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GIUNTA
per gli affari delle Comunità europee

GIOVEDÌ 23 NOVEMBRE 2000

238a Seduta

Presidenza del Presidente
BEDIN



La seduta inizia alle ore 8,35




IN SEDE CONSULTIVA


(4885) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001), approvato dalla Camera dei deputati

(4886) Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2001 e bilancio pluriennale per il triennio 2001-2003, approvato dalla Camera dei deputati
(Parere alla 5a Commissione: esame congiunto e rinvio)

Il presidente BEDIN ricorda che, in sede di programmazione dei lavori, nella seduta di ieri la Giunta ha convenuto di avviare l’esame dei documenti di bilancio nella seduta odierna, proseguendo la prossima settimana alla presenza del ministro per le politiche comunitarie Mattioli.

Il relatore PAPPALARDO riferisce congiuntamente sui provvedimenti in titolo soffermandosi, in particolare, sui profili comunitari del disegno di legge finanziaria. Questa si caratterizza, da questo punto di vista, per un primo elemento positivo costituito dall’inserimento, per la prima volta, nelle tabelle di un fondo destinato a far fronte alle spese derivanti dall’attuazione delle direttive comunitarie. Dal punto di vista macroeconomico la manovra di bilancio appare inoltre coerente con gli impegni assunti dall’Italia nel quadro del patto di stabilità. I rilievi mossi sulla stampa da parte dell’onorevole Berlusconi – cui peraltro ha replicato il ministro Visco – in merito all’utilizzo delle maggiori entrate possono infatti essere oggetto di valutazione dal punto di vista economico e politico ma non attengono agli obblighi derivanti dalla partecipazione all’unione economica e monetaria. L’utilizzo di circa 28.000 miliardi – che a giudizio del Governo derivano essenzialmente dalla lotta all’evasione fiscale e dall’emersione di una maggiore base imponibile, mentre secondo l’onorevole Berlusconi avrebbero dovuto essere destinati alla riduzione del disavanzo in quanto ascrivibili all’andamento del ciclo economico – per maggiori spese e per gli sgravi fiscali non influisce, infatti, sul programma di risanamento delle finanze pubbliche definito dall’Italia e approvato dall’Unione europea. Non si evincono inoltre dalla normativa comunitaria obblighi in ordine alla destinazione delle singole poste delle entrate una volta che i saldi finanziari siano rispettati.
Nonostante talune marginali differenze di valutazione fra l’Italia e la Commissione europea in merito alla quantificazione del dato aggregato del disavanzo della Pubblica amministrazione, l’avanzo primario, corrispondente al 5,2 per cento in rapporto al prodotto interno lordo (PIL) – sia nel 2000 sia nel 2001 – e gli altri saldi finanziari appaiono pienamente in linea con i parametri concordati con l’Unione europea.
Procedendo all’illustrazione del testo del disegno di legge finanziaria il relatore si sofferma quindi sull’articolo 4, introdotto dall’altro ramo del Parlamento, che prevede di destinare le maggiori entrate derivanti dall’attuazione delle disposizioni per favorire l’emersione ad una riduzione delle imposte gravanti sul reddito d’impresa delle persone giuridiche e delle persone fisiche. Tale riduzione dovrebbe inoltre avvenire assegnando la priorità alle aree meridionali. Al riguardo l’oratore osserva come la suddetta misura, che recepisce l’istanza della Confindustria volta a determinare una riduzione dell’IRPEG per favorire l’emersione del lavoro nero, non costituisca un incentivo sufficiente per indurre le imprese dell’economia sommersa a porsi in regola. Fattori diversi dal carico fiscale, quali gli oneri contributivi, la dotazione di infrastrutture, il costo del denaro e le specificità di talune economie di nicchia, incidono infatti in misura ben più rilevante su tale fenomeno. Dal punto di vista del diritto comunitario, da notizie di stampa, che sarà utile approfondire col rappresentante del Governo, si evince che il commissario Monti ha espresso un parere negativo sull’ammissibilità di agevolazioni fiscali circoscritte ad uno specifico ambito territoriale.
A tale proposito l’oratore descrive le caratteristiche essenziali della normativa comunitaria sugli aiuti di Stato, che include qualunque agevolazione statale che interessi le imprese e che possa compromettere il regime di concorrenza. Dalle statistiche comunitarie si evince tra l’altro che gli aiuti concessi nella forma di agevolazioni fiscali in Italia ammontano al 37 per cento degli aiuti di Stato totali, a fronte di una media europea che si attesta, per il periodo fra il 1996 ed il 1998, sul 23 per cento. Il Trattato sulla Comunità europea vieta tutti gli aiuti di Stato che incidano sugli scambi comunitari salvo le deroghe disciplinate dall’articolo 87. Negli ultimi anni nell’Unione si è inoltre sviluppato il dibattito sull’eliminazione delle forme di concorrenza fiscale dannosa, per giungere ad un’armonizzazione dei sistemi fiscali, evitare distorsioni nel mercato unico e favorire, attraverso una riduzione degli oneri sul lavoro, lo sviluppo dell’occupazione. Nel 1997 il Consiglio dei ministri economici e finanziari (Ecofin) ha definito in proposito anche un codice di condotta, chiedendo alla Commissione di presentare delle proposte legislative su temi quali la tassazione del risparmio ed il pagamento di interessi e royalties fra imprese. Con l’accordo sul codice di condotta gli Stati membri si sono impegnati a non adottare norme fiscali pregiudizievoli per il regime di concorrenza e tale impegno appare particolarmente importante ai fini della valutazione dei profili comunitari dei provvedimenti in esame.
