LAVORO, PREVIDENZA SOCIALE (11a)

MARTEDÌ 11 FEBBRAIO 1997


83a Seduta

Presidenza del Presidente
SMURAGLIA

Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale MONTECCHI.

La seduta inizia alle ore 15,20.

IN SEDE REFERENTE
(449) FILOGRANA ed altri: Norme recanti l'attuazione del lavoro interinale
(1918) Norme in materia di promozione dell'occupazione
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

Riprende l'esame congiunto dei provvedimenti in titolo, sospeso nella seduta del 5 febbraio 1997.

Interviene nella discussione generale il senatore MANZI, il quale esprime in primo luogo la radicale contrarietà della sua parte politica al disegno di legge n. 449, che costituisce a suo avviso un'inaccettabile progetto di diminuzione delle garanzie disposte a favore dei lavoratori dipendenti, privo di reali contropartite sul piano occupazionale. Nel disegno di legge n. 1918, invece, sono contenute alcune disposizioni, quali quelle relative alla riduzione e rimodulazione dell'orario di lavoro, meritevoli di approfondimento e comunque suscettibili di significativi miglioramenti. Peraltro, il Gruppo di Rifondazione comunista - Progressisti è contrario alla parte del disegno di legge del Governo relativa alla disciplina del contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo, dall'articolo 1 all'articolo 11, nonchè all'articolo 12, sul regime sanzionatorio del rapporto di lavoro a termine, ispirato anch'esso alla logica di ridurre il quadro delle garanzie per i lavoratori. Dopo aver rilevato che sarebbe stato comunque preferibile discutere l'insieme delle misure di attuazione dell'Accordo del settembre 1996 nell'ambito della Conferenza nazionale sull'occupazione, annunciata ma non più convocata dal Governo, il senatore Manzi rileva che la ricchezza del dibattito sulle nuove politiche del lavoro e sul passaggio da un quadro normativo garantista ad un modello promozionale, basato in primo luogo su una radicale riforma modernizzatrice dei servizi all'impiego, non si ritrova affatto nel disegno di legge n. 1918, povero nei contenuti e, per la parte relativa al lavoro interinale, del tutto inidoneo a creare nuova occupazione. Ci sarebbe stato da attendersi di più e di meglio da un Governo che attribuisce alla questione del lavoro la valenza di priorità programmatica: il disegno di legge attualmente all'esame dimostra invece che l'Accordo di settembre 1996 non è stato un passo verso la definizione di un nuovo patto sociale, bensì un insieme di proposte unilateralmente indirizzate nel senso della flessibilizzazione e della privatizzazione del mercato del lavoro e dell'aumento della componente precaria e non garantita di esso. In questo quadro, le misure sul lavoro interinale assolvono al compito di avviare non la riforma, ma lo smantellamento del sistema pubblico del collocamento. Anche i richiami alle esperienze di flessibilità e di lavoro interinale maturate in altri paesi dell'Unione europea, in particolare in Francia e in Inghilterra, hanno carattere unilaterale e non considerano l'esteso sistema legale di garanzie e di tutele tuttora vigente in tali paesi nei confronti del lavoro dipendente. In conclusione, il senatore Manzi ribadisce che a suo parere l'introduzione del lavoro interinale non solo è inopportuna e intempestiva, ma anche infruttuosa sul piano dell'occupazione, poichè rispecchia soltanto l'intenzione di procedere in un processo di deregolazione del mercato del lavoro che affida prevalentemente alla contrattazione collettiva, e quindi ai rapporti di forza che si vengono via via a determinare tra le parti sociali, il compito di dettare nuove e più precarie regole. Vi sono pertanto sufficienti ragioni, secondo il senatore Manzi, per accantonare, nel prosieguo dell'esame congiunto, il tema del lavoro interinale.

