AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE (3a)

MERCOLEDI' 17 GENNAIO 2001
338a Seduta

Presidenza del Presidente
MIGONE

Interviene il ministro degli affari esteri Dini.

La seduta inizia alle ore 14,50.

SULLA PUBBLICITA’ DEI LAVORI

Il presidente MIGONE avverte che è stata presentata richiesta di attivazione dell’impianto audiovisivo per l’odierna seduta. Comunica altresì che il Presidente del Senato, in previsione della richiesta, ha preannunciato il suo assenso.

La Commissione accoglie tale proposta e conseguentemente viene adottata questa forma di pubblicità, ai sensi dell’articolo 33, comma 4, del Regolamento, per il successivo svolgimento dei lavori.


PROCEDURE INFORMATIVE

Comunicazioni del Ministro degli affari esteri sulle iniziative del Governo in ambito internazionale in ordine all'uso di armi ad uranio impoverito.

Il presidente MIGONE, nel ringraziare il ministro Dini per aver accolto l'invito della Commissione, sottolinea l'importanza di approfondire gli aspetti internazionali dell'impiego di munizioni a uranio impoverito nei Balcani, soprattutto per quel che riguarda le procedure di consultazione tra alleati in seno alla NATO. Pone altresì in risalto il ruolo che è proprio del Ministero degli affari esteri, nel coordinamento delle iniziative dei molteplici Ministeri che abbiano profili di competenza in questa vicenda.

