Discorso d'insediamento del Presidente Domenico Farini 1 a Sessione (5 aprile 1897-15 luglio 1898)

Senato del Regno, tornata del 6 aprile 1897

Presidenza del Presidente Farini

[...]

Discorso del Presidente

Domenico FariniPRESIDENTE. (si alza in piedi e con lui si alzano i senatori). Signori Senatori!

Nel giro di un decennio è questa l'ottava Sessione che ho l'insigne onore di presiedere.

La grazia sovrana, onde in me stesso mi esalto, le liete accoglienze e la affettuosa soddisfazione alle quali vi piacque di continuo farmi segno, sono tale un dono da bastare alla vita più illustre. Nulla lo può distruggere o menomare: così in me la devozione e la gratitudine.

E poiché la lunga esperienza mi fa certo, tanto ben disposti siete verso di me, che anche in appresso ogni mia pochezza imputereste a fallacia d'intelletto e non d'animo, non vado in parole che, a ragguaglio dei fatti per i quali aveste occasione di giudicarmi, sarebbero indarno. Dico solo: che del compiacere a voi farò piacere, obbligo mio; del servire all'ufficio, dagli errori prendendo regola per non errare, mia legge: non muterò. (Benissimo).

Signori Senatori. Convocati a Parlamento in forza dello Statuto che un Re magnanimo concedette al Piemonte, gli avvenimenti da quell'atto preparati, i miracoli che seguirono nel mezzo secolo che corre al suo fine, ne narrano l'intelletto di patria del largitore sapiente. (Approvazioni).

Sapienza pari, la lealtà del grande successore, serbatolo immacolato da offesa di fazioni e di stranieri, lo chiarirono fonte di libertà, scudo d'indipendenza; di progresso, di ogni riforma, a ragione d'equità germe fecondo.

L'intiera Italia per esso volse alla Casa di Savoia la speranza ed il desiderio; caddero sgominate le male signorie; per esso sette Stati si raccolsero in uno.

Nel patto della nazione redenta, attutito il funesto contrasto, l'antico dissidio tolto, libertà ed autorità, per mente ed animo di due principi valorosi, altrettanto schivi dalle ambagi quanto alieni da sottili renitenze, bandite le paure, senza diffidenza si composero in concordia. Come forse mai prima un grande Stato nuovo, mercé la partecipazione d'ogni cittadino ai plebisciti ubbidiente, si resse ad invidiata larghezza, fatta presidio di autorità difesa di sovranità. E la monarchia italiana, innestata sul forte ceppo della più antica delle dinastie, crebbe ad un tempo colla nazione e sta salda per l'indissolubile loro solidarietà, non per artificiosa resultante di principȋ opposti, d'interessi contradittorȋ (Vive approvazioni). Questi dello Statuto gli effetti; questi della dinastia i beneficȋ; degli ultimi cinquant'anni questa la storia che non si cancella (Benissimo).

Devoti alle tavole statutarie, compresi dello spirito che entro vi alita, a noi, che l'ufficio in tanta altezza costituito più direttamente ne deriviamo, tenere viva ed illesa la patriottica tradizione!

Forti della longanimità che stanca la sciagura, serenamente intenti al meglio delle istituzioni ripigliamo, colleghi onorandissimi, l'opera nostra animosa per fede che non vacilla. Perché nè vieti sistemi, nè smodate voglie inorpellate e celebrate quali novità salutari, come se l'apice dell'incivilimento ritirare dovesse l'umanità ai suoi primordii (Benissimo), corromperanno la coscienza nazionale; nè fumose promesse o bugiarde larve la sedurranno; né casi avversi la frastorneranno dalla difesa del prezioso acquisto (Vivissime approvazioni).

Concordia di Re e di popolo diede agli Italiani una patria; il Senato asseconderà, il popolo seguirà ognora con la pristina virtù il suo Eletto, che consacra la vita a farla secura, a confortarla di prospero e felice avvenire (Vive e generali approvazioni. Applausi prolungati).

(Benissimo).

[...]



Informazioni aggiuntive

FINE PAGINA

vai a inizio pagina