesa dell'imputato e in genere il diritto di tutti i cittadini al rispetto delle loro garanzie. Con riferimento poi, alla separazione delle funzioni sottolinea la necessità di un intervento radicale e forte che distingua in modo netto fra le funzioni inquirenti e giudicanti. Passa quindi all'esame dell'annosa questione dei trasferimenti dei magistrati che, al pari di tutti i funzionari dello Stato, debbono essere assoggettabili a tale provvedimento amministrativo, pur se con le dovute garanzie.

Il senatore FASSONE interviene per evidenziare che l'elemento di novità nelle parole di questo Ministro rispetto ai suoi predecessori risiede nella capacità di affrontare con ampio respiro ed in modo organico gli antichissimi mali della Giustizia. Al contempo, l'intervento del rappresentante del Governo ha prestato un'encomiabile attenzione per i soggetti deboli del processo, che più degli altri soffrono delle note distonie giudiziarie. Esprime quindi fiducia per le iniziative prospettate dal Ministro, come ad esempio il rafforzamento del patrocinio per i meno abbienti. Condivide in pieno l'idea di istituire una Scuola per il tirocinio e la formazione dei magistrati, da collocare istituzionalmente in posizione di equidistante autonomia rispetto al Ministero ed anche al Consiglio superiore della magistratura.
Infine enuncia i provvedimenti che auspica siano in tempi brevi approvati, come quello per la revisione della geografia giudiziaria e per l'introduzione di un giudice monocratico in primo grado, anche se con riserva di ricorso ad organo collegiale.

Il senatore CALVI apprezza l'impostazione di fondo dell'intervento del Ministro che ha finalmente offerto un approccio nuovo agli antichi mali dell'ordine giudiziario: proprio da questa capacità di fornire soluzioni originali egli trae spunto per un prudente ottimismo. Ravvisa carenze normative nel ruolo del difensore all'interno del rito penale, ma più in generale ritiene essere doveroso intervenire nel momento della valutazione della prova che è attualmente il punto più debole dell'intero processo.
Incentra quindi il suo intervento sull'evidente necessità di rimeditare i contenuti ed i confini del cosiddetto diritto penale minimo ed in particolare sull'esigenza di riscrivere il sistema sanzionatorio nel nostro ordinamento. Pur non disconoscendo che la sanzione penale gode di una «sacralità» maggiore rispetto a quella amministrativa, afferma con profonda convinzione che bisogna però non disconoscere il maggior livello di efficacia di quest'ultima rispetto alla prima.

Il seguito del dibattito è quindi rinviato.

La seduta termina alle ore 13.