Il senatore DUVA osserva preliminarmente che nel corso della discussione generale in numerosi interventi sono stati sollevati interrogativi sul fondamento economico del contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo e sulla utilità di pervenire ad una definizione normativa di una tipologia di rapporto di lavoro destinata a coprire un segmento assai limitato del mercato del lavoro. Lo stesso ministro Treu, nei suoi recenti interventi in Commissione su questi argomenti, ha avuto occasione di precisare da un lato che le misure recate dal disegno di legge n. 1918 sono parte di un insieme più ampio di interventi volti a creare nuova occupazione e, dall'altro, che l'introduzione del lavoro interinale è destinata ad avere effetti limitati in termini di creazione di nuovi posti di lavoro. La prima considerazione è senz'altro condivisibile, poichè solo un sapiente dosaggio di misure di politica economica, fiscale, industriale e del lavoro può consentire di determinare una decisa inversione di tendenza rispetto all'attuale crisi occupazionale; appare invece eccessivamente riduttiva l'impostazione del discorso del Ministro in materia di lavoro interinale, dato che l'introduzione di tale istituto, così come peraltro previsto nel disegno di legge n. 1918, costituisce un importante elemento di innovazione, non solo e non tanto per l'attitudine a creare occupazione aggiuntiva, ma anche e soprattutto perchè si viene per tale via a configurare una risposta doverosa alle esigenze di un mercato del lavoro in evoluzione che richiede una massiccia iniezione di flessibilità e di competitività. Non si può infatti non tenere nella dovuta considerazione l'esigenza di esprimere una forte capacità di governare i processi di cambiamento che hanno caratterizzato in questi ultimi anni il mercato del lavoro, con il sorgere di nuove figure e di nuove problematiche: basta riflettere sui dati resi recentemente noti dall'Inps e dalla Cgil, in relazione all'estendersi dell'area complessiva del lavoro parasubordinato o atipico, desumibile dall'ampiezza della platea dei lavoratori autonomi assoggettati al contributo previdenziale del 10 per cento. Si tratta di processi nuovi, che vanno compresi e interpretati attraverso la definizione di regole nuove, idonee anche a contrastare vecchie e nuove forme di illegalità, che dalla incertezza del quadro normativo traggono sempre alimento.
Il disegno di legge n. 1918, prosegue il senatore Duva, si fa carico di questa esigenza complessiva di governare l'evoluzione e le trasformazioni del mercato del lavoro, anche se non vi è dubbio che in alcune parti il testo può essere migliorato e integrato, anche alla luce degli spunti e delle sollecitazioni che provengono dal confronto con il disegno di legge n. 449, in materia di lavoro interinale. Tra gli aspetti del disegno di legge di iniziativa del Governo meritevoli di approfondimento vanno indicate le disposizioni riguardanti i requisiti previsti per i soggetti abilitati a svolgere l'attività di fornitura del lavoro temporaneo - forse in alcuni casi eccessivamente limitative -, nonchè le norme sulla dimensione del capitale sociale dei soggetti ammessi a esercitare la suddetta attività, sul deposito cauzionale e sulla fideiussione bancaria o assicurativa. Occorrerà inoltre riflettere sulle norme a carattere sanzionatorio, in particolare raffrontandole con quelle, più severe, recate dal disegno di legge n. 449. Quest'ultimo, peraltro, pur contenendo indicazioni interessanti, dà luogo a riserve sia per l'eccessiva estensione dell'ambito di applicazione del contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo, sia per l'assenza di riferimenti al ruolo che la contrattazione collettiva può e deve assumere nel definire ambiti e limiti del lavoro interinale.
Per quanto riguarda poi altre parti del disegno di legge n. 1918, il senatore Duva valuta positivamente le disposizioni in materia di part-time e di riforma dell'apprendistato. Queste ultime, in particolare, possono avere ricadute positive soprattutto nel Mezzogiorno, dove il ricorso all'apprendistato è limitato e richiede adeguate misure di incoraggiamento. Altrettanto condivisibile è l'impostazione dell'articolo 13, con il quale si intende esercitare una influenza incentivante del ricorso a forme di riduzione e rimodulazione degli orari di lavoro, evitando interventi di carattere autoritativo, di per sè poco idonei ad incoraggiare iniziative per la creazione di nuovi posti di lavoro. Deve comunque essere tenuto presente, come peraltro è stato recentemente ricordato dalla Commissione in sede di espressione del parere sul disegno di legge comunitaria 1995-1996, che il tema dell'orario di lavoro si intreccia strettamente con quello dei tempi della vita e, sotto questo profilo, dovrà essere oggetto di analisi più complessive e articolate. Nel complesso, quindi, il disegno di legge n. 1918 è meritevole di un giudizio positivo.