Anche gli aiuti ritenuti ammissibili dal citato articolo 87 del Trattato, come quelli destinati a favorire nuova occupazione ed a promuovere iniziative di ricerca e sviluppo o di tutela ambientale, devono comunque essere preventivamente notificati alla Commissione europea. A tal fine la Commissione ha precisato che le misure di natura fiscale assumono la qualifica di aiuti di Stato qualora determinino una riduzione della base imponibile, una riduzione totale o parziale delle imposte, ivi inclusi i crediti d’imposta, il differimento, l’annullamento o la rinegoziazione dei debiti fiscali o qualunque altro beneficio fiscale per le imprese. Ciò avviene per qualunque vantaggio concesso dallo Stato o di cui si può beneficiare utilizzando risorse dello Stato che intervenga in qualsiasi attività economica, a prescindere dalla qualificazione giuridica dei soggetti interessati, che incida sulla concorrenza e sugli scambi fra gli Stati membri.
Oltre ai citati aiuti compatibili con il mercato comune la Commissione ammette tuttavia misure fiscali di carattere tecnico che non incidano sostanzialmente sul carico che grava sulle imprese. Un gruppo di studio istituito per verificare l’applicazione del suddetto codice di condotta, che ha esaminato 282 misure fiscali individuandone 66 ritenute dannose, ha peraltro giudicato negativamente, nel caso dell’Italia, solamente talune agevolazioni per i servizi finanziari previste nell’ambito della zona off shore di Trieste.
Alla luce delle suddette precisazioni il relatore rileva che talune delle agevolazioni previste dalla legge finanziaria in esame costituiscono una semplice conferma di misure già autorizzate dalla Commissione europea, da ultimo, con la decisione sulla Carta degli aiuti a finalità regionale dello scorso 20 settembre. Gli articoli 3 e 4, per la parte che prevede una riduzione generalizzata delle aliquote IRPEF e IRPEG e connessi crediti di imposta, non appaiono quindi in contrasto con il diritto comunitario.
Anche l’articolo 6 reca incentivi che, essendo finalizzati all’incremento dell’occupazione e limitati nel tempo, appaiono in linea di principio compatibili con la normativa dell’Unione europea. Si tratta infatti della proroga fino al 2003 di disposizioni analoghe a quelle già autorizzate dalla Commissione europea fino al 31 dicembre 2000.
L’articolo 8 reca agevolazioni di natura fiscale destinate a favorire gli investimenti nelle aree svantaggiate. Tali disposizioni appaiono conformi con l’articolo 87, paragrafo 3, che ammette gli aiuti destinati a favorire l’occupazione o lo sviluppo economico delle regioni caratterizzate da un tenore di vita anormalmente basso, che non comportino alterazioni negli scambi. Il comma 1 dell’articolo 8 dispone inoltre la non cumulabilità dei crediti di imposta previsti dal suddetto articolo con altri aiuti di Stato a finalità regionale.
Dopo aver espresso considerazioni analoghe sull’articolo 12, che introduce un regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo, l’oratore ravvisa degli elementi di contrasto con la normativa comunitaria nel comma 8 dell’articolo 23, che comporta l’applicazione di una aliquota IVA ridotta del 4 per cento per i pneumatici ricostruiti per autovetture e motocicli. Tale misura, a differenza di altre disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto contemplate dallo stesso articolo 23, appare infatti difforme dalla direttiva 77/388/CEE, sull’armonizzazione dell’IVA, come risulta modificata dalla direttiva 92/77/CEE, che non include i suddetti prodotti fra quelli per cui è ritenuta ammissibile l’aliquota ridotta.
Il relatore illustra infine l’articolo 92, che reca misure per favorire l’emersione del lavoro irregolare, che proroga al 2003 gli sgravi contributivi connessi ai contratti di riallineamento, che con decisione dello scorso 4 ottobre sono stati appena approvati dalla Commissione europea per il periodo che termina il prossimo 31 dicembre. Sulla compatibilità comunitaria di tale proroga sarebbe pure opportuno acquisire degli elementi di informazione da parte del Governo.
L’oratore propone pertanto di esprimere, per quanto di competenza, un parere favorevole condizionato alla soluzione dei profili di contrasto con la normativa comunitaria evidenziati.

