GIUNTA
per gli affari delle Comunità europee



mercoledì 8 aprile 1998

81a Seduta

Presidenza del Presidente

BEDIN








Interviene, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, il dottor Ranieri Di Carpegna, in rappresentanza della Direzione generale politica regionale e di coesione della Commissione europea.



La seduta inizia alle ore 8.45



PROCEDURE INFORMATIVE



Seguito dell'indagine conoscitiva su "L'Agenda 2000 e le prospettive di riforma delle politiche agricole, strutturali e di coesione sociale dell'Unione europea": audizione di un rappresentante della Direzione generale politica regionale e di coesione della Commissione europea


(R048 000, C23a, 0002°)





Riprende l'indagine sospesa nella seduta del 25 marzo 1998.

Il presidente BEDIN ringrazia il dottor Di Carpegna per aver accolto l'invito ad intervenire all'audizione e sottolinea l'interesse della Giunta per la sua esposizione tenendo conto che, in quanto Direttore generale della Direzione competente per gli interventi regionali in Italia, Irlanda e Spagna, potrà fornire degli utili elementi di confronto con le procedure di gestione adottate da Stati che risultano tradizionalmente più efficienti dell'Italia nell'utilizzo dei fondi strutturali.

Il dottor DI CARPEGNA rileva in primo luogo come i nuovi progetti di regolamento comportino innovazioni delle politiche strutturali meno profonde di quelle disposte nel precedente periodo di programmazione, quando raddoppiarono le risorse disponibili. Con la nuova riforma vengono leggermente incrementate le risorse e vengono introdotte talune innovazioni procedurali senza tuttavia modificare la logica di fondo degli interventi strutturali, che devono essere considerati degli investimenti e non delle compensazioni finanziarie dei divari di sviluppo. I dati disponibili sui costi aggiuntivi determinati da tali divari dimostrano chiaramente come le risorse comunitarie sarebbero del tutto inadeguate ad affrontare il problema in termini di compensazioni finanziarie. Per quanto concerne l'Italia, ad esempio, secondo fonti italiane si stimano in 24.000 miliardi di lire i costi aggiuntivi derivanti dallo scarto Nord-Sud e 25.000 miliardi di lire quelli connessi ai problemi burocratici. In tale prospettiva gli interventi della Comunità europea non sono sostitutivi di quelli delle autorità regionali e nazionali bensì sono volti a definire un metodo operativo attraverso tre strumenti: la programmazione, il partenariato e la valutazione. L'importanza di tali strumenti viene confermata nell'ambito della riforma in corso di esame la quale mira a rendere più efficiente la gestione finanziaria dei fondi strutturali al fine di risolvere i problemi che si riscontrano in termini di ritardi e di accumulo di risorse impegnate e non spese.
L'oratore illustra fra le novità introdotte dai nuovi regolamenti l'obbligo di individuare delle priorità nella definizione degli orientamenti stabiliti dalla Commissione all'inizio della programmazione, formalizzando un approccio che nei fatti era stato già seguito nella fase finale del precedente periodo di programmazione. Tali priorità riguarderanno aspetti quali l'occupazione, l'impatto ambientale e la promozione delle pari opportunità per uomo e donna e costituiranno l'elemento essenziale di orientamenti che non saranno più adottati con riferimento all'intera Unione europea ma che si cercherà di adattare alla realtà di ciascuno Stato membro. Un altro elemento innovativo sarà costituito dalla procedura di adozione dei documenti necessari per la programmazione degli interventi su territorio. L'impostazione generale di tali documenti, quali i quadri comunitari di sostegno ed i piani operativi, non cambierà ma la Commissione interverrà solamente nella fase di programmazione iniziale e di definizione delle priorità, lasciando la competenza alle autorità nazionali o regionali per la definizione dei dettagli. Tale meccanismo dovrebbe comportare una notevole accelerazione del procedimento soprattutto in caso di modifiche di tali piani, che non dovranno più essere risottoposti a Bruxelles. Tra le altre modifiche proposte della Commissione figura una maggiore concentrazione territoriale, riducendo dal 51 al 40 per cento la popolazione ammissibile agli interventi dei fondi strutturali, e la concentrazione tematica. Saranno infatti ridotti da 6 a 3 gli obiettivi generali e saranno ridotte da 13 a 3 le iniziative comunitarie gestite direttamente dalla Commissione, dimezzando le risorse disponibili per tali interventi, che ammonteranno al 5 per cento della dotazione globale. Un altro fattore di semplificazione è rappresentato dal fatto che ogni iniziativa sarà finanziata da un solo Fondo, a differenza di quanto avviene adesso.
Il dottor Di Carpegna sottolinea altresì la maggiore importanza che verrà conferita alla fase di valutazione, nel cui ambito saranno gestite il 10 per cento delle risorse disponibili destinate alle regioni più efficienti sotto il profilo della capacità di assorbimento, dell'efficienza di gestione e dell'impatto reale dei progetti realizzati. Questo, peraltro, costituisce uno degli aspetti più specifici e più controversi delle nuove proposte.
