AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE (3a)
MARTEDÌ 7 APRILE 1998

117a Seduta (antimeridiana)
Presidenza del Presidente
MIGONE

Intervengono per la Regione Emilia Romagna il dottor Gian Luca Borghi, assessore alle politiche sociali, per la Regione Lombardia il dottor Roberto Nepomuceno e il dottor Franco Lionetti, per la Regione Piemonte il dottor Aurelio Catalano e il dottor Giorgio Garelli, per la Regione Toscana il dottor Simone Siliani, assessore alle politiche sociali, per la Regione Veneto il dottor Diego Vecchiato e per l'Osservatorio interregionale sulla cooperazione allo sviluppo il dottor Gildo Baraldi, direttore generale.

La seduta inizia alle ore 11,10.

PROCEDURE INFORMATIVE
Seguito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti della politica estera italiana. Audizione dei rappresentanti della Conferenza Permanente dei Presidenti delle Regioni
(R048 000, C03a, 0001o)

Riprende l'indagine, sospesa nella seduta del 31 marzo scorso.

Dopo che il presidente MIGONE, introducendo gli ospiti ricorda brevemente il punto delle audizioni in corso, il dottor Gianluca BORGHI affronta il tema della valorizzazione della cooperazione decentrata, ritenuta strumento essenziale per la partecipazione alla definizione degli indirizzi di politica estera. Ricorda la disponibilità dimostrata dalle Regioni ad essere parte attiva di questo procedimento, sulla base delle esperienze di questi ultimi anni in cui le Regioni hanno collaborato stabilmente con gli enti locali, le autorità diplomatiche e i progetti delle Organizzazioni non governative (ONG) nel campo della cooperazione con i paesi in via di sviluppo. Auspica che il nuovo provvedimento legislativo di riforma riconosca chiaramente alle Regioni il diritto di agire sia con mezzi autonomi che in co-finaziamento con mezzi statali ed internazionali, riconoscendo alla cooperazione decentrata il ruolo di cerniera dei contatti con le realtà locali. Esaminando il testo del disegno di legge presentato dal Governo ne sottolinea alcuni limiti che teme possono pregiudicare il quadro futuro: in primo luogo ritiene assolutamente ingiustificato il ruolo preponderante attribuito al Ministero del tesoro e inoltre errata la visione dualistica della cooperazione distinguendo i rapporti tra i governi da quelli stabiliti tramite i canali del volontariato che vengono relegati in secondo piano. Vengono poi accomunati gli enti locali, le Organizzazioni del Terzo settore, rischiando una competizione di tutti i soggetti per l'accesso al fondo comune. Auspica che il Parlamento possa svolgere un ruolo di indirizzo costante, giudicando la scadenza triennale eccessivamente lontana dalla realtà che dovrebbe invece essere articolata anno per anno in attività inquadrate per piani-paese. Un'altra lacuna lamentata in questo testo riguarda la mancata indicazione circa le modalità di sviluppo delle micro imprese sul territorio per potenziare l'economia informale locale, distinguendo questa azione da una generica promozione di commercio estero.