Il ministro DINI richiama anzitutto l'attenzione della Commissione sull'impegno complessivo dell'Italia nei Balcani, dove vi è stata una mobilitazione senza precedenti di risorse umane e materiali, per contribuire alla stabilizzazione di una regione vitale nella strategia di riunificazione del continente europeo. In tale ambito il Governo ha attribuito sempre la massima importanza alla tutela della salute dei militari e dei civili impegnati nella regione, nonché delle popolazioni locali.
Ben prima che l'attenzione dell'opinione pubblica fosse attratta dalla situazione in Bosnia, l'Italia aveva assicurato la massima collaborazione all'iniziativa del Programma delle Nazioni Unite sull'ambiente (UNEP), volta ad accertare le conseguenze sul territorio e sulla popolazione del Kosovo dell'impiego di munizioni contenenti uranio impoverito; furono messi a disposizione dell'UNEP anche esperti e laboratori italiani per analisi scientifiche. Quanto alla Bosnia, il 22 dicembre il rappresentante permanente dell'Italia presso la NATO chiedeva di poter disporre delle mappe dei siti bombardati con proiettili a uranio impoverito; accogliendo tale richiesta, lunedì scorso il Segretario generale della NATO ha fornito informazioni dettagliate sugli obiettivi e sulle quantità di proiettili impiegate. In tal modo il Governo sta operando nel senso indicato dalle due risoluzioni approvate la scorsa settimana dal Senato, riscontrando la disponibilità di tutti i paesi alleati nel garantire la più ampia trasparenza.
Il Consiglio atlantico, che si è riunito il 10 gennaio su richiesta dell'Italia, ha approvato una serie di importanti misure di trasparenza, tra cui la costituzione di un gruppo di lavoro ad hoc, che già ha iniziato a lavorare per acquisire dati e rilevazioni scientifiche sugli eventuali effetti dell'uranio impoverito. Di tale gruppo fanno parte, oltre agli Stati membri dell'alleanza, quelli appartenenti al Consiglio di partenariato euro-atlantico e tutti i paesi che hanno contribuito con le proprie forze ai contingenti SFOR e KFOR impegnati nei Balcani. Il principale contributo è stato finora fornito dagli Stati Uniti, che hanno messo a disposizione gli studi effettuati dal Pentagono, dalla Rand Corporation e dall'Istituto di medicina della National Academy of Sciences.
Il ministro Dini ricorda poi di aver sollecitato il Segretario generale delle Nazioni Unite e il Direttore generale dell'UNEP a svolgere con la massima sollecitudine una rigorosa indagine in territorio bosniaco, analoga a quella in corso nel Kosovo. Il Governo ha altresì sollecitato l'Unione Europea a compiere uno studio scientifico sugli effetti dell'uranio impoverito, anche al fine di valutare l'eventuale necessità di nuovi programmi di assistenza a favore dell'area balcanica. La Commissione Europea, in base all'articolo 31 del trattato dell'EURATOM, ha incaricato un gruppo di esperti di elaborare un parere scientifico. Il problema è stato poi affrontato, nei suoi aspetti politici, in seno al Consiglio dell'Unione Europea e verrà ulteriormente approfondito il 22 gennaio, in occasione del Consiglio Affari Generali, attivando ogni possibile iniziativa che consenta – in uno spirito di collaborazione tra le varie organizzazioni internazionali coinvolte – di giungere alla valutazione comune sulla effettiva pericolosità dell'uranio impoverito.
Quanto all'adozione di protocolli che garantiscano decisioni collegiali nelle organizzazioni internazionali coinvolte in iniziative di peace enforcement – come richiede la risoluzione n. 63 approvata dal Senato – è necessario tener presente che attualmente l'impiego dell'uranio impoverito non è vietato da alcuna convenzione internazionale, ma anzi è ufficialmente riconosciuto attraverso numerosissimi brevetti depositati nell'Unione Europea e in altri Stati. Il Governo sta peraltro valutando la possibilità di proporre un negoziato agli altri Stati che hanno sottoscritto la Convenzione sulla proibizione delle cosiddette armi disumane, allo scopo di definire un protocollo aggiuntivo che includa tra le armi proibite le munizioni a uranio impoverito, sempre che sia possibile dimostrare che provocano "sofferenze non necessarie".
Una moratoria nell'impiego di tali armi, proposta dal Governo con il sostegno della Germania e della Grecia ma non accolta dalla maggioranza dei paesi alleati, è stata oggi richiesta dal Parlamento Europeo, con una risoluzione approvata a larga maggioranza. Il Segretario generale della NATO, Lord Robertson, ha osservato che una moratoria de facto è già in vigore poiché non si prevede che tale tipo di munizioni sia impiegato dall'Alleanza nel prossimo futuro. Si tratta di una posizione interlocutoria, che non esclude la possibilità di ritornare sulla richiesta di moratoria, che è stata posta a verbale nella riunione del Consiglio atlantico del 10 gennaio e rimarrà all'ordine del giorno nei lavori della NATO.
Il ministro Dini ribadisce poi che il dibattito in atto in seno all'Alleanza atlantica non costituisce una spaccatura tra i governi alleati, tutti decisi a garantire la trasparenza su questa materia, anche se la maggior parte degli alleati sono finora convinti che l'uranio impoverito non sia un materiale dalle conseguenze nocive per la salute di quanti operano successivamente nei territori in cui viene impiegato.
Il Governo continuerà a chiedere che le decisioni in proposito siano adottate collegialmente sulla base di una previa informazione, e ritiene che l'azione italiana abbia impresso una forte spinta a riconsiderare in maniera approfondita e completa tutti gli aspetti della delicata questione.

