Il Presidente: Discorsi

«La Costituzione parla ai giovani»

Discorso pronunciato a Reggio Emilia, nella Giornata nazionale della Bandiera Italiana, alla cerimonia in occasione del 211° Anniversario della nascita del vessillo nazionale

7 Gennaio 2008

Autorità,
Signore e Signori,
con grande piacere ho accolto l'invito del Sindaco Delrio di partecipare a questa giornata speciale che ricorda il 211° Anniversario della nascita della nostra bandiera.
Ogni anno Reggio Emilia ricorda questo importante evento che ha dato origine a quel Tricolore che è poi divenuto il vessillo dell'Unità d'Italia e della nostra Repubblica.

Nelle storie degli Stati moderni le bandiere hanno sostituito le insegne dei poteri feudali o signorili, per identificare e rappresentare il riconoscimento popolare intorno a nuovi simboli nazionali dei processi di lotta per la libertà, per l'emancipazione sociale e per la democrazia.
La forza di questo nostro emblema democratico è data poi - senza bisogno di aggiungere troppe parole - dal modo semplice con il quale milioni di cittadini italiani amano sventolare il Tricolore nelle circostanze più diverse: nelle manifestazioni istituzionali e politiche, ma anche in quelle sociali o sportive.

Al di là delle libere convinzioni politiche o filosofiche di ciascuno, il Tricolore è oggi una espressione vera di identità comune, di unità, di orgoglio del nostro popolo.
L'Anniversario odierno coincide con un altro fondamentale appuntamento della nostra storia civile.
60 anni fa - nel gennaio del 1948 - entrava in vigore la Costituzione della Repubblica.
Dopo poco più di un anno di lavoro dell'Assemblea Costituente, il 22 dicembre del 1947 il Capo dello Stato firmava a Palazzo Giustiniani la nuova Costituzione, che chiudeva definitivamente la dura pagina della dittatura fascista e offriva al Paese un quadro di valori e di regole istituzionali decisivi per la nostra crescita democratica.

Credo che oggi sia giusto, dunque, parlare di questo, della nostra Costituzione: della sua originalità e della sua importanza.
La vera forza evocativa di una bandiera che sventola è, infatti, nella solidità e nell'efficienza democratica delle Istituzioni che la bandiera stessa rappresenta.
Possono bastare pochi riferimenti per individuare i pilastri portanti del nostro edificio costituzionale, di quell'enorme lavoro politico e culturale che i nostri Padri Costituenti - con lungimirante spirito di servizio al bene comune - portarono a termine dopo un intenso confronto.

Nel rievocare quell'impegno straordinario non posso non ricordare anche che Reggio Emilia ha dato i natali a ben tre figure illustri che contribuirono a quel lavoro: Giuseppe Dossetti, Nilde Iotti, Meuccio Ruini.
Tre personalità molto diverse - nell'ispirazione politica e nella storia personale - che seppero però trovare la forza per condividere un progetto comune per il bene del popolo italiano.
L'asse principale è contenuto nell'articolo 1 dove si dice chiaramente che la Repubblica è "fondata sul lavoro".

Credo che nessun altro riferimento potesse identificare, meglio del lavoro, un fattore di coesione comune che viene dalla nostra storia e che ci da il dinamismo per il nostro sviluppo.
In un Paese privo di materie prime, e con tante diversità culturali e antropologiche locali, il lavoro di ciascuno è sempre stato l'unico vero mezzo di libertà, di identità, di crescita personale e comunitaria.
Il lavoro, dunque, come possibilità di partecipazione, di inclusione sociale.
Ma anche come creatività e come responsabilità individuale verso la società, come ha ben evidenziato il Capo dello Stato nel suo messaggio augurale di fine anno.

Ripensare intensamente a questo nostro fondamento comune deve rappresentare oggi uno stimolo per tutti:
* per rilanciare la qualità del nostro lavoro,
* per riequilibrare i percorsi di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro che si sono troppo precarizzati,
* per realizzare concrete condizioni di sicurezza che contrastino la dura piaga degli infortuni e delle morti sul lavoro.