Il dottor Simone SILIANI osserva innanzitutto che il nuovo provvedimento di riforma della cooperazione non dovrà essere considerato sotto l'aspetto di legge di spesa ma di riforma a forte contenuto programmatorio che rivaluti la cooperazione come componente strategica della politica estera italiana. Il panorama offerto dai disegni di legge presentati al Parlamento è abbastanza vasto e si augura che anche il Governo dia segni di disponibilità verso il contributo recato alla cooperazione dai soggetti decentrati. Ritiene utile chiarire che la cooperazione decentrata non riveste nè un ruolo residuale degli enti locali nè crea competizione per il riparto delle poche risorse disponibili in questo settore: al contrario l'insieme delle forze che operano sul territorio, in un quadro coordinato e programmato, costituiscono il vero avvenire per gli interventi verso le comunità locali che presentano immediati segni di riscontro delle azioni intraprese. Quanto al quadro istituzionale da ricostruire, si dichiara concorde con la creazione di un'Agenzia la quale però non dovrebbe svolgere un ruolo operativo a tutto campo ma piuttosto affidare la realizzazione di singoli progetti a quei soggetti più idonei al loro svolgimento. Un aspetto da segnalare è il possibile approfondimento del rapporto fra cooperazione e politiche migratorie in modo da coinvolgere gli stessi cittadini immigrati nell'analisi dei bisogni e dei mezzi per soddisfarli. Ritiene che la cooperazione non debba essere subordinata alle Organizzazioni internazionali multilaterali, pur mantenendo un ruolo di impulso all'interno di esse; un discorso preciso dovrà investire il ruolo del credito e degli strumenti finanziari più versatili da individuare e valorizzare, non abbandonando il progetto della deducibilità fiscale delle donazioni a questo scopo. Un ruolo precipuo delle Regioni si ravvisa nelle azioni di informazione e sensibilizzazione per verificare il livello di coinvolgimento della società civile che comprenda un controllo più immediato sui risultati dei progetti, contribuendo ad incentivare la fiducia da più parti perduta su questo tipo di operazioni.

Il dottor Gildo BARALDI, illustrando brevemente il contenuto delle relazioni distribuite, osserva che, pur provenendo da maggioranze politiche diverse, le conclusioni raggiunte sono identiche: tutti i disegni di legge presentati in Parlamento affrontano e tentano di dare una soluzione ai nodi reali incontrati dalla cooperazione italiana negli ultimi anni, meno quello del Governo che appare ancorato a vecchi schemi che in realtà non riformerebbero in senso innovativo tutto il settore. La cooperazione decentrata è purtroppo ancora concepita da molti come sottrazione di risorse e non come attività aggiuntiva nella creazione di partenariati fra aree territoriali e omologhi organismi. Chiarito che non vi sarà competizione per l'accesso ai fondi, si tratta di definire nella legge gli ambiti di legittimità della cooperazione decentrata e i criteri da fissare per evitare le sovrapposizioni con altri organismi. Andrà prevista altresì la possibilità di utilizzare risorse proprie, reperite sul territorio, e l'uso di personale pubblico locale, parallelamente alla partecipazione a contributi statali e multilaterali. Passando al problema della concertazione ritiene troppo generico l'indirizzo triennale elaborato dal Parlamento, mentre occorrerebbe di anno in anno articolare piani-paese, anche regionali, facendo riferimento a casi specifici. In conclusione rileva la necessità di stabilire delle certezze della programmazione nazionale pluriennale della cooperazione per dare organicità all'insieme degli interventi.

Il senatore BOCO condivide gran parte delle argomentazioni relative al problema della cooperazione decentrata esposta dagli ospiti ai quali chiede precisazioni circa la necessaria concertazione e sul necessario carattere di agilità da prevedere in questo settore. Oltre all'indicazione di modelli da valutare osserva che sarebbe utile conoscere il conteggio complessivo del volume che questo genere di cooperazione riveste sia per valutarlo nella sua esatta portata, sia per dimostrare che si tratta di una realtà già in atto.

Il senatore ANDREOTTI concorda con quest'ultima richiesta in quanto allorchè si accusa l'Italia di essere lontanissima dalla quota da destinare alla cooperazione indicata in campo internazionale, sicuramente si dimentica di tener conto di questo contributo aggiuntivo da conoscere precisamente. Ritiene fondata la richiesta di prevedere istituzionalmente questo ruolo di soggetti decentrati i quali si mostrano più validi e controllabili nei risultati a causa del diretto contatto con gli esponenti della società civile che sostengono i progetti. Ricorda altresì l'importanza di dar luogo a progetti interregionali e altresì della possibile collaborazione a progetti dell'Unione europea. Quanto alla concertazione ritiene che la sede più adatta sia il Comitato consultivo delle Regioni, previsto dal Trattato di Maastricht, che non ha ancora trovato un adeguato sviluppo. Osserva da ultimo che tra gli ospiti della seduta odierna sono completamente assenti i rappresentanti delle Regioni meridionali, domandandosi se l'assenza sia occasionale o dovuta a una minore sensibilità ai problemi in discussione.