Il senatore RUSSO SPENA rileva anzitutto come suoni grottesca la definizione di guerra umanitaria che si pretese di assegnare all'intervento contro la Serbia, alla luce delle sconvolgenti rivelazioni sull'uso di proiettili a uranio impoverito. Non deve stupire se ora il nuovo presidente della Federazione iugoslava Kostunica, che è stato liberamente eletto dal suo popolo, afferma polemicamente che la NATO ha una coscienza impoverita.
Il professore Antonio Cassese, ex presidente del Tribunale internazionale per i crimini commessi nei territori dell'ex Iugoslavia, ha rilevato in una recentissima intervista che l'uso indiscriminato di tale tipo di munizione getta un'ombra sulle finalità umanitarie del conflitto, che vennero invocate per giustificare una grave violazione del diritto internazionale; non si può escludere dunque che chi decise l'impiego di questo tipo di arma possa essere accusato di crimini di guerra dinanzi al predetto tribunale.
Gravi sono le responsabilità del Governo italiano, che si è reso complice delle operazioni belliche condotte dalla NATO e ha poi mandato un contingente militare nei territori bombardati senza assumere le necessarie precauzioni, come invece fecero altri governi alleati. Ad esempio, da un documento in suo possesso risulta che lo stato maggiore dell'esercito belga, in data 14 luglio 1999, avvertiva i reparti inviati nei Balcani dei rischi connessi al tipo di munizioni impiegato nei bombardamenti.
In tale contesto è più che mai necessario discutere il nuovo concetto strategico della NATO, sottoscritto dall'Italia al Consiglio atlantico del 24 aprile 1999, ma mai sottoposto al Parlamento. Si dovrebbe inoltre proporre la messa al bando delle armi ad uranio impoverito, per reagire allo schiaffo subìto con la bocciatura della proposta di moratoria nell'ultima seduta del Consiglio atlantico, e iniziare a proibire l'uso di tali armi nei poligoni e lo stoccaggio nelle basi situate sul territorio nazionale.
Infine il senatore Russo Spena contesta la legittimità dell'uso dell'uranio impoverito sulla base del vigente diritto internazionale, poiché gli articoli 35 e 55 del primo protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949 - relativo alla tutela delle vittime dei conflitti armati internazionali - proibiscono l'uso di armi che possano causare gravi ed estesi danni all'ambiente naturale e pregiudicare la salute e la sopravvivenza della popolazione.

Il senatore SERVELLO manifesta il più vivo stupore per l'intervento del Ministro degli affari esteri, che non ammette nessuno degli errori commessi dal Governo e non reca alcun riconoscimento per il senso di responsabilità dimostrato dalle forze politiche dell'opposizione. Mentre la maggioranza di centrosinistra è clamorosamente divisa nella valutazione dell'intervento nei Balcani, come su altre fondamentali questioni di politica estera, l'appoggio del centrodestra si è dimostrato decisivo nel garantire la credibilità e l'affidabilità dell'Italia.
Tenuto conto che le armi a uranio impoverito furono largamente usate contro i carri armati iracheni nella guerra del Golfo e che, negli anni successivi, vi furono vivaci polemiche sugli effetti di tale impiego, c'è da chiedersi perché questo tipo di munizioni sia stato nuovamente impiegato nell'intervento in Bosnia, tanto più che non risulta l'adozione di alcuna misura cautelativa che potesse evitare il ripetersi di effetti indesiderati sulle truppe inviate in quel territorio. Il meno che si possa dire è che vi siano state carenze di informazione e di attenzione a ogni livello, sia tecnico che politico.
Occorre ora chiedersi se la richiesta di moratoria avanzata dal Governo sia realmente necessaria, alla luce dei dati finora acquisiti, e se la risoluzione approvata oggi dal Parlamento Europeo non risulti tardiva e inutile, dopo l'uso reiterato delle munizioni a uranio impoverito nei Balcani.

Il senatore JACCHIA prende atto della costituzione di un gruppo ad hoc in seno alla NATO, ma mette in guardia verso l'aspettativa di acquisire nuove certezze, dal momento che i dati disponibili sugli effetti delle radiazioni sono principalmente quelli acquisiti dagli Stati Uniti, a partire dall'impiego delle armi nucleari contro il Giappone. Anche la Commissione Europea, nel proporre le norme sulla tutela della popolazione nei confronti delle radiazioni, dovette basarsi principalmente su dati di fonte americana.
Benchè non siano note le cause del cancro e della leucemia, non vi è dubbio che l'esposizione a dosi elevate a radiazioni comporti gravi rischi; tuttavia le rilevazioni effettuate nei Balcani mostrano livelli di radioattività appena superiori al fondo naturale. E' quindi evidente che bisogna indagare anche in altre direzioni, se si vuole individuare la causa del numero statisticamente eccessivo di militari che hanno contratto gravi patologie.
In particolare si dovrebbe verificare se sono state colpite le fabbriche di armi chimiche che la vecchia Federazione iugoslava aveva costruito nei territori bombardati, poiché la dispersione nell'ambiente di gas nervino o di altri aggressivi chimici può provocare un numero elevato di morti, anche dopo che sia trascorso parecchio tempo dagli eventi bellici.

