Il Presidente: Interventi in Assemblea e in occasioni istituzionali

Assemblea nazionale elette ed eletti nei Consigli regionali e Province autonome

Resoconto stenografico del discorso pronunciato nell'Aula della Camera dei deputati

11 Luglio 2005

Poiché il numero degli oratori è elevato e i temi che già avete cominciato a dibattere sono molti e tutti importanti, cercherò di essere breve, perciò tratterò qui tre cose.

La prima è un saluto mio personale e del Senato al Presidente della Repubblica, a tutte le autorità qui presenti, a tutte le Elette e gli Eletti.

La seconda cosa, ovviamente, è un augurio di buon lavoro, che peraltro è già cominciato e che proseguirà dopo questa sessione inaugurale.

La terza, spero altrettanto gradita delle prime due, è un dono, un omaggio. Non posso consegnarvelo personalmente a ciascuno di voi in questo momento, ma lo riceverete. Si tratta di un volume, di cui vedete qui le bozze, curato dal Servizio studi del Senato - devo dare atto a due funzionari molto bravi del nostro Senato che lo hanno predisposto: Francesco Marcelli e Valeria Giammusso - che riguarda (questo volume è il secondo della serie) la sintesi di 350 pronunce della Corte costituzionale in materia di rapporti Stato-Regioni. Cioè, in sostanza, l'articolo 117 della Costituzione. Uno studio veramente accurato e molto importante che contiene dei dati su cui io credo che il vostro dibattito dovrebbe soffermarsi, naturalmente non soltanto il vostro ma anche quello del Parlamento.

Ci sono dei dati che, come si dice in gergo parlamentare, si illustrano da soli. Nel 2003, che praticamente è il primo anno di riferimento dell'entrata in vigore della riforma del Titolo V, le pronunce della Corte costituzionale sono state 66 su 134. Ciò significa il 49,2 per cento delle pronunce della Corte solo su questo argomento. Nel 2004, 95 pronunce su 167: siamo al 56,8 per cento.

In cinquant'anni di storia della Corte costituzionale, per la prima volta i giudizi di iniziativa Stato-Regioni hanno superato il totale di tutti i giudizi ordinari che avvengono per via, come voi sapete, incidentale-giurisdizionale.

Nel 2005 - il primo semestre del 2005 - il numero delle pronunce è già al 55 per cento del totale della Corte costituzionale. In occasione della presentazione del primo volume avevo già richiamato l'attenzione di tutte le autorità - della Repubblica, del Parlamento - su questo dato che è decisamente anomalo, a meno che non vogliamo aggiungere anche un po' allarmante. Perché che cosa sta a significare? Sta a significare che il federalismo, così come è entrato in vigore nel 2001, che avrebbe dovuto essere un federalismo solidale, non competitivo, bilanciato, equilibrato, insomma come tante volte si è detto, in realtà è - i dati lo dicono da soli - un federalismo altamente conflittuale.

La seconda conclusione che io traggo da questi dati è che il tentativo che fu fatto nella scorsa legislatura - e che ho visto rifare in parte anche in questa legislatura - cioè quello di dividere le competenze per materie, in virtù stesso dell'ambiguità del termine «materia», delle zone grigie che qualunque materia di per sé fa nascere, delle sovrapposizioni, crea degli squilibri e crea dei conflitti. Perciò questo è un argomento, un tema, su cui riflettere: come meglio distinguere, come meglio dividere o come altrimenti risolvere gli eventuali e notevoli conflitti che si verificano.

Una terza conclusione io ne traggo, e cioè che in tutti questi anni, con questo enorme numero di pronunce la Corte costituzionale ha esercitato, certamente non volendolo, certamente in modo sapiente ed equilibrato, ma ha esercitato una funzione di supplenza di carenze o di ritardi del legislatore. E credo che si debba dare atto di ciò all'attività giurisdizionale della Corte, la quale talvolta, e queste sentenze lo dimostrano, ha salvato delle disposizioni statali appoggiandosi su princìpi come quello della temporaneità delle disposizioni in attesa di una normativa più precisa.

E l'ultima conclusione che ne traggo e che affido ovviamente alla vostra meditazione e al dibattito, è che questa situazione - l'ho detto molte altre volte, lo ripeto volentieri davanti a voi - ha dei costi che sono da un lato costi in termini di certezze del diritto e dall'altro lato costi finanziari. Certezze del diritto è facilmente comprensibile: un Parlamento si riunisce, approva una legge, talvolta - come spesso accade - con molta fatica, il Presidente della Repubblica promulga, la Gazzetta Ufficiale pubblica e spesso i cittadini non sanno se quella legge è legge o se è legge nei termini in cui è scritta. Questo è un costo del diritto che dobbiamo prendere in considerazione. L'altro costo è manifesto, vi rivela questo: spesso si tratta di costi di carattere finanziario.

Chiudo. La situazione è quella descritta in questo volume. Io credo che occorra avere il coraggio - supposto che occorra coraggio - di esaminarla con pacatezza, di cercare una soluzione affinché i rapporti tra le nostre Istituzioni siano equilibrati e bilanciati e occorre avere anche il coraggio di modificare laddove si dimostri che è necessario modificare.

Io credo che continuare ancora per anni in una situazione in cui il conflitto istituzionale fra Stato e Regioni è pressoché permanente sia un costo - l'ho già detto prima - eccessivo per il nostro Paese, perciò questo è un tema che io rassegno al vostro dibattito e alla vostra riflessione. Vi ringrazio.



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