Interviene successivamente il senatore BATTAFARANO, il quale ricorda in primo luogo quanto già il Ministro ebbe a sottolineare circa il ruolo complementare e sicuramente non esaustivo del disegno di legge in titolo rispetto alla politica occupazionale del Governo e che investe anche la politica industriale, quella delle infrastrutture, la complessa materia degli incentivi e quella dei servizi all'impiego, nonchè la lotta per far prevalere la legalità, la trasparenza e il buon funzionamento della Pubblica Amministrazione. Ciò non significa ovviamente, prosegue l'oratore, che il provvedimento in esame non costituisca un tassello importante dell'azione complessiva del Governo, tassello che affronta diversi aspetti, tutti importanti: a tal proposito è da ritenersi eccessiva l'enfasi che si è voluta attribuire alla prima parte del disegno di legge che riguarda il lavoro interinale, poichè anche la seconda parte affronta aspetti importanti, da arricchire e qualificare. Di sicuro rilievo è, ad esempio, l'articolo 13, che prevede incentivi alla riduzione e rimodulazione degli orari di lavoro, nonchè il lavoro a tempo parziale. Nella indispensabile dialettica tra legislazione e contrattazione, giustamente il Governo ha scelto di non procedere alla riduzione dell'orario di lavoro per legge, preferendo invece predisporre la giusta cornice legislativa e stanziare la somma di 400 miliardi allo scopo di incentivare il conseguimento di tale obiettivo tramite la contrattazione tra le parti sociali. Vi sono questioni da approfondire e, a suo giudizio, spazi per possibili arricchimenti: si potrebbe pensare, ad esempio, ad una rimodulazione delle aliquote contributive ancora più favorevole, a condizione che il datore di lavoro assuma giovani lavoratori, così da finalizzare l'incentivo maggiorato all'obiettivo di ampliare la base occupazionale. Più in generale, è comunque auspicabile che il discorso avviato con tale articolo venga al più presto proseguito dal Governo e dal Parlamento, poichè la rimodulazione e la flessibilità degli orari, in relazione a specifiche condizioni ambientali e contrattuali, corrispondono ad una esigenza sempre più avvertita e ad una realtà normativa ed istituzionale sempre più diffusa in Europa.
Si sofferma successivamente sugli articoli 15, 16 e 17 che riguardano l'apprendistato, la formazione professionale e i cosiddetti tirocini formativi. In particolare l'articolo 15 riformula, per la prima volta dopo quaranta anni, la normativa sull'apprendistato, realizzando un opportuno equilibrio tra la formazione teorica e quella da compiersi all'interno delle aziende, entrambe importanti ed essenziali. Giudica inoltre innovative e senz'altro da condividere le previsioni contenute nell'articolo 16 circa l'utilizzazione delle somme versate dalle aziende ai fini della formazione professionale, somme che dovranno essere utilizzate anche per i lavoratori in mobilità, e non solo per quelli in servizio; sempre a tale riguardo giudica positivamente la soluzione prefigurata alla lettera d) dell'articolo 16 che prevede l'istituzione di uno o più fondi nazionali, articolati regionalmente e con una configurazione giuridica di tipo privatistico.
Espresse invece perplessità in merito all'articolo 12, manifestando il timore che si indebolisca alla lunga il ruolo del contratto a tempo indeterminato, si sofferma sulla disciplina del lavoro interinale, questione rispetto alla quale devono essere evitati, prosegue l'oratore, due rischi opposti e speculari: quello di chi individua in tale nuova forma contrattuale un toccasana risolutivo dei problemi occupazionali, e quello invece alimentato da quanti lo giudicano alla stregua di uno strumento demoniaco. Di fatto il lavoro cosiddetto interinale corrisponde ad una tendenza presente in tutti i moderni mercati del lavoro, tendenza che deve pertanto essere disciplinata, per evitare rischi di distorsione. Il legislatore è dunque chiamato a disciplinare il nuovo istituto, interessandosi poco o punto dell'esatta misura dell'aumento occupazionale che esso presumibilmente favorirà, e bene ha fatto il Governo ad assegnare anche in questo settore un ruolo alla contrattazione tra le parti sociali: su questo specifico punto la differenza con il disegno di legge n. 449 non potrebbe essere maggiore, poichè quest'ultimo scarta del tutto tale ipotesi. A suo giudizio, però, sarebbe opportuno, rispetto al testo proposto dal Governo, elevare il limite dei cinquecento milioni di capitale versato come requisito richiesto per l'esercizio dell'attività di fornitura di lavoro temporaneo, così come andrebbe elevato da quattro a sei il numero delle regioni in cui tali società devono svolgere la loro attività, e ciò per porre un argine più solido al rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata. Segnala infine che la presenza di lavoro interinale nel settore edilizio può prestarsi a forme tradizionali di sfruttamento del lavoro e giudica necessario specificare la formula eccessivamente generica con cui la lettera a) del comma 4 dell'articolo 1 vieta la fornitura di lavoro temporaneo per le «qualifiche di esiguo contenuto professionale».
Da ultimo, ritiene opportuno che la verifica prevista dal comma 6 dell'articolo 11 coinvolga anche il Parlamento tramite una relazione predisposta dal Governo.