Il senatore PORCARI rileva come, alla stregua dell'esposizione del ministro Dini e dei susseguenti interventi, si sia confermata la mancanza di una linea univoca sul tema dell'utilizzo dei proiettili ad uranio impoverito nei Balcani.
Possono comunque fin d'ora essere considerati acquisiti alcuni elementi. In primo luogo, vi è stato un difetto di comunicazione fra i vari livelli decisionali ed operativi interessati dall'intervento militare nei Balcani. Si è avvertita inoltre una certa labilità della presenza italiana nelle sedi decisionali chiamate a definire gli strumenti da utilizzare per l'intervento; vi è stata infine molta superficialità nelle attività di informazione.
In considerazione dell'esperienza maturata, occorre impegnarsi affinché in futuro siano assicurate le condizioni per una più piena partecipazione ai processi decisionali, in via preventiva, di tutti i paesi che potranno trovarsi a dover cooperare in operazioni militari.
Per quanto riguarda l'iniziativa assunta dal Governo italiano in occasione del Consiglio atlantico dello scorso 10 gennaio per promuovere una moratoria rispetto all'impiego di proiettili contenenti uranio impoverito (DU), è sembrato evidente il suo carattere estemporaneo, in difetto di un preventivo coordinamento con i governi degli altri paesi alleati.
Nelle presenti condizioni, occorre adoperarsi per garantire un rigoroso monitoraggio delle condizioni di salute dei militari che hanno preso parte alle operazioni, mentre vanno categoricamente respinti i tentativi posti in essere da alcune forze politiche di approfittare della vicenda in esame per mettere in causa il ruolo della NATO.

Il presidente MIGONE rileva come, pur essendo ancora controverso il grado di pericolosità dei proiettili contenenti DU, si sia ormai in presenza di casistiche rilevanti dal punto di vista epidemiologico, che non giustificano atteggiamenti di sufficienza e richiedono chiarimenti ben più esaurienti di quelli finora forniti. Ciò vale per l'area dei Balcani ma anche per il precedente intervento nel Golfo Persico.
Considerati gli elementi di incertezza al momento presenti, appare condivisibile la posizione espressa dall'"Economist" secondo la quale l'onere della prova circa la mancanza del rischio di danni per la salute grava su chi dovesse ritenere in futuro necessario un nuovo utilizzo delle armi in questione.
La proposta di moratoria avanzata dal Governo italiano non può comunque essere liquidata come rispondente a valutazioni di convenienza politica, come ha fatto il presidente del comitato militare dell'Alleanza atlantica, ammiraglio Venturoni, in un'intervista pubblicata da "la Repubblica" lo scorso 5 gennaio. Non si è infatti in presenza di un'iniziativa estemporanea, come dimostra il fatto che sulla posizione dell'Italia si sia registrata la convergenza di un paese dell'influenza della Germania e, successivamente, di vari altri paesi.
Il fatto che la posizione espressa dal Governo italiano non sia per il momento risultata maggioritaria va in realtà ascritto alle peculiari condizioni nelle quali si svolge una discussione destinata a sfociare necessariamente in una decisione unanime, come avviene in seno ad un organo come il Consiglio atlantico.
In tale contesto, la questione fondamentale che deve formare oggetto di riflessione da parte della Commissione è a suo avviso quella di individuare per il futuro meccanismi idonei a evitare che l'ipotesi dell'impiego di armi che comportano rischi di contaminazione sfugga ad una preventiva discussione collegiale.
Ciò, anche al fine di assicurare la necessaria trasparenza sulle modalità di effettuazione delle operazioni di peace enforcing e sulla coerenza fra le finalità umanitarie che ad esse presiedono e gli strumenti impegnati, esigenza tanto più essenziale per la NATO nel mutato contesto internazionale.
La partecipazione dell'Italia all'Alleanza è sembrata per lunghi tratti improntata in passato a scarsa incisività, mentre in tempi recenti si è assistito all'assunzione di più dirette responsabilità. In tale mutato contesto, sarebbe opportuno che tutte le forze politiche evitassero di evocare, ogni volta che viene adottata dal Governo una posizione non coincidente con quella che risulta poi oggetto di unanime approvazione, il rischio dell'isolamento in seno all'Alleanza, anche perché ciò nuoce alla presenza internazionale del paese.

