Il Presidente: Discorsi

Convegno "La Carta di Roma, comunicazione e migranti: l'esempio di Lampedusa, terra di bellezze e crocevia dei popoli"

Intervento del Presidente del Senato, Pietro Grasso, a Lampedusa

09 Luglio 2016

Autorità, cari amici, cari lampedusani, ho colto con entusiasmo l'opportunità delle belle manifestazioni in corso in questi giorni per tornare sull'isola, per incontrare i cittadini, i migranti e tutto il sistema di istituzioni che lavorano a Lampedusa. Il primo sentimento che ho provato arrivando giovedì sull'isola è stato l'orgoglio. Appena atterrato ho avuto un incontro con il vice direttore esecutivo di UNICEF, che associava al vostro lavoro e alla capacità di accogliere di questa isola una parola bellissima: umanità. Penso che non possa esserci un riconoscimento più alto per un popolo. Per questo ringrazio di cuore tutti coloro che con passione, competenza e.. con umanità a Lampedusa si dedicano ai diritti degli altri.

A Lampedusa in questi due giorni ho vissuto dei momenti molto intensi. Il primo al mio arrivo l'altro ieri, quando ho visitato la Porta dell'Europa: non la avevo ancora vista ed è stata, vi confesso, è stata un'emozione fortissima, il luogo trasmette un carico di amarezza, di speranza e amore. Il secondo stamattina, durante lo sbarco di 125 migranti: nei loro occhi ho visto la sofferenza, la fatica ma anche la luce della speranza. Io credo, cari amici, che a Lampedusa l'Europa o nasce o muore. O siamo capaci di essere davvero europei sin dal primo attimo in cui una persona in difficoltà bussa alla nostra porta, oppure siamo destinati ad un rapido declino, geopolitico e soprattutto morale. Per questo penso che quella di stamattina sia una bella occasione e un bellissimo luogo per riflettere insieme, lontano da strumentalizzazioni mediatiche e politiche, su quello che io considero un fenomeno strutturale, non un'emergenza e che come tale chiama a raccolta le componenti istituzionali e sociali del Paese, l'Unione europea e l'intera comunità internazionale.

Il primo punto su cui vorrei soffermarmi riguarda il carattere strutturale, l'origine e la prevedibilità di questo fenomeno. L'Europa non ha avuto la capacità di capire e agire per tempo, guardando ai fermenti alle frontiere meridionali dell'Europa come a un problema emergenziale e comunque periferico. Io quindi penso, e continuo a ripetere, che serve una vera strategia per il Mediterraneo dell'Unione, riportando qui il baricentro geopolitico dell'Europa unita. Se ve ne fosse stata una credibile ed effettivamente sostenuta dagli Stati membri molte delle attuali crisi avrebbero avuto uno sviluppo diverso. Penso alla guerra in Iraq, alle "primavere arabe", alla crisi siriana, all'ascesa dei terrorismi organizzati, alla Libia. Questi conflitti e questi squilibri geopolitici sono naturalmente all'origine dei flussi di persone che fuggono dalle guerre e dalla miseria. Nel frattempo la mancanza di una strategia europea ha consentito una vera e propria decimazione delle minoranze cristiane in Medio oriente, che vivono sofferenze e persecuzioni che ho potuto verificare di persona in un recente viaggio in Iraq.

La seconda considerazione che vorrei fare riguarda l'accoglienza. Io ripeto ormai da mesi e mesi che l'accoglienza di chi fugge da conflitti, persecuzioni o fame, non è un'opzione, non è un atto di liberalità, di generosità, una manifestazione di buon cuore: è un dovere morale e giuridico di fornire protezione alle persone che sono costrette a lasciare le proprie case e di soccorrere chi è in pericolo in mare. E gli europei dovrebbero sentire questo dovere più di altri perché, come ha detto Papa Francesco l'Europa è "la patria dei diritti umani e chiunque vi metta piede.. deve poterlo sperimentare". In Italia, il principio dell'accoglienza è scolpito nella nostra legge fondamentale in modo chiaro ed emozionante: l'art. 10 della Costituzione dice che "lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertàdemocratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge". Dunque non solo chi sia soggetto a persecuzione personale ma chiunque non possa godere, per qualsiasi ragione, delle libertà democratiche previste dalla nostra Costituzione ha diritto all'accoglienza.

Per quanto riguarda il nostro approccio alle migrazioni in genere, io penso che sia importante ricordare anche il fattore demografico. Il giornalista Massimo Franco ha definito il vecchio continente: "nonna Europa". I bassi tassi di fertilità insieme al progressivo aumento della vita media, in effetti stanno condannando il continente al declino, all'incapacità di rinnovarsi, di creare lavoro e di progredire. Per questo le migrazioni devono essere considerate come un'opportunità per dare nuova forza al continente che invecchia. Già oggi le comunità immigrate in Italia e in Europa contribuiscono al benessere delle nostre società, producendo molto più di quanto gli Stati membri non spendano per accogliere nuovi immigrati.

Un terzo punto di cui ho parlato con il vice direttore di UNICEF, il Sindaco e il Prefetto, e prima di venire qui con la Garante dell'Infanzia Filomena Albano, è quello dei minori non accompagnati. Sono convinto che il modo migliore per affrontarlo sia attraverso istituti giuridici che già esistono, come l'affido alle famiglie, debitamente formate e seguite. Quale significato migliore di umanità e accoglienza? E soprattutto: quale veicolo migliore per imparare la lingua e integrarsi che non quello dell'affetto di un ambiente sereno e accogliente?

Cari amici, vorrei avviarmi alla conclusione per sentire le vostre opinioni. In questi due giorni a Lampedusa ho avuto modo di osservare un sistema di cooperazione che ha a disposizione straordinarie eccellenze umane in tutti i settori ma che deve essere migliorato dal punto di vista normativo e strutturale. Penso alla revisione delle norme di Dublino, ma anche a quella delle nostre procedure interne relative alla protezione internazionale che sono complesse e lente e poco flessibili. Penso alla bella esperienza dei corridoi umanitari che è nata proprio qui, e che portano avanti le Chiese evangeliche e S. Egidio: un'esperienza da estendere e replicare. Io sono di quella generazione nata durante la Seconda Guerra e sono cresciuto vedendo nell'Europa un'utopia che si è realizzata lentamente davanti ai miei occhi. E sono cresciuto, come voi, guardando dal balcone di casa l'altra sponda e percependola del mare non come un luogo di nemici di cui diffidare, ma come il completamento del nostro stesso essere europei e mediterranei. Io penso che oggi in Italia, in Europa, nel mondo si confrontano due concezioni di Europa, due idee di futuro, due filosofie di vita. Io non sono con chi si illude di potere preservare la propria sedicente superiorità alzando muri, di mattoni, di odio e di ignoranza. Io credo al contrario che il nostro Paese abbia una responsabilità speciale nel Mediterraneo e nel mondo che deriva da quello che noi siamo, da dove veniamo: dalla nostra storia millenaria di crocevia di civiltà, donne e uomini, e idee. Noi dobbiamo portare in Europa un progetto di futuro dove la coesione sociale non si costruisce attorno alla religione, all'etnia, alle inclinazioni personali, ma attorno alla solidarietà, all'impegno per il bene comune, alla dignità umana. E Lampedusa, che è nata da un pezzo di roccia africana e al tempo stesso è italiana, siciliana, europea e mediterranea è il più bel posto al mondo dal quale insieme possiamo fare partire questo messaggio di libertà, pluralità e umanità.

Grazie



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