La gestione finanziaria dei fondi strutturali sarà ulteriormente semplificata da una procedura automatica di rinnovo degli impegni di spesa che comporterà, tuttavia, il disimpegno delle somme impegnate e non spese entro due anni. E' altresì previsto un sistema forfettizzato di indicizzazione, a differenza dell'attuale meccanismo annuale, che sarà definito all'inizio del periodo di programmazione ed adeguato, se necessario, a metà periodo, partendo da un'ipotesi di un tasso di inflazione annuale medio del 2 per cento.
Soffermandosi sugli aspetti che caratterizzano la situazione italiana l'oratore illustra in primo luogo gli squilibri territoriali che, in termini assoluti, non sono superiori a quelli che si riscontrano tra le regioni più ricche e quelle meno avanzate della Francia e della Germania ma che, in tali paesi, sono essenzialmente ascrivibili all'alto livello di reddito delle zone di Parigi e di Amburgo. In Germania si pone inoltre il problema dell'integrazione delle regioni orientali laddove in Italia i divari di sviluppo non sono riconducibili a singole città e si trascinano da decenni. Tali divari, inoltre, in Italia comportano notevoli effetti dirompenti in termini politici, quale la presenza di correnti secessioniste, e socio-economici, quale la criminalità. Un altro aspetto che caratterizza l'Italia è la sua posizione di contributore netto ma che, secondo taluni paesi, in rapporto al suo livello di sviluppo, dovrebbe versare al bilancio comunitario una quota di risorse maggiore.
L'oratore rileva altresì come l'Italia, pur disponendo di una grande tradizione di programmazione economica, si caratterizzi per l'assenza di una cultura della programmazione operativa, finalizzata a definire la priorità degli investimenti. All'Italia manca inoltre una pratica in settori quali la valutazione dell'impatto degli interventi in termini di rapporto costi-benefici e il partenariato nella gestione degli aspetti tecnici, benché sia presente una tradizione di partenariato tra forze sociali e mondo politico. Per la Commissione europea è stata inoltre una fonte di preoccupazione la difficoltà con cui l'Italia è riuscita ad assorbire le risorse comunitarie anche se recentemente sono stati conseguiti dei risultati inaspettati raggiungendo l'obiettivo prefissato dal ministro Ciampi, di utilizzare il 38 per cento dei fondi stanziati, e fissando il nuovo obiettivo di un utilizzo del 55 per cento dei fondi. Per affrontare tali problemi operativi alcuni anni fa venne raggiunta un'intesa tra il commissario per le politiche regionali Wulf-Mathies e il ministro Masera su tre punti: rafforzamento del coordinamento, in relazione al quale furono istituite la Cabina di regia nazionale e quelle regionali, aumento dell'efficienza delle strutture amministrative responsabili della gestione dei fondi strutturali e semplificazione delle procedure.
Il dottor Di Carpegna osserva inoltre come successivamente alla suddetta intesa si sia svolto un seminario di due giorni a Matera, anche con la partecipazione di rappresentanti di amministrazioni di altri paesi, quali la Spagna, per svolgere uno scambio di opinioni sui problemi operativi, da cui è emerso chiaramente come in Italia non coincidano la programmazione delle risorse nazionali e quella dei contributi comunitari. In Italia, a differenza di altri paesi, si tende a realizzare una programmazione ad hoc per i fondi strutturali laddove questi dovrebbero invece essere considerati delle risorse aggiuntive per il completamento degli interventi già inseriti nell'ambito dell'ordinaria programmazione nazionale e regionale. Tale problema veniva riscontrato inizialmente anche in Grecia la quale, tuttavia, si è adeguata più rapidamente dell'Italia all'esigenza di predisporre una programmazione operativa anche per le risorse regionali. Sottolineando come le regioni meno avanzate debbano dotarsi di una propria strategia di sviluppo l'oratore rileva tra gli altri aspetti che caratterizzano l'Italia l'estrema incertezza per la durata dei procedimenti - considerando, ad esempio, che nel settore dell'impatto ambientale la Germania ha una delle procedure più lunghe, che può durare più di un anno, ma che in Italia in alcuni casi gli interventi vengono bloccati per più di quattro anni - e la particolare giurisprudenza amministrativa. Questa tende a considerare con minore attenzione l'interesse collettivo laddove in Spagna, dove pure vige una legislazione analoga a quella italiana, vengono adottati più raramente dei provvedimenti sospensivi, salvo corrispondere delle compensazioni finanziarie ai privati di cui sia stata dimostrata la lesione di un interesse legittimo.
In conclusione l'oratore rileva come nei confronti dell'approccio della Commissione europea si possano configurare due atteggiamenti, l'uno volto a rimarcare come le procedure comunitarie siano sostanzialmente contrarie alle pratiche italiane e, l'altro, volto ad apprezzare gli stimoli che provengono dall'Unione europea ad organizzarsi in modo più efficace per risolvere i problemi regionali. Atteggiamenti analoghi, peraltro, sono stati assunti in relazione ai parametri fissati dal Trattato di Maastricht per la realizzazione dell'unione economica e monetaria.