Il senatore VERTONE GRIMALDI sottolinea preliminarmente l'importanza della scelta adottata a suo tempo dal Governo italiano nel senso di un impegno diretto nei Balcani. Sebbene non fossero in gioco interessi immediati del paese, la decisione di assicurare all'intervento un sostegno leale e coerente è stata certamente opportuna, anche in considerazione dei rischi di isolamento che sarebbero derivati ove fosse stata adottata una posizione più defilata. Ciò, a prescindere dall'elevato grado di ambiguità insito nella formula della guerra umanitaria e dai fortissimi rischi ad essa inerenti.
La vicenda è stata affrontata dal Governo allora in carica con grande coraggio ed intelligenza, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'appartenenza all'Alleanza ma senza rinunciare, al contempo, a far valere il proprio contributo nelle sedi decisionali.

Il senatore BOCO rileva come, alla stregua della discussione fin qui svoltasi, che riprende in larga misura questioni già oggetto di dibattito stamattina davanti al Parlamento europeo, emergano una serie di interrogativi sulle modalità della presenza italiana nella NATO. In primo luogo, non si comprende infatti per quale ragione vi sia una così forte riluttanza rispetto alla prospettiva di avviare un processo di aggiornamento del quadro istituzionale dell'Alleanza, sulla falsariga dell'impegno di riforma avviato nell'ambito dell'ONU.
Appare inoltre preoccupante l'affiorare di atteggiamenti di chiusura pregiudiziale rispetto ad ogni contributo di riflessione critica, non essendo accettabile che la condanna dell'utilizzo di uno strumento barbaro come i proiettili DU sia considerata come un "attacco al cuore dell'Alleanza".
Forti preoccupazioni sono inoltre legittime in rapporto alla ormai larghissima diffusione di tale materiale quale componente di oggetti di uso quotidiano, dalle mazze da golf ai carrelli d'atterraggio degli aerei civili, alle testate, appunto dei proiettili anticarro. Tutto ciò risponde come è noto all'esigenza di massimizzare i risultati sul piano tecnico riducendo al contempo al minimo il prezzo dei materiali.
Per ciò che attiene ai proiettili è ormai incontrovertibile che al momento dell'impatto con il bersaglio vi è una dispersione di polveri radioattive nell'ambiente. Il fatto che le misurazioni effettuate sul terreno abbiano fatto registrare valori non molto superiori al fondo di radioattività naturale non giustifica un'attenuazione delle preoccupazioni, visto che le modalità di rilevazione adottate non sono in realtà idonee, occorrendo all'uopo speciale macchinari che significativamente si è scelto di non impiegare.
Occorre infine assicurare condizioni di reale trasparenza nell'acquisizione dei dati relativi all'esposizione al rischio di contaminazione delle popolazioni civili e nella relativa valutazione.

Il senatore MAGLIOCCHETTI rileva come dall'odierna discussione emerga un preoccupante scollamento nel Governo e nella maggioranza che lo sostiene in ordine a questioni di politica estera che pure rivestono carattere essenziale. Infatti, mentre il ministro Dini ha sostenuto che allo stato attuale non vi sarebbero elementi idonei sul piano scientifico a ricondurre i casi di malattia verificatisi all'utilizzo di proiettili contenenti DU, il senatore Boco ha espresso in modo risoluto un contrario convincimento. Per parte sua, il sottosegretario all'Ambiente Calzolaio, nel rievocare le condizioni nelle quali maturò la scelta del Governo D'Alema di partecipare alle operazioni militari nei Balcani, ha espresso l'avviso che lo stesso Presidente del Consiglio pro tempore, inizialmente intenzionato a sollevare in sede internazionale il problema dei rischi associati all'uso dei proiettili contenenti DU, abbia poi rinunciato a farlo per considerazioni di opportunità politica, dato l'approssimarsi delle elezioni regionali.