La senatrice SQUARCIALUPI, richiamandosi al problema della possibile competizione fra i soggetti che attivano programmi di cooperazione, osserva che essa potrebbe essere considerata in un'ottica positiva come concorrenza verso il miglioramento di essi. Dopo aver chiesto se vi siano al presente progetti portati avanti da gemellaggi fra Regioni dell'Europa, esprime consenso sull'utilizzo delle risorse umane rappresentate dagli stessi immigrati che possono utilmente mettere a frutto la loro conoscenza dei paesi d'origine. Viceversa si domanda quale sia la ricaduta in Italia dell'esperienza dei cooperanti i quali dovrebbero diffondere la propria esperienza professionale e la sensibilizzazione ad una cultura di partecipazione su scala mondiale all'evoluzione degli altri paesi. In proposito coglie l'occasione per domandare attraverso quali canali può costruirsi questa professionalità e in quale quadro essa può più utilmente mettere a frutto il bagaglio di esperienza maturata.

Il senatore BEDIN ritiene utile la distinzione fra cooperazione allo sviluppo intesa come strumento della politica estera e volontariato, diversamente da quanto sembra emergere in alcuni interventi, mentre per il resto delle argomentazioni osserva che il disegno di legge presentato dal Gruppo del Partito Popolare appare quello più in sintonia con gli argomenti esposti. Ravvisa un'importanza del ruolo delle Regioni nel campo della credibilità da recuperare nei confronti dell'opinione pubblica, in particolare proprio delle Regioni del Nord in cui è presente un diffuso sentimento di opposizione a spendere soldi prelevati con le tasse al di fuori dei confini territoriali. Condivide la necessità di non confondere la cooperazione con il potenziamento del commercio estero e con lo sviluppo delle imprese, pur ritenendo utile il coinvolgimento delle piccole imprese su cui più agevole sarà il controllo del risultato.

La senatrice DE ZULUETA ritiene senza dubbio che uno dei problemi maggiori da affrontare sarà la ricerca del sostegno dell'opinione pubblica su temi che hanno lasciato una negativa esperienza: a questo proposito ritiene senz'altro utile ottenere i dati richiesti sui progetti realizzati. Dichiara di riconoscersi nelle osservazioni critiche indirizzate al disegno di legge governativo che non chiarisce tra l'altro le regole per il coinvolgimento delle aziende pur non confondendo questo filone col potenziamento del commercio estero. Sull'istituzione di un'Agenzia specializzata si registra una sostanziale concordia pur divergendo le posizioni circa la fase di programmazione distinta da quella dell'attuazione. Per quanto riguarda il versante dei finanziamenti, l'unico tentativo di soluzione è contenuto nel disegno di legge presentato dal Gruppo dei Democratici di Sinistra sulla cui praticabilità gradirebbe un'opinione. Quanto poi alla concertazione, essa rischia di rivestire procedure talmente complesse che non potrà essere regolata dal solo Ministero degli esteri per cui occorre individuare una struttura adeguata.

Il senatore PIANETTA, posto il fondamento della distinzione tra responsabilità e compiti di controllo, concorda sul fatto che l'Agenzia non dovrà necessariamente costituire il braccio operativo di ogni progetto: in proposito chiede se possa esistere una gestione diretta dei programmi di cooperazione.

Il presidente MIGONE si dichiara innanzitutto sorpreso dal fatto che Regioni che hanno operato nel campo della cooperazione con importanti progetti non abbiano portato dati e riflessioni sulle esperienze fatte: l'analisi di questa realtà è infatti fondamentale per costituire la base di scelte successive. Concorda con la rivendicazione da parte delle Regioni di una autonomia e di un limite ai condizionamenti apposti su iniziative autofinanziate, ritenendo che la forza del decentramento risieda nel poter suscitare il sostegno in sede locale e la partecipazione delle popolazioni coinvolte. Per quanto riguarda la concertazione ben venga se essa è volta ad evitare le duplicazioni ma si chiede che fare nel caso contrario in cui queste procedure finiscono per appesantire l'itinerario dei progetti e terminano con un compromesso sulla spartizione delle risorse.

