Il Presidente: Discorsi

Inaugurazione dell'Anno Accademico dell'Università di Catania

Discorso pronunciato al Teatro "Massimo Bellini" di Catania in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Accademico

1 Marzo 2008

Autorità, Signore e Signori,
desidero ringraziare, innanzitutto, il Rettore per l'invito, che ho accolto con piacere, ad essere con voi per la cerimonia inaugurale dell'Anno accademico. Una cerimonia particolare, arricchita dalla presenza di un cospicuo numero di studenti, oltreché da tutte le altre componenti del mondo accademico.

Ai giovani, e a tutti coloro che lavorano in questa Università - la più antica della Sicilia - rivolgo il saluto più cordiale. Lo svolgimento di questo incontro nella splendida cornice del Teatro Massimo Bellini rende omaggio agli straordinari valori artistici della città di Catania ed evidenzia, in modo significativo, l'importante legame tra la città e la comunità universitaria. So che questo legame sta già dando importanti frutti. Penso al Distretto tecnologico di Catania e al Distretto produttivo della Valle dell'Etna che - nati da accordi di collaborazione tra Enti locali, Università e imprese - costituiscono realtà di eccellenza scientifica ed imprenditoriale.

Ma sugli aspetti della ricerca mi soffermerò oltre. Gli oratori che mi hanno preceduto hanno delineato chiaramente luci e criticità della situazione dell'Ateneo e ne hanno indicato le prospettive di sviluppo e di consolidamento. Nel mio breve intervento vorrei soffermarmi su pochi significativi profili. Il primo è quello della qualità della formazione che viene offerta ai nostri giovani. E' un aspetto cruciale per il nostro sistema universitario, sul quale molto si è lavorato - in coerenza con gli obiettivi della Dichiarazione europea di Bologna (1999) e della successiva Agenda di Lisbona - che ha visto convergere tutti i Governi dell'Unione per un programma di trasformazione delle Università in veri e propri motori di un nuovo sviluppo economico e sociale basato sulla conoscenza.

Le Università italiane, negli ultimi anni, hanno sopportato un carico di lavoro enorme, con l'incremento dei giovani iscritti, senza poter disporre di risorse aggiuntive adeguate. Pur fra tante difficoltà credo che si debba avere un giudizio positivo di come le Università italiane si sono comportate di fronte a questi impegni. Tuttavia, come ha sottolineato il Rettore, si deve fare di più. E specialmente nella qualificazione delle Università come spazi aperti di dialogo, di confronto critico, di ricerca, di formazione aperta.

L'Università nel suo significato profondo è, infatti, una comunità di persone impegnata nello studio, nell'amore per la conoscenza, dove lo scambio - scientifico, culturale e umano - fra docenti e studenti deve essere rafforzato dalla consapevolezza di concorrere, ognuno per la propria parte, al bene della collettività.

La quota dei nostri laureati nella popolazione di età compresa fra i 25 e i 34 anni è ancora pari al 16%, rispetto al 30% della media europea e al 32% della media dei Paesi OCSE. Questi dati parlano da soli e dicono quanto è importante investire nelle Università e quanta responsabilità hanno le Università nel rispondere alle aspettative che vi sono.

L'Italia si sta muovendo nella giusta direzione anche se ha ancora passi importanti da fare. Mi riferisco, ad esempio, alla necessità di rafforzare - nel pieno rispetto dell'autonomia degli Atenei - il sistema di valutazione delle attività svolte; all'opportunità di applicare regole condivise, ma rigorose, per l'assegnazione di fondi pubblici alle Università sulla base di risultati conseguiti. Senza dubbio, inoltre, occorre rafforzare le iniziative per una sana competizione fra gli Atenei e a consolidare le condizioni per una loro più decisa internazionalizzazione, sia verso l'Europa che verso il Mediterraneo.

La Costituzione riconosce ai "capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi.... il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi" e impegna la Repubblica a rendere effettivo questo diritto. Al diritto allo studio, conquista di straordinario rilievo sociale, corrispondono poi doveri etici e di solidarietà sociale, tra cui quello di impegnarsi, ognuno per le proprie possibilità, al "progresso materiale o spirituale della società".

Ai principi dobbiamo costantemente richiamarci. A questi principi fondamentali la politica deve ancorarsi, puntando a traguardi alti e concreti, di lungo periodo. L'Università è il luogo dello studio ma anche il luogo privilegiato della ricerca, indispensabile leva per lo sviluppo in un mondo oramai globalizzato. Il nostro Paese deve, senza dubbio, incrementare l'acceleratore degli investimenti sia nella ricerca di base che nella ricerca applicata, che, secondo gli obiettivi europei, dovrebbero arrivare nel 2010 al 3% del PIL, mentre oggi sono ancora all'1%.

L'Europa, d'altra parte, offre opportunità di grande rilievo per il finanziamento alla ricerca: da qui al 2013, ad esempio, sono stanziati 6 miliardi di euro - tra fondi strutturali e fondi nazionali - per il "Programma operativo nazionale ricerca e competitività" destinato alle Regioni del nostro Mezzogiorno. E' un'occasione davvero importante per dare nuova linfa vitale alle Regioni meridionali e per rafforzare le condizioni di competitività nei mercati globali, anche attraverso sinergie e collaborazioni con il sistema delle imprese.

Il progetto di un "Politecnico del Mediterraneo" - sostenuto dalle Università siciliane, come Polo formativo e tecnologico di eccellenza - può essere uno strumento essenziale anche per la strategia del Paese verso questo importante bacino economico e sociale. Ai giovani non mi stancherò di dire che è necessario che si preparino e che si facciano avanti con fiducia; che non si lascino condizionare dalla mentalità della cooptazione fondata sulle appartenenze e che rivendichino, invece, fortemente la supremazia del merito e la capacità di saper costruire lealmente, con tenacia e intraprendenza, il proprio futuro.

I giovani devono inserirsi più stabilmente nella società: a tal fine si deve combattere il dilagante precariato nel lavoro, anche qualificato, che impedisce troppo spesso ai nostri ragazzi di poter fare progetti essenziali per la loro vita e di assumersi così fino in fondo le proprie responsabilità.

Nei giorni scorsi si sono conclusi i lavori parlamentari. Si è aperta una nuova campagna elettorale. Spero si concentri sui contenuti, su proposte concrete per il Paese e sulla loro realizzabilità, senza inutili promesse. Questa è la sfida per la politica del Paese. E' la sfida per una democrazia più matura, capace di una elaborazione culturale non ideologica, nella quale le Università possono svolgere un grande ruolo di animazione culturale e civile.



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