Il seguito dell'esame viene quindi rinviato.

IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO
Schema di decreto legislativo di attuazione della delega conferita dall'articolo 2, commi 22 e 23, lettera a), della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di regime pensionistico per i lavoratori dello spettacolo iscritti all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo (51) (ENPALS)
(Parere al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, ai sensi dell'articolo 3, comma 22, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Seguito e conclusione dell'esame. Parere favorevole con osservazioni)
(R139 b00, C11a, 0007°)

Riprende l'esame del provvedimento in titolo, sospeso nella seduta del 6 febbraio 1997.

Il relatore CORTELLONI, delle tre osservazioni formulate dal senatore De Luca nel corso dell' ultima seduta, ritiene di poter accogliere quella relativa all'opportunità di una riclassificazione degli assicurati dell'Enpals in due soli gruppi, quello dei lavoratori impiegati a tempo indeterminato e quello dei lavoratori a tempo discontinuo. Per quanto riguarda l'istituto della rivalsa, fa presente che è stato già fortemente elevato il tetto massimo di reddito giornaliero ed è già stata abbattuta dal 50 al 40 per cento la rivalsa.

Il senatore Michele DE LUCA si dichiara soddisfatto dell'accoglimento della sua osservazione riguardo alla opportunità di classificare gli assicurati in due sole categorie, dei tre suggerimenti senz'altro il più significativo, e, non facendosi altre osservazioni, la Commissione dà mandato al relatore ad esprimere un parere sulla base dello schema distribuito nell'ultima seduta e dell'osservazione testè accolta.

Schema di decreto legislativo di attuazione della delega conferita dall'articolo 2, comma 22, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di regime pensionistico per gli iscritti all'Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali (n. 52)
(Parere al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, ai sensi dell'articolo 3, comma 22, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Seguito dell'esame e rinvio)
(R139 b00, C11a, 0008°)

Riprende l'esame del provvedimento in titolo, sospeso nella seduta del 6 febbraio.

Il relatore TAPPARO dà lettura del seguente schema di parere:

«La Commissione lavoro e previdenza sociale del Senato, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo, esprime su di esso parere favorevole, con le sottoindicate osservazioni e raccomandazioni:

1. La norma finale di chiusura (art. 6) per quanto riporti un'espressione già usata in altri decreti attuativi della riforma, non indica con sufficiente chiarezza se le regole generali dell'assicurazione generale obbligatoria si applicano a tutto ciò che non è disciplinato dal decreto stesso ovvero a tutto ciò che non è disciplinato dalla norma Inpdai, dopo le modifiche apportate dal decreto. La lettera della norma farebbe propendere per questa seconda interpretazione, mentre le affermazioni contenute nella relazione indicherebbero una volontà di rinvio all'assicurazione generale obbligatoria per tutto quanto non previsto dal decreto. Sembra una differenza di poco conto ma forse così non è, per esempio: due istituti quali il minimale di contribuzione e la possibilità di trasferire i contributi dell'Inps all'Inpdai senza oneri di ricongiunzione, possono sopravvivere o venire meno a seconda dell'interpretazione.
2. Al comma 1, lettera a), dell'articolo 1, si fa riferimento ai dirigenti neoiscritti all'Inpdai alla data del 1o gennaio 1996, ma non necessariamente neoiscritti al sistema previdenziale nel suo complesso. A questi lavoratori si applica da subito l'aliquota di versamento pari a quella vigente nel fondo lavoratori dipendenti. Al comma 5 dello stesso articolo si fa riferimento agli stessi dirigenti di cui al comma 1, lettera a) per indicare coloro ai quali si applica il sistema contributivo, il rinvio così operato non è del tutto corretto perchè potrebbe indurre a ritenere che il sistema contributivo si possa applicare anche a coloro che hanno periodi di contribuzione maturati al 31 dicembre 1995 in fondi diversi dall'Inpdai, il che è in contraddizione con le regole introdotte dalla legge n. 335 del 1995. Per questo al comma 5 dell'articolo 1 andrebbero aggiunte le parole privi di anzianità contributiva dopo l'espressione personale di cui al comma 1, lettera a).
3. Non si comprende il motivo per cui la regola sui limiti di cumulabilità tra pensione ai superstiti ed altri redditi entri in vigore con il decreto e non a partire dal 17 agosto 1995, da quando, cioè, è entrata in vigore per la generalità dei lavoratori e con espresso riferimento a tutte le gestioni.
4. Il problema dell'aliquota per l'assegno del nucleo familiare e quello della contribuzione per la mobilità, un istituto difficilmente fruibile dai dirigenti di imprese industriali, sono argomenti non accoglibili nello specifico del presente decreto legislativo, ma rappresentano un problema reale che dovrà essere affrontato. Analogamente va affrontato in un quadro più generale l'assetto della minimizzazione della propensione all'utilizzo della pensione di anzianità, con una attenta valutazione sull'eventualità di una qualche forma di ripristino di un coefficiente di maggiorazione delle pensioni conseguite dopo l'età pensionabile (ovviamente il problema implica una diversa considerazione degli accessi e del calcolo delle pensioni per tutto il sistema previdenziale non solo per una piccola parte d'esso).
5. Per una migliore chiarezza del provvedimento pare opportuno:

che ai commi 1 e 2 dell'articolo 2, dopo l'espressione anzianità contributiva sia aggiunta la parola complessiva;
che all'articolo 3, comma 3, in luogo della data di entrata in vigore del decreto, come spartiacque tra vecchie e nuove regole Inpdai per il pro-rata, sia indicata la data del 31 dicembre 1996; ovviamente questa sostituzione vale solo per il primo periodo; appare invece impraticabile il prolungamento fino al 31 dicembre 1996 dell'aliquota di rendimento del 2,66 per cento».

Il seguito dell'esame viene quindi rinviato.

SULLA PROCEDURA DEI LAVORI DELLA COMMISSIONE
(A007 000, C11a, 0038°)

Il presidente SMURAGLIA, in riferimento alla richiesta avanzata nell'ultima seduta dal senatore Bonatesta in merito alla possibilità che vengano effettuate registrazioni dell'orario di entrata e di uscita dei senatori dall'Aula della Commissione, fa presente che il numero legale della seduta viene accertato dal Presidente, all'inizio della stessa; successivamente, prima di ogni deliberazione, ciascun senatore può richiedere la verifica del numero legale (articolo 30, comma 2); la mancanza del numero legale ha per effetto la sospensione di un'ora della seduta, alla cui ripresa peraltro la presenza del numero legale non è presunta (articolo 30, comma 3). I modi di votazione sono disciplinati dall'articolo 113 che, al comma 2, afferma che l'Assemblea vota normalmente per alzata di mano. In tale modalità di votazione, come è noto, anche in Assemblea non vengono registrati i nominativi dei partecipanti al voto. Va tenuto altresì presente che la richiesta di votazione nominale, nei casi previsti all'articolo 113, commi 4 e 7, è regolata solo per l'Assemblea. Con l'eccezione dei casi di votazioni su persone (elezione dell'Ufficio di Presidenza; votazioni su proposte di nomina ai sensi della legge 28 gennaio 1978, n. 14), la regola è che la Commissione voti per alzata di mano, senza registrazione dei nominativi dei partecipanti al voto. Il Presidente osserva poi che il disposto dell'articolo 1, comma 2, del Regolamento indica un obbligo al quale non possono essere connesse sanzioni, in ossequio alle prerogative costituzionali dell'istituto parlamentare e dei suoi singoli componenti; pertanto ogni annotazione sul resoconto dei lavori della seduta ovvero sul processo verbale che possa adombrare forme di controllo sull'attività dei singoli senatori appare quanto mai inopportuna e sconsigliabile, quando essa non sia giustificata da esigenze di funzionalità dei lavori parlamentari.
È da aggiungere poi che la prassi della resocontazione delle sedute, attività alla quale sovrintendono i senatori segretari, è costante nell'escludere l'annotazione degli orari di entrata e di uscita dei senatori dall'Aula della Commissione. Ritiene dunque di non poter accogliere la richiesta avanzata dal senatore Bonatesta, la cui eventuale riproposizione dovrebbe comunque, trattandosi di una questione di carattere generale che non investe soltanto la Commissione lavoro, avere come destinataria la Presidenza del Senato.

La seduta termina alle ore 16,20.