Su richiesta del senatore PAPPALARDO il dottor DI CARPEGNA illustra i progressi realizzati dall'Irlanda negli ultimi dieci anni sia in termini di risanamento del quadro macro-economico che in relazione all'utilizzo dei fondi strutturali. Tenendo conto delle condizioni di partenza - un debito pubblico in rapporto al PIL del 117 per cento, un livello di disoccupazione analogo a quello dell'Italia meridionale ed un reddito pro capite intorno al 60 per cento della media comunitaria - si devono ascrivere tali risultati alla continuità nella definizione degli obiettivi strategici, nonostante le modifiche intervenute nella coalizione di Governo, e all'impegno e serietà dimostrati dalla Pubblica amministrazione, la quale ha saputo delineare con chiarezza le opzioni alternative sottoposte alla decisione della dirigenza politica ed ha gestito in maniera efficiente i fondi strutturali e il partenariato operativo con la Commissione europea.

Il presidente BEDIN ringrazia il dottor Di Carpegna per l'esposizione ed apre il dibattito.

Il senatore PAPPALARDO esprime perplessità sull'efficacia degli strumenti previsti in rapporto al perseguimento dell'obiettivo della coesione economica e sociale definito dai Trattati e che, ora che l'unione economica e monetaria é stata realizzata, dovrebbe divenire una priorità dell'Unione europea. Tali valutazioni sono comprovate dagli orientamenti che emergono in materia agricola, che interessano fortemente le regioni in ritardo di sviluppo, dalla riduzione delle iniziative comunitarie da 13 a 3, dalla sola individuazione del reddito pro capite quale criterio per la definizione delle aree interessate dall'obiettivo 1, criterio che penalizza il nostro paese, dalla riduzione della popolazione interessata dai fondi strutturali, dal 51 al 40 per cento del totale, e dalla tendenziale riduzione delle risorse disponibili per tali interventi, che non supereranno lo 0,46 per cento del PIL.
L'oratore sottolinea inoltre come la tesi della Commissione europea della corrispondenza fra le aree geografiche interessate dai fondi strutturali e quelle ammissibili per eventuali interventi di sostegno nazionali comporti un vincolo che, di fatto, penalizza gli Stati, come l'Italia, interessati da gravi squilibri territoriali. A tale riguardo il senatore Pappalardo chiede se in sede comunitaria sia stata svolta una verifica sulla reale efficacia degli interventi strutturali in relazione alla coesione economica e sociale e sull'adeguatezza delle risorse che a tale scopo sono disponibili.