Il presidente BEDIN conviene sulle proposte del relatore, rilevando altresì l’esigenza di approfondire i profili di compatibilità con il diritto dell’Unione europea dell’articolo 4 alla luce della recente presa di posizione del commissario europeo Monti.

Il senatore BETTAMIO, dopo aver espresso apprezzamento per le schede di lettura sulla legge finanziaria elaborate dal Servizio studi, chiede chiarimenti sulle osservazioni evidenziate dal relatore. Egli rileva altresì che queste attengono prevalentemente a disposizioni introdotte dall’altro ramo del Parlamento e chiede pertanto al Presidente, in merito a tale aspetto, quale ruolo possa essere assunto dalla Giunta per affrontare i profili di contrasto con la normativa comunitaria.
L’oratore osserva altresì che le agevolazioni fiscali contemplate dal provvedimento in esame lascino eccessivi margini discrezionali, in sede esecutiva, al Governo.

Il relatore PAPPALARDO, dopo aver rilevato che, secondo le indicazioni della Commissione, le riduzioni delle aliquote fiscali estese all’intero territorio nazionale non presentano aspetti in conflitto con la normativa comunitaria, osserva l’esigenza di verificare se la diversificazione dell’entità dei benefici previsti dall’articolo 6 nelle diverse aree del Paese - a proposito degli incentivi per l’incremento dell’occupazione, per cui si prevede una maggiore agevolazione di 400.000 lire per ciascun nuovo dipendente nelle regioni meridionali - sia ritenuta ammissibile dalle istituzioni comunitarie. Tale profilo non sembra peraltro inficiare la legittimità comunitaria di un meccanismo che si applica su tutto il territorio nazionale. Meritevoli di maggiore approfondimento risultano invece i citati articoli 23, comma 8, e 92.
L’oratore ribadisce inoltre le proprie perplessità in merito all’effettiva incidenza delle agevolazioni fiscali, di cui beneficiano soprattutto le zone più avanzate, sullo sviluppo delle aree più depresse. Egli rileva altresì l’inadeguata quantificazione degli effetti determinati dalle disposizioni di cui all’articolo 4, concernenti la riduzione dell’imposta gravante sul reddito d’impresa a seguito delle maggiori entrate che deriveranno dalle misure per la regolarizzazione dell’economia sommersa.

Il presidente BEDIN sottolinea l’utilità di verificare, con l’intervento del rappresentante del Governo, l’esito delle trattative con l’Unione europea sugli aspetti evidenziati. Egli aggiunge inoltre che, successivamente, nel parere della Giunta si potrà proporre l’introduzione degli emendamenti eventualmente necessari per superare profili di contrasto con la normativa comunitaria e, più in generale, si potrà sottolineare la necessità che l’attività normativa tenga conto dei vincoli derivanti all’Italia dalla partecipazione all’unione economica e monetaria.

Il senatore MANZELLA, in relazione ai rilievi del commissario Monti sulla possibile riduzione delle aliquote IRPEG in alcune aree del Paese, evidenzia il rischio che un atteggiamento troppo rigido da parte dell’Unione europea pregiudichi le scelte interne in materia di decentramento o federalismo fiscale. Egli precisa, in altri termini, che, sebbene siano comprensibili specifiche agevolazioni per la nascita di nuove imprese e lo sviluppo dell’occupazione, non si possono precludere del tutto delle differenziazioni, da area ad area, che potrebbero derivare anche dal riconoscimento della capacità impositiva delle autonomie territoriali.

Il relatore PAPPALARDO, dopo aver rilevato come costituiscano una oggettivo ostacolo alla concorrenza gli aiuti al funzionamento delle imprese piuttosto che quelli alla nascita di nuova occupazione e di nuove aziende, sottolinea l’importanza di verificare la motivazione addotta per giustificare le agevolazioni di cui si chiede l’autorizzazione. Non si possono infatti biasimare eventuali perplessità della Commissione europea in merito a sgravi fiscali che, motivati come misure per favorire la regolarizzazione dell’economia sommersa, non incidono in realtà su tale fenomeno quanto altri strumenti.

Il senatore MUNGARI conviene sull’opportunità di ascoltare il Ministro per le politiche comunitarie anche perché l’assunzione di una posizione eccessivamente rigida da parte della Commissione europea potrebbe portare a qualificare come aiuto di Stato illegittimo ogni intervento pubblico. Al riguardo si pone invece l’esigenza di chiarire la distinzione fra le iniziative che possano ingiustamente agevolare singole imprese o gruppi di imprese e quelle che siano invece più comprensibilmente volte a favorire lo sviluppo di una determinata area territoriale.

Su proposta del Presidente la Giunta conviene, quindi, di rinviare il seguito dell’esame.