Il senatore SCALFARO sottolinea in primo luogo come la NATO abbia assolto ed assolva tuttora una funzione fondamentale per garantire la libertà e la sicurezza nel contesto internazionale. Al riguardo, ricorda di essere sempre stato fautore di una posizione favorevole a che l'Italia interpretasse con coerenza e lealtà il suo ruolo in seno a tale organizzazione, senza indulgere ad atteggiamenti connotati nel senso dell'ambiguità. Non ritiene però accettabile la posizione di chi ritiene necessaria una rinuncia programmatica ad ogni discussione sulle modalità di partecipazione all'Alleanza, adducendo il rischio di incrinature nella solidarietà atlantica.
Se infatti è velleitario rivendicare al paese un peso corrispondente, nelle sedi decisionali, a quello degli USA, non si può ritenere preclusa la possibilità di far valere un proprio autonomo contributo, ove reputato necessario, in sede collegiale, e ciò anche per considerazioni di dignità nazionale.
Alla stregua dell'esperienza dell'intervento nei Balcani, occorre adoperarsi perché siano assicurati spazi adeguati di discussione, in via preventiva, proporzionati alla responsabilità che ognuno degli Stati membri dell'Alleanza è chiamato ad assumersi. Ciò vale in particolare per le scelte relative ad un ipotetico futuro utilizzo di proiettili contenenti DU, non essendo con ogni evidenza sufficienti le assicurazioni che sono state fornite circa l'insussistenza attuale di situazioni che possano richiedere l'uso di tale munizionamento.
Occorrono inoltre chiarimenti su talune circostanze più specificamente relative agli interventi realizzati nei Balcani. In particolare, si tratta di verificare se l'impiego di proiettili contenenti DU fu oggetto di colloqui preventivi a livello politico nell'ambito dei competenti organi della NATO.
Si tratta inoltre di verificare, a seguito del significativo incremento registratosi nelle patologie tumorali a carico dei militari che hanno partecipato alle operazioni, se siano state promosse rilevazioni adeguatamente rigorose per valutare la portata del rischio ed individuare se questo sia da mettere in relazione causale con l'uso dei proiettili in questione.