Il senatore MANZI conviene con le osservazioni del senatore Pappalardo, ringrazia il dottor Di Carpegna per l'esposizione e sottolinea come i ritardi dell'Italia la pongano su un piano simile a quello della Grecia, nonostante la differenza nelle rispettive potenzialità. Il problema è che le autonomie locali si trovano ancora a dover operare fra un accentramento di poteri nella capitale, che risale alla politica di Cavour, e successivi parziali aggiustamenti in direzione del decentramento. In tale situazione di incertezza gli Enti locali non si avvalgono neanche delle poche competenze di cui dispongono. Ricordando a tale proposito la propria esperienza di amministratore locale l'oratore sottolinea come si debba riscontrare come il paese non abbia ancora completamente compreso le implicazioni della partecipazione all'Unione europea e chiede al rappresentante della Commissione europea se possa fornire dei suggerimenti specifici sullo snellimento delle procedure burocratiche che vincolano l'azione delle autonomie territoriali.

Anche il senatore MAGNALBO' ringrazia il dottor Di Carpegna e chiede se, considerando i problemi che continuano a caratterizzare la burocrazia italiana nonostante la riforma "Bassanini" - con la quale è stata avviata una positiva azione di decentramento senza che tuttavia siano state assegnate alle realtà locali adeguate risorse finanziarie - la Commissione non consideri la possibilità di consentire ai privati di essere svincolati dal rapporto di partenariato. La sussidiarietà, infatti, non deve operare solo nel rapporto fra centro e periferia ma anche a livello orizzontale, fra enti pubblici e soggetti privati, consentendo a questi ultimi di rivolgersi direttamente alle istituzioni comunitarie quando le amministrazioni non funzionino. L'oratore condivide inoltre le osservazioni del senatore Manzi in merito alle scarse informazioni disponibili sui fondi strutturali.

Il senatore MUNGARI chiede in che misura i fondi strutturali, intesi come occasione di investimento nel senso descritto dal dottor Di Carpegna, possano incidere su una situazione caratterizzata da gravi squilibri territoriali come quella della Calabria e conviene con il senatore Magnalbò sulla totale carenza di informazioni su tali interventi.

Il presidente BEDIN chiede chiarimenti sui meccanismi di transizione previsti per le regioni che usciranno, rispettivamente, dalle zone ammissibili per gli obiettivi 1 e 2 e rileva come un importante risultato politico dell'audizione in corso sia costituito dall'aver focalizzato l'importanza di un'efficace programmazione nazionale e regionale per utilizzare pienamente i contributi comunitari.