Il dottor Simone SILIANI ritiene innanzitutto importante la partecipazione delle Regioni alla definizione del programma di aiuto pubblico allo sviluppo potendo in questa fase apportare un contributo ed evitando di ritrovarsi meri esecutori o fruitori degli scarsi fondi. Fornirà in tempi brevi i dati disponibili sulle attività svolte e i risultati ottenuti avvertendo che ciò costituisce solo una parte di programmi in cofinanziamento che in realtà sono circondati da molte iniziative sul territorio. Ricorda che vi sono stati progetti interregionali soprattutto in Bosnia e che l'interlocutore più attivo in questi anni è stata proprio l'Unione europea mentre il Ministero degli affari esteri è risultato piuttosto assente. Osserva che il Comitato delle Regioni ha un ruolo soltanto consultivo il che ne limita le funzioni propositive mentre nella distinzione fra Regioni ed enti locali non ritiene che essa vada inquadrata in un problema di gerarchia istituzionale andando piuttosto chiarito qual è il soggetto che interviene più efficacemente nelle varie fasi di un progetto. Ritenendo del tutto casuale la mancata partecipazione all'audizione odierna delle Regioni del Sud Italia, osserva che non tutte le Regioni si sono date una legge per la cooperazione, come pure non tutte sono attrezzate per la formazione professionale richiesta. Per quanto riguarda la distinzione fra aiuti di emergenza umanitaria e cooperazione allo sviluppo ritiene difficile una separazione netta in quanto spesso uno può essere il prolungamento dell'altro. Rileva infine che occorrerà senza dubbio ricostituire il sostegno dell'opinione pubblica e in questo campo si dichiara convinto che le Regioni potranno contribuire in primo piano riportando nel quadro locale la valorizzazione dei programmi e il loro immediato riscontro.

Il dottor Giorgio GARELLI illustra brevemente alcuni esempi di programmi svolti dal governo regionale del Piemonte in Bosnia nel settore della ricostruzione ospedaliera e scolastica. La Regione Piemonte ha anche creato un quadro istituzionale stabile in cui si attua il monitoraggio e la verifica delle iniziative e dei risultati nonchè l'individuazione dei soggetti adatti.

Il dottor BORGHI si dichiara confortato dal sostegno alla convinzione che la cooperazione si adatti più ad essere decentrata in quanto le risposte a livello locale sono risultate le più efficaci. Concorda con l'indicazione dell'Unione europea nel ruolo guida che in questi anni ha assunto per i progetti di cooperazione, ma ricorda altresì che nel caso della Bosnia l'esperienza si è rivelata positiva grazie all'organizzazione e al coordinamento disposti dal Ministero degli affari esteri.

Il dottor Diego VECCHIATO ritiene di aggiungere che ogni anno la lista degli interventi e dei programmi decentrati di cooperazione è regolarmente inviata al Ministero degli affari esteri e che la Regione Veneto ha messo in piedi un programma di riorganizzazione dei servizi socio-sanitari in Moldavia.

Il dottor BARALDI precisa che dai dati che fornirà la Commissione potrà riscontrarsi che le risorse mobilitate in Toscana superano addirittura in percentuale quelle comparabili della Germania e ricorda che anche le Regioni meridionali sono attive sia nel campo del Mediterraneo che in quello della lotta alla criminalità organizzata e della tutela dell'infanzia soprattutto in America Latina.

Il presidente MIGONE ringrazia gli intervenuti al dibattito e dichiara conclusa l'audizione. Il seguito dell'indagine conoscitiva è pertanto rinviato.

La seduta termina alle ore 13,20.