Il ministro DINI esprime innanzitutto apprezzamento per il contributo di riflessione assicurato dal dibattito odierno.
Il Governo ritiene di ricavare, anche alla stregua degli sviluppi in corso, un incoraggiamento a procedere nella strada intrapresa, e quindi intende adoperarsi perché siano effettuati rigorosi accertamenti; su tale base, esso insisterà nel chiedere la sospensione dell'impiego di proiettili contenenti DU fino al momento in cui non dovesse risultare accertata l'inesistenza di rischi per la salute dei militari e dei civili.
Negli ultimi tempi si è in effetti assistito ad un significativo incremento dei casi di leucemia, più accentuato per ciò che riguarda i militari a suo tempo impegnati in Bosnia. L'orientamento prevalso in seno alla NATO è stato come è noto quello di non ritenere al momento giustificata una moratoria dei proiettili in questione. La richiesta di ulteriori accertamenti non comporta in alcun modo un atteggiamento di sfiducia nei confronti dell'Alleanza, ma risponde unicamente alla preoccupazione di pervenire al più presto ad una valutazione esauriente della situazione.
La NATO ha finora fornito ampia collaborazione alla richiesta di informazioni dell'Italia, e si accinge a mettere a disposizioni ulteriori dati; su tali basi, sarà possibile pervenire in tempi ragionevoli a formulare conclusioni scientificamente fondate sull'eventuale esistenza di situazioni di rischio.
Per quanto riguarda in particolare le scelte assunte dall'Esecutivo in occasione dell'intervento, rileva come questo abbia fornito al Parlamento le informazioni di cui disponeva.
Sono stati formulati interrogativi circa la possibilità che i comandi militari fossero a conoscenza di dati ulteriori, ed a tale riguardo risulta che vi fosse da parte di essi la consapevolezza della presenza di proiettili contenenti DU nel munizionamento, sebbene vada sottolineato come le rilevazioni disponibili in tale fase non avessero evidenziato l'esistenza di particolari rischi.
In effetti risulterebbe da parte del contingente greco l'assunzione di precauzioni particolari, quali l'allestimento di uno strato di terreno sopra la superficie delle aree di insediamento e la disposizione di non utilizzare alimenti prodotti in loco.
A quanto gli risulta, la possibilità dell'adozione di speciali precauzioni non è stata avanzata dai comandi militari italiani, probabilmente sulla base di una legittima diversità nella valutazione dei dati disponibili.
Per quanto riguarda la definizione di un nuovo concetto strategico della NATO, fa presente che da parte di nessuno Stato membro dell'Alleanza si è ritenuto che ne derivino modifiche sostanziali al Trattato, tali da rendere necessaria una nuova ratifica.
Per quanto riguarda il richiamo effettuato dal senatore Russo Spena alla possibilità di ricomprendere i proiettili contenenti DU nell'elenco di quelli vietati dalla Convenzione di Ginevra, si riserva di effettuare gli opportuni approfondimenti, facendo presente peraltro come gli USA non abbiano firmato tale Convenzione.
Quanto al ruolo svolto dal Governo italiano, sottolinea come la posizione da esso assunta in seno alla NATO sia stata oggetto di attenta considerazione, e siano stati assunti importanti impegni nel senso di un rigoroso monitoraggio della situazione. Ciò non può del resto stupire, dal momento che l'Alleanza non ha certo interesse a persistere nell'utilizzo di proiettili che dovessero dimostrarsi pericolosi per la salute e quindi suscettibili di determinare allarme nell'opinione pubblica.
Prima della riunione del 10 gennaio, è stata sua cura consultare i governi di alcuni paesi, acquisendo, in particolare, l'appoggio della Germania e della Grecia alla posizione italiana. Pur non pervenendo ad una immediata approvazione della proposta di moratoria, il Governo italiano ha registrato la condivisione da parte dei rappresentanti di tutti gli altri paesi membri sulla necessità di effettuare rigorosi accertamenti.
Da ultimo, si sta manifestando una più ampia convergenza sulle posizioni dell'Italia, ed è significativa a tale riguardo la scelta del governo inglese di prevedere che le rispettive unità militari non utilizzino proiettili contenenti DU.
In Consiglio dei Ministri, la questione del grado di pericolosità del munizionamento in questione ha formato oggetto, ovviamente, di discussione. A tale riguardo, da parte del ministro Veronesi si è sottolineato come risulti che al momento dell'esplosione i proiettili contenenti DU determinino certamente una dispersione di particelle radioattive suscettibile di provocare neoplasie, con la possibilità inoltre di dar luogo ad un inquinamento persistente negli approvvigionamenti idrici ed alimentari, pur non essendovi al momento dati univoci circa il livello di radiazioni liberato.
In conclusione, dopo aver dichiarato di condividere le considerazioni svolte dal senatore Scalfaro e dal presidente Migone, ribadisce l'orientamento del Governo a portare avanti l'iniziativa intrapresa in ambito NATO, sottolineando come questa sia oggetto di crescenti adesioni.

Il PRESIDENTE ringrazia il ministro Dini per le comunicazioni svolte.

INTEGRAZIONE DELL'ORDINE DEL GIORNO DELLA SEDUTA DI DOMANI

Il PRESIDENTE comunica che l'ordine del giorno della seduta già convocata per domani, giovedì 18 gennaio, alle ore 14,30, è integrato con l'esame di una proposta di indagine conoscitiva riguardante gli aspetti internazionali dell'impiego di proiettili a uranio impoverito nell'ambito delle operazioni militari nei Balcani.
Al riguardo, fa presente che la Commissione potrà essere chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di chiedere al Presidente del Senato che l'indagine sia effettuata congiuntamente alla 4a Commissione permanente.

La seduta termina alle ore 16,30.