Il dottor DI CARPEGNA replica ai quesiti sottolineando in primo luogo come non si debba guardare con eccessivo pessimismo alla situazione italiana in quanto la posizione del paese, anche in termini di immagine, si è sensibilmente rafforzata nell'Unione europea per i risultati conseguiti in relazione ai parametri di Maastricht ed alla gestione dei fondi strutturali, considerando che un utilizzo del 38 per cento alcuni anni fa sarebbe stato impensabile. Il problema è di mantenere una tensione continua del tempo sia per quanto concerne gli equilibri macro-economici che a proposito di efficienza della Pubblica amministrazione, tenendo conto, tuttavia, che a Bruxelles si riscontra già un atteggiamento nuovo da parte dell'Italia.
Con riferimento all'intervento del senatore Magnalbò l'oratore sottolinea come la soluzione dei problemi sollevati non possa essere quella di aggirare l'amministrazione ma semmai di farla funzionare. Senza di questa, infatti, non può funzionare nulla ed anche i contributi comunitari acquistano una rilevanza marginale. Per quanto concerne la diffusione dell'informazione l'Unione europea ha compiuto grossi sforzi, dotandosi di un sito Internet, diramando specifiche pubblicazioni e finanziando apposite iniziative delle Regioni, delle Camere di commercio, della Confindustria e di altri soggetti volte a questo fine. Rilevando come i fondi disponibili a questo scopo, a differenza di altri, siano stati effettivamente utilizzati e come diverse Regioni si siano dotate di strutture burocratiche adeguatamente preparate, l'oratore non ritiene che per degli imprenditori effettivamente interessati ai contributi comunitari possa costituire seriamente un problema il reperimento di informazioni.
Rispondendo al senatore Pappalardo il dottor Di Carpegna rileva come la quantità dei finanziamenti stanziati non possa costituire un problema dal momento che le risorse già disponibili non vengono utilizzate appieno. Si deve poi considerare il carattere complementare degli interventi comunitari per il superamento dei divari di sviluppo rispetto a quelli a carico dei bilanci nazionali. Per un contributore netto come l'Italia, inoltre, un aumento degli stanziamenti significherebbe sostanzialmente maggiori pagamenti in favore di altri Stati membri laddove dovrebbe essere invece rivolta maggiore attenzione alla logica dell'efficienza.
In merito alla questione dell'efficacia degli interventi strutturali è stato redatto un rapporto sulla coesione da cui si evince che i fondi hanno creato un certo numero di posti di lavoro ma soprattutto hanno contribuito a ridurre i divari di sviluppo fra i vari Stati membri, soprattutto per l'utilizzo efficiente dei contributi da parte di Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo, mentre si riscontra che talora sono aumentati i divari interni a taluni paesi. Anche la riduzione degli obiettivi da 6 a 3 è volta ad imprimere una maggiore efficacia agli interventi strutturali.
Per quanto concerne la riduzione delle iniziative comunitarie da 13 a 3 e della relativa dotazione finanziaria l'oratore rileva come tali interventi costituissero sostanzialmente un duplicato di quelli realizzati nell'ambito degli obiettivi generali, con un costo amministrativo ben più alto. In merito al programma Urban, la cui soppressione è stata criticata, si deve considerare che, vista la positiva esperienza, le sue finalità sono state assorbite nell'ambito dell'obiettivo 2. La Commissione ha ritenuto di confermare invece il reddito pro capite come criterio per l'individuazione delle aree ricomprese nell'obiettivo 1 in quanto esso costituisce un indicatore omogeneo, disponibile anche su scala disaggregata e che ricomprende anche altre situazione di disagio, quali la disoccupazione e il degrado strutturale. L'oratore illustra altresì il sistema di indicatori utilizzati per l'obiettivo 2 tra cui, il più significativo, è quello della disoccupazione. La Commissione, tuttavia, ha accolto la proposta dell'Italia di considerare anche il tasso di attività, che avrà un carattere complementare rispetto al tasso di disoccupazione ma che non dovrebbe comportare degli scarti determinanti.
Per quanto attiene le aree ammissibili agli aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 92 del Trattato sulla Comunità europea il dottor Di Carpegna rileva come una concentrazione degli interventi possa rivelarsi proficua non solamente in relazione all'utilizzo dei contributi comunitari ma anche tenendo conto delle sempre minori risorse disponibili a livello nazionale. Vi sono poi altre azioni comunitarie di carattere trasversale, quali l'obiettivo 3, la politica agricola comune e le politiche settoriali, che non sono soggette a limitazioni territoriali e di cui possono beneficiare tutte le regioni. Si deve considerare, infine, che l'uscita di talune regioni dalle zone di applicazione dei fondi strutturali - per i quali l'Italia costituisce la principale beneficiaria dopo i suddetti quattro Stati ammessi al Fondo di coesione - rappresenta un successo per tali regioni e per la stessa Comunità in quanto dimostra che si è raggiunto l'obiettivo di colmare un certo divario di sviluppo.

Il presidente BEDIN ringrazia il dottor Di Carpegna e lo prega, atteso che la seduta deve essere conclusa per consentire ai senatori di partecipare alle votazioni previste in Assemblea, di far pervenire alla Giunta per iscritto le eventuali ulteriori considerazioni che dovesse ritenere opportune in relazione al questionario che è stato trasmesso.

Il seguito dell'indagine è pertanto rinviato.

La seduta termina alle ore 9.50