La prospettiva forte della qualità non può che essere quella di un più intenso rapporto tra la scuola, le strutture di formazione, l'Università e il mondo del lavoro.
Il richiamo al lavoro mi porta al secondo punto importante che voglio sottolineare: quello della pace.
In nessuna parte del mondo ci può essere lavoro e progresso senza una condizione di pace vera.
I nostri Costituenti - consapevoli delle tremende responsabilità e conseguenze dei grandi eventi bellici che avevano vissuto - non si limitarono a condividere questo assunto indiscutibile, ma delinearono per il nostro Paese una responsabilità attiva in questo campo.

Nell'articolo 11, infatti, insieme al ripudio della guerra vi è la scelta di un impegno attivo per assicurare "la pace e la giustizia fra le Nazioni", attraverso l'Unione Europea e le altre Organizzazioni internazionali.
Noi italiani, che abbiamo alle spalle una cultura e una civiltà plurimillenaria, abbiamo il dovere di contribuire nel mondo - con tutto l'impegno necessario, come le esperienze delle missioni all'estero ci hanno insegnato - alle condizioni di pace e di sicurezza vera per noi stessi e per altri popoli.
Sono convinto che questi valori di partecipazione e di responsabilità interna e internazionale siano sentiti dai nostri giovani.

Dobbiamo valorizzare questo potenziale di iniziativa, questa visione più ampia che la stessa Costituzione ci offre.
E il terzo punto che voglio toccare riguarda il compito esplicito della Repubblica nel "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
Come possono i cittadini - anche quelli che non dispongono di tutti mezzi economici o delle opportunità necessarie - inserirsi nella vita sociale, trovare un lavoro adeguato alle proprie capacità e alle proprie aspettative, contribuire alla crescita civile e democratica in un contesto europeo e internazionale sempre più aperto ?

Qui entra in gioco la centralità della Repubblica, ovvero dello Stato democratico, che ha il compito primario di assicurare a tutti cittadini il godimento dei diritti fondamentali e di porre tutti in una condizione di pari opportunità.
Lo Stato non può essere dunque un organizzazione burocratica che opera sopra la testa dei cittadini, delle famiglie, degli operatori economici e sociali.
E' piuttosto uno strumento al loro servizio, che deve assicurare lo svolgimento di quei compiti primari che la Costituzione ben individua.

L'efficienza della pubblica amministrazione - a tutti i livelli (centrale, regionale, locale) - non è una esigenza fine a se stessa, ma si deve confrontare con la soddisfazione delle domande e delle esigenze dei cittadini e delle loro attività.
Lavoro in condizioni di qualità, pace e responsabilità internazionali non solo sul piano economico ma anche su quello civile e politico, impegno solido dello Stato: sono questi i capisaldi di una Costituzione che parla chiaramente ai giovani di oggi, come parlava a quelli che, nel 1948, si incamminarono nel progresso civile e sociale del Paese.
Sbagliano tutti coloro che si attardano a descrivere una presunta disaffezione dei cittadini dalle istituzioni e dalla politica.

Negli ultimi tempi abbiamo avuto numerose occasioni di vasta e inattesa partecipazione dei cittadini a importanti momenti della vita pubblica e della vita sociale.
Penso all'elevata affluenza alle consultazioni elettorali o al referendum sul progetto di riforma costituzionale nel 2006.
Ma penso anche alle numerose elezioni primarie proposte dai partiti politici per la scelta di candidati locali o di leader di partito.
Penso ancora alle manifestazioni sui grandi problemi sociali come quelli della fiscalità o della famiglia.

La politica deve rispondere oggi ad una grande attesa di maggiore efficacia del nostro sistema istituzionale perché i cittadini e le loro famiglie avvertono le sfide di un contesto sempre più aperto e competitivo per i nostri giovani, per le nostre imprese, per il nostro lavoro.
E' necessaria una stagione di impegno ampio tra le forze politiche, in Parlamento, per approvare quegli adeguamenti che possono mettere la nostra democrazia, le nostre Istituzioni, nella condizione di decidere più velocemente di fronte a tanti problemi che incalzano.

Una modifica della legge elettorale per restituire più spazio di scelta ai cittadini.
Alcuni emendamenti alla Costituzione per aggiornare il sistema parlamentare bicamerale e per rafforzare i poteri del Presidente del Consiglio.
Questi sono i risultati concreti che, dopo sessant'anni, possono essere colti e che possono dare ai nostri giovani la prospettiva di una Repubblica capace di stare sempre dalla loro parte per favorire la loro responsabilità e la loro iniziativa.



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